Halana e Alena sono segugi, cacciatrici e protettrici che vivono nelle profondità della foresta oscura al confine della provincia di Kessig, la foresta nota come Ulvenwald. L'antica foresta di Innistrad è il loro dominio e loro sono state un baluardo tra i suoi orrori e l'innocenza del mondo esterno. Recentemente, la situazione all'interno della foresta ha iniziato a mutare...


"Avete presente quella sensazione? Quella sensazione di formicolio?". Il contadino Warin si trovava di fronte al lungo tavolo degli Anziani, con la sua paffuta moglie dai grandi occhi a fianco. Entrambi avevano dato le spalle agli Anziani, per rivolgersi alla cittadinanza di Gatstaf che si era riunita nelle anguste sale comuni. Halana osservava dalla sedia più vicina alla porta, con Alena di fianco a sé.

"Sembra come uno scarafaggio che si arrampica sulla tua nuca". Warin sussultò a quelle parole. "Proprio dalla base della nuca fino all'attaccatura dei capelli".

Illustrazione di Nils Hamm

Era strano, pensò Hal, che descrivesse quella sensazione proprio in quel momento, proprio quel giorno. Non ne aveva mai sentito parlare, non aveva mai pensato che una tale sensazione fosse possibile, non fino a quella mattina. L'aveva sentita fin dal risveglio, qualcosa che le sfiorava la nuca e si arrampicava lungo la spina dorsale. L'aveva inquietata, fatto di per sé insolito. Così come il fatto che quella sensazione, che era continuata da quando si era alzata dal letto nell'accampamento nella foresta fino alla città, venisse raccontata di nuovo, immediatamente dopo averla provata, al punto da richiamarla alla mente. Cercò di controllare un sussulto.

"Questa sensazione è così reale che non avete altra scelta se non chiedervi se ci sia davvero qualcosa là dietro?". Il contadino Warin si grattò furiosamente la nuca. Vedere quel gesto fece comprendere ad Hal che anche lei lo stava effettivamente compiendo. Riportò entrambe le mani in grembo. "Qualcosa di spaventoso potrebbe nascondersi sotto la vostra pelle e voi potreste non saperlo neanche!".

Molti cittadini fecero un piccolo movimento sulle loro sedie, sentendo un prurito simile a quello del contadino Warin.

"Certo, certo", l'Anziano Kolman fece oscillare una delle sue spesse mani come se stesse scacciando una mosca. "Conosciamo tutti quella sensazione, Warin, ma che cosa ha a che fare con il motivo per cui ci hai riuniti in consiglio?".

"Tutto!". Il contadino Warin si voltò verso gli undici anziani presenti; non erano i soliti dodici, in quanto l'Anziano Somlon era assente per il suo secondo giorno di cerimonia della morte per guidare Lady Mary verso il Sonno Benedetto. "Quella sensazione di formicolio mi convince di aver ragione!".

"Aver ragione su cosa, Warin?", intervenne l'Anziano Kolman.

"Sputa il rospo!", strillò l'Anziano Glather.

"Una delle nostre bestie è posseduta!" La moglie del contadino Warin sembrava non riuscire a trattenersi. "È impazzita! Nel mezzo della notte. E ne ha divorata un'altra! Prima l'ha trascinata in tutto il pascolo. Ho visto le tracce io stessa. Il dolore che quel povero animale ha dovuto subire. Poi quella impazzita l'ha divorata. Non è rimasto nulla se non ossa e denti".

Tra i cittadini ci furono dei sussulti.

"E come sai che è stata proprio una delle tue vacche a mangiare l'altra?", chiese l'Anziano Kolman, cercando di simulare un atteggiamento paziente.

"Ho visto che aveva il muso insanguinato il mattino dopo!".

Altri sussulti.

Hal si voltò verso Alena. I loro discorsi non richiedevano alcuna parola. Sapevano entrambe che la fattoria dei Warin si trovava vicino al confine. Sapevano entrambe che era a breve distanza dalla foresta di Ulvenwald. E sapevano entrambe il tipo di belve che erano recentemente risorte nella loro foresta. Nel giro di due settimane, Alena e Hal avevano eliminato tre licantropi a testa e, in aggiunta, ne avevano sterminato insieme un branco... era piccolo, ma era sicuramente un branco... proprio la notte prima. Quegli incontri erano però stati sufficientemente lontani da Gatstaf da non destare preoccupazione, Hal aveva seguito un ululato distante verso il varco nei recessi ombrosi e quello che aveva eliminato Alena si trovava nei Poggi Borbottanti. Ma ora il loro sguardo mostrava che vi era motivo per ritenere che le bestie fossero diventate sfrontate, che si fossero avvicinate ai limiti della foresta, fino alle città e alla popolazione. Inaccettabile. L'Ulvenwald era il dominio di Alena e Hal e non avrebbero permesso che i suoi oscuri orrori ne uscissero e mettessero in pericolo gli innocenti.

"I nostri sigilli!". Il lamento della signora Warin riportò di nuovo l'attenzione sul lato anteriore della sala. "Lei ha realizzato i nostri scadenti sigilli!". La moglie del contadino puntò un dito accusatorio nella direzione della buona Lady Evelin, che ansimò. "Li ha creati e loro hanno fallito!".

"Non può essere colpa dei sigilli!". L'uomo seduto di fianco a Evelin balzò su e prese le sue difese. "Lady Evelin realizza i sigilli più potenti che questa città, no, questa terra abbia mai visto!".

"Ordine!", urlò l'Anziano Kolman, battendo forte la sua imponente mano piatta sul tavolo degli anziani, ma venne ignorato.

"Allora come potete spiegare la bestia posseduta?", accusò la signora Warin. "Le tracce del trascinamento dell'altra in tutta la nostra fattoria? Le ossa che si è lasciata dietro, dopo essersi nutrita?".

"Ha ragione!", gridò qualcuno dal fondo della sala.

"I sigilli non hanno compiuto il loro dovere", giunse un'altra voce.

"Non ci sono dubbi, i sigilli hanno fallito e la nostra bestia è stata posseduta". Il contadino Warin sembrava aver trovato il coraggio di parlare grazie all'unione di così tanti concittadini alla sua causa. "Siamo vittime della negligenza di Lady Evelin". Si mantenne saldo e implorò sia i cittadini che gli anziani. "Non possiamo permetterci un'altra notte senza un sigillo affidabile".

