Il Planeswalker Gideon Jura ha un problema: non possiede il dono dell’ubiquità. Zendikar è un mondo devastato dai mostri ultraterreni noti con il nome di Eldrazi. Gideon è stato testimone della loro devastazione durante la sua prima visita al piano e ha promesso di tornare in aiuto. Nessun Planeswalker ha risposto alla sua chiamata e lui si è rifiutato di abbandonare Zendikar. Su Ravnica, Gideon ha trovato spiriti a lui affini nella disciplinata Legione Boros, ma la politica del piano porta vantaggi a chi è associato a una gilda e Gideon sente di doversi occupare delle persone che non godono della protezione di una gilda. Zendikar di giorno. Ravnica di notte. Gideon non può voltare le spalle a chi ha bisogno di lui e la situazione potrebbe raggiungere un livello insostenibile su entrambi i piani.


Zendikar

I muscoli di Gideon dolevano e il suo respiro era pesante. La polvere bruciava nei suoi polmoni. Ricopriva le sue narici e faceva lacrimare continuamente gli occhi. I granelli di sabbia grattavano l’interno delle sue palpebre e lui cercava disperatamente di rimuoverli.

Poteva anche sentirla sulla sua lingua. Raccolse l’umidità rimasta nella sua bocca e la sputò nell’erba alta che spuntava attraverso la polvere depositata tutto intorno a lui.

Doveva porre fine a tutto ciò, rapidamente.

La mostruosità Eldrazi incombeva su Gideon, alta quasi il doppio di lui, con un busto che si reggeva su una massa di spessi e carnosi tentacoli che scivolavano pesantemente sull’erba alta. Come molti altri contro cui Gideon aveva combattuto in queste ultime settimane, il volto di questo mostro era quasi completamente ricoperto da una levigato tessuto osseo. Sebbene priva di occhi, la sua testa si muoveva per seguire i movimenti di Gideon. Era un gesto inquietante, privo di malvagità, odio o rabbia.

Gli Eldrazi erano diversi da tutti gli altri avversari contro cui Gideon aveva combattuto, allo stesso tempo leggiadri e traballanti, consci e indifferenti. Non vi era alcun comportamento del corpo da interpretare, nessun indizio; tutto ciò che Gideon poteva fare era rimanere a distanza di sicurezza.

Quella creatura sferrò un colpo con i tentacoli. Ma anche le quattro lame di metallo agganciate alla sua armatura fecero altrettanto. Gideon ritirò il braccio e le lame colpirono e tranciarono un tentacolo. Il liquido che ne uscì non fu sangue, bensì un fango spesso e appiccicoso che raggiunse le lame flessibili di Gideon, rallentandone il movimento.

Goffo.

Un altro tentacolo lo colpì alle costole prima che lui potesse sfuggire alla sua traiettoria. Lo aveva visto arrivare, ma Gideon ebbe solo il tempo di stringere i denti e anticipare il colpo, generando di riflesso increspature di luce protettiva che avvamparono lungo il suo corpo per annullare gli effetti del colpo. Almeno per il momento.

L’erba alta intorno era disseminata da blocchi irregolari di un edro frantumato, una delle innumerevoli pietre monolitiche a otto facce che Gideon aveva visto su questo piano. C’era qualcosa in quelle pietre che faceva reagire gli Eldrazi. Nessuno era in grado di spiegarlo, ma molti degli abitanti di Zendikar trasportavano piccoli frammenti di edro come protezione o li utilizzavano come punte di lance o frecce. I kor dipingevano addirittura i loro corpi con linee corrispondenti agli intricati intagli degli edri. In quel momento, ciò che contava per Gideon era che i blocchi di edro fossero pesanti e frastagliati.

Pianura | Illustrazione di Vincent Proce

Doveva guadagnare tempo. Almeno un attimo.

Altri tentacoli. Gideon balzò verso destra, contorcendosi per scivolare tra le membra che si agitavano e cercavano di afferrarlo. Rotolò a terra e la mostruosità Eldrazi ritirò i tentacoli per scagliare un’altra raffica.

Eccolo.

Il momento che aspettava.

Gideon balzò in piedi. Si lanciò alla carica verso quell’essere inquietante e gli fu addosso più rapidamente di quanto un essere delle sue dimensioni avrebbe mai potuto.

"Basta!", ruggì Gideon.

Utilizzò le sue lame per afferrare un frammento appuntito di edro delle dimensioni di un elmo, con un’estremità affusolata come un punteruolo. Mentre l’Eldrazi cercava di colpire verso il basso, Gideon affondò il suo attacco. L’edro colpì quel volto ossuto. Non vi fu alcun urlo di agonia. Non vi fu alcuna goccia di sangue. Solo un acuto schiocco, dato dalla combinazione della forza del movimento di Gideon e dell’inerzia dell’Eldrazi, che fecero penetrare l’antica pietra in profondità. Un istante dopo, l’Eldrazi crollò al suolo e non si mosse più.

Gideon sciolse le sue lame e si accasciò al suolo. Il sangue continuava a pompare furiosamente nelle sue vene e si rese conto di quanto il battere forte nelle sue tempie contrastasse con l’improvviso silenzio intorno a lui. Il suo volto ricoperto di polvere era rigato da linee di sudore, ma poté gustarsi il piacere dei raggi di sole e sorrise.

