Fronterotta
Alto sopra il Feltmark, il sole aveva l’aspetto di una moneta d’argento e inondava i verdi campi della sua luce grigia ondulante, una tela anonima pronta a ricevere uno spruzzo di rosso.
Quel giorno si sarebbe svolta una battaglia. Non uno scontro imponente tra eserciti; nulla che sarebbe stato raccontato nelle saghe. Una semplice schermaglia. Da un lato era un gruppo di razziatori Skelle, adorni di repellenti trofei, spine di metallo che spuntavano dalle loro nere armature e crudeli lame dotate di uncini e curve che le facevano sembrare dei terribili ghigni. Dall’altro lato... molti meno, ma comunque presenti... erano i Tuskeri. A dir la verità, a mala pena una compagnia da guerra. Non più di una decina, meno della metà dei guerrieri che li osservavano dall’altra parte della pianura, e nonostante ciò avanzavano con una sicurezza di sé come galli impettiti. Quel giorno si sarebbe svolta una battaglia e, giudicando da ciò che stava vedendo Njala, sarebbe stata breve. Ma sarebbe stata una battaglia, quindi lei e Alajn, pastora e mietitrice, erano presenti per osservare e giudicare.
"Quello", disse Alajn. Indicò con un lungo e sottile dito il Tuskeri all’estremo sinistro della loro linea. "Quello è il loro nuovo condottiero. Lo chiamano Arni Fronterotta. Un grande guerriero, un grande scommettitore e anche un gran bevitore."
Njala strizzò gli occhi. Era più piccolo della maggior parte dei guerrieri dietro di lui e anche le sue spalle erano meno imponenti. L’elemento che lo contraddistingueva dagli altri, oltre alla sua chioma di colore rosso intenso, era un bizzarro frammento di osso che formava una protuberanza su un lato della fronte, come se fosse un corno, stretto e appuntito all’attacco sul cranio e che terminava con una base seghettata. "Condottiero? Di tutti loro?"
"Sì, di tutti."
"Che cosa ci fa qui?"
Alajn alzò le spalle. "Se devo provare a indovinare, si stava annoiando."
Njala aggrottò la fronte. Per lei, che era una valchiria, sembrava che i mortali non durassero più a lungo di un pomeriggio di sole, con le ardite e temerarie anime dei Tuskeri che svanivano più rapidamente di quasi chiunque altro. In particolare, i folli azzardi all’insegna del coraggio dei loro condottieri tendevano a far finire le loro vite ancora più velocemente rispetto ai loro subordinati... e Fronterotta non sembrava fare eccezione. Sembrava proprio che si sarebbe presto unito ai suoi antenati alla lunga tavola di Starnheim.
Con una quasi dolorosa lentezza, i due gruppi si avvicinarono; gli Skelle si aprirono in una linea sempre più larga, quasi a circondare i Tuskeri. Da dietro a entrambi gli schieramenti volarono alcune curiose frecce; quasi tutte atterrarono su scudi e alcune si conficcarono nell’erba. Era quasi arrivato: il momento in cui la vera essenza di ogni guerriero sarebbe stata rivelata. Sarebbero fuggiti, abbattuti dai nemici... o da Alajn, se mai fossero riusciti a scappare... o avrebbero dato battaglia fino a una morte gloriosa che Njala avrebbe ricompensato?
Con un gesto naturale, Arni estrasse la spada dal fodero e la fece roteare per valutarne il peso. Poi ghignò. Sembrava che stesse ghignando proprio nella sua direzione.
Njala rimase paralizzata. Non poteva essere possibile, doveva essere una coincidenza. Neanche il più saggio dei mortali avrebbe potuto scorgere una valchiria, a meno che non fosse la valchiria stessa a volersi mostrare. Nonostante ciò, non riuscì a evitare la sensazione che le volesse comunicare qualcosa. Come se le volesse dire osserva bene.
All’ultimo momento, quando i due gruppi erano giunti a pochi metri tra loro, i Tuskeri si lanciarono in un assalto improvviso, proprio al centro della linea degli Skelle. Primo davanti a tutti era proprio Arni Fronterotta, con la spada alta sopra la testa e un grido di battaglia che suonava più di gioia che di furore.
"Bene, ora vediamo", commentò Alajn sollevando un sopracciglio. "Senza dubbio possiede la classica spavalderia dei Tuskeri."
