Interferenze, urla e la sensazione di una caduta eterna.

Elspeth si risvegliò, sola, sul suolo di Nuova Phyrexia, temendo il peggio. Erano chiaramente caduti in una trappola. Era l’unica a essere stata risparmiata, di nuovo prigioniera di Phyrexia?

Illustrazione di: Adam Burn

Non fece in tempo a completare il pensiero che un’orda di Phyrexiani arrivò in carica dalla cresta della collina. Elspeth afferrò la spada per affrontare l’imminente minaccia, lieta che non fossero arrivati quando era svenuta. Avrebbero facilmente potuto avere la meglio su di lei, anche il migliore dei guerrieri cade se colto alla sprovvista.

O se in minoranza. Loro erano sei, lei una; loro conoscevano il terreno, lei no. Riuscì comunque a sconfiggerne tre prima di iniziare perdere terreno. Il primo Phyrexiano le graffiò un braccio e la paura tornò, più forte di prima, a dirle che lo scontro si sarebbe potuto concludere a suo sfavore.

Fu in quel momento che una lama violacea trafisse il cuore di un Phyrexiano, facendole capire che non era l’unica sopravvissuta e, soprattutto, che non stava lottando da sola.

Con l’intervento di Kaya, riuscirono ad avere rapidamente la meglio nello scontro, permettendo a entrambe di uscirne incolumi. Elspeth, preoccupata, si mise a cercare segni di ferite su Kaya: lei era immune, Kaya no, e a Phyrexia non si può mai stare tranquilli.

Un contatto era una condanna a morte. Lo sapevano tutti. Quando venne scoperta la minaccia Phyrexiana, i rischi furono una delle prime cose che vennero spiegate. C’erano dei modi per evitare l’inevitabile, ma erano rari, costosi, o entrambi. Il Nimbo poteva essere uno dei rimedi, ma non era facilmente reperibile e doveva ancora essere testato. La speranza che Melira fosse viva e in grado di aiutarle era fin troppo remota.

Ma sapere una cosa e accettarla era molto diverso ed Elspeth non poteva sapere con certezza se Kaya avesse davvero compreso che pericolo stesse correndo.

“Stai bene?” chiese Kaya. Elspeth annuì debolmente.

Finito lo scontro, le due raggiunsero l’accampamento di Mirran dove un troll di nome Thrun era riuscito ad aprire un varco nella barriera del piano e a calare una scala di corda da usare per raggiungere la superficie di Mirrodin. Da lì continuarono verso la lacuna bianca, l’accesso originale al nucleo di Mirrodin, che ora le avrebbe portate allo Strato della Fornace. Non incontrarono nessun altro compagno lungo la strada.

Pur senza sapere nulla, Elspeth sperava con tutta se stessa che una volta raggiunto il fondo avrebbero trovato gli altri.

Durante il cammino la sua tristezza era palpabile. Se Kaya non l’avesse notata sarebbe stato come negare l’evidenza. “Non deve mancare molto, tesoro” disse, sfruttando la gravità variabile della lacuna per camminare lungo la parete. “Siamo atterrate bene entrambe. Non sarà stato un atterraggio perfetto, ma stiamo bene. Troveremo gli altri. Vedrai.”

“Per lo meno tu non ti sei svegliata vedendo le forze Phyrexiane venirti incontro per tagliarti la testa.”

“No, solo con questo tipetto che mi scuoteva.” Kaya accarezzò la testa del piccolo robot tanuki che le era salito sulla spalla. Non era originario di Mirran di Phyrexia, secondo Elspeth proveniva da Kamigawa. Doveva essere di qualcuno delle altre squadre d’assalto. Era stato fortunato a essere atterrato con Kaya. Se fosse rimasto solo, Phyrexia avrebbe trovato subito un modo per appropriarsene.

Elspeth, che conosceva le lacune dopo essere stata a Mirrodin durante la guerra, camminava con più tranquillità, cercando di controllare i propri pensieri respingendo idee più cupe del voluto. Sapeva che tornare sarebbe stato difficile, ma vedere cosa ne era stato, tutto ciò che era andato distrutto, fu insopportabile.

Nuova Phyrexia sembrava un piano costruito per far soffrire. Forse per Kaya il dolore sarebbe stato minore non avendo mai visto Mirrodin, era consapevole di trovarsi in un cimitero ma ignara della quantità di sangue che copriva ogni angolo. In un certo senso, era più semplice camminare sulle ceneri di una battaglia che non le era mai appartenuta.

