Le offerte al fuoco
Il racconto precedente: Liliana Vess – La scortesia dei corvi
”Chandra, vi prego, cantate con noi”, disse l’abate Serenok, con la pesante manica che ondeggiava al gesto.
Chandra e i monaci del fuoco del monastero si tenevano in equilibrio sui banchi di roccia solida nel campo di lava a miglia dal monastero del Torrione Keral su Regatha. L’aria era rovente e l’immagine del panorama era distorta dal calore. Un imponente vulcano incombeva minacciosamente alla distanza ed eruttava fumo. Chandra non era sicura che questo fosse il suo posto. Questo era il luogo in cui era divenuta piromante, ma prevedeva anche esercitazioni di canto.
Chandra mise la mano dietro la testa. “Non ho una gran voce”, rispose.
”Allora questa sarà la sfida ideale per te”, rispose Serenok mentre il suo sorriso accennato disegnava rughe intorno ai suoi occhi. L’abate, maestro del Torrione Keral, Serenok istruiva gli adepti nell’arte della magia del fuoco. Come Madre Luti, la matriarca del monastero, Serenok aveva indirizzato il talento di Chandra verso la magia del fuoco, incitandola a proseguire gli studi e la comprensione di se stessa
Montagna | Illustrazione di Sam Burley
"Hai doti che mi fanno tornare in mente colei che ha ispirato la fondazione di questo Torrione", disse Serenok.
"Io non sono lei, Serenok", rispose Chandra.
"No, ma potresti diventarlo", continuò lui. "Un giorno".
Lui si riferiva a Jaya. Jaya Ballard, una famosa piromante. Per Chandra era una specie di mito, una presenza che aleggiava nel torrione. I detti da piromante di Jaya erano sulle labbra di ogni monaco e scolpite sulle pareti delle sale e i suoi occhialoni per proteggersi dal calore dimoravano su un piedistallo all'interno del monastero. Alcune delle magie di Jaya erano diventate esercitazioni abituali che gli adepti del fuoco svolgevano... Come oggi, qui, nel campo di lava. Chandra era conscia dell'utilità delle lezioni. Avrebbe potuto svolgerle senza la necessità di quel confronto.
"Noi tutti possiamo aspirare a diventare come Jaya", annunciò Serenok agli altri. "Diamo inizio alle esercitazioni".
Guidò i canti. La voce dell'abate era chiara, ma i suoi polmoni suonavano sottili. Chandra si accorse della sua età mentre lui si sforzava di compiere i movimenti... per sollevare la testa e cantare doveva combattere con la sua gobba.
Alla sua si unirono le voci degli altri adepti piromanti e dopo pochi istanti l'aria era piena di suoni. Le battute di denti delle consonanti si contrapponevano alle basse vocali prolungate. Tutti si muovevano in armonia, con i piedi che passavano da una roccia all'altra e le braccia che oscillavano come l'aria mossa dal calore. Mentre loro danzavano, lingue di fuoco si sollevavano dalla lava a formare un imponente cerchio intorno a loro.
La danza dei piromanti era splendida e anche Chandra ne faceva parte. Accettò il proprio essere, volse la testa all'indietro, si voltò, spalancò le braccia e produsse fuoco dalla punta delle dita. Nel suo movimento guardò verso l'alto per osservare il fumo prodotto dal campo di lava che si sollevava verso il cielo di Regatha insieme al canto dei monaci. Chandra si chiese se Jaya avesse provato le stesse sensazioni. Era stata lei a portare questo canto su Regatha? Madre Luti era a conoscenza dei Planeswalkers e aveva confidato a Chandra che Jaya aveva questo dono. Quali parole da piani lontani aveva cantato per evocare le fiamme? Chandra inspirò ed emise un suono che rappresentava il modo in cui la danza la faceva sentire... un trillo acuto che cresceva sempre di più.
"Chandra", disse Serenok. "La magia non avrà effetto se non partecipi anche tu".
Chandra si fermò e si guardò intorno. Gli altri monaci si erano arrestati e la stavano osservando. Il canto si era placato e con esso anche il cerchio di fuoco.
