Il racconto precedente: Nato dall’etere

Portata al suo piano di origine, Kaladesh, dai racconti del Consolato, alla ricerca di un fastidioso rinnegato, Chandra ha scoperto in modo traumatizzante che il rinnegato in questione era sua madre! Il loro incontro è stato breve, in quanto i soldati del Consolato hanno preso in custodia Pia Nalaar. Mentre Liliana ha seguito un’altra pista, Chandra e Nissa hanno trovato una vecchia amica dei genitori di Chandra, Oviya Pashiri, e hanno iniziato a cercare dove è rinchiusa Pia. Grazie ai tanti contatti rinnegati di Oviya, hanno scoperto che è prigioniera a Dhund, un complesso segreto gestito dal mago maligno Baral... lo stesso Baral che aveva dato la caccia a una giovane Chandra e aveva ucciso suo padre.


Nissa è confusa mentre la Signora Pashiri porta lei e Chandra lontano dal rumore e dagli aromi della festa di Yahenni, di nuovo nell’oscurità delle strade, in cui l’esplosiva frenesia della Fiera degli Inventori aveva lasciato il posto al gioioso viavai della notte.

Ghirapur non era male come Ravnica, con i suoi angoli netti e le strade grigie. La città era infatti stata chiaramente studiata con un occhio alla magia... per l’etere... attraverso le strade e intorno agli edifici. L’estetica del luogo era tutta curve gradevoli e linee delicate, più simile alle foreste di Zendikar che ai duri angoli di Ravnica.

In ogni caso, era affollata di persone.

Era tutto ciò che Nissa poteva fare per tenersi al passo... con gli avvenimenti della giornata, con l’agitazione palpabile di Chandra, con l’intera caotica baraonda del piano.

"Dhund", disse la Signora Pashiri scuotendo la testa. "Tra tutti i luoghi".

Chandra ringhiò. "Baral! Perché lui? Non dovrebbe ormai essere morto o... o in pensione o qualcosa?". Si fermò. "Preferibilmente morto". Altri pochi passi, mentre minute fiamme scivolavano intorno alle sue dita, chiuse in pugni stretti. "Tra le fiamme".

"In un mondo giusto, lo sarebbe", rispose la donna più anziana.

"Quando gli metterò le mani addosso...". Chandra sembrò mordersi la lingua, letteralmente. "Chiedo scusa, Signora Pashiri".

Nissa aggrottò la fronte. Finora aveva visto l’ardente rabbia di Chandra diretta solo contro gli Eldrazi o le contorte e corrotte creature di Innistrad che potevano essere Eldrazi. L’idea che potesse scatenare la sua rabbia contro una persona era inquietante. Quanto dolore deve averle causato? si chiese.

"Liliana mi ha detto che avrei dovuto dargli la caccia", disse Chandra. "Trovarlo e avere la mia vendetta. Avrei dovuto ascoltarla".

Nissa avrebbe voluto entrare in contatto con lei, appoggiare una mano sulla sua spalla, offrirle qualche tipo di serenità attraverso il suo tocco. Ma aveva paura... di cosa? Di causare dolore, come se il suo tocco fosse doloroso? O di sentire il dolore di Chandra ancor più di quanto lo percepisse già, di farlo fluire tra loro come fiamme?

"E dove accidenti è finita Liliana? Che cosa può essere più importante rispetto a scoprire dove avevano portato mia madre?".

L’agitazione di Liliana era stata meno... calorosa quando si era allontanata, ma non meno palpabile. Era stata la prima volta che Nissa aveva visto la necromante in uno stato diverso da una calma imperturbabile e sospettò che, qualsiasi cosa stesse facendo Liliana, dovesse essere molto importante.

Chandra si bloccò, batté un piede sul selciato, causando una piccola folata di fiamme, e disse "E dove accidenti stiamo andando?".

"Dobbiamo attraversare il fiume", rispose la Signora Pashiri.

Chandra aggrottò le sopracciglia. "Che cosa si trova oltre il fiume? Le vecchie centrali energetiche?".

"Esatto. E il segreto meno nascosto di Ghirapur". Abbassò il volume della voce. "Gonti".

"Che cosa sono i gonti?", chiese Chandra.