Qualcosa si avvicinò dalla sua destra. Erano molti esseri, che si muovevano rapidamente verso di lui nell’erba alta. Dalla sua posizione poté vedere una decina di forme che si facevano agilmente strada nel campo di edri caduti. Erano soprattutto kor, ma Gideon notò anche elfi, umani e addirittura un paio di goblin. Alla guida di questo gruppo si trovava un kor di notevoli dimensioni. Come gli altri, il nudo torso e il calvo capo erano ricoperti da bianchi tatuaggi spigolosi; brandiva un paio di lame uncinate collegate da una catena. Correva accovacciato e le corde che portava alla cintura sobbalzavano a ogni passo.

”Munda!”, gridò Gideon. Udendo quel richiamo, il gruppo in avvicinamento si lanciò al suolo. Tutti tranne il kor condottiero, che rimase attento ma immobile, con il sopracciglio in posizione espertamente aggrottata. Il kor reclinò il capo, cercando di identificare la fonte del suo nome nell’alta erba.

”Fate attenzione”, disse Munda alle creature dietro di sé, con tono carico di divertimento che colpì Gideon in quanto i kor erano conosciuti per la loro austerità. “Un Gideon si aggira furtivamente in queste terre e sembra sorvegliare la sua vittima”.

La loro caccia doveva essere stata buona. Il pensiero fece sorridere ancor di più Gideon. “È un piacere rivederti, amico mio” disse. Munda, chiamato il Ragno da chi aveva avuto l’onore di vederlo in azione mentre tesseva le sue corde per intrappolare e bloccare i movimenti degli Eldrazi, era astuto e coraggioso in combattimento e Gideon lo aveva preso subito in simpatia.

Munda tese una lama verso il cadavere Eldrazi. “Il piacere è mio. Il momento non potrebbe essere migliore”, disse Munda in quella che tra loro era diventata una battuta ricorrente, dato che c’era sempre qualche pericolo da affrontare. “Sembra che neanche tu abbia sprecato il tuo tempo. Ti ringrazio per questo. Anche noi ne abbiamo appena distrutto uno, ma erano in quattro. Hai visto gli altri?”.

Gideon indicò distrattamente dietro di sé con il pollice, nella direzione oltre la carcassa dell’Eldrazi.

Munda guardò Gideon con sospetto. “Preparatevi”, disse agli altri prima di salire sopra la carcassa dell’Eldrazi per vedere meglio. Sbirciando la pianura, individuò la preda; due ammassi senza vita di color magenta e blu che risaltavano rispetto all'erba dorata.

”Osservate bene. Così si fa”. Scese dalla carcassa con un salto e i suoi soldati si misero intorno a lui per ammirare l’opera di Gideon.

Munda mise una mano sulla spalla di Gideon, che si accorse che il momento di frivolezza era terminato. “Abbiamo udito questa mattina che Bala Ged, l’intero continente, è stato sopraffatto e distrutto. Non è rimasto nulla”.

Gideon spostò lo sguardo oltre Munda e osservò i fili d’erba che si piegavano al vento leggero. “Come Sejiri”, disse infine.

”Sì, come Sejiri”, confermò Munda. “I sopravvissuti potrebbero attraccare sulla costa. Il comandante Vorik ha inviato Tazri e la sua banda per scortarli fino a Portale Marino, ma...”.

”Pensi che continuerà”.

”Ci sono altri problemi in arrivo, Gideon."

Era la verità. Non si trattava di qualche profezia della fine del mondo, ma un’inevitabilità che le sue spalle cadenti e i suoi occhi iniettati di sangue stavano urlando da giorni.

”Ci sarò”, rispose Gideon. Munda gli offrì un otre d’acqua, una piccola consolazione che Gideon accettò come un gesto di comprensione. Le persone di Zendikar erano realiste, il prodotto di un piano in cui la sopravvivenza dipendeva dalle capacità, dalla volontà e dall’arguzia. Si era sviluppato un popolo che conosceva il valore delle piccole cose. Un fresco sorso d’acqua in una gola arsa era una gioia da godersi.

Intorno a loro, i guerrieri di Munda stavano preparando l’accampamento. Uno dei goblin si inginocchiò sul guscio rovesciato di uno scudo e si diede da fare per costruire un modesto fuoco al suo interno, mentre altri montavano di guardia o riposavano il più possibile al fresco dell’erba.

”Quanto tempo è passato dall’ultima volta che hai dormito?”, chiese Munda.

Gideon non era sicuro della risposta. Era da molto che non provava il piacere di chiudere gli occhi e di lasciarsi andare all’incoscienza e la comodità di un letto gli sembrò improvvisamente un ricordo lontano. “Giorni”, fu tutto ciò che poté dire con certezza.

”Prenditi un po’ di riposo”, disse Munda. “Ti farebbe bene”.

”Ti ringrazio, ma non è il momento”. Problemi stavano per arrivare. Erano già arrivati e non solo su Zendikar.


Ravnica

La leggera pioggerella scesa su Ravnica per più di un mese aveva avuto uno scarso effetto sui roghi di Via Latta. Stessa situazione in Via della Fonderia, la notte prima.