"Credevo di cantare", rispose Chandra. La sua chioma scintillava dalle fiamme e la spense rapidamente con una mano.
"Devi imparare a incanalare la tua passione nelle lezioni", le disse Serenok. "Solo agendo insieme riusciremo a far funzionare la magia e a generare il fuoco più forte. Devi dedicare le tue energie a quel fuoco".
Abate del Torrione Keral | Illustrazione di Deruchenko Alexander
"Ci sto provando", disse Chandra.
"Impegnati di più", rispose Serenok con voce esausta. "Questi sono i miei ultimi giorni. Fai vedere a un vecchio monaco ciò che desidera".
"Non dire così".
Serenok batté le mani. "Ricominciamo. Chandra, ricorda ciò che hai imparato. Le lezioni non hanno lo scopo di porti dei limiti. Il loro obiettivo è di aiutarti".
L'abate aprì le braccia e spinse la testa all'indietro. Chandra vide una linea di sudore scendere lungo la sua guancia... stava lanciando una magia?
Uno schiocco di sgretolamento provenne da sotto il campo vulcanico. Il panorama sobbalzò e Chandra e i monaci incespicarono sulle loro rocce.
"Che cosa sta succedendo?", chiese uno degli adepti guardandosi intorno.
"Un terremoto?", chiese un altro monaco.
Un cumulo di roccia fusa si sollevò dalla piana di lava e si mise tra loro e il monastero. Qualcosa di vivo si stava alzando... qualcosa di vivo e di enorme.
"Veloci", disse Serenok. "Riprendiamo a cantare".
"Sei sicuro che sia il momento migliore per fare pratica di canto?", chiese Chandra.
"Costruite le difese, come vi ho insegnato. In fretta!". Serenok si mise a cantare e i monaci si unirono a lui riprendendo la loro danza. L'anello di fuoco li circondò di nuovo e iniziò a sollevarsi.
Qualcosa di gigantesco esplose dal letto di lava. Una ruvida testa coperta di scaglie e di tentacoli di roccia li sovrastò, seguita da un lungo pilastro che era un collo ricoperto di punte. Quell'essere aveva le dimensioni di un wurm, ma era chiaramente in grado di nuotare all'interno della roccia vulcanica.
Infernale Bracifauce | Illustrazione di James Paick
"Un infernale!", urlò uno dei monaci.
"Continuate a cantare!", rispose ad alta voce Serenok.
L'infernale ruggì nel cielo, emettendo fuoco e gas sulfurei. Voltò il proprio corpo verso i monaci e i suoi tentacoli vacillarono. Le sue fauci erano grandi abbastanza da inghiottire chiunque di loro in un solo boccone, ma Chandra pensò che si sarebbe più probabilmente divertito a masticarli.
I monaci cantarono e danzarono e la parete di fuoco si sollevò intorno a loro, proteggendoli dall'infernale.
Mentre le fiamme si alzavano, Chandra osservò i monaci del fuoco intorno a sé e cercò di imitare i loro suoni e il loro ritmo. Forza, Nalaar, pensò. Questo è il canto inciso su tutte le pareti del Torrione. Puoi farcela. Osservò Serenok e cercò di imitarne i movimenti.
La parete di fiamme divenne più alta, ma era tremolante e non sufficientemente alta. Chandra sapeva che la colpa era sua... pronunciava le parole in maniera affrettata, mescolava i suoni e barcollava nei movimenti. L'infernale sarebbe stato in grado di piegare la testa e azzannare i monaci...
Vide la testa della bestia infrangersi contro la parete di fiamme. Le sue fauci si mossero e ruggì.
Chandra rinunciò ai tentativi di cantare. Si voltò verso l'infernale e la sua chioma e le sue mani eruppero in una fiammata. Scagliò due missili di fuoco contro il suo ventre, ma le scaglie resistenti al calore fecero il loro dovere.
