La palla di cannone lo mancò per pochi centimetri.

Udì urla gutturali attraverso il ronzio delle sue orecchie, nel momento in cui il proiettile frantumò l’albero di trinchetto con un ruggito assordante. Nonostante il panico della ciurma disperata, nonostante il forte pulsare nella sua testa e il ritmo del battito del suo cuore, Boldt si mantenne saldo. Questa era la sua occasione.

Attraverso il caos, direttamente di fronte a lui, due navi corsare stavano scendendo veloci verso la sua nave da trasporto. Le uniche armi a sua disposizione si trovavano tra le sue mani tremanti: appunti, il risultato di innumerevoli ore di studio. E il piccolo sestante in bronzo, la sua ricompensa da istruttore, augurio di grandi avventure future. Era tutto ciò che possedeva.

Tenne il sestante in avanti, come riferimento, inquadrando le navi corsare con le sue curve e i suoi vertici, come se fosse il mirino di un arco.

Stregone Errante | Illustrazione di Eric Deschamps

Respira profondamente. Mantieni la calma. Pronuncia le parole. Libera il...

"Pirati!", urlò il capitano, con la chioma intrisa di sangue. "Ci difenderemo fino alla morte! Preparate il...".

Interrotto improvvisamente, svanì con vari altri in una spessa nuvoletta di frammenti di proiettile, mentre il mondo intorno a lui crollava.

Non guardare là, guarda in alto. Osserva.

Alzò la propria voce sopra il frastuono e dai suoi appunti pronunciò una frase di potere, una frase praticata migliaia di volte.

"Ashkara nix pulu...". Il riferimento iniziò a brillare dolcemente nella sua mano e l’adrenalina aumentò a ogni sillaba. "Sarko mar benosk...". Seguì un movimento studiato, come quello di un direttore di un’orchestra. "Kahuga Duru...". Ora, in modo deciso. "Tanare!".

All’improvviso, un’ondata di distorsione si propagò dal giovane uomo, sfiorò le creste delle onde, come una crepa che si propaga in un vetro, procedendo in modo frastagliato verso l’imbarcazione nemica. I suoi occhi si spalancarono nell’attesa, nell’ansia dell’impatto.

Tanto rapidamente quanto era stata evocata, la magia svanì, impotente contro lo scafo delle navi corsare. Fallimento.

Dallo scafo dei pirati risuonò una doppia esplosione, un battito di ferro e tuono. Dopo un istante, le vide: due palle di cannone legate tra loro da una catena di energia crepitante, che roteavano l’una intorno all’altra così velocemente da essere difficili da distinguere. Che razza di magia era questa?

Con una velocità accecante, turbinarono sopra la sua testa e recisero l’albero maestro come un ramoscello. Albero, attrezzi di manovra ed equipaggio crollarono sul cassero e frantumarono il ponte, con un improvviso arresto di alcune urla. Ciò che seguì non fu altro che foschia e silenzio.

Kellan Boldt, apprendista e aspirante mago provetto, primogenito ed erede del Ducato di Kelsh, addestrato nell’arte dall’Arcimago Ghavos, crollò in ginocchio per la sconfitta.

Tutto ritornò quieto, silenzioso come la corte della sua famiglia dopo una pesante nevicata.

"Avreste dovuto farmi fuori, canaglie!", sputò una voce roca.

Da sotto il ponte e attraverso il fumo emerse un uomo anziano, con la barba argentea che nascondeva solo parzialmente una cicatrice lungo la mandibola. Boldt lo aveva già visto. Aveva notato la sua casacca color oro e nero, una volta regale, ora diventata logora e smunta... e lacerata dalle battaglie.

Il suo nome era... Enthril? Sì, il mago della nave. Un mozzo assegnato alle magie di custodia e alle riparazioni dei tessuti e delle ferite superficiali. Ma non vi era nulla di superficiale nel volto insanguinato e nel portamento ferito di quell’uomo.

Enthril borbottò una maledizione tra le labbra, diede un’occhiata veloce alla nebbia bruciacchiata e tese una mano vuota. Nel momento in cui il vento soffiò dietro di lui, mosse il braccio tra le onde.