"Gonti è un altro eteride. Penso che abbia fatto fortuna come contrabbandiere... ho avuto a che fare con lui un paio di volte, tempo fa. Il mercato notturno di Gonti è una specie di luogo d’incontro per il contrabbando dell’etere e per gli inventori rinnegati".

Chandra afferrò le ciocche sulle tempie dalla disperazione, generando altre lingue di fuoco intorno alla testa e alle mani, per poi diventare fumo. "Perché stiamo andando là? Dove si trova mia madre?".

"Mi dispiace, cara. Sto seguendo le migliori informazioni a mia disposizione. Mi risulta che il Dhund si trovi in tunnel al di sotto del mercato notturno".


Chandra appariva fisicamente dolorante per il fatto di dover rimanere nel suo sedile, mentre una piccola imbarcazione le trasportava oltre il fiume, guidato da un giovane uomo che fingeva indifferenza, mentre il suo volto tradiva un attento interesse a ogni parola pronunciata da Chandra. Dava sfogo alla sua energia battendo furiosamente con un piede. Le sue mani erano in continuo movimento e sembrava che si stesse mordendo la lingua per evitare di dire qualcosa che la potesse incriminare.

Per quei pochi minuti, lontana da luci, rumori e persone della città, Nissa si mise a osservare le stelle e il vorticante e mutevole blu dell’etersfera e provò una calma... ridotta solo dall’assillante preoccupazione che Chandra, a causa della sua rabbia e della sua impazienza, potesse avvolgere la piccola barca nelle fiamme. La più forte corrente di etere nel cielo corrispondeva quasi perfettamente al profilo disegnato dal fiume e Nissa era in grado di sentire il loro legame, come se etere e acqua fossero compagni che intraprendevano lo stesso viaggio.

Isola | Illustrazione di Johannes Voss

La sua mente andò ad Ashaya, la sua compagna elementale, un frammento del mondo-anima di Zendikar, e si chiese... non per la prima volta... perché avesse acconsentito a lasciare il suo piano di origine e imbarcarsi in questo viaggio folle con questi umani. Insieme, avevano ottenuto risultati importanti, senza dubbio, e aveva scoperto che erano in grado di lavorare molto efficacemente insieme. Ognuno di loro offriva alla squadra punti di forza unici e aiutava a coprire i punti deboli degli altri. Le piaceva far parte di qualcosa che fosse più grande e migliore di lei stessa. In un certo modo, era come essere connessa all’anima di un piano, unite per uno scopo superiore.

Ma, nel turbine del combattimento con gli Eldrazi, aveva trovato poche occasioni per individuare i rapporti emotivi tra gli altri. Quei rapporti erano evidentemente... complicati. Trovare il proprio posto all’interno di quella rete di rapporti era spossante. Era tutto così completamente diverso dalla semplice relazione silenziosa che aveva instaurato con Ashaya... semplice come un tocco.

Quando entrava in contatto con Ashaya, l’energia... il mana... no, la vita fluiva tra loro, le univa... univa Nissa all’essenza naturale di Zendikar. Il rapporto più stretto che aveva avuto con chiunque altro era stato la comunicazione silenziosa con Jace, grazie al collegamento diretto dei pensieri di lui e la mente di lei. Nel furore della battaglia insieme agli altri Planeswalker, con Jace che rendeva semplice la loro comunicazione, lei era stata in grado di controllare il flusso di mana tra di loro. Avrebbe potuto perdersi in quel flusso e diventare parte di qualcosa di superiore. In quei momenti, lei e Chandra avevano condiviso un potente legame, aperte insieme al flusso di magia attraverso i piani.

Faccia a faccia, invece... con Chandra o con chiunque di loro... era molto più difficile. Le persone si aspettavano di gestire le interazioni quotidiane a un livello superficiale. Proprio come Jace non utilizzava la sua magia mentale per sostituire le conversazioni giornaliere, lei non poteva aspettarsi di forgiare la stessa profonda connessione durante le colazioni nel santuario di Jace. Quando Chandra era così sconvolta e agitata, Nissa temeva che aprirsi alla piromante sarebbe potuto essere come aprire le barriere e lasciare libera un’ondata di fiamme.

Sospirò e accettò di diventare parte del flusso intorno a lei, tra l’etere sopra e l'acqua sotto. Sentì il cuore pulsante di Kaladesh e tutto il resto svanì.