L'infernale si lanciò all'attacco, con la testa che squarciava la parete di fiamme, diretta verso uno degli adepti. L'adepto schivò l'attacco saltando su un'altra roccia nel momento in cui l'infernale si abbatté sulla roccia su cui si trovava prima. La barriera di fuoco abbrustolì le scaglie dell'infernale ma anche in questo caso il misero calore non riuscì a rallentarlo.
Chandra digrignò i denti e cercò il migliore equilibrio. Mentre l'infernale abbassava di nuovo la testa, balzò di lato, ne afferrò le punte del corpo e si arrampicò sulla schiena.
L'infernale scalciò e urlò immediatamente e i suoi tentacoli si divincolarono nel tentativo di afferrare Chandra. Lei riuscì a far presa su due dei tentacoli, si avvinghiò con i piedi sulle creste e si eresse in piedi sulla sua schiena.
"L'ho preso!", urlò Chandra.
L'infernale ruotò e contorse il suo corpo e improvvisamente la sua schiena divenne il suo petto. Ora Chandra stava ciondolando dai suoi tentacoli, con le gambe che si agitavano.
"Mirate alla sua testa!", disse un adepto pronunciando una magia di fuoco.
"Non mirate alla testa!", urlò Chandra, appesa alla testa della bestia.
Chandra rimase appesa, oscillante. Ruotò il corpo per fare presa con i piedi e scalciò per lanciarsi sopra la testa dell'infernale. L'infernale scattò e scalciò, ma Chandra infuocò le proprie mani e perforò l'aspra pelle con le dita. Si agganciò con forza.
Chandra si chiese in quale guaio si fosse appena cacciata... una sensazione familiare. I tentacoli del mostro erano più spessi sulla testa e puntavano a lei; alcuni colpivano l'armatura e altri frustavano la pelle. Fece una smorfia alle sue mani infuocate, immerse nell'armatura del mostro e sentì che non sarebbe riuscita a mantenere quel calore per molto. Aveva bisogno di maggior calore, più di quanto sarebbe riuscita a creare da sola.
"Ho un'idea", urlò agli altri. "Proviamo in un altro modo. Quando ve lo dico, mirate su di me!".
Chandra calcolò i tempi del movimento successivo del corpo dell'infernale. Lasciò la presa, corse e scivolò sul suo ventre, scansando i tentacoli sferzanti con un arco di fuoco. Una volta raggiunto il ventre, vicino a dove la bestia emergeva dal campo di lava, lo afferrò con entrambe le mani e si voltò per guardarlo negli occhi. Emettendo un grugnito per lo sforzo, perforò l'armatura con una mano.
L'infernale abbassò la testa per riflesso e Chandra fece un balzo.
Mentre la sua ruvida mascella scendeva su di lei, Chandra balzò lontana e l'infernale colpì le piastre del proprio ventre. Per un po' di tempo, le sue mascelle rimasero bloccate.
Chandra atterrò su una delle rocce. Si voltò verso i monaci e richiamò la loro attenzione. "Ora!", urlò. "Fuoco! Su di me!".
Gli altri monaci si irrigidirono e guardarono Serenok. Questa azione non faceva parte dei suoi insegnamenti.
L'abate guardo Chandra negli occhi per un doloroso istante, ponderando le scelte.
L'infernale urlò e sobbalzò, con le fauci ancora bloccate nella propria armatura rocciosa.
"Ora!", li implorò Chandra. "Forza!".
Serenok si voltò verso gli adepti e annuì.
I monaci del fuoco urlarono, aprirono le braccia e scatenarono una decina di magie di fuoco verso Chandra.
Fiammata Devastante | Illustrazione di Aleksi Briclot
Chandra ebbe solo un attimo a disposizione, prima che comete e sfere di fuoco piombavano su di lei. Preparò il momento, roteò su un piede e, con il movimento di rotazione, deviò le magie di fuoco con le mani. Con un singolo movimento, intrecciò le lingue di fuoco in un'affusolata saetta di fuoco accecante. La avviluppò intorno al proprio corpo, ne percepì sulla pelle il calore e la indirizzò proprio verso la testa dell'infernale.