Illustrazione di Kev Walker

Ci fu un'accozzaglia di cenni di conferma.

Per Hal ebbe senso che la cittadinanza desse la colpa ai sigilli. Che pensassero che la loro vacca fosse stata posseduta da uno spirito malvagio. Queste erano sventure che riuscivano a definire. Questi erano torti a cui avrebbero potuto trovare una soluzione. Situazioni che non avrebbero stravolto il delicato equilibrio che credevano governasse il loro mondo. Non vivevano nella stessa realtà di Hal e Alena. Quei cittadini non potevano vedere ciò che succedeva nell'oscurità, nella foresta. Loro vivevano in un mondo protetto dalla luce dell'angelo Avacyn. Loro credevano di essere al sicuro da esseri come i lupi mannari. Ma anche nel mondo di Avacyn, i lupi mannari non erano completamente estinti. I licantropi avevano avuto una presenza costante in Ulvenwald, nonostante fosse notevolmente diminuita. Hal e Alena lo sapevano. Avevano udito gli ululati soprannaturali dei licantropi tra gli alberi, un'istituzione permanente nel profondo della foresta.

Ripensando ai loro ululati, Hal si mosse a disagio sulla sedia; la sensazione di formicolio alla nuca le tornò. Aveva udito un ululato ed era stata quella la causa del ritorno di quella sensazione indesiderata. All'inizio credeva di averlo sognato. Il combattimento di quella notte con il branco doveva aver condizionato i suoi sogni. Era da molto che lei e Alena non avevano affrontato un branco. Era anche da molto che non avevano affrontato così tanti licantropi in un periodo così breve. Hal aveva avuto visioni dei loro musi, dei loro muscoli, delle loro cosce nella sua mente, durante il riposo, quindi non fu sorpresa di essersi svegliata credendo di aver udito un ululato.

Ma ora, osservando gli occhi gonfi della signora Warin, considerò la possibilità che quell'ululato non fosse solo nella sua testa e che, invece di essere un ricordo o un sogno, fosse proprio il suono di una bestia vera e propria. Il suono della bestia che aveva osato entrare in città e banchettare con la mandria dei Warin. Non avrebbero permesso che accadesse di nuovo. "Andiamo?", disse silenziosamente Hal ad Alena.

Il volto di Alena si accese e il bagliore della caccia fu subito visibile.

Si sollevarono contemporaneamente. Le dita di Hal formicolarono per la trepidazione e i suoi occhi si spostarono subito sulla vicina porta... porta che si spalancò un istante dopo.

Il locandiere Shoran e sua moglie Elsa entrarono di corsa nella sala comune.

"Suonate la campana della torre!", urlò Elsa.

"Se n'è andata", disse il locandiere.

"È morta!", aggiunse Elsa. "L'ha uccisa!".

L'ordine che l'Anziano Kolman era riuscito a riportare negli ultimi istanti svanì di colpo. La cittadinanza urlò, strillò e balzò in piedi.

"Povera ragazza", pianse Elsa. "C'era sangue ovunque. Non riesco a pensare a ciò che potrebbe aver fatto con il suo corpo. Sapevo che era un uomo perverso e malvagio, l'ho saputo dal momento in cui è entrato nella locanda, dal momento in cui sono giunti in città".

"I Palter", sussurrò Hal ad Alena.

Alena confermò annuendo.

Chi sarebbero stati la vittima e l'accusato fu subito ovvio: i Palter di Gavony. Al momento erano gli unici ospiti della locanda, le uniche persone che la locanda aveva accolto negli ultimi tre mesi. Hal e Alena avevano trovato il cataro e la moglie non più di una settimana prima, mentre vagavano nel profondo di Ulvenwald vicino al varco nei recessi ombrosi. Hal e Alena li avevano ovviamente soccorsi e li avevano trasportati all'esterno di quella foresta contorta, fino a Gatstaf, combattendo contro non meno di tre lupi, un ghoul e una quercia posseduta lungo il cammino.

Illustrazione di Jaime Jones

Hal sorrise al ricordo di come Alena avesse repentinamente eliminato quell'albero. Quell'esperto segugio aveva migliorato la sua abilità nella lotta ravvicinata così tanto nell'ultimo anno che Hal non sarebbe sorpresa di vederla abbattere uno skaab gigante senza l'uso di alcuna arma.

I Palter avevano ringraziato profondamente Hal e Alena o almeno il signor Palter lo aveva fatto, poiché sua moglie era ancora così traumatizzata dal passaggio nella foresta oscura che la sua forma slanciata era completamente rintanata sotto il cappuccio del suo mantello da viaggio. Il signor Palter, che ha detto di essere un cataro del Concilio Lunarca, ha insistito per regalare ad Hal e Alena uno strumento di protezione, uno che ha detto di aver utilizzato molte volte per ottenere un aiuto nel suo ruolo di guardia del mausoleo. Hal e Alena lo avevano accettato educatamente, ma per loro aveva un significato ridotto, in quanto non credevano nel bisogno di tali oggetti... non quando avevano l'una per l'altra.

"Suonate la campana della torre!", disse di nuovo la signora Shoran. "Nella nostra città c'è un assassino in libertà!".

Hal non avrebbe mai pensato che i Palter, nessuno dei due, potessero essere degli assassini. Il cataro era cortese e sua moglie era servizievole e anche un po' fragile. Poteva forse essere un licantropo? Sembrava proprio di sì.

"Forza", sibilò Alena, facendo un gesto verso la porta, che non era più barricata. I due locandieri avanzarono in mezzo alle persone, accolti dai loro concittadini desiderosi di maggiori informazioni sugli eventi raccapriccianti.

Hal e Alena scivolarono facilmente attraverso la folla, senza attirare l'attenzione di nessuno. Avevano esperienza nel muoversi furtivamente e con un paio di veloci e agili falcate furono all'esterno, nella strada ciottolata.

"Quindi lui...", iniziò Hal.

"Oppure loro", lo corresse Alena.