Il mare balzò per rispondere al suo movimento, increspandosi di energia simile a quella di Boldt, ma più sicura e più potente. Un’enorme onda si gonfiò, sufficientemente imponente da ribaltare la prima nave, farla roteare tra le onde e scagliarla contro la seconda, con un frastuono di travi che si spezzano.

Le due navi corsare, trafitte e aggrovigliate, cessarono il fuoco. Boldt poteva udire i pirati ruggire, cercando di dare un senso a ciò che era avvenuto.

Enthril, da parte sua, riprese fiato.

"Questo li terrà lontani per un po’”, disse, girandosi poi verso il giovane uomo. "Tu! Muoviti!".

Boldt guardò in lontananza e le parole svanirono nella nebbia. L’uomo anziano iniziò ad attraversare il ponte per avvicinarsi a lui, zoppicante.

"'Muoviti' significa che devi alzare le chiappe e aiutarmi, prima che la nave affondi".

"Ma l’equipaggio...".

"Ora siamo noi l’equipaggio. Siamo tutto l’equipaggio rimasto".

Boldt alzò la testa, riprendendosi dal suo stato di trance. Erano davvero gli unici rimasti in vita?

"Dobbiamo scandagliare la nave e sistemare ciò che riusciamo. Qualsiasi cosa ci permetta di respirare aria invece che oceano".

"Aspetta. Come sei riuscito a farlo?".

Enthril rimosse un po’ di sangue dalla punta del naso.

"Con il potere del mio bell’aspetto. Mettiamoci al lavoro".


Sotto coperta, il pungente odore delle fibre di canapa e della pece di pino invasero le narici di Boldt. Una mazza di coibentazione in legno era appoggiata vicino ai suoi piedi mentre lui lanciava una magia per tappare le falle nello scafo, una complessa magia creata da lui stesso.

Era grato per l’acuto odore delle resine, poiché il fetore delle carni bruciate minacciava il suo autocontrollo. L’acqua salmastra aveva quasi riempito la cambusa anteriore, trasportando i corpi sommersi dei defunti. A ogni ondata, i corpi sbattevano implacabilmente contro la paratia.

"Al lavoro", si disse Boldt. "Al lavoro...". Ritornò a pronunciare la sua magia.

Enthril si unì presto a lui, trasportando una gran quantità di schegge di legno.

"Ho scoperto perché il timone non funziona", disse l’uomo anziano.

"Perché?".

"Perché non c’è più".

La speranza di Boldt crollò.

Il mago anziano sussultò nello spostare sul lato destro i pezzi di legno, appena sopra il fianco. Boldt vide il sangue che impregnava il vecchio tessuto della sua casacca.

"Hai bisogno che...?".

Enthril scosse la testa. "Sto bene. Astuti bastardi. Hanno aspettato fino all’ultimo momento prima di mostrare i loro veri colori, i colori di Talas. Ora la mia curiosità riguardo alle loro nuove armi è permanentemente soddisfatta".

L’uomo anziano si fece avanti per dare un’occhiata più da vicino all’opera dell’apprendista.

"Possiamo puntellare qui...", Enthril indicò una tavola rovinata della parete della cabina. "... e riuscire a tappare la falla. Ci darà un po’ di tempo. Ma abbiamo un problema serio e uno ancora peggiore da gestire. Quello serio è questo davanti a noi. Quello peggiore...".

"Quello peggiore è dato dai pirati? I pirati che hai spazzato via con un semplice gesto della mano? Pensavo che fossi...".

"Un semplice e umile mago di bordo? Il tuo addestramento immacolato ti ha fatto pensare così?".

Boldt strinse gli occhi. "Come hai fatto a capirlo?".

"Hai prenotato un viaggio verso le Isole delle Spezie e hai tirato fuori un sacco di soldi. Senza dubbio per l’orgoglio di una famiglia nobile, senza motivo per navigare queste acque se non per recarti a Tolaria Occidentale, all’istituto. È molto prestigioso. Congratulazioni".

L’uomo più giovane si stizzì leggermente. "Allora lo conosci".