La saetta di calore perforò la pelle corazzata della fronte del mostro e creò un foro fino alla parte più morbida.
Con uno scatto del corpo e un urlo, l'infernale si dimenò e riuscì finalmente a separare la mascella dalle piastre.
Sollevò la testa, fece avvampare i tentacoli con un ruggito e si tuffò nella pianura di lava.
Onde si propagarono attraverso il campo di lava e poi si placarono. Nessuno disse nulla per vari istanti, finché non furono tutti sicuri che non riemergesse immediatamente per divorarli.
Chandra appoggiò le mani alle ginocchia per riprendere fiato. "Mi dispiace di aver rovinato il canto", disse. Le fiamme della sua chioma si ridussero di intensità e ritornarono allo stato normale. Una ciocca rimase dritta.
"Eccezionale", disse Serenok con un sorriso macchiato di fuliggine. Ebbe un colpo di tosse, che non diminuì l'ampio sorriso. "Hai compiuto un'azione che ho visto compiere a una sola altra persona. Sei pronta. Sei lei".
"Chandra, alzati".
Chandra si trovava di nuovo nel suo letto, al monastero. Ebbe una chiara sensazione che potesse essere, in effetti, quel momento del giorno che le persone chiamano mattino.
A rendere la situazione sicuramente non migliore, era sicura che quella voce alla porta fosse di Madre Luti.
"Chandra", ripeté Luti. "In piedi. È mezzogiorno".
"Come fai a dirlo?", Mormorò Chandra, rimanendo immobile. "Da dietro le mie palpebre sembra proprio il momento giusto per dormire".
"Si tratta di Serenok".
Chandra infine si alzò. "Ascolta", disse rimuovendo ogni accenno d sonno dal cervello. "Se desidera parlare delle esercitazioni di canto, rispondigli che domani sarebbe meglio...".
"Chandra. Serenok è morto".
Il servizio funebre dell'abate fu breve e fu celebrato nella radura rocciosa all'esterno, al termine dei gradini del Torrione Keral. Erano gli stessi ampi gradini in pietra che Chandra aveva salito quando era diventata Planeswalker. Molti dei monaci del fuoco riuniti erano tra quelli che l'avevano accolta quando era una giovane piromante perplessa.
Monte Keralia | Illustrazione di Franz Vohwinkel
"Noi tutti siamo stati adepti di Serenok", disse Madre Luti. "Tutti quelli che lo hanno conosciuto hanno imparato qualcosa dalla sua vita di fiamma e passione e dalla sua dedizione al ruolo di abate di questo Torrione".
Chandra stava piangendo, in parte sconcertata e in parte afflitta. Era sicura di non provare ancora la stretta del dolore. Sapeva che sarebbe giunto, come una presenza in movimento nell'oscurità verso di lei.
"Il corpo di Serenok ha lasciato andare la sua anima la scorsa notte, nel sonno", continuò Luti. "E con la sua dipartita, poiché è un maestro fino alla fine, ci ha offerto un ultimo insegnamento. Ci ha mostrato che nel tempo a nostra disposizione dobbiamo scegliere un cammino e dedicarci a pieno. Dobbiamo trovare il fuoco dentro di noi, farlo crescere e offrire a esso le nostre vite. E dobbiamo fare in modo che quel fuoco riscaldi il cuore degli altri". Mise insieme le mani. "Addio, Serenok".
I monaci abbassarono il capo. Le loro vesti incappucciate coprirono i loro volti.
Quando la cerimonia si concluse, Chandra non tornò al monastero con gli altri. Si allontanò dal Torrione, verso le montagne. Udì la voce di Luti che la chiamava, ma decise di non voltarsi.