"Sì, forse loro", ricominciò Hal. "Questa potrebbe essere l'opera di un branco. Un altro branco...", rifletté lei. "Vorrebbe dire due branchi relativamente vicini, nella stessa notte. Era da tanto che non avveniva". Osservò Alena, che non ricambiò il suo sguardo, concentrata sulla loro marcia. "In ogni caso", continuò Hal, "il licantropo solitario o il branco hanno sferrato il loro attacco all'interno di Gatstaf almeno due volte la scorsa notte. Una volta contro la mandria della fattoria dei Warin".

"E una volta contro la signora Palter nella locanda degli Shoran".

Hal si fermò improvvisamene e si portò di scatto le mani alla bocca spalancata. La sua mente aveva appena realizzato un collegamento.

"Di che cosa si tratta?", le chiese Alena.

"Questo è sicuramente frastornante". Hal corse per raggiungerla. "Ci sono dei cittadini che si sbagliano a pensare all'idea della vacca posseduta, mentre non sono così lontani dalla verità nell'identificare il responsabile dell'omicidio della signora Palter".

Alena reclinò la testa in segno di domanda.

"Nella locanda", Hal ripeté ad Alena le sue stesse parole.

"Nella locanda...", disse Alena. Hal poteva percepire la sua mente al lavoro dietro ai suoi occhi. "... nella stanza dei Palter... dietro a una porta chiusa a chiave".

"Senza alcun accenno a una finestra rotta o a una porta forzata", disse Hal.

Cambiarono direzione contemporaneamente, dirigendosi verso la locanda degli Shoran.


I rintocchi della campana della torre continuarono, ben oltre il momento in cui ebbero terminato di essere un utile segnale d'allarme.

Dal suono, Hal pensò che Elsa Shoran fosse entrata in possesso della corda, molto probabilmente dopo averla strappata dalle mani del campanaro. Se fosse andata davvero così, tutto di guadagnato; Elsa avrebbe dato una piccola distrazione agli Anziani, che avrebbero a turno cercato di strappare la corda dalle sue mani, offrendo ad Hal e Alena più tempo per esaminare la camera dei Palter.

Superarono il bancone dell'ingresso e si diressero verso il corridoio. Hal fece un cenno all'unica porta lasciata socchiusa, senza dubbio dal locandiere e dalla moglie, sconvolti dopo aver scoperto la scena del delitto. Hal entrò nella stanza per primo, seguito da Alena; nessuna di loro sfiorò la porta.

L'aroma metallico del sangue colpì la gola di Hal fin dal primo respiro. "Da questa parte", sussurrò, oltrepassando delicatamente una sedia distrutta nel piccolo focolare per poi dirigersi verso la camera da letto scarsamente illuminata. Sentì aumentare la tensione di Alena. Sebbene le candele fossero spente e le tende distese, vi era luce sufficiente per mostrare la pozza di sangue scuro sul pavimento. Alena, Hal lo sapeva bene, non era tesa per la paura; non era il tipo di ragazza che si spaventasse alla vista del sangue. L'immobilità era il suo modo per aumentare i suoi sensi. Hal aveva imparato molto delle capacità di osservazione di Alena, studiando il suo operato. Ora imitò Alena, fermandosi in modo da percepire maggiormente gli indizi intorno a sé. Osservando la grande pozza scura, i suoi pensieri andarono alla minuta donna a cui apparteneva quel sangue. Hal lasciò solo che la sua mente si posasse su quell'immagine per un istante e provò solo un breve dolore e compassione per quella donna. La signora Palter era un'innocente che aveva perso la vita a causa di qualcuno di cui si fidava. Hal si voltò verso Alena. Quanto dovevano essere stati terrificanti i suoi ultimi istanti. Quanto doveva essere stato terrificante comprendere che la fine era vicina. Ma non poteva ora soffermarsi su sensazioni di dolore. Non avrebbero aiutato la loro attività successiva.

Facendo attenzione a non toccare neanche una goccia di sangue, Hal percorse il perimetro della piccola stanza quadrata, andando in senso orario mentre Alena andava in direzione opposta. Videro chiaramente tre indizi: un laccio strappato, i resti di una candela nella pozza della propria cera indurita e un bottone d'argento. Fu il bottone ad attirare l'attenzione di Hal. Quando terminò di percorrere il perimetro e incontrò Alena, indicò il punto dove si trovava, a terra, vicino alla pozza di sangue. "Dimmi se mi sbaglio", le disse. "Ma il cataro Palter non indossava una giubba verde con tre bottoni, proprio come quella che aveva quando lo abbiamo incontrato nella foresta?".

Il volto di Alena era cupo. "Temo che i tuoi ricordi siano precisi come sempre".

"Allora è vero", disse Hal. "La sua trasformazione è avvenuta in questa stanza. Ha ucciso la sua stessa moglie e poi è fuggito attraverso la fattoria dei Warin, ha colpito ancora e poi è andato nella foresta".

"Sì, sembra proprio così", rispose Alena. Ma Hal sentì dalla sua voce che non era convinta, almeno non del tutto.

"Di che cosa si tratta?", chiese Hal. "Che cosa ha attirato la tua attenzione?".

Alena fece un cenno alla pozza di sangue. "Non posso non chiedermi questo: la pozza di sangue è qui, sul pavimento, ma le ossa, i pezzi di carne, i capelli e i tessuti, dove sono le parti che la bestia non avrebbe divorato?".

Hal fece un passo indietro e osservò la scena con occhi nuovi. La domanda di Alena era importante. Ma ancor prima che la mente di Hal potesse cercare una risposta, qualcosa di diverso richiese la sua attenzione. Dietro Alena, la porta dell'armadio era aperta a sufficienza affinché Hal potesse vederne il contenuto. A quella vista, il cuore di Hal accelerò. Alena se ne accorse immediatamente. Le sue sopracciglia si sollevarono dubbiose e si voltò per vedere che cosa ci fosse dietro di lei. Entrambe rimasero a osservare stupite per un attimo. Nell'armadio si trovava una sedia. Si trattava di una sedia del tutto normale, tranne per il fatto che si trovava nell'armadio. Ma quel fatto non sarebbe stato preoccupante e non avrebbe fatto accelerare così tanto i battiti del cuore nel petto di Hal. Erano invece le cinghie e le cinture in pelle che vi erano attaccate, più di dieci, di ogni lunghezza, lacerate e a brandelli, che avevano causato sorpresa. Erano presenti anche tre chiavistelli, uno sulla seduta della sedia e due sul pavimento.