Il mago anziano annuì, indicando un anello d’oro con un sigillo che portava sulla mano destra, con il simbolo dell’occhio onniveggente.

"Pieni voti".

"E come sei finito qui?".

Enthril afferrò una cazzuola di ferro, raccolse il sigillante vicino ai piedi di Boldt e lo spalmò nella zona che la sua magia non aveva raggiunto.

"Ragazzo, usa quella mazza. Rendi le cose troppo complicate".

Boldt raccolse lo strumento e lo ricoprì di pece fresca.

"Pensi che io abbia timore di un po’ di lavoro?". Passò la stoppa lungo le tavole, seguendo il movimento di Enthril. "Non sai ciò a cui ho dovuto rinunciare. Ho dedicato anni all’addestramento, per studiare con le grandi menti della nostra era. Ho dei progetti, che non prevedono che io vada a finire sul fondo del mare come scheletro".

"Progetti...". Enthril fece una pausa per pensare e poi tornò sull’argomento. "Ti ho osservato in queste ultime settimane, con i tuoi libri e i tuoi appunti...".

"Giusto", affermò Boldt con una buona dose di orgoglio. "Libri e appunti. La vera via verso la grandezza. Questo è il motivo per cui l’accademia mi ha chiamato".

"E che cosa potresti imparare all’accademia?".

"Tutto: morfologia, controllo, illusione...".

"Il controllo è l’illusione".

Il giovane smise di concentrarsi sulla paratia, si voltò e osservò Enthril negli occhi.

"Che cosa intendi?".

"Boldt...", iniziò l’uomo anziano, con un tono che ricordò al giovane che non si era mai presentato ufficialmente al mago di bordo... o a nessun membro dell’equipaggio. "Il controllo è tutto ciò che volevo ottenere. Il controllo dei risultati, il controllo degli avvenimenti. Ho terminato gli studi, sicuro che sarei stato un grande maestro e che avrei trovato la mia fortuna... preso la mia fortuna. Ma tutta questa ambizione, tutta questa maestria, in cambio della vera saggezza? È come cercare di tenere le onde legate alla spiaggia".

Se ci fossero rimorsi negli occhi di Enthril, non fu evidente. Continuò a lavorare sulle falle dello scafo.

"Nel mondo esterno ho imparato a ridurre la mia sete di potere e di gloria. Ho imparato a vedere me stesso come un latore, un mezzo per qualcosa di più grande di me stesso. Un custode". Sollevò la cazzuola ricoperta da pece nera per accentuare il concetto. "E ho imparato che non si può conoscere il cuore di qualcosa senza possederlo".

Improvvisamente, un’esplosione alla distanza riecheggiò nella stiva, ponendo bruscamente fine alla lezione. Enthril lasciò cadere la cazzuola sul pavimento.

"Sul ponte. Subito".


I due maghi emersero sul ponte, strizzando gli occhi per il sole intenso. I pirati si erano liberati dalla loro prigionia e si stavano portando a tiro di arma da fuoco... e non erano soli.

"Quattro vele in acqua", notò Enthril. Si voltò verso l’albero abbattuto, un insieme di brandelli e di corde mosso dal forte vento. "E ciò che è rimasto viene spinto liberamente dal vento. Questo è ciò che temevo. Il vento ci sta spingendo verso est".

"Ma ci allontana dai pirati, vero?".

Si udì un’altra esplosione di cannoni a tribordo. Questa volta fu più vicina e fece risuonare il ponte. Il mago anziano estrasse una scimitarra rotta dai detriti e la passò a Boldt, che la osservò con sospetto.

"Li terrò occupati", disse Enthril. "Tu prendi questa".

"Devi combattere con questa?".

"Tu ci libererai con quella. Taglia le corde della vela maestra, quelle laggiù. Non usare la magia, risparmia le energie. Vai!".

Mentre Enthril si sollevava per affrontare i pirati, Boldt si avvicinò ai brandelli della vela maestra e analizzò le corde e il tessuto, mentre superava l’albero spezzato. Dietro le sue spalle poté vedere Enthril spalancare le braccia, con i palmi verso il basso, come se venisse sollevato dal vento, con lo sguardo fisso sulle navi che si avvicinavano.