Un'implacabile giornata di Regatha divenne una torrida notte di Regatha, con tempeste di fumo che vorticavano nei cieli come il ringhio di emozioni dentro Chandra. Era buio abbastanza da non poter vedere nel cielo il profilo del grande vulcano. Ciò che era comunque visibile erano le sottili linee di lava che serpeggiavano lungo le pendici. A questa distanza non sembrava neanche che si stessero muovendo... poteva immaginare i fili brillanti che sgocciolavano verso valle o, cambiando punto di vista, poteva visualizzarli salire fino al suo cuore. Chandra si sdraiò sotto una sporgenza di roccia, in corrispondenza di un nido di falene cineree. Osservò il flusso delle falene che salivano a spirale nella notte con le loro sottili ali di fiamme.
Era sempre stata irritata dalle aspettative che Serenok aveva su di lei. Sarebbe forse stato troppo doloroso imparare i canti e partecipare alle esercitazioni insieme agli altri? Sarebbe forse stato troppo sbagliato cercare ciò che lui vedeva in lei? Pianse e non pensò alle lezioni di Serenok, ma alla sua gentilezza e ai suoi incoraggiamenti. Sentì un vuoto dentro di sé, un profondo vuoto di dolore. Aveva previsto un'ondata di emozioni per la morte del maestro, qualcosa di più tangibile a cui potersi appoggiare, qualcosa da poter affrontare. Non c'era nulla da affrontare in questo vuoto. Non era una sensazione contro cui avrebbe potuto combattere. Avrebbe solo potuto vivere questa sensazione di vuoto.
Dopo un po' di tempo, volle il suo letto più della solitudine. Fece ritorno al monastero attraverso i ripidi passi di montagna, lanciando magie di fuoco nell'oscurità di fronte al suo cammino. Le falene cineree vorticarono dietro di lei.
Era già giunto il mattino quando i suoi passi la portarono infine al monastero.
Madre Luti era seduta sui gradini del Torrione Keral e teneva in grembo un indumento ripiegato. Erano le vesti di Serenok, il mantello dell'abate, ornato di elaborati filamenti.
"Perché mi accogli con questo?", chiese Chandra. I suoi muscoli erano esausti e il suo cuore era un uragano, una tempesta che vorticava intorno a uno spazio vuoto. Non aveva mai visto quelle vesti se non sulle spalle di Serenok. I suoi occhi si spalancarono. "La tua intenzione è di ferirmi?".
"Chandra, ascoltami", iniziò Luti.
"No, comprendo", rispose Chandra avvicinandosi a Luti. "Serenok è morto, ma le lezioni devono continuare! Dobbiamo radunarci nella grande sala prima che le sue vesti si siano raffreddate, vero? Dobbiamo riempire questo vuoto. Sei qui per dirmi questo, vero? Sono passate ore, la nostra vita continua e dobbiamo scegliere un nuovo abate?".
"No, Chandra", rispose Luti, con lo sguardo rivolto verso il mantello di Serenok. "Sono qui per dirti che ne abbiamo già scelto uno".
"Non posso", disse Chandra per quella che sembrava la centesima volta. "Non sono un monaco. Sicuramente non sono un abate".
Era seduta a un lungo tavolo in granito nel cuore del monastero, circondata da monaci anziani con vesti del colore delle fiamme. Il mantello di Serenok era ripiegato sul tavolo, di fronte a lei.
"Come diceva sempre Serenok, sei una delle piromanti di più grande talento che il Torrione Keral abbia mai visto", disse Luti, tenendo le mani insieme e con un'espressione di gentilezza. "In te ha visto ricchezza di risorse, creatività e onestà. Le tue parole e la tua magia hanno sempre avuto origine dal cuore, proprio come...".
Chandra sussultò.
"... proprio come Jaya. Sei l'esempio per tutti noi".
Le loro frasi erano gentili, ma non la stavano ascoltando veramente. La vista iniziò ad annebbiarsi. "Non potrei mai prendere il posto di Serenok! Non sono un maestro. Sono appena un'adepta. Mi dispiace, ma sono costretta a rifiutare".
Alcuni dei monaci si guardarono tra loro.
Accolito dell'Inferno | Illustrazione di Joseph Meehan
"Chandra, la proposta di assumere il ruolo di abate è un grande onore", disse un altro monaco con una barba così lunga da arrivare fino al tavolo di pietra. "Se vi viene offerto il mantello, è una vostra responsabilità. Voi dovete accettare".