Incendio Devastante | Illustrazione di Karl Kopinski

”Una guerra tra bande goblin è confusionaria, Jura”, disse Dars Gostok, un capitano della Legione Boros, mentre lui e Gideon osservavano un magazzino vuoto in preda alla devastazione delle feroci fiamme. Avevano affrontato l’infermo alla ricerca di sopravvissuti, ma avevano trovato solo i corpi carbonizzati di sei goblin. “Questa è la prima di tante rappresaglie”, continuò il capitano rimuovendo lo strato di cenere dal proprio volto, “e i canali di scolo porteranno via ben più dell’acqua piovana nei prossimi giorni, ne sono sicuro”.

Quella era una storia di due giorni prima e, come aveva previsto Dars, il conteggio dei goblin caduti crebbe.

Tutto aveva avuto inizio con un assassinio... Dargig, un messaggero del mercato nero delle armi, specializzato in esplosivi. Aveva la fama di non avere peli sulla lingua, ma era anche il più giovane dei famosi Fratelli Devastatori.

Dars spiegò a Gideon che Dargig era stato trovato in un vicolo vicino a Via Latta in una pozza di sangue e con la gola tagliata. Si era diffusa la diceria che il boss criminale dei goblin, Krenko, lo aveva ucciso con le sue stesse mani durante una consegna d’armi finita male.

Fratelli Devastatori| Illustrazione di Kev Walker

La notte seguente, una serie di esplosioni aveva scosso il distretto e molti dei magazzini di Krenko erano stati dati alle fiamme. Questo era il modo di dichiarare guerra dei Devastatori. E Krenko li aveva assecondati con grande entusiasmo.

Gideon aveva presentato una mozione alla Camera del Patto delle Gilde per un intervento, azione che ebbe come unico risultato l’aggiunta del suo nome e della sua gilda al fondo di una lunghissima lista d’attesa.

Il Patto delle Gilde vivente. Jace Beleren. Planeswalker.

Colui che aveva risolto l’enigma del Labirinto Implicito ed era diventato l’incarnazione di un magico trattato di pace che impediva alle gilde di Ravnica di divorarsi tra loro.

Questi goblin non appartenevano a nessuna delle gilde di Ravnica. Finché i goblin si erano uccisi tra loro, la maggior parte delle gilde si era accontentata di osservare il conflitto dalla posizione sicura dietro i propri cancelli di gilda.

Finché i combattimenti fossero continuati, la popolazione non associata ad alcuna gilda... i senza cancello... sarebbe stata in pericolo.

Inaccettabile.

Illustrazione di Richard Wright

Era da poco passata la mezzanotte, quando le pesanti porte metalliche del presidio si spalancarono, in una confusione che fece scattare in piedi una decina di Legionari Boros dalla lunga tavola in legno che si estendeva in tutta la camera. Alcuni misero mano alle armi e si trovarono davanti Gideon, nell’alto arco della porta, con la chioma bagnata che cadeva sulle spalle.

”Riposo”, ordinò uno dei soldati, “è Jura”.

”E vi porto dei doni”, disse Gideon spingendo dentro la stanza qualcosa che si trovava nascosto dietro la sua figura. Un goblin, con i polsi legati e un ghigno di denti frastagliati e ingialliti, illuminati dalla debole luce delle lampade. Krenko. Il goblin analizzò i soldati, l’ambiente circostante e di nuovo i soldati, ognuno dei quali rimase a bocca aperta dall’incredulità.

”Questo è un ottimo presidio, soldati”, disse Krenko, ancora con quel ghigno sul volto. “Non è sicuramente come Sol-Dimora, ma mi accontenterò”.

Gideon entrò zoppicando nella camera, mentre il suo piede destro lasciava chiazze di sangue a ogni passo.

”Immagino che ci sia un disordine fuori da qualche parte dovuto a te, Jura”, disse Dars entrando a grandi passi da una camera confinante.

”Mi auguro che tu non fossi affezionato al cibo del Millennial”. Il Millennial era un ristorante molto esclusivo che era stato costruito su un ponte di osservazione esclusivo con lo stesso nome. Fin dall’ascesa al potere nei giri del crimine organizzato di Ravnica, Krenko era noto trascorrere le sue serate in quel luogo. Era là che Gideon era andato.

”Non sono mai riuscito ad avere un tavolo”, rispose Dars. “Non posso credere che tu l’abbia trovato seduto al tavolo a gustarsi un dolce da solo”.

”Non proprio”.

”Non saresti dovuto andare da solo. Ma devo ammettere che sono positivamente colpito e non capita così spesso”.

”Non essere troppo colpito”. Gideon si slacciò gli stivali e arrotolò il pantalone destro fino al ginocchio. Si era legato intorno alla gamba una delle tovaglie del Millennial, ora tutta intrisa di sangue e non più in grado di trattenere la ferita. “Quella feccia ghignante mi ha piantato un coltello nella gamba”.

”Due volte”, aggiunse Krenko, accentuando il suo trionfo con una risata trattenuta.

La rabbia di Gideon avvampò. “Osi ghignare mentre nelle strade i tuoi goblin muoiono?”.

Dars gli mise una mano sulla spalla. “Dovresti farti vedere da un chirurgo".