Sotto i loro piedi, il ponte si sollevava e si abbassava, guidato dall’oceano. Enthril si unì alle oscillazioni, come un’eco, in trepidazione. Boldt si avvicinò all’annodato e caotico intrico di nodi e sollevò la lama frastagliata.

Un’esplosione ruggì dalla nave corsara. In arrivo era uno spezzaalberi, che turbinava verso di loro come un fulmine. Muovendosi insieme al ponte, Enthril sollevò rapidamente le braccia, come se stesse comunicando con il cielo.

Con un rombante fragore, i pesanti oggetti di ferro vennero bloccati da una forza invisibile, appena prima di colpire il loro bersaglio. Al rimbalzo, il punto dell’impatto si increspò di una luce scintillante e crollarono in acqua alcune centinaia di metri più indietro, senza causare alcun danno.

Dal suo piedistallo, Boldt vide Enthril vacillare e crollare in ginocchio e l’energia dissiparsi intorno a lui.

"Enthril?", lo chiamò.

"Termina il tuo lavoro!", farfugliò l’uomo anziano.

Boldt riprese a tagliare le corde e le funi consumate, affondando continuamente la lama finché la vela a brandelli non fu infine libera. Entrambi i maghi sbandarono in avanti nel momento in cui la nave si piegò contro il vento, obbligandoli a stendersi per non essere sbalzati.

Il giovane mago lasciò cadere la sua lama rotta e scattò dal suo piedistallo verso Enthril. L’uomo anziano, quasi consumato, non riuscì a fare altro se non annuire e indicare davanti a sé, portando l’attenzione di Boldt sulle navi corsare e spingendolo a posizionarsi al suo posto.

Boldt osservò le navi in avvicinamento. Che cosa avrebbe potuto mai fare?

Ancora intento a recuperare le forze, Enthril osservò il suo nuovo apprendista. "Benvenuto... alla vera accademia, ragazzo".

L’ispirazione investì Boldt come una carica di adrenalina. Cercò a fondo nella sua sacca, mentre il ponte oscillava sotto i suoi piedi.

La magia della sorgente. La componente di base del mondo. Operando nel modo giusto, avrebbe potuto comandare le onde, creare una bufera con le sue mani, attaccare o difendere in molti modi. L’aveva analizzata per anni. Sarebbe stato in grado di utilizzarla in questo momento?

Boldt cercò in un libro rilegato in pelle, verificò un verso e lo rimise nella sacca. Mentre afferrava il fulcro in bronzo, alcuni fogli singoli con appunti caddero.

Un’altra esplosione a babordo, a pochi metri di distanza. Troppo vicino. Boldt si avvinghiò al bastione, tenendosi dritto nonostante il dondolio della nave.

Quali erano le parole? Avenkari era l’inizio. Le conosceva, quali erano?

Il sudore gli colò lungo il sopracciglio e Boldt sollevò il suo strumento per inquadrare la nave più vicina. Come una balestra. Quando iniziò a pronunciare le parole, un impercettibile bagliore apparve intorno al sestante, tremolante e incerto.

"Avenkari katala nahota...".

Una mano bloccò la visuale ed Enthril, di nuovo in piedi, abbassò delicatamente il braccio di Boldt. Il bagliore abbandonò lo strumento.

"Nessun aggeggio", lo rimproverò.

"Che diavolo stai facendo?". Boldt sospirò, nascondendo appena la sua sensazione di panico. "Stiamo per essere fatti a pezzi e...".

"Non parlare. Non ordinare. Chiedi".

"Ma...".

"Boldt, l’essenza della magia desidera aiutarti. Scopri ciò che è pronto per te. Quando la vedrai, saprai ciò che dovrai fare".

"Ma io non la vedo ed è per questo che sto cercando di...".

"Saprai ciò che dovrai fare".

"Dannazione, non la vedo!".

Boom.

Un’altra esplosione, un colpo a segno sullo scafo. Boldt saltò all’indietro di riflesso, seguendo la sua direzione. Poi, senza pensare, scattò in avanti... emozione e allarme sotto forma fisica.