"Questo svela tutto", disse Alena.

"Lo sapeva", rispose Hal.

"Certo che lo sapeva", disse in modo tagliente Alena. "Dobbiamo fermarlo. Dobbiamo...".

Non finì mai quella frase, perché, con un movimento fluido, Hal mise il suo braccio intorno al petto di Alena e la trascinò in un angolo nascosto. Rimasero immobili e in silenzio. Avevano una tale esperienza in questa forma di occultamento che i loro respiri si sincronizzarono istintivamente, leggeri e silenziosi, difficili da individuare anche da parte della più astuta delle creature.

Era stato proprio il silenzio che aveva messo in allerta Hal. O almeno l'improvvisa assenza di rumori evidenti. La campana non stava più suonando. Ciò significa che le indagini sull'omicidio erano iniziate. Il frastuono dei passi e delle voci smorzate confermò questa idea; i cittadini erano diretti verso la scena del delitto, proprio verso la stanza in cui Hal e Alena si stavano nascondendo.

Il cigolio della porta della locanda rivelò ad Hal e Alena che non sarebbero potute uscire da dove erano entrate, almeno non senza sollevare inutilmente sospetti. Una delle loro abitudini era di evitare incontri con la cittadinanza il più possibile. La cittadinanza tollerava Hal e Alena. Accettava la presenza dei segugi in Gatstaf ogni volta che vi si recavano, perché avevano già aiutato i visitatori e i cittadini durante i loro viaggi in Ulvenwald. Ma, allo stesso tempo, la cittadinanza sapeva che Hal e Alena vivevano nella foresta oscura e per quel motivo erano considerate "straniere". Quando si incontravano, erano soggette a sguardi, sospetti sussurrati e preghiere mormorate. Hal percepiva terrore e disprezzo nell'odore delle persone alle quali si avvicinavano troppo. Non sarebbe stato di alcuna utilità farsi trovare sulla scena di un omicidio.

Alena fece cenno al retro della camera da letto, dove si trovava una finestra che si affacciava sul vicolo. Perfetto. Hal sorrise per la sempre acuta capacità di Alena di tirarle fuori da queste situazioni. Uscendo, Hal richiuse con cautela e silenziosamente la porta dell'armadio. Non vi era alcun motivo per mostrare ai cittadini qualcosa che li avrebbe sicuramente sconvolti. Destare una tale preoccupazione, ovvia conseguenza di qualsiasi dubbio sulla presenza di licantropi, sarebbe stato inutile. Le persone non avevano bisogno di credere di essere diventate prede di caccia, in quanto non lo erano. Hal e Alena si sarebbero occupate di questa faccenda. Avrebbero protetto gli innocenti. L'Ulvenwald e le sue minacce erano un compito che avrebbero dovuto gestire loro. E lo avrebbero gestito.

Aprirono la finestra nello stesso momento in cui venne spalancata la porta principale della camera. Il rumore del legno della finestra che si chiudeva sul legno dell'intelaiatura venne coperto dai pesanti passi e dalle forti voci degli Anziani e dei cittadini che irruppero nella stanza. Hal e Alena si calarono nel vicolo senza essere individuate da alcun cittadino.


Non avevano molto tempo. Il sole era già sull'orizzonte quando ritornarono all'accampamento in Ulvenwald. Entrambe indossarono rapidamente e deliberatamente un oggetto in argento. Ovviamente, trasportavano sempre una piccola lama in argento... sarebbe stato sciocco ritrovarsi completamente impreparate... ma i recenti eventi sembravano consigliare di indossarne una maggiore quantità. Ora avevano trovato sia il bisogno che il modo per trasportarlo tutto con loro: frecce dalla punta argentata, spade, lance e pugnali. Il metallo risplendeva di potere.

Pugnale Damaschinato | Illustrazione di Austin Hsu

Appena pronte, abbandonarono di nuovo il loro accampamento. Muovendosi insieme, oltrepassarono il labirinto di rovi che Hal aveva piantato intorno alla loro dimora come sistema di sicurezza e si inoltrarono nella foresta più fitta.

Alena fu la prima a individuare le tracce del cataro. Era spesso la prima a trovare un odore. Il suo naso, nonostante piccolo e perfettamente rotondo in un modo che le illuminava il volto quando rideva, era anche acuto e percettivo. La sua abilità era ben sviluppata. Hal trovò le tracce solo qualche istante dopo, riconoscendole dalla stanza della locanda, e vide le impronte degli stivali poco dopo. Insieme, iniziarono a seguire il licantropo assassino.

Le sue tracce proseguivano intorno agli alberi contorti, come se si fosse perduto o più probabilmente che stesse lottando con se stesso, con l'animale dentro di lui. Hal immaginò la stessa lotta che lo aveva spinto ad abbandonare la sua vita e Gavony. Doveva aver ucciso anche là. Molto probabilmente più volte. Quando aveva compreso gli orrori che aveva commesso, senza dubbio non era più stato capace di avere davanti a sé le persone a cui aveva rovinato la vita. Così era fuggito. Non era un comportamento strano. Non per un licantropo. L'aspetto strano è che aveva portato la moglie con sé. Quella povera anima. Hal non poteva conciliare quel comportamento con l'impressione di gentilezza e di compassione che aveva avuto del signor Palter quando li avevano trovati nella foresta. Avrebbe voluto dare al cataro il beneficio del dubbio. Forse aveva avuto l'intenzione di lasciare la signora Palter al sicuro in una nuova città, lontana da qualsiasi sospetto che avrebbe potuto circondarla a causa delle sue azioni, in un luogo in cui credeva che lei avrebbe potuto ricominciare a vivere e ritrovare la felicità. Dopo di ciò, magari aveva previsto di ritirarsi nella foresta o una soluzione più drastica. Cercò di immaginare ciò che avrebbe fatto, se la maledizione fosse stata trasferita anche a lei... che questo pensiero l'abbandoni... non avrebbe, non avrebbe potuto mettere in pericolo Alena. Se ne sarebbe andata. Non avrebbe avuto alcuna scelta se non andare molto, molto lontano. E lo avrebbe fatto nonostante fosse sicura che la ferita nel suo cuore non sarebbe mai guarita. Forse il gesto in sé sarebbe stato sufficiente per impedire che il suo cuore continuasse a battere. Sarebbe stata una soluzione misericordiosa. Se questo era ciò che il signor Palter aveva cercato di fare, Hal non poté provare che una profonda compassione per lui. Almeno fino al momento in cui ripensò al sangue della signora Palter sul pavimento. Indipendentemente dalle sue intenzioni, il signor Palter aveva deluso la persona che amava. Non era riuscito a essere sufficientemente forte e il suo limite aveva portato alla fine della sua vita.