Njala sospirò. Quella connessione con Fronterotta, se mai fosse esistita, era terminata. "Direi che non ci sarà lavoro per te, sorella", disse la valchiria, concedendosi un leggero sorriso.
"Non siamo ancora giunti alla fine", rispose la mietitrice. "La codardia ha ancora tempo per colpire."
L'assalto dei Tuskeri prese di sorpresa gli avversari. Gli Skelle tentarono di costruire una linea di lance e, mentre Njala continuava a osservare con attenzione, il nuovo condottiero dei Tuskeri balzò in aria... al di sopra delle punte delle lance, al di sopra delle asce roteanti e addirittura al di sopra degli scudi sollevati... e conficcò la propria spada nell’elmo di un uomo dall’aspetto selvaggio nella prima fila nemica. Un istante dopo, le due linee si scontrarono, con l’assordante rombo di acciaio su acciaio delle lame che stridevano le une sulle altre, degli scudi che cozzavano con forza crudele e delle armature che sussultavano per l’impatto.
Il sorriso di Njala barcollò. Dopo pochi istanti fu evidente che gli Skelle non sarebbero riusciti a mantenere salda la linea; si erano allargati così tanto che avevano assottigliato le loro fila nel tentativo di circondare il nemico. I Tuskeri riuscirono a sfondare e a dividere in due le armate dei razziatori. Lo scontro non continuò per molto. Gli Skelle vennero rapidamente sopraffatti e si diedero alla fuga. Senza proferire parola, Alajn si diresse verso il suo lavoro. Njala poté solo osservare sbalordita Arni sedersi soddisfatto su un cumulo di guerrieri caduti alto quasi quanto lui, come se si trovasse nel mezzo dei festeggiamenti di un matrimonio.
"Cara sorella", disse Alajn riapparendo al fianco di Njala con un sorriso di scherno. "Devo dire che è il tuo servizio che non sarà richiesto oggi."
Nella sconfinata sala di Starnheim, eroi di ogni età, di ogni clan e provenienti da ogni angolo dei dieci remi di Kaldheim stavano banchettando e bevendo, in una celebrazione senza fine. Quella tavola non rispettava le leggi della geometria terrena: aveva la lunghezza esatta per ospitare i gloriosi e valorosi esseri di ogni razza e credo che avevano meritato di sedersi a essa. Sebbene fosse conscia di come funzionasse, Njala non riusciva a non pensare che un posto di quella interminabile e incomparabile struttura sembrava più vuoto di quanto lo fosse.
Il destino di Fronterotta prevedeva che morisse quel giorno. Glielo aveva detto il suo intuito di valchiria di Starnheim. Con un po’ di imbarazzo, Njala comprese di non conoscere molto di lui. Per lo meno, questa mancanza poteva essere facilmente colmata.
Trovò Hormgart con l’intera faccia all’interno di un boccale... non un’impresa difficile, dato che quei boccali erano grandi quanto il desiderio di coloro che li impugnavano. Tra gli skald dei nani che si erano meritati un posto a quella tavola, Njala aveva sempre avuto un debole per lui. La sua abilità narrativa era eccezionale e ammaliante, diversa dalla solita teatralità boriosa degli altri. Hormgart si pulì con un avambraccio la barba, diventata grigia secoli prima, e digerì sonoramente. "Njala! È un grande onore per me... provare questo onore."
"Hormgart. Stavo pensando che forse tu potresti raccontarmi qualcosa di una persona. Un mortale."
"Ti ricordo che non ci conosciamo tutti."
"Si tratta del nuovo condottiero dei Tuskeri. Arni, Arni Fronterotta. Sono sicura che tu abbia sentito qualcosa di lui."
Attraverso il velo degli effetti della bevanda, notò gli occhi dal colore della pietra scintillare alla luce del fuoco. "Ah. Fronterotta. Ora che mi dici il nome... sì, devo dire che ho sentito un paio di racconti."
Più lontano a quella tavola, un canto ebbe inizio. Numerosi guerrieri si mossero all’unisono, mormorando un’antica melodia di una guerriera Beskir e della folla di seguaci che aveva trasformato in una compagnia da battaglia. Questa guerriera era tra loro e stava dirigendo i canti come una direttrice d’orchestra. Hormgart sembrò non accorgersene. Le sue mani nodose e usurate stavano stringendo le ginocchia, come se si stesse preparando per qualcosa. Njala notò le decine di piccoli cambiamenti della sua postura: una schiena più dritta, il capo leggermente inclinato, la gola rischiarata. Hormgart si stava preparando a narrare una storia. "Devi sapere che il suo nome non è sempre stato Fronterotta."