A quel punto, l’energia eruppe dal profondo, spontanea e vera. Un’ondata galvanica di forza che si scatenò lungo bracci di oceano, fino a raggiungere l’avanguardia e colpirla violentemente di lato.

Il fuoco dei cannoni si arrestò. Tutto si interruppe e il giovane mago rimase in piedi, sconvolto da ciò che aveva fatto.

"Quel... quel...".

"Hai trovato la via della magia", disse Enthril.

"Non è possibile!". Boldt era raggiante. "Non ci posso credere!".

Dalla nave dei pirati giunse il suono di tamburi. Con grande precisione, ognuna delle imbarcazioni virò bruscamente, con crescente urgenza.

"Per gli dei, uomo anziano, ce l’abbiamo fatta!", esclamò Boldt con gran gioia. "Li abbiamo costretti a ritirarsi!".

Voltandosi verso poppa e verso est, Enthril scosse la testa e si allontanò.

"No. Non è questa".

Boldt lo seguì rapidamente. "Che cosa? Che cosa vedi tu?".

"Laggiù". Enthril indicò oltre il bordo, verso una serie di correnti che si avvicinavano da est. "È troppo tardi. Il perimetro".

Gli indicatori erano distanti centinaia di metri, una linea composta da punti che delineava l’orizzonte.

Al di là, l’aspetto del mare era drammaticamente diverso. Molto più oscuro, con creste spumose. Nonostante le vele fossero state abbattute, la corrente non si era ridotta di intensità e la nave vagava sempre più vicina.

"Che cosa si trova oltre?", chiese Boldt.

Nessuna risposta. Enthril osservò in silenzio la barriera in avvicinamento e il suo volto perse rapidamente colore.

Isola | Illustrazione di Adam Paquette

"Enthril?".

Alla fine, mormorò "Le Onde Spaventose. Questo è l’aspetto del peggio".

"Sei mai stato laggiù?".

"Sono qua in piedi a parlare con te?".

"Sì".

"Allora no".

Enthril si spostò verso il ponte centrale, con la mente che correva veloce.

"Qui, ragazzo, proprio qui. Lo scafo è più forte".

"Aspetta, aspetta", protestò Boldt. "Non esiste un modo in cui...".

"Troppo tardi. Siamo finiti nella corrente".

"Magari utilizzando una qualche magia per...".

"Tra pochi secondi oltrepasseremo il perimetro. Tieniti pronto".

"Per cosa?".

Enthril guardò Boldt negli occhi, in modo grave.

"Per tutto".

Il cielo si faceva più oscuro oltre gli indicatori e loro si stavano avvicinando alla prima boa. Avvicinandola da tribordo, poterono notare un dettaglio inquietante.

Incatenato all’indicatore vi era un groviglio di scheletri, congelati in sgraziate posizioni e sbiancati dal sole. Quello era il primo comitato di accoglienza.

Orbite di occhi infossati li seguirono in modo sinistro e Boldt ed Enthril oltrepassarono la soglia del perimetro.

"D’accordo", disse Boldt, "ora che cosa...".

Istantaneamente, si accesero di una brillante luce innaturale. Una dopo l’altra, le boe si accesero e il loro bagliore infernale si estese fino all’orizzonte. Boldt inspirò bruscamente, appena vide lo scheletro prendere vita e stendere le sue braccia ossute verso i due uomini, con fauci senza denti che si spalancarono all’unisono per emettere un penetrante strillo accusatorio.

Poi qualcosa eruppe dalle acque a babordo. La coppia si voltò e venne sorpresa da una visione sconcertante. Un enorme tentacolo, butterato da corni frastagliati, si era sollevato fino a 50 metri di altezza.

L’appendice si abbatté nel mezzo della nave, dividendola in due fino alla chiglia e scagliando in aria i due maghi, con il ponte che roteava sotto di loro e sbandava come una pietra lanciata in una pozzanghera.

Afferrandosi disperatamente a tutto ciò che era alla loro portata, i due uomini lottarono per rimanere a galla dopo la distruzione del ponte, cercando un’ancora di salvezza. Parti della nave erano sparse ovunque, galleggiavano e affondavano tra le onde senza fine.