La lacuna era molto estesa, molto più di quanto sarebbe stato possibile se le mura non avessero pianto magia, fornendole forza e sostegno. Una volta raggiunto il fondo, si sarebbero potute trovare anche in cima; avevano seguito la linea della magia di ancoraggio abbastanza a lungo da far invertire nuovamente la gravità, costringendole ad afferrare i gradini presenti sulle pareti e arrampicarsi per gli ultimi tre metri fino all’apertura.

Tirandosi su oltre il bordo della lacuna, Elspeth mantenne salda la presa e si mise a osservare lo Strato della Fornace. Sotto di sé, sentì Kaya salire quasi senza fatica e si spostò leggermente di lato. “Tieniti forte quando esci” le urlò. “L’ultima traccia di magia ci porterà fino a terra appena lasciamo la presa.”

“Ci porterà fino a... oh. Ma certo, arriveremo sul soffitto” si lamentò Kaya. “I Mirran non credevano nella gravità fidata?”

“Questa è gravità fidata. Solo che lo è in maniera diversa.”

Kaya si tirò su accanto a Elspeth, si guardò intorno ed emise un lungo e lieve fischio. Era una reazione comprensibile.

In linea con il suo nome, lo Strato della Fornace era rovente. Erano circondate da magma e l’aria era bollente e soffocante. Lastre di roccia piroclastica fungevano da terreno e in qualche modo gli strati di termoclino delle piscine laviche non le rendevano inavvicinabili, ma solo scomode. Nessuna forma di vita avrebbe potuto sopravvivere qui.

Sotto di loro, su una delle piattaforme piroclastiche più grandi, sporgeva una struttura Mirran irregolare. Lungo i bordi c’erano file di tende e padiglioni improvvisati, ricoperti di fuliggine e realizzati in modo da fondersi con il paesaggio circostante, tutto abbastanza piccolo da poter essere abbattuto da una persona in un istante. In lontananza si vedevano persone in movimento, erano piccole, poco più di vaghe sagome.

Kaya rivolse uno sguardo a Elspeth.

“Mirran?”

“I Phyrexiani non costruiscono tende.”

“Credi che i nostri compagni scomparsi siano qui?”

“Se non ci sono, allora è già finita” rispose Elspeth e, con il cuore che in qualche modo le batteva in gola e le usciva dal petto allo stesso tempo, lasciò la presa.

La magia della lacuna la accolse dopo qualche decina di centimetri e l’accompagnò dolcemente a terra come la mano di una madre; accanto a lei Kaya fluttuava trattenendo il respiro.

Quando arrivarono con i piedi a terra, si era già creata una folla. Le persone che si erano radunate per venire loro incontro indossavano accessori metallici dorati, ma non avevano la perfezione innaturale dei veri Phyrexiani: erano le forze che stavano cercando.

“Elspeth!” gridò una voce dalla folla, una voce profonda, ruvida, un rimbombo, come una montagna, inattesa e familiare. Elspeth si irrigidì per poi scoppiare di gioia, il sorriso più grande di sempre le illuminò il volto. Volteggiando corse verso la voce.

“Koth!” gridò tra le lacrime. “Pensavo fossi morto!”

Illustrazione di: Aurore Folny

Il grosso Planeswalker la prese per la vita e la fece girare, ridevano entrambi, illuminati da una gioia che non sembrava appartenere a quel luogo in fiamme o a un momento così buio. Era un uomo imponente dalla pelle scura, il corpo ricoperto da un’armatura rocciosa, e il contrasto tra lui e la esile, anche se poco più bassa, Elspeth era evidente.

Kaya si guardò intorno e non appena vide un volto familiare tra la folla, iniziò a rilassarsi. “Tyvar” disse, sorrise e si diresse verso di lui. “Ci avrei scommesso che saresti arrivato prima di noi.”

Lui rise. “E io ci avrei scommesso che non c’era da preoccuparsi per te! Cielo, non saresti tu se non facessi di tutto per metterti nei guai alla prima occasione utile.”

“Mi sono svegliata da sola circondata dall’equipaggiamento di qualcun altro e quella bellezza là...” Kaya indicò con il pollice Elspeth che rideva ancora tra le bracia di Koth “non molto lontano. Siamo state colpite entrambe, è stato difficile arrivare qua. Anche tu...?”

“Temo valga per tutti” rispose Tyvar abbassando lo sguardo. “Non tutti sono riusciti ad arrivare fin qui. Jace è stato l’ultimo ad arrivare prima di voi ed è arrivato da solo dopo essersi fatto strada lungo la superficie.”

“Jace. . .?"

“Dietro di te” disse Jace con la sua voce pacata e familiare.

Kaya emise un sospiro. “Volevi solo vedere se avessi il coraggio di saltare” lo accusò dolcemente girandosi verso di lui.