Nissa cercò di aggrapparsi a quella connessione, mentre Oviya le guidava tra la folla del mercato notturno di Gonti, ma veniva tirata via a ogni passo tra gli inventori che cantavano le lodi dei loro ultimi dispositivi e i contrabbandieri che offrivano grandi affari su forniture illegali di etere. I rumori premettero sulle sue orecchie, gli aromi dei corpi ammucchiati assalirono le sue narici e Chandra era una fornace di emozioni che creavano la sua barriera personale di calore intenso tra i corpi che premevano contro di lei.

Mentre la Signora Pashiri parlava con un altro dei suoi contatti... un nano burbero con un pezzo mancante da un orecchio sospettosamente a forma di morso... su come accedere al Dhund, Nissa avvicinò con esitazione una mano alla spalla di Chandra. Voleva... non era sicura. Consolare Chandra, in qualche modo. Prendersi il peso della sua ansia, se possibile, per condividere il fardello che Chandra stava trasportando con fatica. Ma il calore si propagò dall’armatura in metallo di Chandra e Nissa ritrasse la mano, immaginando gli argini che contenevano le fiamme impetuose.

"Chandra", disse invece. "Su Ravnica mi hai chiesto... volevi che io ti aiutassi... eri alla ricerca di serenità".

Chandra si voltò verso di lei, con gli occhi fiammeggianti. "Non sto cercando la serenità", disse con gola e volto tesi. "Voglio trovare mia madre". I suoi occhi passarono per un attimo sul volto di Nissa... che cosa stava mai cercando? ... e poi si voltò di nuovo. "Non comprendi proprio", borbottò.

Direi proprio di no, pensò Nissa. Chiuse gli occhi, respirò profondamente e tentò di tenere fuori da sé i rumori e gli odori e la bolgia di colori.

Interessante, pensò. L’etere tracciava percorsi sinuosi attraverso la sua consapevolezza, mossi da isolate folate di vento e trasportati dai sistemi di ventilazione. Mi chiedo...

"Nulla", disse la Signora Pashiri, mentre il nano scompariva di nuovo nell’oscurità di un vicolo. "Tutti hanno il sospetto che il Dhund sia qui, da qualche parte. Ma nessuno sa come andarci oppure non vuole dirlo. Se solo riuscissi a trovare...". Mentre osservava la folla, la sua voce si affievolì.

Gli occhi di Nissa si spalancarono. "Io lo so", disse.

La Signora Pashiri spalancò gli occhi dalla sorpresa, ma Chandra si incupì. "Perché non lo hai detto prima? Accidenti, Nissa, potrebbero torturarla laggiù. O potrebbe essere già morta".

"Lo so". Lo sapeva... percepì la paura e la preoccupazione di Chandra in modo chiaro quasi come quando aveva percepito Zendikar ribellarsi alla presenza violenta degli Eldrazi. "Non sto nascondendo nulla; l’ho appena scoperto. Ha a che fare con il modo in cui l’etere fluisce attraverso la città. Se riesco a concentrarmi...".

"Non mi interessa", ringhiò Chandra. "Portaci semplicemente laggiù!".

"Se riesco a concentrarmi", ripeté Nissa, "Penso di potervi portare. Forse riuscirei anche a guidarvi nei tunnel".

Chandra l’afferrò per le spalle e quasi la scosse... il calore dell’agitazione, che continuava a spingere contro gli argini, era ancora più irritante. "Allora concentrati!".

"Chandra, cara", disse la Signora Pashiri, appoggiando una mano gentile sulla schiena di Chandra. "Penso che la tua amica abbia bisogno di un po’ di spazio".

Nissa sbatté le palpebre. La tua amica? Io non sono...

Ashaya era stata la sua amica. Con Ashaya riusciva a porgere la mano e realizzare una connessione, perfettamente informale, perfettamente naturale. Senza sforzo. Con Chandra... o Gideon... o Jace... nulla avveniva senza sforzo, neanche un semplice contatto, come la Signora Pashiri aveva appena fatto.

Chandra la lasciò andare e fece mezzo passo all’indietro. "Oh, scusa". Osservò Nissa, in attesa.