”Probabilmente”, rispose Gideon, ma la sua voce venne coperta dal rumore di un vetro che andò in frantumi quando esplose una debole luce sull’alto soffitto. Gideon e Dars si voltarono appena in tempo per cogliere un piccolo oggetto oblungo cadere a terra. Mentre rotolava, Gideon notò una piccola perla brillante di colore rosso-arancione che ciondolava da una delle estremità.

Una miccia.

”Bomba!”, urlò Gideon, spingendo di lato Dars. Afferrò l’esplosivo prima che potesse colpire il suolo, tirandolo a sé e avvolgendolo con il suo addome. Spirali di magica luce dorata eruppero dall’intera superficie della sua pelle, anticipando l’esplosione. Si accovacciò e chiuse gli occhi per un lungo attimo.

Nulla.

Lentamente, Gideon aprì gli occhi e guardò verso il basso, dove si trovava una bombola di vetro che terminava con un tappo di ottone.

”Blindate la zona!”. L’ordine di Dars ruppe il silenzio. “Voglio una risposta!”.

Gideon si raddrizzò e rigirò la bombola che aveva tra le mani per esaminarla.

”Una bomba difettosa?”, chiese Dars.

”Non è una bomba. Guarda”. Gideon rimosse il tappo ed estrasse dal cilindro di vetro un nastro di carta avvolto. Lo srotolò. Un messaggio, scarabocchiato con una mano esperta, forzato in una sola riga in una sottile striscia. Era stato scritto per essere chiaro e inconfondibile.

Gideon lo lesse. “Krenko ha ucciso nostro fratello. Se la giustizia deve essere fatta, sarà nostro compito. Consegnatecelo oppure ridurremo il territorio Boros a rovine. Tutti voi e tutte le persone a cui tenete saranno nostri bersagli, nel caso ignoriate questo messaggio. Krenko ha un valore così elevato per voi? Avete tempo fino a quest’ora di domani per decidere. Cordialmente, Rikkig e Gardagig, i Fratelli Devastatori”.

Non c’era tempo per questa faccenda. Non ora. Gideon doveva tornare su Zendikar. Lanciò la bombola vuota contro il pavimento di lastre di pietra.

”È ora di decidere”, li schernì Krenko.

”Portatelo via da qua”, abbaiò Dars. “Lo voglio dietro le sbarre”.

”Devi sapere, Jura”, disse Krenko mentre i soldati lo trascinavano via, “che i Boros non mi consegneranno ai Fratelli Devastatori. Che cosa farai ora?”.


Zendikar

Proprio come aveva detto Munda, i sopravvissuti di Bala Ged arrivarono sulla costa. Gideon poteva contarne non più di trecento. Non si trattava però dei profughi sconfitti e malandati che Gideon si aspettava. Erano combattenti, induriti da ciò che avevano visto e dalle persone che avevano perduto, ma anche decisi a proseguire nel loro cammino. E, come diceva Munda, avevano bisogno di aiuto.

Ma anche Gideon avrebbe probabilmente avuto bisogno di aiuto.

Con lo scudo segnato dai combattimenti e le lame srotolate, Gideon si mise nel mezzo dello stretto passaggio che segnava la via che risaliva dalla pallida scogliera.

Pianura | Illustrazione di Véronique Meignaud

Il terreno brontolò e le vibrazioni riaprirono le ferite che stavano lentamente guarendo nella sua gamba.

Mantieni la concentrazione. Avrai tempo per Ravnica una volta che questo sarà finito.

Dietro di lui, i sopravvissuti seguirono l’avanguardia di Tazri lungo un sentiero verso le steppe. Un movimento sopra di lui attirò l’attenzione di Gideon, che spostò lo sguardo dal fondo del canyon e vide Munda e alcuni dei suoi piantare pesanti picche di metallo nella scogliera da entrambi i lati, una decina di metri sotto il bordo.

Avrebbero dovuto fare in fretta.

Uno dei kor sulla scogliera si arrestò all’improvviso ed emise un fischio acuto, indicando freneticamente la costa. Gli Eldrazi erano là. Aveva un compito... trattenerli abbastanza a lungo affinché le truppe di Munda riuscissero a portare a termine il loro compito. Rallentare gli Eldrazi, distruggerli... non importava, a patto che i sopravvissuti potessero continuare le loro vite.

Tazri diceva che tra loro vi erano esperti sugli Eldrazi diretti al Faro di Portale Marino. In tal caso, sarebbero dovuti arrivare.

Il primo dei mostri apparve nel punto in cui il sentiero di raddrizzava. Gideon portò indietro le sue lame, distendendole dietro di sé in modo che fossero pronte a colpire al momento giusto. Era pronto, tra ciò che rimaneva di Bala Ged e una distesa di Eldrazi che si affrettavano attraverso il canyon su infinite membra che grattavano e viscidi tentacoli striscianti.

Furono rapidamente su di lui.

Gideon scagliò le sue lame, distese nella loro piena lunghezza, fendendo l’aria così rapidamente da emettere un ronzio e abbattendo diversi avversari con un singolo colpo. Grazie all’inerzia del movimento, tagliò le carni di un’altra progenie Eldrazi con il suo scudo dai bordi taglienti.