Come per risposta al cambio delle emozioni di Hal nei confronti del cataro, anche le sue tracce mutarono. Fu evidente il momento della sua trasformazione, poiché in un momento Hal e Alena stavano seguendo le impronte degli stivali di un uomo e il momento dopo si erano trasformate nelle impronte delle zampe di una bestia. Seguirono il cammino del licantropo finché, improvvisamente e in modo imprevisto, giunsero a un crocevia. Hal e Alena osservarono quella divisione delle tracce ai loro piedi, visibile grazie alla luce della luna d'argento.

Paraselene | Illustrazione di Ryan Yee

Dalla posizione in cui si trovavano, il cataro Palter si era diretto in due diverse direzioni, sicuramente in due momenti diversi. Doveva essere inizialmente andato da una parte e poi, a un certo punto, vicino o lontano da questa intersezione, difficile da dire, era tornato indietro per prendere l'altra direzione.

"A est verso Gatstaf oppure a ovest verso la foresta più profonda", disse Alena. "Sembra che la nostra bestia stesse lottando con se stessa".

Hal annuì. Non fu sorpresa da fatto di aver valutato la stessa teoria di Alena. "Allora", disse Hal. "Da che parte andiamo per prima? Dove potrebbe essere adesso?".

"Ha lasciato che la sua brama lo portasse in città e poi si è fermato a un certo punto?". Alena si voltò verso la foresta.

"O ha cercato di resistere, ma poi la brama ha avuto il sopravvento e si è diretto in città?". Hal si voltò verso la città.

"Dobbiamo...", iniziò Alena.

"Andare in città", terminò Hal.

Si misero a correre.

Il luogo nel quale le tracce uscivano da Ulvenwald era in corrispondenza dalla fattoria dei Warin. Non fu una sorpresa. I licantropi erano noti per tornare sui terreni di caccia che si erano dimostrati fertili in passato. Ma il signor Palter non era tornato questa notte, almeno non ancora. La prova di ciò era che una delle due vacche dei Warin era rimasta al bordo del campo e dava la schiena alle tracce nel pascolo, che Hal poté ora vedere grazie alla luce della luna. Erano come la signora Warin le aveva descritte, spesse e incurvate come se un corpo pesante fosse stato trascinato sull'erba alta, tutto intorno, schiacciando i fili d'erba al suo passaggio. Quel povero animale.

Hal seguì le tracce lungo il cammino che doveva aver percorso il licantropo. Era uno strano comportamento per una persona dalla natura così bestiale. Perché non semplicemente nutrirsi? Forse anche il quel momento stava cercando di resistere alla sua brama. Un'idea di chi fosse il cataro Palter iniziò a formarsi nella mente di Hal. Era una brava persona, un uomo gentile, un uomo di chiesa. Sembrava che le sue intenzioni fossero buone, anche quando la sua mente non era lucida.

"Ho perduto completamente le sue tracce". Le parole di Alena riportarono Hal con i piedi per terra. Si unì ad Alena nella ricerca delle tracce del licantropo e ricordò a se stessa che le intenzioni non sono nulla senza le azioni. Lei e Alena avrebbero dovuto uccidere il lupo mannaro.

"Omicidio! C'è stato un omicidio!". La voce della signora Elsa Shoran echeggiò nella notte. "Si tratta del campanaro! Il povero Orwell è morto!".

Si udì subito il rintocco della campana. La corda era senza dubbio tra le mani di Lady Elsa.

Alena e Hal non persero tempo; prima che la voce di Lady Elsa terminasse di echeggiare, si stavano muovendo nella notte come due ombre. Nascoste nelle nicchie oscure, si avvicinarono al mucchio di cittadini che si erano riuniti intorno alla campana. Un atteggiamento attento e silenzioso permise loro di scorgere attraverso la massa di spalle e colli una pozza di sangue oscuro sul pavimento alla base della torre della campana. Non c'erano dubbi. Questa era opera del signor Palter. Il licantropo aveva ucciso di nuovo.

Come a confermare le conclusioni di Hal, un ululato si sollevò da Ulvenwald. Senza dire una parola, Hal e Alena si incamminarono verso la foresta. Prima che fossero lontani dalla piazza, Hal diede un'occhiata dietro di sé. Qualcosa di quella scena girava ancora nella sua mente. Non c'era però tempo per chiedersi che cosa fosse. Si voltò di nuovo verso gli alberi; la caccia era iniziata.

Entrando nella foresta attraverso la fattoria dei Warin, fu facile ritrovare le chiare tracce. Le seguirono fino al punto in cui si erano separate, questa volta dirigendosi a ovest, nel profondo della foresta. Hal comprese dove fossero dirette: al centro dell'antica Avabruck, la capitale perduta. Era un luogo di geist e di lupi mannari mangiacarogne. Avrebbero potuto dover affrontare altri nemici oltre a quello di cui erano all'inseguimento. Correndo, Hal impugnò l'elsa del suo pugnale preferito, pronta a difendere la sua foresta.

Foresta | Illustrazione di James Paick

Improvvisamente, Alena sollevò la mano e arrestò la corsa. Hal quasi la travolse, ma riuscì a fermarsi appena prima della collisione, vedendo con i propri occhi ciò che aveva spinto Alena a fermarsi. Sul terreno della foresta di fronte a loro si trovava il corpo del campanaro. Orwell era di un bianco spettrale, la sua pelle era avvizzita per la mancanza di sangue nel suo corpo, un corpo quasi intatto. Le sue membra erano distese come se fossero state posizionate con attenzione. Tutto intorno a lui, il sottobosco e l'erba erano piegati come se qualcosa di pesante fosse stato trascinato sopra.