Nissa incrociò il suo sguardo e improvvisamente il dolore, la rabbia e la l’insoddisfazione di Chandra le bruciarono dentro. Le lacrime le pizzicarono gli occhi e lei distolse lo sguardo. "Ci proverò". Si voltò, chiuse e strizzò gli occhi e spinse lontano le emozioni, premendo le dita sulle tempie.

Il mondo si stese improvvisamente intorno alla sua consapevolezza, come una mappa che veniva aperta e distesa su un tavolo. L’etere fluiva attraverso il piano come un’ampia rete fluviale, sollevandosi in cielo in un punto e riscendendo fino a terra in un altro; a volte i flussi erano corrispondenti e altre volte si avvolgevano attraverso le strade della città. Etere raffinato, un sapore diverso, fluiva attraverso le condutture sopra e sotto la strada. Dove non riusciva a fluire facilmente, piccoli nodi di etere concentrato si annidavano sotterranei.

Attraverso un sistema di tunnel, l’etere era in grado di muoversi. Non i flussi che scorrevano nell’alto dell’etersfera, bensì sperduti e sottili affluenti. Nissa li aveva percepiti sotto i piedi... un semplice sgocciolio in confronto all’impetuoso flusso intorno e sopra di lei, ma pur sempre presente. Concentrandosi su quella parte del flusso, iniziò la ricerca dei punti in cui l’etere entrava e usciva dai passaggi.

"Da questa parte", disse infine Nissa, indicando alla sua sinistra.

La Signora Pashiri inclinò la testa. "Come riesci...".

Ma Chandra si stava già muovendo nella direzione indicata da Nissa. "Fammi strada", disse. "Da che parte?".

Nissa la raggiunse e la guidò verso un piccolo edificio eretto contro la parte interna di una stanza cavernosa che ospitava questa porzione del mercato. Diede un’occhiata dietro di sé e vide che la Signora Pashiri era ancora con loro; insieme si fecero strada attraverso la folla e raggiunsero la porta in acciaio.

Chandra scosse la maniglia. "Chiusa", disse.

La Signora Pashiri inizio a rovistare nelle voluminose tasche delle sue vesti. "Fatemi prendere gli attrezzi...".

Un’ondata di calore intenso si propagò dalla mano di Chandra e avvolse di fiamme la maniglia della porta e, presumibilmente, il suo meccanismo di chiusura. Nissa dovette coprirsi gli occhi per l’intensità della luce e sentì un forte calore sul volto.

"Stai attirando l’attenzione", disse la Signora Pashiri a voce bassa.

Chandra diede un calcio alla porta, che si spalancò. "Che vengano", ringhiò.

Come per accettare l’invito di Chandra, un uomo dall’aspetto imponente camminò a grandi passi verso di loro, seguito da un insieme ancora più imponente di piastre di metallo, filigrana e ingranaggi. Spinse Chandra di lato e si mise tra lei e la porta semisquagliata. O non aveva visto l'ondata di fiamme di Chandra o non era sufficientemente scaltro da temerla... Nissa sospettò fosse il secondo caso. O forse il suo senso del dovere lo aveva portato a trascurare la sua sicurezza personale.

"Voi", disse. "Dove credete di andare?".

La chioma e i pugni di Chandra si infiammarono e i loro sguardi si incrociarono. "Stiamo andando nel Dhund", rispose lei. "È questo l’ingresso?".

Nissa vide una stanza dietro la porta, disordinata ma non utilizzata, e una scala che scendeva. Poteva praticamente sentire lo sgocciolio dell’etere che risaliva dai tunnel sottostanti.

"Questa è proprietà privata", rispose l’uomo, apparentemente imperterrito di fronte alla dimostrazione di irruenza di Chandra. Nonostante avesse una stazza paragonabile a quella di Gideon, questo bruto non possedeva il suo carisma o il suo umore. A Nissa sembrava più un ogre di Murasa... e sentì un acuto dolore per la mancanza del suo amato Zendikar.

"Perché non ne parliamo in un luogo un po’ più privato?", disse gentilmente la Signora Pashiri, prendendo l’uomo per un braccio e tirandolo verso l’interno del piccolo edificio.