Gideon schivò un pesante tentacolo che stava per abbattersi sul suo capo e rispose a quell’attacco avvolgendo il tentacolo con le sue lame. Torse il polso e le lame penetrarono nelle soffici carni; poi Gideon si mosse insieme al peso della progenie e preparò un colpo con il suo scudo. L’intera appendice cadde come se fosse stata gettata via. L’improvviso rilascio fece perdere l’equilibrio a Gideon, provocandogli dolore al ginocchio ferito. Perse l’appoggio e le lame vorticarono selvaggiamente. Una gli sfiorò una guancia e gli tagliò la pelle, disegnando una riga color rosso intenso dall’angolo della bocca fino all’orecchio.

Distratto, Gideon se la prese con se stesso per l’errore. Era stanco. Il sangue gli colò caldo lungo la mandibola e lui si infuriò per quella scusa. Avrebbe dovuto aspettarselo. Proprio come avrebbe dovuto vedere il coltello di Krenko.

Doveva tornare a Ravnica. Questa impresa stava richiedendo troppo tempo. Dov’era finito Munda?

Doveva davvero riuscire a concentrarsi.

Le progenie Eldrazi aumentarono la loro offensiva e i loro pallidi volti riempirono la sua vista. Spostò lo sguardo dall’uno all’altro; ognuno di essi era un’anonima presa in giro del cranio umano. L’assoluta inespressività di quei volti colpì Gideon per quanto fosse in contrasto con la meticolosità con la quale quegli Eldrazi realizzavano la loro distruzione. Era un orrore puro da osservare, completamente privo di alcun segno di umanità. Non erano bruti come gli ogre Gruul o sadici come le streghe del sangue Rakdos. Non erano temerariamente pericolosi come i goblin di Krenko. Il pensiero riempì la mente di Gideon, attenuò il dolore delle sue ferite e riportò la vita nelle sue stanche membra. Non aveva alcun motivo per trattenersi.

Lasciati andare.

Le lame scintillarono ancora e poi ancora, spargendo quel fango Eldrazi intorno ai suoi stivali, dove giacevano decine di progenie. I suoi muscoli bruciavano. Le sue tempie battevano forte. E gli Eldrazi cadevano tanto rapidamente quanto osavano avvicinarsi. Gideon mostrò i denti, in un’espressione che era un misto tra una smorfia e un ghigno.

Tre improvvisi fischi acuti emersero sul frastuono del combattimento. Era giunto il momento e Gideon rispose con tre fischi identici.

Sopra la carneficina, Gideon vide una donna sporgersi dal bordo della parete del canyon sulla sinistra. Fluttuò per un attimo e poi si sollevò leggiadra sul canyon su cui lui aprì le braccia, da un lato all’altro.

”Temo di dovervi abbandonare, carogne”, disse Gideon liberandosi dalla presa di una progenie.

Colpo Barcollante | Illustrazione di Raymond Swanland

Ci fu una luce accecante e lampi e fulmini si scatenarono dalla punta delle dita del mago, fino alle punte metalliche che sporgevano dalle pareti del canyon. L’energia crepitante penetrò attraverso il metallo nella pallida roccia friabile, causando una serie di esplosioni. Un suono come di un osso gigantesco che si frantuma riempì l’intero canyon e fessure originate dalle picche si propagarono fino alla cima di entrambi i lati, facendo franare lastre di bianca pietra sugli Eldrazi sottostanti.

Gideon balzò lontano dalle pareti del canyon per non fare la fine degli Eldrazi. Un istante dopo stava correndo lungo il sentiero, lontano dalle rocce che franavano. Quando le rocce colpirono, il terreno sobbalzò. Gideon perse l’equilibrio e venne scagliato a terra. Un’enorme nuvola di polvere di pietra si sollevò e Gideon dovette coprirsi il volto con un braccio per evitare di soffocare.

Gideon udì movimento intorno a sé. Accovacciato, si guardò intorno di traverso, scorgendo a fatica forme in movimento.

Non c’era tempo per questo. Doveva tornare su Ravnica.

Percepì altri movimenti, accompagnati dal rumore dei tentacoli striscianti degli Eldrazi. Udì anche altri suoni, chiaramente riconoscibili. Grida di guerra. Fragore di lame. Munda.

Gideon si sollevò e, nonostante la polvere pallida fosse ancora in aria, poté intravedere forme e colori. Corse in avanti, preparandosi a colpire con le sue lame. Quando trovò Munda, il kor era legato a una fune e stava estraendo una delle sue lame uncinate da una progenie senza vita. L’intera scena era circondata dalle lastre di roccia frantumate che riempivano il fondo del canyon e oscuravano completamente lo stretto cammino e un enorme numero di Eldrazi. Munda era accompagnato da una decina di altri kor, che si operavano per sterminare le poche creature che avevano evitato l’imboscata di pietra.

”Sei arrivato proprio al momento giusto, amico mio”, disse Gideon con uno stanco sorriso.

Ora sarebbe potuto tornare su Ravnica. Era ancora in tempo per fermare i Fratelli Devastatori, ma non molto di più.

Tuttavia, quando Gideon vide la tristezza sul volto di Munda, inaspettata anche per il suo amico, il suo sorriso svanì. “Che cosa è successo, Munda?”.

”Un grande esercito di Eldrazi si sta dirigendo a Portale Marino”.