Il telepate longilineo scrollò le spalle. “Non lo fai mai, quindi non aveva senso provare” disse rivolgendole un piccolo sorriso. “Ciao, Kaya. Temevo ti avessimo persa.”

“Avresti potuto evitarlo, lo sai.” Si toccò la tempia. “Avevi stabilito il legame mentale prima di partire. Mi avresti potuto mandare un segno.”

Il piccolo sorriso svanì dal volto di Jace. “La barriera ha spezzato il legame e molte altre cose. Non sono riuscito a entrare in contatto con nessuno delle altre squadre. Quelli che vedi sono tutti i membri della squadra d’assalto che siamo riusciti a recuperare.”

Kaya aggrottò la fronte. “Vraska? Nissa? La Viandante? Lukka?”

“Vraska non era con noi al nostro risveglio” replicò. “Nissa sì, ma mentre ci stavamo preparando per partire, una trappola l’ha portata via, come se fosse stata costretta a viaggiare di nuovo tra i piani.”

“Crediamo che il nostro gruppo abbia avuto un problema simile” intervenne Nahiri allontanandosi dalla folla seguita da Kaito. Jace le rivolse uno sguardo freddo, ma non disse nulla.

Kaya aggrottò ancora di più la fronte. Sapevano tutti che tra Jace e Nahiri non scorreva buon sangue. Contava su coloro che li conoscevano meglio per tenerli lontani e non era affatto interessata a essere lei la prescelta. “Cosa vuoi dire?” chiese.

“Ehi!” Kaito intervenne prima che chiunque potesse rispondere. “Quelli sono miei! Pompon!"

“Questi?” Kaya toccò i coltelli che si era legata ai fianchi con una corda, mentre il piccolo robot sulla sua spalla saltò verso quella di Kaito abbracciandolo ed emettendo suoni di felicità. “Erano accanto a me quando mi sono svegliata. Sono tuoi?”

“Non vedi? Non sono Phyrexiani” disse Kaito allungando la mano. Sembrava esausto. In un certo senso lo erano tutti.

“Sì, ora che me lo dici, sì. Per me sono comunque troppo raffinati” continuò Kaya slegando i coltelli e mettendo le else nel palmo di Kaito. Divenne visibilmente più calmo e le rivolse un sorriso di gratitudine prima di spostare l’attenzione al piccolo robot sulla spalla al quale fece un tenero saluto. Fece versi in risposta sentendosi di nuovo a casa.

Con un aspetto molto più rilassato, Kaito si rivolse verso Kaya. “Non so nulla di Lukka. La Viandante era con noi al nostro arrivo” disse. “La sua scintilla è sempre un po’. . .imprevedibile, e di solito sembra riuscire a mantenerla sotto controllo. Questa volta ha sfarfallato a lungo prima di abbandonaci e finire nella Cieca Eternità.”

“Ti saresti potuta trasportare da lei e riportarci cosa stesse cercando di dire prima che svanisse” disse Nahiri. Kaya non aveva mai provato a usare la magia in maniera così specifica, ma annuì comunque. “Forse l’avrei potuto fare. Nissa sembrava essere stata ferita da qualunque cosa sia successa?”

“No” rispose Jace con una chiara nota di tristezza. “È semplicemente svanita. I Phyrexiani erano più preparati al nostro attacco di quanto speravamo.”

“Sono certa stia bene” intervenne bruscamente Nahiri. “Quell’elfa è un osso duro. Dobbiamo capire quale sia il piano ora che molti di noi non ci sono più.”

Sentendosi improvvisamente a disagio, Kaya rivolse di nuovo l’attenzione a Jace alzando un sopracciglio. “Quindi?”

“Quindi” disse lui. “Il piano non è cambiato. Il piano non può cambiare. Metà delle persone è scomparsa, ma sapevamo che sarebbe stato difficile. Se non riusciamo a portare il Sylex ai piedi del loro Albero del Mondo prima che si connetta attraverso la Cieca Eternità, tutti i piani seguiranno il destino di Mirrodin.”

Tyvar aggrottò la fronte. “Intendi la loro versione corrotta dell’Albero del Mondo" commentò con tono aspro.

Jace si limitò a scrollare le spalle.

“Elesh Norn chiama il suo Frangireami.” Melira emerse dalla folla, il solo nome fece aggrottare ancora di più la fronte a Tyvar.

Kaya trattenne un brivido non appena posò lo guardo sull’ambiente devastato e annerito che li circondava. Aveva visto e affrontato la morte abbastanza volte da credere che nulla potesse più spaventarla davvero. Questo però. . .questo era molto peggio di quanto avesse potuto immaginare. E non era tutto. C’era ancora così tanta Phyrexia sotto di loro, con orrori da svelare e minacce da affrontare.