Evidentemente, gli mancava anche l’intelligenza di Gideon o forse venne colto di sorpresa dall’aspetto delicato della Signora Pashiri. Mentre abbassava la testa per passare sotto la porta di entrata, Chandra gli diede un calcio da dietro e lo fece rotolare sul pavimento. Colpì con forza la testa e non si alzò più. Chandra afferrò la mano di Nissa e la tirò dentro, mentre l’automa dell’uomo cercò di soccorrerlo. Troppo grande per attraversare la porta, si piegò e stese le braccia all’interno. Facendo cenno a Chandra e alla Signora Pashiri di andare verso le scale, Nissa attinse la magia che pulsava e la inviò attraverso la terra, fino a sotto la creatura. Rampicanti si fecero strada attraverso il pavimento di cemento e si avvinghiarono alle sue gambe, mentre altri si sollevarono proprio davanti a Nissa e gli afferrarono le braccia. L’etere sibilò in decine di minuscoli getti e i rampicanti iniziarono a smontare l’automa.

Nissa seguì gli altri giù per la scala, nel profondo sotterraneo, e si ritrovò in un lungo tunnel.

Chandra abbracciò l’elfa. "Ce l’hai fatta!".

L’armatura di Chandra, ancora calda al tocco, spinse sul petto di Nissa e una ciocca della chioma della piromante... dall’odore di fumo... le stuzzicò le narici. Un diverso tipo di calore, il fuoco violento della sconfinata energia di Chandra, la investì... un debole accenno a una connessione reale. Chandra poi si allontanò e andò avanti e indietro, osservando il tunnel in entrambe le direzioni.

"Da che parte?", ripeté.

"Io... non ho idea", confessò Nissa.

"Che vuoi dire? Ci hai portati fino qui!".

"Stavamo cercando i tunnel sotto il mercato notturno. Li ho trovati seguendo il flusso di etere sotto di noi. Trovare tua madre qua sotto è tutta un’altra questione".

"Seguitemi", disse la Signora Pashiri, dirigendosi sul lato destro della scala. "E rapidamente; quell’automa verrà presto notato".

"E poi smontato in ogni sua parte, se conosco bene i mercati notturni", aggiunse Chandra, con un sorriso sarcastico verso Nissa.


Ancora una volta, Nissa sentì la testa fluttuare. Il movimento frenetico di Chandra, stimolato dal bisogno disperato di trovare la madre, lasciò Nissa senza fiato. Ogni volta che la Signora Pashiri si fermava per valutare una biforcazione, Chandra camminava avanti e indietro e dalle sue mani uscivano nuvolette di fiamme ogni volta che le stringeva a pugno. Nissa si chiese se li avesse portati in un’inutile rete di tunnel di accesso, costruita per le vecchie centrali energetiche, poiché nulla di quel luogo dava l’idea di una struttura di una prigione. Le persone che avevano l'aspetto di loschi rinnegati connessi al mercato notturno tenevano un occhio su alcuni dei passaggi e venivano facilmente distratti quando Oviya inviava un piccolo animaletto meccanico o un servomeccanismo a brulicare in uno di quei passaggi.

"Questo non può essere il posto giusto", disse. "Sembra troppo semplice. Sono troppo inetti per essere forze segrete addestrate".

Chandra rise. "Non sottovalutare la stupidità umana".

"Sono tesi", aggiunse la Signora Pashiri. "Hanno i nervi a fior di pelle. Per questo, corrono dietro a ogni rumore metallico nell’oscurità".

Entrambe le spiegazioni sembravano verosimili, ma Nissa non ne era convinta. Chiuse gli occhi per un momento e inspirò profondamente, cercando di ritrovare la serenità che aveva provato sul fiume.

Chandra la riportò alla realtà con uno strattone al braccio. "Non è il momento di meditare", le disse.

Nissa aggrottò la fronte. "Anche tu potresti provare con una respirazione profonda", le rispose, più delicatamente possibile.

"Forse più tardi".

"Solo un respiro. Apriti al flusso di energia attraverso il mondo. Senti la sua vastità".

"Ho detto più tardi!". Chandra si incamminò corrucciata nel passaggio.

Nissa si affrettò dietro di lei e la Signora Pashiri le seguì.

"Sei così chiusa, Chandra. È come se tu fossi rannicchiata intorno al tuo dolore e alla tua paura e li tenessi stretti al petto".