C'era qualcosa che non andava. Non ci sarebbe dovuto essere un corpo. La bestia avrebbe dovuto nutrirsi.

Con i sensi all'erta, Hal e Alena analizzarono la scena, Alena lungo il perimetro e Hal nella zona del trascinamento. Se ne rese conto ancor prima di analizzarla... La forma, l'aspetto delle curve, era la stessa forma dei segni nel pascolo della fattoria dei Warin. Non aveva alcun senso. Era forse il risultato di una qualche cerimonia? Era forse il segno di un qualcosa che il signor Palter aveva fatto per resistere alla brama di nutrirsi? Con che tipo di licantropo avevano a che fare?

Hal guardò Alena per porre la stessa domanda, ma gli occhi di Alena erano fissi su un luogo all'interno della foresta, appena illuminato dalla luce della luna. Hal seguì lo sguardo di Alena e lo vide anche lei, un secondo corpo. Si avvicinarono e scoprirono che la stessa sorte del campanaro era toccata anche alla creatrice dei sigilli, Lady Evelin, membra distese, erba schiacciata. Poco oltre, si trovava anche il corpo dell'Anziano Somlon. Ancora una volta, lo stesso schema nell'erba e la stessa disposizione di braccia e gambe.

"L'Anziano Somlon era assente per...", iniziò Hal.

"Celebrare la cerimonia della morte", terminò Alena.

"Ma allora non ha potuto farlo. Guarda". Hal indicò un dettaglio che le fece tremare la mano. Era il laccio della camicia dell'Anziano Somlon. Corrispondeva al tipo di laccio che avevano trovato nella stanza dei Palter alla locanda. E al polsino della manica dell'Anziano videro la parte mancante, che corrispondeva al frammento che avevano trovato.

"Se l'Anziano Somlon è la vittima della locanda", disse Alena.

"Se quello era il suo sangue", aggiunse Hal.

"Allora che fine ha fatto la signora Palter?".

Hal sentì di nuovo quella sensazione di formicolio, questa volta dal coccige fino alla cima del cranio. Il brivido che l'attraversò venne aumentato dalle vibrazioni dell'ululato che risuonò proprio in quel momento della notte.

"E che fine ha fatto il signor Palter?", chiese Hal.

"Direi che è giunto il momento di scoprirlo", disse Alena. Scattò nella direzione dell'ululato, seguita da Hal.

Durante la loro corsa, Hal si rese conto che si stavano muovendo in parallelo a un'altra scia. Corresse la rotta per allinearsi con le tracce. Erano impronte di stivali. Le impronte degli stivali del signor Palter? Qualcosa scatto nella mente di Hal.

"Che succede, Hal?". Anche tra gli alberi, anche durante la corsa, Alena aveva percepito un cambiamento in Hal.

"Il momento della trasformazione". La mente di Hal stava correndo con i suoi piedi, mettendo insieme le informazioni, dandosi da fare per trovare una risposta a una domanda che non sapeva come porre. "Se è successo qui", disse ansimando, "di ritorno nella foresta...".

"Esatto", rispose Alena con il respiro pesante. "Ne abbiamo visto entrambe la prova. Prima le impronte da uomo e poi quelle da lupo".

"No". Hal scosse la testa. "Abbiamo visto impronte di stivali. Poi abbiamo visto impronte di zampe. Separatamente".

"Sì", disse Alena con tono impaziente.

"Se fossero dello stesso piede", continuò Hal, "allora dove sarebbero stati gli stivali?".

Alena rallentò l'andatura, in modo quasi impercettibile, ma Hal se ne accorse; aveva l'attenzione della ragazza. Hal indicò il terreno sotto i suoi piedi. "E perché vediamo altre impronte di stivali qui?".

Alena osservò il terreno mentre continuava a correre, concentrandosi sulle impronte degli stivali.

"E se", iniziò Hal quando credette che Alena avesse avuto abbastanza informazioni per giungere a una conclusione.

"Non fosse il signor Palter?", terminò Alena.

"E se il licantropo fosse...", il nome della signora Palter rimase sulla punta della lingua di Hal, perché, nel momento in cui stava per pronunciarlo, giunsero in cima a una collina, dalla quale videro una piccola radura. In quella radura videro quello che sembrava un improvvisato altare di pietra contorta.

Illustrazione di Andreas Rocha

L'altare era irregolare e rozzamente costruito e su di esso giaceva il buon cataro Palter.

Dietro di lui, con il cappuccio a coprirle il volto come la prima volta che si erano incontrati in questa foresta, si trovava la signora Palter. Le sue braccia erano posizionate sopra il corpo del marito e lei stava recitando una cantilena. Era una cantilena demoniaca. Hal riconobbe i toni e i profondi suoni gutturali. "Ormendahl. Ormendahl! ORMENDAHL!". Il nome era chiaro. Questa donna aveva stretto un patto con un orrore.

"Bes, ti prego". Il cuore di Hal si sollevo dopo aver udito la debole voce. Il buon cataro Palter era ancora in vita!

"Non parlare!", sputò la moglie. Sguainò una lama.

Hal e Alena balzarono in avanti e corsero verso la piccola radura. La signora Palter sollevò la testa al rumore del loro avvicinamento, riuscendo solo a cogliere le loro forme appena prima che la bloccassero a terra.

Nonostante scalciasse con il corpo e si dimenasse con le braccia con più forza di quanta Hal pensasse che lei potesse avere, riuscirono a tenerla bloccata. Alena sguainò la spada.

"No!", gridò il cataro Palter da sopra l'altare. "Non fatele del male!".

Hal si voltò verso di lui. "Stava cercando di ucciderti".

"Lasciatela libera. Per favore. Non se ne rende conto. Non si rende proprio conto di ciò che sta facendo".

"È stata lei, vero?", chiese Alena, puntando la sua lama sul collo della signora Palter. "Li ha uccisi lei. Tutti".

Il cataro non lo negò.