“Tu hai ancora il Sylex” disse lei con tono tra la domanda e l’affermazione. “Possiamo portare a termine il piano di Karn.”

“Sì” rispose Jace. “Possiamo ancora vincere.”

Illustrazione di: Leanna Crossan

"Karn?" Elspeth si fece largo tra la folla e Koth la seguiva. “Ci sono novità?”

“È ancora disperso” disse Jace. “Io. . .” fece un istante di pausa e poi scosse la testa. “Non abbiamo avuto tracce né di lui né di Ajani da quando siamo arrivati.”

“Forse è meglio così” disse Elspeth cercando di mantenere un’espressione più neutra possibile. “Sanno entrambi troppe cose sul Sylex. Ajani ha distrutto l’ultimo.”

“Questo ‘Sylex’ è ciò che volete usare per eliminare il Frangireami di Elesh Norn, giusto?” chiese Melira.

“Sì” rispose Jace con tono pacato. “Lo pianteremo tra le radici del suo Albero del Mondo...”

“Il cosiddetto” borbottò Tyvar.

Jace gli lanciò un’occhiata. “Distruggerà l’albero prima che riesca a collegare questo piano al resto del Multiverso. La minaccia Phyrexiana verrà contenuta finché non potrà essere eliminata.”

“Quanto sarà contenuta se ha già iniziato a infiltrarsi in altri piani?” chiese Kaito. “Kamigawa non può essere il prezzo della guerra.”

“Nemmeno Mirrodin” gli fece eco Melira. “Stiamo ancora lottando per il piano che una volta era nostro, consapevoli che non potrà più tornare al suo splendore. Cosa farà questo Sylex a Mirrodin?”

“Melira, ne abbiamo già parlato” disse Koth.

“Sì, io e te ne abbiamo già parlato e Mirrodin ti sta abbastanza a cuore da renderti interessato alle sue sorti. Voglio che qualcuno che non ama la nostra casa mi guardi negli occhi e mi dica che sopravviveremo.” Guardò Jace. “La mia gente ha già dato tutto per il nostro piano. Il vostro piano non è così importante per noi da lasciarvi sacrificare quel poco che ci è rimasto.”

Jace annuì lentamente. “Secondo i miei calcoli, l’esplosione sarà così forte da distruggere il Frangireami e probabilmente tutta la Germessenza, ma a meno che i Phyrexiani non abbiano destabilizzato il piano molto più di quanto indicano le nostre informazioni, i danni dovrebbero limitarsi a questi.”

Melira annuì. “Quanto sai sulle modifiche che hanno apportato alla geografia del nostro piano?”

“Sappiamo che il piano ha degli strati, come una sfera dentro l’altra, e noi siamo atterrati due strati più in alto del previsto.”

“Non è sbagliato” rispose Melira. Raccolse un pezzo di roccia metallica guardando Nahiri. “Ehi, litomante. Quanto sei brava a controllare?”

“Più di chiunque altro qui” rispose Nahiri.

“Allora dammi una mano. Potresti farmi una pallina? Grande circa metà del mio pugno.” Tirò su la mano libera e la strinse in un pugno per darle un riferimento.

“Dammi qua.”

Melira lanciò la roccia a Nahiri. A metà traiettoria, si bloccò andando in mille pezzi, uno dei quali era la liscia sfera richiesta. Si allontanò dagli altri frammenti e iniziò a ruotare. Melira sembrava soddisfatta.

Illustrazione di: Illustranesia

“Questa è la Germessenza” disse. “È qui che vi dobbiamo portare se volete predisporre quel vostro Sylex.”

“D’accordo” disse Jace.

Melira guardò di nuovo Nahiri. “Potresti mettere uno strato intorno alla sfera che hai creato?”

“Chiedimi qualcosa di complesso” le rispose Nahiri. Alcuni frammenti si appiattirono avvolgendo la sfera e creandone una più grande. Continuava a ruotare.

“I Giardini di Micosinti” disse Melira. “È così che ci hanno attaccato all’inizio. Hanno piantato al centro del piano dei funghi in grado di rilasciare nell’aria il veleno Phyrexiano e noi lo abbiamo respirato inconsapevolmente. Abbiamo perso molti dei nostri prima ancora di sapere di essere in guerra.”

“Tattiche da codardi” commentò Tyvar.

“Un altro strato, grazie” disse Melira, e si formò un’altra sfera. “La Basilica Pallida. Questa è la roccaforte di Elesh Norn. Speriamo che la ribellione di Urabrask la distragga mentre attraversiamo il suo territorio. Se non andasse così, non c’è modo di arrivare alla Germessenza senza essere visti.”