"No", disse Chandra battendo improvvisamente i pugni sul tavolo ai lati delle vesti ripiegate di Serenok. La sua chioma crepitò per un attimo dalle fiamme. "Permettetemi di darvi un consiglio. Dirmi ciò che devo fare non è il miglior modo per convincermi".
Le labbra di Madre Luti erano chiuse in una linea sottile. "Serenok sapeva di essere agli ultimi giorni della sua vita, Chandra. Ti stava mettendo alla prova. Aveva visto qualcosa in te".
"Serenok credeva che io fossi qualcuno che invece non sono", disse Chandra. "Vi prego di credermi. Voi non volete davvero che io sia alla guida di questo luogo. Non conosco i canti. Io rovino i movimenti. Non sono in grado di guidarvi in nulla di ciò che fate voi qui".
"Allora, come amava dire Serenok, questa sarà la sfida perfetta per te", disse Luti.
Quelle parole la colpirono direttamente al petto. Si sedette e abbassò le spalle. Si portò le mani agli occhi... per fermare le lacrime o per offuscare la vista intorno a sé, non ne sapeva il motivo.
Riaprì gli occhi e si guardò intorno, osservando i volti dei monaci del fuoco. Questo luogo, queste persone che le avevano insegnato così tanto, proprio loro volevano che fosse ora lei a guidarli. Se fosse rimasta, avrebbe potuto mostrare loro quanto fossero importanti per lei, fin dal giorno in cui l'avevano accolta molti anni prima... quando era giunta da loro come orfana spaventata da un altro mondo.
"Pensate davvero che io ne sarei in grado?", chiese Chandra.
Tutti i monaci annuirono.
Madre Luti si alzò e spalancò le braccia. "Chandra Nalaar, accetti di prendere il mantello di Serenok e di essere la nostra Jaya? Accetti di guidarci alla scoperta dei principi della piromanzia di Keralia? Accetti di insegnarci l'arte della magia del fuoco?".
Chandra si alzò, attorniata dai suoi compagni. Qualcosa in questa sala la faceva sentire al sicuro, come nelle lenzuola scompigliate del suo letto. Forse avrebbe potuto dedicarsi a questo cammino. Jaya aveva dimorato su Regatha solo per un breve periodo... forse avrebbe potuto essere la Jaya non solo di passaggio, ma permanente. Forse il ruolo di abate del fuoco sarebbe stato divertente... e un modo per riempire quel doloroso vuoto nel cuore.
Mentre era in piedi davanti al tavolo, alla ricerca delle parole giuste, due uomini con vesti evidentemente non di Regatha irruppero nella sala.
Uno di loro indossava una solida armatura, portava la barba sul mento ed era a petto nudo, mentre l'altro era più minuto, aveva le guance levigate e indossava un mantello blu ricoperto di rune con un cappuccio.
Jace, Telepate Libero da Vincoli | Illustrazione di Jaime Jones
Si voltarono tutti verso i due uomini. Il loro sguardo era diretto a Chandra, che li riconobbe.
Chandra balbettò. "Che... che cosa succede?".
"È un piacere vederti, Chandra", disse Gideon Jura. "Abbiamo bisogno del tuo aiuto".
"Si tratta di Zendikar", disse la voce di Jace Beleren nella mente di lei.
Chandra uscì insieme agli altri due Planeswalkers e scesero i gradini del Torrione, in direzione del Monte Keralia. Due Planeswalkers da due momenti diversi del suo passato... ricordi di altri piani, di altri momenti della sua vita... che si presentavano davanti a lei, proprio nel momento in cui stava creando un legame con le persone del Torrione Keral. Cercò di trovare spazio nel suo cervello per questa contrapposizione.
"Allora", disse lei. "Gideon. Sei venuto a far rispettare qualche legge? Chi c'è sul tuo cammino ora?".
"Gli Eldrazi", rispose Gideon.