"Dimmi che hai un’idea!", implorò Boldt, lottando freneticamente per aggrapparsi a qualsiasi cosa per rimanere fuori dall’acqua.

Ma prima che Enthril potesse rispondere, i resti del ponte scricchiolarono e si arrestarono contro qualcosa di solido sotto di loro.

Boldt riprese fiato ed Enthril osservò attraverso i detriti fluttuanti.

"Siamo su una secca...".

Il giovane uomo si guardò rapidamente intorno.

"Potrebbe essere una barriera corallina oppure...".

Poi qualcosa si sollevò sotto i loro piedi. Qualcosa di grande. E anche loro iniziarono a sollevarsi, superando la superficie delle acque insieme a un rombante insieme di schiuma e schizzi.

Non si trattava di una barriera corallina. Sotto di loro vi era la superficie viva di un immenso guscio, il dorso di una creatura che sembrava non aver fine, materializzata intorno a loro come una valanga di acqua salmastra e di melma che scivolava come in un calderone.

Mentre di sollevavano, il frammento del ponte iniziò a ridursi a pezzi sotto i loro piedi; presto sarebbe tutto finito. Boldt guardò in modo supplicante verso Enthril. Enthril gli fece un cenno con la testa.

"Saprai ciò che dovrai fare".

L’uomo anziano chiuse gli occhi per concentrarsi, cercando di fermare il caos. Legno e ferro svanirono da intorno a loro come piccole pagliuzze, ma Enthril rimase immobile.

Boldt osservò l’uomo nella sua silente concentrazione, non sapendo che fare se non... crescita? Sì, certamente. Loro due intenti a collaborare, come mare e cielo.

Fece per afferrare la sua sacca. Ma, per sua sorpresa, la sua mano non trovò altro che una cinghia lacerata. I libri, gli appunti, la figura in bronzo dalla forma di sestante... non c’era più nulla.

La massa sotto i loro piedi si mosse e Boldt dovette aggrapparsi al fango per reggersi. Davanti a lui, Enthril si muoveva appena, insensibile a tutto tranne che alle energie che aveva evocato.

Senza altre opzioni, Boldt si resse tra ciò che era un pennone e la pelle squamosa. Poi chiuse gli occhi anche lui.

Cercala. Vedila. Vedere cosa? Non importa, devi solo...

E poi quella voce nella sua mente, la voce del controllo, svanì senza motivo. O, più precisamente, mutò. Riuscì finalmente a vederla.

Poté vedere se stesso, pochi momenti prima. Le navi, la reazione senza un piano, la vera presenza del momento, il primo cenno di comprensione. Tutti i suoi studi e i suoi lavori del passato, solo una parte. Un canale per il flusso della magia, per farle trovare la propria forza e incontrarlo nel suo cuore.

Iniziò a pronunciare parole a voce alta, parole che stavano ancora imparando la forma corretta. Materie prime che ricevevano energia come una marea. E l’uomo anziano, ora avvolto in una luce blu, le stava guidando.

Ma Enthril sembrò innaturale, come un ponte sul punto di crollare per il peso di un esercito. Spossato, perdeva e riprendeva continuamente coscienza, sussurrando come se fosse un’altra persona.

"C’è sempre... sempre di più da conoscere...".

Boldt aprì gli occhi e strisciò verso di lui e le loro due figure si strinsero l’una contro l’altra all’interno di quel turbine di relitti. Si trovavano appesi in modo precario al dorso di questo behemoth, che si era sollevato ancora più in alto e aveva distrutto le ultime parti della nave.

"Ora vedo. La vedo", disse Boldt a Enthril. "È eccezionale".

Enthril sembrò sorridere leggermente e riprese la sua muta cantilena. Boldt si unì a lui e iniziò di nuovo la sua parte.

La creatura emise un suono, come una balena. Un mostruoso e assordante ruggito di vapore. Imperterriti, continuarono nella loro silenziosa cantilena. Fino al momento in cui qualcosa di nuovo iniziò ad avvenire.