“Un’altra?” chiese Nahiri.

“Grazie” rispose Melira. “Potresti farne quattro questa volta e lasciare un canale tra ognuna?”

Apparvero altre quattro sfere, ognuna brillò per il calore prima i raffreddarsi e tornare al colore originale. Kaya guardò Nahiri. Sembrava ancora incredibilmente serena, come se dimostrare un simile controllo sul suo potere non richiedesse alcuno sforzo. Era quasi inquietante. Kaya sapeva che Nahiri era una delle Planeswalker più anziane, se non la più anziana, ma una cosa era saperlo e un’altra vederlo.

“La sfera più esterna è lo Strato della Fornace. È dove ci troviamo ora. Qui non siamo al sicuro, ma siamo meno in pericolo che nel resto del piano e poi siamo riusciti a creare un tunnel senza caduta libera all’interno e ci è voluto un po’. I Mirran hanno dato la vita per farvi avere una scorciatoia. Abbiatene rispetto.”

Melira fece una pausa e si girò dall’altra parte. Rimase in silenzio abbastanza a lungo da far sentire a Koth il bisogno di intervenire. “Sotto di noi si trova il Labirinto del Cacciatore, seguito dalla Baia Chirurgica. Li supereremo entrambi per atterrare alle Fosse di Dross, proprio sopra alla Basilica Pallida.” Rivolse uno sguardo a Elspeth. “Le Fosse di Dross comprendono quello che prima era noto come Mephidross. Dovremo prestare molta attenzione lì, ma dovremmo riuscire ad arrivare alla tappa successiva senza troppi problemi.”

Elspeth annuì. “Questo è. . .è un incubo” disse. “Come avete fatto a sopravvivere?”

“Ci sono altri due strati sopra di noi, li hai visti” disse Melira. “Non so se lo hai notato, ma lo strato più in alto, quello che chiamiamo Mirrex, è tutto ciò che resta del piano originale. Lo hanno distrutto per costruire il loro.”

“Per quanto riguarda la nostra sopravvivenza, non durerà a lungo” si intromise Koth. “Abbiamo poco cibo. Ancora meno acqua potabile. Gli elfi sono quasi completamente scomparsi. Non vedo un Vedalken non completato da anni. Lottiamo il più possibile, salviamo quante più creature possibile e non ci fermiamo mai. Mirrodin era, è, un piano d’acciaio. E anche i suoi abitanti lo sono. Finché anche uno solo di noi resterà in vita, continueremo a lottare.”

Elspeth annuì di nuovo, questa volta più lentamente. “Mi dispiace di averti abbandonato per tutto questo tempo.”

“Non dispiacerti” le disse. “Sapere di averti salvata, pur non avendo potuto salvare molti altri, è stato d’aiuto.”

“Quindi il nostro piano è importante” disse Melira e indicò la sfera ruotante mentre Nahiri aggiungeva altri due strati a simulare Mirrex e la Facciata Monumentale. “La nostra lotta è importante. Anche la vostra lo è, altrimenti non saremmo qui ad aiutarvi: nessun altro piano deve subire questa condanna.”

“Sono d’accordo” disse Tyvar con un filo di voce.

“Sono d’accordo” gli fece eco Kaito.

Uno dopo l’altro, gli altri Planeswalker fecero sentire il proprio assenso e a seguire i Mirran fecero lo stesso.

Melira rivolse uno sguardo duro a Jace. “Ora che conosci la struttura interna del piano, sei ancora certo che sopravviveremo al tuo piano?”

Jace esitò per un lungo istante, poi fece un sospiro e disse “No. No, non lo sono. Quando Urza utilizzò il primo Sylex, distrusse cose che non sapevamo potessero essere distrutte. Ma non abbiamo tempo per pensare a un nuovo piano. Non dovremmo nemmeno aspettare gli altri.”

“Non so te, ma non mi piace l’idea di dare a Elesh Norn il tempo di portare a termine il suo piano. Dobbiamo distruggere quell’albero prima che si connetta alla Cieca Eternità o l’onda d’urto sarà inimmaginabile. Potremmo perdere molto più che Mirrodin” disse Kaya.

Nahiri guardò Jace. “Questa gente non ha idea di cosa ci sta aiutando a fare” sussurrò.

Melira si voltò verso di lui. “Cos’è che secondo lei non ci stai dicendo?”