"Oh?"
"Un tempo si chiamava Saltacapre", continuò Hormgart mettendo l’indice davanti alle labbra. "Finché non giunse un giorno importante
Un giorno molto importante, nel profondo delle montagne Tusk, tutti parlavano di un gruppo di troll sanguinari che stavano seminando il terrore tra i villaggi lungo la cresta rossa. I Tuskeri, proprio grazie alla loro natura, non poterono che gioire di questa notizia. Troll voleva dire pericolo, pericolo voleva dire occasione di gesta eroiche e gesta eroiche voleva dire possibilità di creare un nuovo nome glorioso. Tra tutti i Tuskeri che si stavano preparando a dare la caccia ai troll... e non erano affatto pochi, vi era una piccola banda, guidata proprio da Arni Saltacapre in persona, che iniziò a setacciare le pendici dei monti in cui i troll avevano stabilito dimora.
Tra le alte vette delle montagne Tusk, circondate su ogni lato da sporgenti lance di roccia rossa, Njala e Alajn stavano osservando l’uomo noto come Arni Fronterotta corteggiare nuovamente la morte. Questa volta non si trattava del freddo acciaio di un gruppo di razziatori Skelle; di fronte aveva un drago.
"Per essere precisi", disse Alajn, "è un nibbio infernale."
"D’accordo", rispose Njala. Lo chiameremo nibbio infernale.
Indipendentemente dal nome, era enorme; un insieme di zanne, artigli e punte sul dorso, con quattro corna ricurve e una coda che sferzava l'aria in modo spaventoso. Arni e la sua banda di Tuskeri lo avevano circondato, ma ciò non sembrava offrire un grande vantaggio. Ogni volta che uno di loro tentava di avvicinarsi con una lancia o con un’ascia, uno scatto di quella poderosa coda lo faceva indietreggiare di nuovo. Poco distante da quel cerchio di guerrieri, apparentemente noncurante di quella feroce bestia che si dimenava, Arni Fronterotta stava armeggiando con una corda.
"Che cosa sta facendo?", chiese Njala mordendosi un labbro. "Non avrà mai l’occasione di andare incontro a una morte gloriosa facendo dei nodi."
Nel frattempo, un uomo si fece avanti, ruggendo coraggiosamente e tentando di conficcare un pesante spadone a due mani nel fianco della bestia. L’arma rimbalzò su quella pelle ricoperta da scaglie come se avesse colpito con tutta la propria forza un macigno. Il nibbio infernale raggomitolò la testa serpentina su se stesso e lo osservò con occhi di un colore rosso fiammante; l’uomo lasciò cadere lo spadone e si diede a gambe levate il più rapidamente possibile.
"Non hai un compito da portare a termine?", borbottò Njala alla sorella.
Alajn osservò quell’uomo lanciarsi a pancia in giù sulla roccia del canyon per evitare un colpo dell’imponente coda della bestia. "In questo caso, più che un atto di codardia direi che si è trattato di una dimostrazione di buon senso."
Arni tirò ancora una volta quella serie di nodi e, soddisfatto, si alzò. Njala vide che aveva richiuso la corda su se stessa e stava iniziando lentamente a farla roteare sopra la propria testa. Con un lancio degno di un campione, fece finire il suo lazo sulla traiettoria della testa del nibbio infernale e riuscì ad afferrare uno dei corni. Sentendo una stretta, la creatura fece scattare istintivamente la testa dall'altro lato... trascinando Arni.
Njala sussultò nell’osservare il condottiero Tuskeri scagliato in aria, direttamente verso uno degli spuntoni di roccia di quella valle. Appena prima di colpirlo, Arni sembrò roteare in aria. Invece di andare a sbattere contro quella roccia rossastra, atterrò agilmente con i piedi e si rannicchiò, comprimendosi come una molla. Njala ebbe l’impressione che lo avesse pianificato.
Il nibbio infernale sembrò comprendere ciò che era appena avvenuto ancor meno della valchiria e, con un urlo lacerante, scattò all’indietro. In un brevissimo istante, prima che si staccasse dalla roccia, Njala lo vide di nuovo... quel ghigno, lo stesso che aveva già visto. Osserva bene.