Ravnica

La pioggia aveva completamente intriso la fasciatura sulla guancia, che si era afflosciata e aveva esposto il profondo taglio. Se ne sarebbe dovuto occupare più tardi. Laggiù c’erano dei prigionieri da qualche parte. Era una questione di priorità.

Illustrazione di Michael Komarck

Gideon sfondò la vecchia porta. I cardini cedettero con facilità e Gideon si precipitò nella sala oscura subito dopo il legno in frantumi. Il dolore alla gamba aumentò per l’impatto e, per evitare di urlare, Gideon inspirò profondamente. Un profumo dolce e pungente gli riempì le narici. Era lo stesso aroma che aveva sentito su Gardagig, quando il goblin aveva rivelato la posizione del nascondiglio dei fratelli Devastatori.

Esplosivi.

Fai attenzione.

”Non hai portato Krenko”, disse una voce bassa e roca da dietro un pesante e disordinato banco da lavoro. “Ho ragione?”.

”Non hai ragione su nulla, Rikkig, a meno che tu non venga con me”.

Un ringhio discontinuo che Gideon interpretò come una risata riempì la camera. Udì un trascinare di piedi. Una lanterna che penzolava dal soffitto rivelò una sgraziata forma corpulenta che Gideon non riconobbe immediatamente. Poi emerse una figura riconoscibile. Era una persona in una pesante veste imbottita. Sul capo aveva un elmo, simile a quello di un cavaliere, ma con occhialoni montati sul visore.

”Voi Boros siete sempre arroganti. Prendete Krenko e cercate di toglierci le nostre soddisfazioni”. Aveva un oggetto in mano. Di vetro, in base a come rifletteva la luce della lanterna. Una bomba. Indossava anche un’armatura protettiva. “Krenko sarà nostro, il distretto brucerà...”.

Basta. Questa storia doveva finire.

Puntando sulla gamba ferita, Gideon colpì il banco da lavoro con tutta la sua forza e lo spinse addosso a Rikkig con una velocità tale da togliere il fiato al goblin, che emise un singolo gemito. Si piegò in due sul banco da lavoro e la bomba gli sfuggì di mano.

Gideon cercò di intercettare la traiettoria, ma le sue membra erano pesanti e più lente del solito. Al rallentatore, la bomba si diresse fuori dalla sua portata e Gideon fu solo in grado di ruotare in modo da mettere il proprio corpo tra Rikkig e il punto in cui il delicato contenitore di vetro si sarebbe frantumato a terra.

Al momento dell’esplosione, una luce dorata avvampò su tutto il suo corpo, facendogli da scudo per i detriti. Il suono fu assoluto per un attimo e cancello tutto il resto, finché non rimase solo un intenso ronzio nelle sue orecchie.

Fiamme si svilupparono in tutta la stanza.

Concentrarsi era difficile, ma aveva sentito Rikkig tossire e sforzarsi per liberarsi dal banco da lavoro che lo schiacciava contro la parete. Gideon si voltò, tirò indietro il banco da lavoro e Rikkig crollò a terra. Gideon si mise sopra di lui.

”Non sono stati i Boros a catturare Krenko. Sono stato io. Proprio come ho catturato tuo fratello. E ora catturerò anche te”.

Ci fu un ululato soffocato, che Gideon pensò provenire da Rikkig, che stava alzando le mani in atteggiamento difensivo. Ma un altro ululato gli fece capire. “Aiuto!”. I prigionieri. Gideon si guardò intorno e si accorse di una libreria in legno, piena di quelli che a lui sembravano strumenti e ingredienti per realizzare bombe. Il fuoco ne stava accarezzando la base, minacciando di afferrarlo e di appiccare il fuoco al suo contenuto volatile. Ovviamente, l’ululato proveniva da dietro di quella libreria.

Si rimproverò di essere stato incauto. E stupido.

Gideon si disinteressò di Rikkig e corse verso la libreria. Vi appoggiò la spalla contro e spinse. Il sudore colava fino alla punta del naso e sul mento e ogni muscolo implorava una pausa, ma la pesante libreria non si muoveva neanche di un millimetro. Gideon chiuse gli occhi per proteggerli dal fumo che invadeva la stanza e si sforzò per trovare l’aria necessaria per continuare.

Le sue forze stavano per abbandonarlo quando, all’improvviso, la libreria cedette e scivolò in avanti. I suoi occhi si spalancarono e Gideon vide Dars e un altro legionario Boros aiutarlo nello sforzo. Spinsero insieme, finché la libreria non venne messa di lato e rivelò uno stretto passaggio circolare.

Gideon crollò addosso alla libreria in un attacco di tosse. “Prigionieri”, riuscì a dire e i soldati Boros gli passarono di fianco e attraversarono il passaggio.

Dars rimase con Gideon.

”Rikkig?”, chiese Gideon.

Il capitano scosse la testa.

Gideon cercò in tutta la stanza. Rikkig non c’era più. Spostò lo sguardo su Dars. “Mi hai seguito”.

”Evidentemente avevo ragione. Non era necessario che tu portassi a termine questa impresa da solo, Gideon. Noi combattiamo uniti perché alcune imprese sono al di fuori della nostra portata come singoli”.

”L’avevo tra le mie mani, Dars”.

”Lo ritroveremo. Insieme, lo ritroveremo. Riposa”.