Jace fece una smorfia distogliendo lo sguardo prima di rispondere. “Metteremo una bomba al centro del piano. L’onda d’urto dovrebbe propagarsi lungo l’albero e distruggerlo senza danneggiare Mirrodin, ma non c’è modo di saperlo. Le nostre teorie sulla stabilità di Mirrodin non potevano tenere conto di tutte le modifiche che ci hai mostrato.” Indicò la sfera di Nahiri che continuava a ruotare nonostante lei si fosse allontanata. Era ancora nelle vicinanze, però.

“Quindi potremmo comunque venire distrutti.”

“Se ti dicessi di sì, ti rifiuteresti di aiutarci?”

“Se mi dicessi di no, mi rifiuterei di aiutarti” disse Melira. “Koth è un geomante non un litomante, dice che sono cose diverse ma io non ne so nulla, e riesce a comunicare con la terra quando questa contiene pietra. Mi aveva detto che ci sarebbe stata la possibilità di destabilizzare il piano. Vale la pena rischiare per salvare il resto del Multiverso, ma solo se siete sinceri.”

Kaya annuì. Questo era un cimitero di ceneri e acciaio e dovevano trattarlo con rispetto mentre lo utilizzavano per raggiungere i propri scopi. Quello che dovevano fare avrebbe potuto distruggere Mirrodin per sempre, ma c’era la possibilità di eliminare la minaccia Phyrexiana dal Multiverso e per questo era difficile vederla come una cosa negativa. Una volta detonato il Sylex, ci sarebbe stata un’onda d’urto e questo era certo. Ma dal momento che l’Albero del Mondo non sarebbe ancora stato connesso alla Cieca Eternità, l’onda non avrebbe avuto dove propagarsi. Questo avrebbe potuto distruggere il piano.

“Allora andiamo” disse Jace. “I Mirran ci hanno concesso di utilizzare il loro equipaggiamento in eccesso se a qualcuno servissero armi o armature. L’olio di Phyrexia infetta anche senza lacerare la pelle.”

Koth avanzò. “La nostra attrezzatura è stata trattata con una sostanza chiamata esaoro. È raro e prezioso, ma offre un certo livello di protezione dalla phyresis e rende più potenti le armi contro le creature completate. Ne abbiamo dell’altro per trattare le armi che avete portato con voi.”

“Questa è nuova” disse Elspeth. “Da dove proviene?”

“Un ultimo dono offertoci da Mirrodin” rispose Koth. “Andando verso Mirrex abbiamo preso le ultime lastre dal Nulla Scintillante. Lavorando le lastre con il siero di lampidottero, il metallo si trasforma in esaoro permettendoci di proteggerci.”

“Esiste un modo per procurarsi un pezzo di questo metallo del ‘Nulla Scintillante’?” chiese Tyvar.

“Sì” rispose uno dei Mirran che fino a quel momento era rimasto a guardare la scena in silenzio. “Vieni con me.” Fece cenno a Tyvar di seguirlo nella folla e così fece. Dopo averci pensato per un istante, Koth e Kaito si unirono a lui.

“Non possiamo trattenerci a lungo” li incalzò Melira. “Riusciamo a sopravvivere nello Strato della Fornace solo grazie a Urabrask e non gli piace quando ci mettiamo troppo comodi.”

Kaya aggrottò la fronte guardando Jace. Lui si girò verso Melira. “Certo” disse. Spostando lo sguardo su Kaya, riprese “Urabrask è il pretore della Fornace Silente. Non è che gli stia dando riparo, ma gli permette di prendere ciò che trovano, salvandoli così dall’estinzione. Il caos che sta creando potrebbe essere la chiave per il nostro successo.”

“Allora dovremo ringraziare un Phyrexiano” disse Kaya serrando le labbra. “Non è facile da accettare.”

Melira sospirò. “Siamo in un’epoca di orrori, tutto è difficile da accettare” rispose. “Il tunnel è stato ripulito per permetterci di usarlo, o almeno lo è per ora, qui tutto cambia, improvvisamente. Ciò che ora sembra sicuro, potrebbe non esserlo più l’istante successivo. È una buona opera dei Mirran e ci permetterà di arrivare alle Fosse di Dross.” Indicò la sfera rotante.

“E se il tunnel fosse stato compromesso?” chiese Kaya.

Melira sospirò. “Dovremmo lottare per raggiungere le Fosse di Dross e non sopravviveremmo. Il tuo piano sarebbe finito. Il tuo Multiverso cadrebbe. Confidiamo nel tunnel.”

“Non ho detto che non dovremmo” disse Kaya. “È solo che mi piace capire i dettagli di un piano.”

“Bene, anche a me” disse Melira con tono calmo. “Scenderemo alle Fosse di Dross, faremo irruzione nel palazzo di Elesh Norn mentre le sue forze saranno concentrate altrove e poi arriveremo alla Germessenza per distruggere l’albero prima che si connetta.”