Questa volta, la bestia scattò all’indietro osservando proprio Arni, con il risultato di trascinarlo verso di sé. Atterrò appena dietro la testa della creatura, raccolse la corda nella propria mano e si rialzò in un istante, come se si trovasse su un semplice carro in movimento invece che su un mostro furente. La creatura scattò e si agitò, ma la corda stretta e i piedi ben piantati permisero ad Arni di mantenere l’equilibrio.
Njala non fu l’unica a osservare Arni estrarre la sua lama dal fodero e sollevarla scintillante come uno specchio alla luce del sole; tutti i Tuskeri assistevano alla scena a bocca aperta e occhi spalancati, mentre il loro condottiero conficcava la spada tra le corna della creatura. Un istante dopo, l’imponente corpo si schiantò sul fondo della valle.
"Incredibile", sussurrò Njala. "È riuscito... davvero..."
"Sembra che il tuo umano preferito continuerà a vivere", disse Alajn, terminando la frase, ma l'attenzione di Njala era altrove. Stava riflettendo sulla storia di Hormgart riguardo a come Arni avesse ottenuto il proprio nome.
Dopo una lunga e faticosa scalata, Arni e la sua banda di coraggiosi guerrieri si fermarono per riprendere fiato. Fu in quel momento che il rumore rivelatore dei troll... ossa che si rompevano, animali che ringhiavano e quel linguaggio rombante che sembra un lamento... provenne da una vicina caverna. Avvicinandosi silenziosamente, Arni si accorse che erano molti più che un paio di mangiapietra. Quella che si trovò davanti sembrava un intero cunicolo. Arni e i suoi guerrieri erano senza alcun dubbio in inferiorità numerica. Ma andare via in quel momento, per radunare un esercito, avrebbe permesso ad altre persone di imbattersi in quella caverna e di rubare loro la gloria prima che loro potessero tornare.
Arni era un guerriero valoroso, questo era vero. Ma la sua forza non era solo fisica; era anche molto astuto. Dopo che i chierici che aveva portato in questa scalata ebbero sussurrato alcune parole e dato le loro benedizioni, Arni uscì dal suo nascondiglio dietro a una roccia.
"Ehi", disse ai troll dai volti sorpresi e dalle bocche zannute spalancate, colti impreparati dal suo arrivo. "Voi siete quelli che hanno saccheggiato i villaggi lungo la cresta. Ascoltate, c’è un intero esercito di berserker laggiù, pronto a strapparvi le carni dalle ossa e ho pensato che avrei potuto offrirvi un modo diverso per sistemare questa questione. Una sfida a testate", presentò la sua proposta con un ghigno sul volto. "Chi perde fa armi e bagagli e non mette mai più piede su queste montagne."
Tover Sangue di gigante era senza dubbio l’umano più enorme che Njala avesse mai visto. Sovrastava gli altri guerrieri Kannah di una testa e mezza. Petto nudo, tatuaggi che sobbalzavano a ogni respiro, largo il doppio di chiunque altro. Anche gli imponenti pini dell’Aldergard sembravano in qualche modo più piccoli vicino a lui. Raramente Arni era la persona più imponente in un gruppo, ma in confronto a Sangue di gigante non sembrava nulla più che un ragazzino.
"Questo è il giorno", disse Njala, alla ricerca della migliore posizione per osservare l’evoluzione della situazione. "Questo deve essere il giorno. Sarà onorevole il duello con quello?? La morte di Fronterotta lo ha finalmente... finalmente... trovato." E che morte gloriosa! Njala non vedeva l’ora di congratularsi con lui per la sua vita valorosa, di mostrargli le sconfinate sale in cui avrebbe trascorso l’eternità bevendo, banchettando e combattendo. Aveva atteso quel momento così a lungo.
Alajn non aveva invece la stessa sicurezza. Inclinò semplicemente la testa di lato, con un leggero sorriso sulle labbra.
"Che cosa?", chiese Njala.
"Certo", le rispose la mietitrice, "oggi è completamente diverso rispetto alle ultime otto volte in cui è andata a finire nel modo opposto a quello che avevi previsto. Sta iniziando a diventare una pia illusione, tutto qua."