Il dolore e la rabbia di Chandra eruppero di nuovo. "Certo che lo sono!", urlò. "Non riesco a rilassarmi, non posso proprio, non finché hanno mia madre!".

"Ma sarebbe più facile per te trovarla...".

Chandra si voltò verso di lei e le fiamme si avvicinarono pericolosamente al volto di Nissa. "Si tratta di mia madre! Per dodici anni ho creduto che fosse morta. Non capisci? Ma tu hai una madre?".

Nissa rimase di stucco. Qualcosa l’aveva afferrata al petto e stava stringendo, rimuovendo l’aria dai suoi polmoni.

La rabbia improvvisa di Chandra sembrò diminuire, vedendo l’effetto delle sue parole. "Mi spiace...".

"Hai visto Bala Ged", rispose Nissa, "quando eri su Zendikar?".

Chandra scosse la testa e sbatté le palpebre.

"Era la dimora dei Joraga, il mio popolo. Quando Ulamog... è fuggito dalla sua prigione, è stato il primo luogo che ha distrutto". Deglutì con difficoltà. "Polvere".

"Allora... i tuoi genitori...?".

"Non sono morti... o questo è ciò che ci insegnano gli anziani. Gli spiriti dei nostri progenitori vivono tra di noi. Io credo che stiano aiutando coloro che stanno cercando di ricostruire...". La voce di Nissa cambiò tono. L’ultima volta che aveva visto sua madre era stato prima del risveglio di Ulamog. Sapeva che alcuni Joraga erano sopravvissuti, ma lei non era mai andata alla ricerca di sua madre.

Prima di comprendere ciò che stava accadendo, Chandra la strinse in un abbraccio, bloccandole le braccia lungo i fianchi. Stranamente, la pressione nel petto sembrò diminuire.


La Signora Pashiri si ritrovò a un incrocio a quattro vie, con tunnel identici, da qualche parte nel profondo del labirinto sotto il mercato notturno di Gonti.

"So che non può essere da quella parte", disse indicando alla propria destra. "E non dalla parte da cui stiamo arrivando". Indicò dietro di sé con il pollice. "Ma potrebbe essere una qualsiasi di queste".

"Che cosa stiamo cercando?", chiese Chandra. "Questi tunnel vanno da qualche parte?".

"Se non ci fosse nulla", rispose la Signora Pashiri, "quale sarebbe lo scopo di sorvegliarli? Ho cercato di determinare dove stessimo andando osservando quali tunnel ritengono importanti da essere sorvegliati. Ma penso che ci stiamo solo muovendo in cerchio. Non riesco a trovare una via verso il centro".

Scatenando un’esplosione di fiamme lungo il tunnel sulla destra, Chandra ruggì, "No!". I ruggiti gemelli delle fiamme e della sua voce riecheggiarono negli stretti passaggi. "Ci stai facendo girare in cerchio, mentre loro tengono prigioniera mia madre?". Si voltò e afferrò di nuovo le spalle di Nissa. "Nissa! Pensaci tu. Trova il flusso di etere o qualsiasi cosa. Trovala!".

"Ci provo", rispose Nissa, sussultando per il calore delle mani di Chandra su di lei. "Quaggiù è... diverso".

Chandra si allontanò per lasciarle spazio.

Nissa era al centro dell’incrocio e cercò di ascoltare... di sentire... di inserire se stessa nel soffio dell’aria che le scorreva intorno, nella terra sotto, sopra e intorno a lei, nel flusso di etere, nelle leyline e nella magia che pervadeva il tutto. Ma non vi era alcun movimento d’aria e i più minuscoli granelli di etere rimanevano immobili e la terra rifiutava di rivelare i suoi segreti.

"Tubazioni", disse Chandra all’improvviso. "Hanno bisogno di etere raffinato nel loro piccolo e segreto nascondiglio o prigione o qualsiasi cosa si trovi qua sotto. Ci sono delle tubazioni?".

"Sì", rispose Nissa, concentrando la sua attenzione sul caratteristico etere raffinato, trovando un flusso concentrato proprio sopra i tunnel. "Da quella parte", disse indicando nella direzione del flusso... verso il passaggio a sinistra.

Chandra andò subito verso il passaggio, lasciando Nissa e la Signora Pashiri dietro di sé, finché non la raggiunsero all’incrocio successivo... Aspetta.