“Semplice” commentò Kaya. “Cosa potrebbe mai andare storto?”

“Solo tutto” rispose Jace con tono cupo e Melira si mise a ridere.

“Vado a dare un’occhiata ai vostri” disse, poi prese il modellino rotante di Mirrodin creato da Nahiri, lo mise sotto braccio e si allontanò, lasciando Kaya e Jace soli.

Lì vicino, Kaito se ne stava in ginocchio con il suo tanuki accanto a sé, e faceva scorrere una frammento di esaoro lungo il filo della sua arma, osservando le particelle brillanti che si lasciava dietro. “Sembra strano affilare un’arma con qualcosa in grado di mutare l’acciaio” commentò.

Tyvar scrollò le spalle mentre passava le dita sulla sua scintillante ascia di metallo, più luminosa del mercurio. “Non ho mai visto nulla di simile a questo metallo del Nulla Scintillante” disse. Rivolse lo sguardo al Mirran che li aveva condotti alla piccola armeria. “Ed è in grado di respingere il loro olio scintillante?”

“Non vi salverà” disse il Mirran passando uno scudo a Tyvar. “L’infezione potrebbe passare comunque e a quel punto sarebbe la fine. Ma renderà i vostri attacchi più efficaci e potrebbe darvi più tempo.”

“Il tempo è tutto ciò che ci serve” disse Tyvar.

Illustrazione di: Heonhwa Cho

Kaito sorrise scuotendo la testa. “Se la maledizione di metallo può aspettare, dobbiamo finire di prepararci” disse infilando la spada nelle sue stelle ninja e passando con attenzione l’esaoro su ogni lama.

Melira lo seguì fermandosi un attimo per nascondere un po’ della polvere si esaoro in un sacchetto al suo passaggio.

“C’è modo di applicarlo al mio drone?” chiese Kaito.

Tyvar spostò l’attenzione sull’altro uomo. Era una domanda intelligente e voleva sapere la risposta quasi quanto Kaito.

“La polvere può essere applicata anche al piccolo dispositivo se la regge” spiegò il Mirran.

Kaito rise. “La polvere è sempre pericolosa. Ma lei riesce a reggerla.”

Non molto lontano da lì, Koth ed Elspeth se ne stavano seduti su delle casse rustiche a guardarsi come fratelli che credevano non si sarebbero più rivisti e, in un certo senso, era esattamente quello che erano. Nati in piani diversi, portatori di scintille diverse, ma fratelli forgiati dalla battaglia. Una battaglia che non era ancora giunta al termine.

“Pensavo che non ti avrei più rivisto” disse Elspeth.

“Lo pensavo anch’io” rispose Koth. “Sei un miracolo in carne e ossa. Ma avrei preferito non fossi venuta. Tu hai lottato per liberarti da questo. Ti avrebbero dovuta graziare. Avresti potuto cercare casa tua, saresti potuta fuggire, invece...”

“Sono una guerriera” lo interruppe Elspeth. “Potrei non volerlo, ma devo essere un’eroina, devo onorare chi non ne ha mai avuto la possibilità. Devo provarci, Koth, e se mi rifiutassi di venire conoscendo il pericolo, non sarei altro che una codarda.”

“Lo capisco” rispose. “È un onore sapere che avrò di nuovo l’opportunità di lottare al tuo fianco.”

Elspeth riuscì ad aprirsi in un lieve sorriso. “Vorrei solo che avessimo più tempo.”

“Questo è quello che significa essere te stessa e non essere costretta a diventare parte integrante di Phyrexia” le disse Koth. Si alzò offrendole una mano. “Vieni. È quasi ora di andare.”

Lo guardò negli occhi, gli prese la mano e si lasciò tirare su in piedi. “Verrai con noi?”

“Sì” confermò Koth. “Ho una squadra di demolitori pronta a intenerire in caso il Sylex non funzionasse. Sai che non piace avere una sola soluzione ai problemi. Le radici di questo albero non vedranno altro terreno.”

Elspeth sorrise. “Sono felice che ci sia anche tu. Un po’ per me, un po’ perché avremo molte, molte più probabilità di successo.”

“Hai sempre creduto troppo in me” disse Koth con tono leggero, poi tornarono insieme dove gli altri si stavano preparando alla guerra.

Nahiri, che stava aspettando che se ne andassero, uscì dall’ombra mettendosi in quell’area abbastanza riservata che i due avevano scelto per parlare. Sibilò quando si tolse la benda dal collo, rivelando la protuberanza smussata che le stava crescendo.