Njala aggrottò la fronte e si voltò di nuovo verso i guerrieri radunati. Erano disposti in cerchio, a dodici passi di distanza... Kannah e Tuskeri, intorno ai due uomini. Sangue di gigante afferrò l’ascia che teneva dietro la schiena. Era un’arma da ogre, da troll, con una testa a doppia lama di solido metallo, ma lui sembrava maneggiarla con facilità. "Fronterotta!", ruggì con una voce che scosse la neve sui rami vicini. "Ti offro un’ultima occasione di pentirti. Striscia ai miei piedi e inginocchiati davanti ai miei progenitori, implora il perdono per aver profanato il luogo in cui riposa la mia famiglia; se lo farai, potrai uscire vivo da questo cerchio."
La risposta di Arni fu una grattata alla barba rossastra, con un ghigno sul volto. "E quale sarebbe il divertimento, Tover? A dir la verità, sembra una gran noia. Penso che tu abbia perso il lume della ragione e non sappia più come uscire dalla tua piccolezza."
Le labbra di Sangue di gigante si tesero e rivelarono denti che sembravano lastre di pietra. "Estrai la tua spada, piccoletto."
Con un gesto appariscente, Arni estrasse la spada dal fodero. In confronto a questo avversario, sembrava un piccolo pugnale, ma comunque luccicante, tagliente e splendente sotto il debole sole del Cielo di sangue.
Non ci fu alcun movimento di studio e nessuna analisi del comportamento del nemico. Con un ruggito bestiale, Sangue di gigante si lanciò all’assalto, facendo roteare l’ascia in un arco ampio quanto il cerchio stesso. Arni si inginocchiò per schivare l’ascia e fece per avvicinarsi all’avversario, che caricò un secondo colpo in un batter d’occhio. Arni balzò all’indietro, si mosse sull’orlo del cerchio, offrendo a Njala una scusa per stringere il pugno pregustando il trionfo. "Perfetto! Combatti con onore!", sussurrò, più a se stessa che a lui. "Sii coraggioso ed eroico e soprattutto muori sul serio questa volta!"
L’uomo gigantesco affondò un altro colpo e Arni tentò di gettarsi in avanti prima dell’arrivo del successivo. Questa volta venne colpito da un calcio nello stomaco e rotolò all’indietro, sbattendo contro le ginocchia dei guerrieri intorno. Njala sussultò all’impatto. Un istante dopo, Arni fu di nuovo in piedi.
Uno dopo l’altro, quei terribili colpi mancarono l’obiettivo e Arni, pur riuscendo a non farsi tagliare a metà, non fece altro che schivare, rotolare e accovacciarsi. Non erano solo le lunghe braccia di Sangue di gigante che gli impedivano di avvicinarsi; quegli imponenti movimenti d’ascia sembravano non finire mai. Qualsiasi normale guerriero sarebbe rimasto senza fiato, ma evidentemente Tover Sangue di gigante non era un normale guerriero.
Si fece avanti per l’ennesimo colpo e Arni si preparò di nuovo a schivarlo. All'improvviso, Tover sollevò l’impugnatura dell’ascia con un affondo proprio verso mascella di Arni, finalmente colpendolo e scagliandolo gambe all’aria.
"Una finta", commentò Alajn. "Dopo tutto, quello grande non è un bruto senza cervello come potrebbe sembrare."
Njala non rispose. Il suo sguardo era fisso su Arni, che sputò sangue nella neve e si risollevò da terra. Il suo sorriso era svanito. Al suo posto c’era uno sguardo concentrato, una serietà che la valchiria non aveva mai visto prima. Una strana sensazione iniziò a crescere e a vorticare nello stomaco di Njala. Era forse
Sangue di gigante tentò un altro colpo, un attacco non meno crudele e rapido degli innumerevoli altri, e questa volta Arni non lo schivò, non si accovacciò e non rotolò: si lanciò proprio verso il nemico, intercettando la traiettoria della mano che reggeva l’ascia e puntando la propria spada sull’impugnatura di legno. Si udì un sonoro crack e il cerchio di persone si aprì momentaneamente sul lato dove andò a finire la testa dell’ascia, che terminò il suo volo conficcandosi nel tronco di uno degli enormi pini che circondavano il gruppo.
Anche Arni venne investito dalla forza del colpo. Per un istante, Sangue di gigante sembrò sbalordito. Guardò incredulo l’impugnatura spezzata nella sua mano, ora poco più utile di un bastone da passeggio. Fronterotta si rialzò da terra per la terza volta quel giorno e il guerriero Kannah scattò in avanti. Prima che Arni potesse alzare la spada, Sangue di gigante lo avvinghiò come un orso afferra la sua preda, bloccandogli le braccia al corpo e sollevandolo da terra.