"Il sangue nella tua stanza della locanda, quel mattino, era il sangue dell'Anziano Somlon, vero? Eri a conoscenza di ciò che lei era in grado di fare quando hai lasciato Gavony, quando l'hai portata a Gatstaf. Hai cercato di legarla, nell'armadio, ma le cinghie non sono riuscite a trattenere il male che la possiede". Alena rivelò una dannata verità dopo l'altra. "E poi è fuggita. Ha cercato di uccidere alla fattoria dei Warin; ha inciso i suoi simboli demoniaci nel terreno, ma tu l'hai fermata. Dopo di che, hai però perso il controllo. L'hai seguita in tutta la città, incapace e riluttante a fermare la sua scia di vittime e invece le hai portate qui. Per nasconderle e per nascondere anche lei. Uno dopo l'altro, hai trasportato i corpi. Tre corpi, signor Palter. Ha ucciso tre innocenti".

"È colpa mia!", pianse il cataro Palter. "È tutta colpa mia! Il mausoleo era sotto la mia custodia. Qualsiasi cosa sia emersa laggiù quella notte, io avrei potuto fermarla".

Hal ebbe seri dubbi. Aveva già sentito il nome di quel demone, Ormendahl. Dai racconti che aveva sentito, non era un demone che una singola guardia di un mausoleo, non importa quanto pura di cuore e ben intenzionata, avrebbe potuto fermare.

Illustrazione di Min Yum

Per la terza volta in quella notte, il suo cuore si aprì al signor Palter. La sua compassione per lui non fu però sufficiente per prendere in considerazione la possibilità di lasciare libera la signora Palter, che era ormai perduta; ciò che si contorceva sotto la presa di Hal e Alena non era la moglie del signor Palter. Sarebbe stato impossibile per lui comprendere. Hal fece un cenno ad Alena, che si preparò ad affondare la lama. Ma proprio in quel momento, il signor Palter in parte cadde e in parte si lanciò dall'altare e il suo corpo crollò su Hal e Alena.

In quel momento, la loro presa venne allentata quel tanto che bastò alla donna maledetta per liberarsi. La signora Palter balzò in piedi e Hal percepì il potere che si stava concentrando in quella slanciata figura di donna. La signora Palter spalancò quindi le fauci ed emise un ruggito nei confronti di Hal e Alena. Il suono fu identico all'ululato di un lupo mannaro. Qualcosa scattò nella mente di Hal e, insieme ad Alena, scattò verso la donna. Il lupo mannaro? Le informazioni non corrispondevano. Le tracce nella foresta... avevano chiaramente individuato impronte di lupo. La vacca divorata... divorata correttamente, con le ossa e i denti lasciati sul terreno. Quelle non erano opere della signora Palter, oppure sì?

I pensieri di Hal le fecero perdere un veloce movimento difensivo della signora Palter, a cui avrebbe facilmente reagito, se fosse stata ben concentrata sul combattimento. La signora Palter si mosse più repentinamente di quanto avrebbe dovuto e, prima che Hal potesse rimediare al suo calo di attenzione, la signora Palter sfuggì e, con un singolo movimento, bloccò e pugnalò il marito al petto.

Hal e Alena le furono addosso prima che potesse estrarre il pugnale per colpire di nuovo, ma il danno era ormai fatto. Il gorgoglio calante del buon cataro lo confermò.

Fu quasi impossibile trattenere a terra la signora Palter. I suoi movimenti, aiutati dal patto demoniaco, erano così potenti che furono necessarie le forse di entrambe per bloccarle un braccio. Ma Hal e Alena erano esperte; era come una lotta ravvicinata con una mostruosità ammuffita e ora l'attenzione di Hal era tutta per quella battaglia fisica. Nonostante la signora Palter combattesse con tutte le proprie forze, tutto ciò che riuscì a fare fu sollevare la testa. In quel movimento, il cappuccio cadde all'indietro. Per la prima volta da quando l'avevano incontrata nella foresta, Hal e Alena videro il volto della signora Palter. Il potere del demone che l'aveva maledetta l'aveva sfigurata e le sue carni erano spaventose, al punto da far urlare Hal dalla sorpresa. La signora Palter sorrise. Iniziò poi a intonare una cantilena e le sue iridi mutarono da un blu pallido a un nero oscuro e luccicante. Il colore nero si estese rapidamente e riempì i suoi occhi. Hal osservò Alena, che stava faticando insieme a lei per trattenere la signora Palter. Non poterono fare nulla per fermarla e la donna attinse all'enorme potere demoniaco che aveva evocato e le scagliò lontano.

Hal atterrò su uno spesso tronco. Il dolore si propagò da una spalla al lato della testa e crollò al suolo.

Cercò di rialzarsi, forzando le membra a muoversi e riportando a fuoco la vista annebbiata. Il dolore al lato della testa era come una lama che affondava nell'intero corpo, spingendola verso il basso. Ma non poteva farsi schiacciare, non lo avrebbe permesso, perché vedeva di fronte a sé Alena aggredita dai potenti colpi della signora Palter. Sebbene Alena riuscisse a schivare i colpi, non sarebbe riuscita a resistere alla forza apparentemente sconfinata che fluiva attraverso quella donna maledetta. La signora Palter afferrò la sua lama.

"No". L'urlo di Hal, per quanto colmo di disperazione, fu un debole sussurro. Lottò contro la debolezza delle sue membra e si sollevò in piedi. Ma non fu abbastanza rapida. La lama della signora Palter si abbassò.

L'urlo strangolato di Hal non fu udibile, coperto dal suono del ringhio del licantropo. La lama della signora Palter si fermò e la donna venne scagliata al suolo da un solo colpo della zampa anteriore di un lupo. Il sangue si sparse ovunque, colando dai denti e dagli artigli della bestia gigante.

Alena si allontanò rotolando dalla mischia e Hal fu al suo fianco dopo un istante. Insieme affondarono le loro lame nella forma infuriata e insanguinata della signora Palter.

Mentre la maledizione demoniaca fuoriusciva dalle membra senza vita della donna, il suo corpo si sgonfiò e avvizzì ai loro piedi. Hal e Alena rimasero in piedi, spalla contro spalla, di fronte a un enorme licantropo ansimante.