“Lo immaginavo” disse Melira da dietro.

Nahiri trasalì, girandosi per guardare la Mirran longilinea. Melira non si mosse.

“C’è una certa aria in tutti quelli che sperano ancora di sbagliarsi e ce l’avevi anche tu” disse. “Tieni.” Mise la mano in tasca e diede a Nahiri il sacchetto di esaoro, ricevendo in cambio uno sguardo perso, seguito da un’espressione corrucciata.

“Non sei irrecuperabile” spiegò Melira. “Potrei curarti e avresti ottime probabilità di recuperare. Ma ti servirebbero giorni, forse di più.”

“Non abbiamo tutto questo tempo” disse Nahiri.

“Sapevo l’avresti detto” rispose Melira. “Sei ancora all’inizio del processo, possiamo aspettare. Hai ancora tempo prima che la situazione diventi irreversibile. Prova l’esaoro. Se non dovesse funzionare, mi dirai tu cosa vorrai fare.”

L’escrescenza dietro al collo di Nahiri sembrava ricoperta da pelle normale. Facendosi apparire un frammento affilato di roccia in mano, tagliò quel fine tessuto fino a toccare quello che sperava (davvero) fosse osso. Alzando la mano, mise un po’ di polvere di esaoro sulla ferita appena creata. La pelle iniziò a contrarsi e sentì come una bolla espellere l’esaoro dal suo corpo. Con un prurito convulsivo, la pelle si ricucì. Toccandosi non sentì nessun segno, niente sangue, solo un lieve strato granuloso di esaoro.

Con volto inespressivo, Nahiri rimise la benda e guardò Melira. “Non ha funzionato” esordì. “Hai detto di potermi curare.”

“È così” rispose Melira. “Ma per farlo. . .il tuo corpo dovrà affrontare un difficile processo di guarigione. Sarai fuori gioco per giorni.”

"Non puoi farlo più velocemente?”

“Questa è la versione veloce. Il tuo corpo sta già lottando con tutte le sue forze. E questo è di aiuto. Ma per un po’ non starai con noi. Possiamo vincere senza di te?”

Nahiri rimase in silenzio, ma la sua espressione tesa rispose per lei. No. No, non potevano. Era la maga più potente a loro disposizione e in più erano in un piano che sembrava essere fatto per rispondere alla sua magia. Avevano bisogno di lei. “Dopo tutto ciò che ho fatto per il Multiverso, non dovrebbe finire così” disse. “Non è giusto.”

“E non finirà così” disse Melira. Lanciò a Nahiri la sfera che si era portata con sé. Si fermò a metà strada e riprese a ruotare lentamente. “Sei forte. Stai lottando. Ora lotterai ancora più duramente per Mirrodin e per il tuo futuro.”

Nahiri annuì lentamente. “E se fossi già infetta, posso mostrare a questi Phyrexiani infami quanto può essere letale una figlia di Zendikar prima che abbiano la meglio su di me.”

“Bene” disse Melira. “Quindi ora combattiamo e dopo ti curo.”

Nahiri annuì e si mise accanto a Melira. Le due tornarono insieme per unirsi agli altri. Era giunto il momento di andare.

Jace e Kaya si stavano preparando alla partenza e si erano sistemati su un carretto azionato manualmente che li avrebbe condotti nel sistema di tunnel connesso alle Fosse di Dross. Sembravano entrambi determinati ad affrontare qualunque cosa li attendesse, volti seri senza segno di preoccupazione.

Nahiri era un po’ invidiosa della loro sicurezza. La sua stava vacillando.

Poi Jace annuì e gli operatori fecero partire il carretto. Si allontanarono nell’oscurità.

Anche gli altri salirono sui propri carretti. Tyvar con Kaito, Nahiri con Melira e un gruppo di Mirran. Koth ne riempì uno insieme alla sua squadra di demolitori, finché non rimase solo Elspeth a doversi addentrare nell’oscurità. Si fermò a guardare l’accampamento che la circondava. Era così transitorio, temporaneo, eppure resistente. Era ciò che rimaneva della resistenza. Qui Mirrodin si sarebbe ripreso il suo destino e sarebbe risorto, danneggiato ma libero, oppure sarebbe passato alla storia tra i morti.

Dovevano vincere. Dovevano. Non solo per il Multiverso, ma per i Mirran che avevano dato la vita per portarli fin qui e per quelli a venire, che si meritavano molto più di questo piano distrutto.

Più determinata che mai, Elspeth salì sull’ultimo carretto, fece un cenno agli elfi addetti alla locomozione e iniziò a scendere nelle tenebre di Nuova Phyrexia.