"Chandra, torna qui!", la chiamò Nissa. La tubazione aveva cambiato percorso, con un’improvvisa svolta a destra, ma non vi era alcun tunnel che ne seguiva il corso. Solo la nuda parete di roccia...

"Sì", disse a voce alta. Le pareti del tunnel erano in pietra, decorate son le intricate discese e spirali che caratterizzavano l'architettura che aveva visto in città. Colonne... probabilmente solo decorative, non portanti... emergevano dalle pareti come bassorilievi a intervalli regolari lungo il tunnel, con la filigrana vorticante che si estendeva da ognuna e la collegava alla successiva, formando archi decorativi sulla pietra sottostante.

Era una coincidenza che la tubazione deviasse proprio sopra uno di quegli archi?

"Che cosa c’è?", chiese Chandra. Era tornata indietro, fino a dove si erano fermate Nissa e la Signora Pashiri, ritrovandosi contemporaneamente a tamburellare con le dita e a battere i piedi... creando un ritmo interessante, notò Nissa, forse inconsapevolmente.

"Potrebbe esserci una porta nascosta?", disse Nissa, indicando la parete.

Chandra fece un passo avanti e premette i palmi contro la parete... cadendo in avanti, scomparendo attraverso la pietra, come se fosse una barriera d’acqua. O un’illusione.

La sua testa spuntò dalla parete, dando la raccapricciante impressione di una testa appesa alla parete come un trofeo.

"Nessuna porta nascosta", disse. "Ma neanche una parete. Andiamo!".


La rete di tunnel era completamente diversa. Invece di tunnel di accesso apparentemente abbandonati, si ritrovarono in passaggi puliti, mantenuti e ben illuminati, di più recente costruzione. Lungo le pareti delle sale si trovavano porte, la maggior parte delle quali accostate, che rivelavano quelli che sembravano offici di burocrati... sinistramente simili all’ufficio pieno di carte di Jace su Ravnica.

Chi potrebbe lavorare in un ufficio in questo posto? si chiese Nissa.

Non ebbero dubbi sul fatto di essere nella direzione giusta e Nissa si aspettava che, da un momento all’altro, avrebbero trovato una prigione piena di sentinelle furenti. Non sarebbero potuti tornare indietro. Li guidò attraverso ogni incrocio, seguendo il percorso delle tubazioni di etere. Giunsero in fretta a una giunzione, in cui un tubo di etere scendeva dal soffitto, percorreva un tratto curvo lungo il lato del passaggio e svaniva sotto i loro piedi.

"Dobbiamo essere vicini", disse Nissa. "Le altre tubazioni convergono proprio in questa zona... tutto intorno a noi".

"Oh, Nissa?", disse Chandra.

Nissa alzò lo sguardo e vide delle figure in armatura che si avvicinavano a loro da ogni lato, con il bagliore blu delle tubazioni di etere che brillava sulle loro armature in metallo e sulle lame sguainate.

Illustrazione di Victor Adame Minguez
Illustrazione di Victor Adame Minguez

Una delle figure alzò un braccio e si coprì il volto con una maschera di filigrana. Nissa vide i suoi occhi, di un colore blu incandescente, come finestre in una qualche eternità colma di luce. Erano circondate da pelle piena di cicatrici, che sembravano anch’esse di colore blu, in quello strano bagliore.

Chandra si circondò di fiamme crescenti e una tempesta di fuoco riempì il tunnel verso l’uomo con le cicatrici... creando una chiara immagine di come potrebbe averle ricevute. Ma, al contatto, le fiamme svanirono e Nissa vide le ultime lingue di fuoco che venivano risucchiate nella mano dell’uomo... presumibilmente ingoiate da un qualche dispositivo alimentato dall’etere sul suo braccio.

"Non questa volta, piromante", le disse. Si avvicinò alla parete, manipolò qualcosa e, appena Chandra si accinse a caricarlo, andò a sbattere contro un muro che si sollevò dal pavimento.

Intrappolata! Nissa udì il proprio battito.

Pareti simili li circondarono da ogni lato, formando una minuscola camera che sembrava fermamente sigillata. Un lato aveva quella che sembrava essere una porta, compreso uno spesso pannello in vetro... circondato, ovviamente, da filigrana decorata.