Non ancora.


Zendikar

Quando l’attacco si scatenò su Portale Marino, piombò sull’insediamento con una velocità e una ferocia tale da sopraffare le armate. Gli Eldrazi attaccarono da entrambi i lati della parete marina. Alcuni emersero addirittura dal mare per scalare la parete. Ce n’erano semplicemente troppi. Il comandante Vorik aveva dato ordine di evacuare, ma la fuga non fu abbastanza rapida. E neanche Gideon. Non dormiva da quattro giorni. O forse erano cinque? Era riuscito a chiudere gli occhi per alcuni minuti mentre aveva cavalcato dall’accampamento del comandante. Allora perché era così stanco?

Non adesso.

Gideon cercò di spostare uno spesso fascio di legno che lo tratteneva a terra in un edificio che stava crollando intorno a lui, ma senza risultato. Il fascio era caduto sul suo corpo quando un Eldrazi volante gli aveva assestato un potente colpo che lo aveva spinto addosso all’edificio.

Non aveva tempo per questo.

Il suo braccio sinistro era libero, come la testa, ma nulla più. Con i denti riuscì ad allentare le cinghie in pelle del suo scudo. Una volta rimosso dalla mano, lo conficcò al meglio possibile tra il pettorale e il fascio. Doveva semplicemente muoversi un minimo e spingere con tutta la sua forza. Un grugnito si trasformò in un ruggito e il fascio si mosse. Gideon spostò il peso e il fascio rotolò a terra, liberandolo.

Si sollevò stancamente in piedi. Una delle ferite sopra il ginocchio si era riaperta... forse entrambe... e il sangue stava scorrendo lungo la sua gamba. Raccolse lo scudo e, mentre lo riposizionava nella mano sinistra, analizzò le rovine intorno a sé. Vide frammenti di mobilia e piatti in ceramica frantumati. Era la casa di qualcuno. E questo sarebbe stato il destino di Portale Marino. Gli avevano riferito che Portale Marino era il più grande insediamento di tutto Zendikar. Era una sottile striscia di civiltà, arroccata sulla cima di un antico argine bianco che dava il proprio nome a Portale Marino e gli Eldrazi avevano deciso di ridurre questo insediamento e tutti i suoi abitanti in polvere.

Gideon riempì i polmoni e si avviò verso l’uscita che si stava sgretolando, per tornare nel luogo della carneficina. Si trovava sulla soglia nel momento in cui una figura sbucò da dietro l’angolo e corse nell’edificio. Dovette ruotare su un lato per evitare la collisione.

”Veloce, ho bisogno del tuo aiuto”, disse quella figura in un modo che suonava più come un ordine che come una richiesta. Un tritone. Stava sanguinando a causa di un taglio profondo sopra l’occhio e tratteneva qualcuno, una donna umana, afflosciata tra le sue braccia. Entrambe erano in armatura... il tritone indossava un’armatura di scaglie simili a un guscio e piastre tipica della sua specie e la donna priva di sensi un’armatura in acciaio. Il tritone aveva una lancia appesa alla schiena. Queste due non erano nuove agli orrori causati dagli Eldrazi.

Gideon aiutò il tritone a stendere la donna incosciente contro i resti frantumati di una parete e i due allentarono insieme le piastre rotte che avrebbero dovuto proteggerla. Sotto l’armatura, la pelle della donna era una carcassa essiccata e consumata, corrispondente all’aspetto ossuto spugnoso di colore cinereo butterato delle rovine Eldrazi. Aveva già visto quella scena. Era il modo in cui gli Eldrazi risucchiavano l’energia dal mondo. Non era una ferita. Era morta nel momento in cui gli Eldrazi l’avevano toccata.

Anche il tritone si rese conto della situazione, si fermò e crollò a terra di fianco al corpo inerme, osservando la devastazione con sguardo assente.

Gideon si inginocchiò. “Qual era il suo nome?”.

”Kendrin”, rispose lei, appoggiando una mano sulla fronte della donna senza vita.

”Dovrai attendere prima di poter piangere la morte di Kendrin. Ora devi fuggire da qua”.

”Non capisci”. Alzò lo sguardo da Kendrin a Gideon. “Non c’è più tempo. Siamo a mala pena riusciti a uscire vivi da Bala Ged. Abbiamo assistito alla sua distruzione”.

”Tu eri tra i sopravvissuti che sono arrivati ieri”.

"Sì. Kendrin era sul punto di compiere una scoperta. Lei lo chiamava ‘rompicapo delle leyline’. Gli edri. Gli Eldrazi. La loro connessione... era così vicina. Diceva che tutto faceva riferimento all’Occhio e doveva venire qui per vedere le scritture del Faro relative all’Occhio”.

”Devi solo recarti al Faro? Là puoi ottenere le risposte che cerchi?”.

Il tritone scosse la testa. “Eravamo là. Non è rimasto nulla al suo interno. Siamo stati attaccati cercando di uscire. In ogni caso, l’esperta era Kendrin, non io. Io ero la scorta nella sua spedizione... e ho fallito”. Sbatté il pugno contro la parete di pietra e, un istante dopo, l’intera parete sembrò esplodere su uno spazio vuoto. Il tritone sarebbe rotolato all’indietro, sul lato della parete del mare, se Gideon non avesse afferrato la sua mano. Apparvero degli enormi tentacoli, che strapparono la muratura rimanente e svelarono la loro origine... un mostro Eldrazi, senza volto e terribile, alla fine della sua ascesa sulla distesa verticale. I tentacoli continuarono il loro movimento devastante, sbriciolando la costruzione in pietra fino a ridurla in polvere.