Prima che potessero agire, prima che potessero anche comunicare le loro intenzioni l'una all'altra, udirono un ringhio tra gli alberi alla loro sinistra. Poi un altro alla loro destra. Poi uno dietro e due di fronte. Tutto intorno a loro videro brillanti occhi gialli che riflettevano e modificavano la luce della luna d'argento. Si ritrovarono circondate. Quanti erano? Una decina, forse due.

Illustrazione di Scott Murphy

Hal sentì la tensione di Alena aumentare. Non si trattava della solita posizione salda e pronta; la ragazza era invece rigida e provata. Hal sollevò il pugnale insanguinato e incrociò lo sguardo con il più grande dei licantropi, quello che si trovava di fronte a loro. Se fosse stato destino che morissero in quella foresta quella notte, non sarebbe avvenuto senza combattere.

Mentre si preparava a colpire, il licantropo mutò forma. Avvenne così rapidamente che Hal se ne accorse appena. Improvvisamente, la bestia divenne una donna umana, con lineamenti duri e una forma straordinaria. La luna d'argento risplendeva sulla pallida pelle della donna e luccicava sulle bianche punte della sua chioma. Hal non aveva mai visto un licantropo tornare alla forma umana durante una battaglia. Mai. Era impossibile. Ma questa volta era successo.

Per un istante, nessuna delle tre si mosse. Poi Hal trattenne il pugnale e, molto lentamente e mantenendo il contatto visivo con la donna, lo appoggiò a terra. Alena si spostò, lanciò uno sguardo interrogativo ad Hal e notando la sicurezza in lei, fece lo stesso.

Hal pensò di aver notato un minimo cenno con la testa della donna di fronte a lei, la quale si voltò verso il resto del branco, il cui respiro era pesante per la fame e la tensione della battaglia. La donna scosse la testa una volta, in modo secco e tagliente. Come per rispondere, si udì un singolo piagnucolio e poi il branco si voltò e scomparve tra gli alberi di Ulvenwald.

Hal e Alena rimasero con la donna che aveva appena salvato le loro vite.

Hal si schiarì la gola. Avrebbe voluto ringraziare, ma le parole non presero forma. Si sbottonò invece la giubba e la offrì alla donna.

"Grazie". La donna accettò la giubba di Hal e se la mise sulle spalle.

"Grazie a te", rispose Hal, ritrovando la voce.

"Non l'ho fatto per voi. Stavo seguendo lei". Fece un cenno verso la signora Palter. "E altri come lei. Ce ne sono troppi nelle nostre città".

"Allora quelle erano le tue tracce", disse Alena. "E sei stata tu a divorare la vacca".

La donna ignorò Alena. "Se non fosse stato per il desiderio di porre fine alla sua vita miserabile, non vi avrei salvate".

Hal sussultò a quell'affermazione.

"Ma, poiché siete ancora in vita", continuò la donna, "ve lo dirò una volta sola: dovete smettere di uccidere i membri del mio branco".

"I lupi mannari?", chiese Alena.

"Se non smetterete, sarò costretta a combattere contro di voi. E a uccidervi". Il modo in cui la donna parlò non fu una minaccia, bensì una semplice dichiarazione dei fatti.

Hal si stizzì. "Questa è la nostra foresta. L'Ulvenwald è sotto la nostra protezione".

"Non possiamo accettare lupi mannari nel nostro dominio", aggiunse Alena.

"Non è una scelta che spetta a voi", rispose la donna. "Ed è sciocco da parte vostra credere di riuscire a mantenere la sicurezza di questa foresta di fronte a ciò che sta per arrivare; è sciocco anche credere di riuscire a sopravvivere da sole. Abbandonate la foresta, piccole cacciatrici. Lasciate la foresta a noi".

"Non lo faremo mai". Alena chiuse a pugno le sue mani.

"Che cosa sta per arrivare?", chiese Hal in tono serio.

"Non lo so".

Alena grugnì, ma Hal non si fece distrarre. C'era qualcosa in questa donna che spinse Hal a prestare attenzione alle sue parole.

"Non lo so con esattezza", rispose la donna. "Ma", indicò l'altare e la signora Palter, "ho visto abbastanza, come anche voi, per capire che, qualsiasi cosa sia, sarà peggio dei lupi mannari. Il mondo avrà presto bisogno di noi. Il mondo accoglierà il suono del nostro ululato e i muscoli del nostro branco. Potremmo essere l'unica forza in grado di porsi contro qualsiasi nemico la minacci".

"Noi combatteremo contro qualsiasi essere minacci l'Ulvenwald", rispose Alena. "Non ci tireremo indietro davanti a nulla".

La donna sospirò. "Se rimarrete qui, andrete incontro alla morte". Si tolse la giubba di Hal dalle spalle. "Non siete morte questa notte solo grazie al mio intervento, solo grazie a un lupo mannaro. Ricordatevelo. O, se volete, dimenticatevelo. È una scelta vostra. Ma sappiate che vi ho avvisate, andatevene. Uscite da Ulvenwald e rimanetene fuori. E pregate, se è vostra usanza".

"Noi non...", iniziò Alena, ma la donna era già tornata alla sua forma di lupo. La sua trasformazione non fu affatto come le solite crudeli e strazianti trasformazione a cui Hal aveva assistito negli altri licantropi. Quella donna non era un lupo mannaro come gli altri. Con un ringhio finale, si voltò e scomparve tra gli alberi.

Hal e Alena rimasero nella foresta oscura, illuminati dalla filtrata luce della luna. Ancora una volta, Hal provò la sensazione di formicolio lungo tutta la sua schiena. Non riuscì a trattenere un sussulto del suo corpo. La sensazione non era questa volta dovuta al licantropo, bensì a qualcosa di completamente diverso... qualcosa che Hal non conosceva o non comprendeva ancora.

Alena la osservò, con l'ardore negli occhi, pronta a ripartire di corsa, ma senza sicurezza sulla direzione da prendere.


Arlinn Kord guizzò tra gli alberi annodati. Quegli sciocchi umani. Come potevano essere così ciechi? Si augurò di non essere costretta a ucciderli. Erano forti e selvaggi. Queste erano caratteristiche per lei importanti. In un'altra vita avrebbe addirittura potuto essere loro amica. Ma non stava vivendo quella vita; in questa vita, Arlinn non poteva avere amici.

Illustrazione di Winona Nelson

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Planeswalker: Arlinn Kord

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