Arni si dimenò e si contorse. Scalciò, cercò di divincolarsi e imprecò, ma la subdola rapidità e l’audacia che aveva prima risultarono inutili. Si era fatto prendere, come un coniglio in una trappola.
La folla di guerrieri, che aveva urlato e incitato fino a pochi istanti prima, si zittì all’improvviso. Ciò che Njala poté udire erano i brevi e smorzati rantoli di Arni mentre Sangue di gigante lo stringeva sempre più forte, con i tendini delle imponenti braccia che mostravano in modo evidente il suo sforzo. La spada cadde dalla mano del condottiero dei Tuskeri e atterrò silenziosamente nella fanghiglia di neve e polvere al di sotto.
"Njala", disse Alajn mettendole una mano sulla spalla. Il suo tono di voce era sorprendentemente delicato. "Forse... forse è meglio che tu non guardi."
"No", rispose Njala scuotendo la testa. "Devo essere presente. Fino alla fine."
Pochi altri momenti, pochi altri faticosi sospiri e tutto sarebbe finito. Avrebbe finalmente potuto portare Arni su Starnheim; avrebbe finalmente potuto offrirgli la ricompensa che meritava. Non era forse ciò che voleva? Era il suo dovere. Era il suo onore. Nonostante ciò, Njala si rese conto di non volere che Arni venisse ucciso stritolato da questo uomo grande come un orso. Voleva che riuscisse a trovare una via di uscita da questa situazione, come sembrava che fosse sempre in grado di fare. Voleva che vincesse. Non voleva che la leggenda di Arni Fronterotta terminasse quel giorno. Non avrebbe permesso che terminasse così.
Njala spalancò le ali e si lanciò verso il cerchio ma, prima che potesse avvicinarsi, Alajn si mise davanti a lei. "Njala, è un duello d’onore."
"Ma..."
"E se anche non lo fosse, siamo valchirie. Non abbiamo il diritto di immischiarci degli affari dei mortali. Lo sai bene."
Tutto ciò che Alajn aveva detto era giusto... ma a Njala non interessava. Stava cercando di farsi venire in mente qualche elemento che convincesse la sorella a togliersi di mezzo, quando vide qualcosa di speciale. Arni aveva di nuovo quel ghigno sul volto. Un ghigno che aveva visto tante volte.
Osserva bene.
Sangue di gigante lo aveva sollevato in aria completamente... sarebbe stato ancor meglio per sfruttare la mostruosa forza. Per la prima volta in quel combattimento, si ritrovarono faccia a faccia. Arni spinse la testa all’indietro, molto all’indietro e all'improvviso Njala ricordò come terminava il racconto di Hormgart... come Arni Fronterotta si era guadagnato il nome che porta.
Le ore passarono, il sole scese al di sotto delle rosse cime delle montagne Tusk e Arni e il troll stavano continuando la loro sfida. Erano entrambi spossati, insanguinati e storditi dai continui impatti... ma Arni aveva ancora il suo ghigno e si preparò a un'altra testata. Il troll non sembrava invece credere a ciò che stava avvenendo. Quell’umano stava effettivamente resistendo. Contro un troll! In una sfida di testate! Si vergognava, ma soprattutto era spaventato. E se questo piccolo umano ghignante riuscisse a sconfiggerlo? In quel momento di paura e di incertezza, il troll decise di compiere un gesto tutt’altro che sconosciuto alla razza dei troll... decise di imbrogliare.
Era il momento di continuare. Arni e il troll puntarono i piedi e piegarono la testa all’indietro per un altro colpo devastante. Ma, proprio nel momento in cui Arni si stava scagliando in avanti, il troll girò la testa in modo che le sue zanne andassero a cozzare con il Tuskeri. Fu ovviamente un terribile errore. Esistevano molte persone forti come o più di Arni Saltacapre e altrettanti astuti come o più di lui. Ma ben pochi di coloro che erano paragonabili come forza o astuzia lo erano altrettanto per durezza del cranio.
Ci fu un rumore come quello di un fulmine che colpisce, una frattura che risuonò in ogni angolo della caverna. Quando terminò, il troll era disteso a terra e una delle sue zanne era spezzata alla base. Sopra di lui, insanguinato e vittorioso, con un osso di troll incastonato nella fronte, si trovava Arni Saltacapre... ma il suo nome non era più Saltacapre.