Antichi Fermenti | Illustrazione di Vincent Proce

Gideon e il tritone salirono su una pila di detriti che una volta formavano il secondo e il terzo piano. Dalla loro posizione, Gideon poteva vedere la devastazione che si estendeva da un’estremità all’altra della parete marina. Molti degli edifici erano in rovina e molti altri erano stati estratti completamente dalla cima della parete in modo che l’acqua su entrambi i lati si abbattesse sul relitto contro la parete liscia.

Gli abitanti di Zendikar erano un gruppo resiliente e anche ora poteva vedere che molti continuavano a combattere nelle postazioni difensive. Avevano distrutto Eldrazi per l’intera giornata, ma non era abbastanza. La verità era che Portale Marino era perduto. Questo approccio non era abbastanza.

Spianasentieri di Ulamog | Illustrazione di Goran Josic

Ma forse era come aveva detto lei... Kendrin aveva trovato una risposta. Il rompicapo delle leyline. L’idea covava dentro Gideon e improvvisamente crebbe come un incendio. Combattere per evitare qualcosa non era come combattere per qualcosa. Il rompicapo di Kendrin era una possibile risposta. Per ora se la sarebbe fatta bastare.

Avevano bisogno di un altro esperto.

”Qual è il tuo nome?”, chiese Gideon mentre saltavano da un lato all’altro di un tentacolo che si abbatté al suolo tra loro.

"Davvero? Ora?”.

”Troverò qualcuno in grado di aiutarti. Ma avrò poi bisogno di ritrovarti”.

Scagliò la sua lancia all’Eldrazi mentre si sollevava lentamente sul bordo della parete nell’abitazione diroccata. La lancia raggiunse il bersaglio e affondò nell’anonimo volto, provocando uno scricchiolio. Gli occhi del tritone avvamparono fuggevolmente di energia rossa e la ferita che aveva aperto iniziò a sibilare ed emettere fumo. “Il mio nome è Jori En”, rispose a denti stretti mentre i tentacoli di dimenavano furiosamente.

”Jori En, vai all’accampamento del comandante Vorik. Devi farcela. Ti troverò”.

Un istante dopo, le lame di Gideon volteggiarono in aria e afferrarono la lancia di Jori En, che era rimasta conficcata. Si lanciò in aria e, all’apice della sua traiettoria, innescò il meccanismo di ritiro delle lame. Invece di ritirare le lame, la forza lo attirò verso la lancia di Jori, facendogli colpire il volto dell’Eldrazi con forza tale da scagliarlo oltre il bordo, rigettandolo nel mare sottostante.

In un groviglio di tentacoli, Gideon precipitò insieme al mostro.

Mantieni la concentrazione.

Doveva liberarsi dell’Eldrazi, altrimenti lo avrebbe trascinato sotto la superficie. Le sue mani armeggiarono con le lame, cercando di liberarle dalla lancia, ma l’Eldrazi stava precipitando velocemente e Gideon perse la presa. Era in caduta libera, ma era ancora agganciato all’Eldrazi e tutto ciò che poteva fare era di prepararsi all’impatto.

L’Eldrazi colpì per primo e l’intero corpo di Gideon si ricoprì di bande di luce dorata all’impatto con la superficie del mare. L’Eldrazi si frantumò all’istante e Gideon venne scagliato nelle acque turbolente. Si sforzò per ritrovare l’orientamento nella fanghiglia di acque marine e membra Eldrazi.

Alla fine riemerse, boccheggiando. Con le sue ultime forze, si trascinò sulla montagna di detriti che si erano depositati alla base della parete. Trovò i resti di un tavolo di legno e vi si aggrappò. In alto, poté udire i suoni della carneficina più forti dello sciabordare delle acque e si voltò verso la zona dove gli Eldrazi stavano invadendo Portale Marino come formiche inferocite. Gideon sapeva di non poter più perdere tempo.

Doveva trovare un esperto.

Chiuse gli occhi e sentì il mondo intorno a lui dissolversi. Il gelo del mare svanì e sentì il terreno solido sotto i suoi piedi. Il suono delle onde venne sostituito dal frastuono della città. Un frastuono che conosceva. Il frastuono di Ravnica.


Ravnica

Contuso e insanguinato, Gideon si trovò in fondo alla rampa di scale di pietra che portava alla Camera del Patto delle Gilde. Zendikar era ancora in pericolo. La sola forza degli eserciti non sarebbe stata sufficiente per ottenere la vittoria. Doveva esserci un’altra risposta. Era forse, come aveva detto Jori, il rompicapo delle leyline? Chi sarebbe potuto essere più appropriato di colui che aveva risolto il labirinto di Ravnica?

Il Patto delle Gilde vivente.

Il Planeswalker, Jace Beleren.

Gideon salì il primo gradino, poi cercò di fare un altro passo, ma la forza di gravità ebbe il sopravvento e lo fece crollare al suolo.