"E anche tu", aggiunse Jace. "Abbiamo una missione da compiere. Una piromante sarebbe un grande aiuto".
"La vostra tempistica è atrocemente pessima".
"Mi dispiace giungere in un momento difficile", rispose Gideon. "Se hai bisogno di rimanere qui, devi rimanere qui. Ma abbiamo bisogno di te, Chandra. Zendikar ha bisogno di te".
Aria rovente vorticò nel suo petto. "Sono proprio parole di Zendikar? In persona?". Chandra camminava avanti e indietro, insicura su come comportarsi con il carattere energico che sentì improvvisamente dentro di sé. "Che teneri ad aver pensato entrambi a me. Come avete fatto voi a . . . ?"./p>
Gideon indicò Jace con la testa. "Ci siamo recentemente incontrati su Ravnica".
"Quindi state passando da un mondo all'altro alla ricerca di persone a cui strappare le radici? Ho ragione?".
Gideon fece per rispondere, ma poi richiuse le labbra. In quel momento di silenzio, Chandra credette di udire sussurri di un mondo di torture che lui aveva dovuto patire.
Gideon, Campione di Giustizia | Illustrazione di David Rapoza
Chandra sentì lo scontro dentro di sé tra il flusso di empatia per lui e la propria testardaggine. "Gideon, tu conosci il mio passato qui. Tra tutte le persone, proprio tu dovrei essere a conoscenza dei sacrifici che ho compiuto per questo mondo".
La pira del vulcano alla distanza luccicò sull'armatura di Gideon. "Questo non è l'unico mondo che ha bisogno di un sacrificio".
Chandra si massaggiò le tempie sotto gli occhialoni. L'unico pensiero che le veniva in mente era: Jaya andrebbe con loro. Jaya non avrebbe esitato e si sarebbe lanciata immediatamente in una nuova avventura, tuffandosi in una situazione di crisi in cui avrebbe potuto scatenare la sua magia del fuoco e distruggere ogni cosa. La tentazione fece accelerare il battito del suo cuore. E quando pensò alle persone sofferenti che avrebbe potuto aiutare...
"Ricorda", aggiunse Jace. "La situazione attuale di Zendikar è dovuto anche a te. Abbiamo un debito da pagare, io e te. Che ci piaccia o no, abbiamo una responsabilità".
Gli occhi di Chandra si infiammarono letteralmente. Parlò lentamente, con la più grande calma che riuscì a raccogliere. "Potete. Per favore. Smettete di parlarmi. Delle mie responsabilità".
Gideon strinse le mani tra loro. "Chandra", disse portandosi le mani al petto. Per lui quel semplice gesto era come una supplica, un'espressione di intenso bisogno.
Jaya andrebbe con loro. Jaya andrebbe con loro.
"Andate", disse.
Gideon spostò lo sguardo verso Jace e poi di nuovo verso di lei. Cercò di avvicinarsi a lei, per appoggiarle una mano sul braccio. Chandra lo guardò con intensità e un anello di fuoco crebbe intorno a lei, circondandola con una personale parete di fiamme.
Chandra, Fiamma Ruggente | Illustrazione di Eric Deschamps
"Questo è il luogo in cui c'è più bisogno di me", continuò Chandra. Incrociò le braccia. "Questo è il mio posto. Ho fatto una promessa". Nel suo cuore, quella frase era vera.
"Gideon", disse Jace. "Penso che il nostro tempo qui sia terminato".
Gideon guardò Chandra negli occhi a lungo. Poi annuì e disse "Se dovessi cambiare idea, ci troverai a Portale Marino". Diede un'occhiata di sfuggita a Jace. "Possiamo andare".
Quando lasciarono il piano, l'aria si oscurò e la vista di Chandra venne celata per un breve istante. Dopo la loro scomparsa, Chandra si voltò verso i gradini di pietra che portavano al Torrione Keral... e vide Madre Luti che osservava dalla porta d'accesso, sempre con il mantello di Serenok tra le mani.
Chandra annuì a Madre Luti e iniziò a salire i gradini.