Una singola e ribelle tavola del ponte rotto si sollevò e andò verso di loro, a mezz’aria a livello degli occhi, a pochi metri di distanza, in attesa. Una dopo l’altra, venne raggiunta da altre, finché un frammentario guazzabuglio di legno, tessuti e metallo non fluttuò e vorticò intorno a loro.

Nel centro del tornado in formazione, Enthril aprì gli occhi, improvvisamente brillanti di luce ardente e vivace. La luce crebbe di intensità e Boldt alzò lo sguardo, allarmato.

"Enthril, ma che...".

La luce esplose... avviluppando i due maghi, i frammenti fluttuanti della nave, la creatura, il mare, il mondo intero. Tutto avvenne in un istante e poi non rimase nulla.

Dominio Eterno | Illustrazione di Shishizaru

Boldt si risvegliò, con la guancia appoggiata a una tavola di legno. La sensazione di quella superficie piatta e liscia, come nuova, lo fece sobbalzare.

Un nuovo ambiente intorno a lui gli diede il benvenuto. Il ponte di un vascello dallo strano aspetto. Fece per chiamare Enthril. Non ci fu alcuna risposta. Si alzò a fatica e guardò rapidamente in ogni direzione. L’uomo anziano non c’era. Al suo posto vide questa nuova nave, spinta da vele splendenti che sporgevano in strane direzioni. Una farfalla dalle tele bianche. Ciò che non vide fu la linea delle acque.

Poi udì il respiro della creatura. Sembrava distante, come se fosse di molto sotto di lui. Si avvicinò al bordo del ponte. Tutto intorno a lui vide il cielo.

Si trovava su una nave volante di qualche tipo, dalle fattezze che avrebbe potuto solo immaginare. Stava fluttuando molto al di sopra della sua ultima posizione, decine di metri al di sopra delle Onde Spaventose.

Guardò verso il basso e vide l’intera figura del bestiale leviatano, di dimensioni facilmente pari a quelle di un’intera flotta, forse addirittura più grandi. I suoi tentacoli si distesero debolmente per cercare di afferrarlo, ma era troppo in basso per poter solo sfiorare lo scafo.

Il vento soffiò e gonfiò le vele e il nuovo vascello superò agilmente il perimetro sottostante, più velocemente di quanto il vento sarebbe riuscito a soffiare. La tonalità del mare mutò in un blu intenso, puro come quello di un dipinto.

Alla distanza vide le navi dei pirati virare verso sud, come se fossero giocattoli. All’orizzonte, verso occidente, l’ondeggiante distesa verde delle Isole delle Spezie. Al suo interno, l’Accademia di Tolaria, la sua destinazione, sempre più vicina.

A poppa notò il timone, scolpito ad arte, elegante... e senza manovratore, che oscillava da una parte all’altra mosso dal vento.

Qualcosa appena sotto di esso riflesse la luce del mattino e attirò il suo occhio. Si trattava dell’anello con sigillo di Enthril. Raccolse l’anello e lo osservò a lungo.

Le Isole delle Spezie si fecero ancora più vicine. Dopo poco tempo, il timone si mosse a tribordo, nello stesso momento in cui le vele vennero investite da un’ondata di aria calda proveniente dal sud. La nave virò e si allontanò dall’arcipelago, diretta verso nord.

Boldt osservò il timone ai suoi comandi. Poi, alla fine, gli diede le spalle e camminò a grandi passi fino all’estremità della nave, lasciando che i venti lo guidassero lungo la via. Si infilò l’anello di Enthril, come monito. Si adattò perfettamente.

Molto più in basso e molto più lontano, l’Accademia di Tolaria e le Isole delle Spezie divennero sempre più piccole e svanirono alla vista.

Kellan Boldt, ex apprendista e aspirante cercatore, un tempo figlio ed erede del Ducato di Kelsh, reso un uomo nuovo dai venti e dalle onde, iniziò il suo volo nei cieli senza confini... verso nuovi obiettivi, alla ricerca di nuove avventure e alla scoperta del cuore del mondo.

Isola | Illustrazione di John Avon