Anche la morte deve essere elegante qui. Lo strano pensiero guizzò nella mente di Nissa.

Chandra batté il pugno contro la porta, generando un’esplosione di fiamme arancioni, che vennero istantaneamente trasformate in brillanti e inoffensive scintille blu. Premette il volto sul vetro e urlò "Baral!".

Allora questo è Baral, pensò Nissa.

Fece un passo indietro dalla sorpresa quando il volto dell’uomo apparve dall’altro lato della finestra. Nissa poteva vedere chiaramente le sue cicatrici... metà del naso, una guancia e la fronte erano ricoperte dalle caratteristiche cicatrici delle ustioni profonde. Il disprezzo incurvò il suo sopracciglio e contorse la bocca.

"Piromante". Pronunciò quella parola con astio, appena udibile attraverso la spessa porta. "Baan ha detto che eri tornata. Non potevo crederci. Non so come tu sia riuscita a sfuggirmi l’ultima volta o dove tu ti sia nascosta in tutti questi anni, ma non capiterà più".

Chandra si scagliò di nuovo contro la porta, battendo forte sul vetro con entrambi i pugni avvolti dalle fiamme e producendo altre scintille blu... una qualche forma di contromagia, ritenne Nissa. "Ti ucciderò!", urlò Chandra. "Bastardo!".

Baral non si fece impressionare dalla sua reazione. "Sei patetica, piccola Nalaar. Un patetico scherzo della natura".

Nissa dubitò che Baral se ne fosse accorto, ma lei lo vide... le sue parole avevano colpito Chandra, in un qualche doloroso punto della sua infanzia. Si avvicinò per dare supporto a Chandra e osservò Baral con intensità.

"Ho vinto su di te quando ero ancora una ragazzina!", gridò Chandra. "Aspetta di vedere ciò che sono in grado di fare ora!".

"Brucia quanto vuoi. Morirai più velocemente, se consumi tutta l’aria. Vale anche per i tuoi amici".

Chandra spalancò gli occhi e osservò impotente Nissa. Il suo dolore e la sua rabbia erano così impetuosi, così caldi, che una parte di Nissa avrebbe voluto allontanarsi, ma le avvicinò una mano e ne appoggiò il palmo sulla schiena di Chandra... proprio come aveva fatto la Signora Pashiri.

Un canale si aprì tra loro e Nissa sentì il fuoco di Chandra crescere nel profondo della sua anima. Allontanò la mano e fece un passo indietro.

"Rapidamente o lentamente", continuò Baral, "morirete qui. Ho atteso questo momento a lungo, piromante". Si voltò, mise la maschera al proprio posto e si allontanò dalla direzione da cui era giunto.

"Aspetta!", urlò Chandra. "Mia madre. Lasciala libera. Il tuo rancore è solo nei miei confronti. Nissa, la Signora Pashiri, puoi lasciarle libere. Uccidi me, solo me".

Baral non si volto e la sua voce fu appena percettibile. "No".

Chandra ruggì, tutte parole bandite dalla sua mente, e un’ondata di fuoco eruppe dal suo corpo e si scontrò con la porta. Come il mare che si infrangeva contro il grande argine di Portale Marino, generò un’enorme quantità di scintille blu e poi ritornò verso di lei.

Chandra in Fiamme | Illustrazione di Steve Argyle

Nissa si allontanò e lanciò il suo mantello sulla Signora Pashiri, cercando il più possibile di fare scudo sulla donna anziana con il proprio corpo. Il calore la investì sulla schiena e la scagliò a terra, ma svanì in un istante. Rotolò sulla schiena per estinguere le eventuali fiamme sul mantello, poi si mise a sedere.

La Signora Pashiri appariva illesa. Chandra era in ginocchio, con le spalle ricurve e la testa ciondolante, senza alcuna fiamma.

Tocca a me, pensò Nissa.

Superò Chandra e appoggiò le mani sulla porta. Sigillata... lo notò subito. E non bloccava solo la magia delle fiamme di Chandra; era un contorto incantesimo di contromagia, che apparentemente permeava tutta la porta.

Non la porta, quindi.

Si mise su un ginocchio e appoggiò una mano sul terreno, espandendo la propria consapevolezza, alla ricerca di radici e filamenti che avrebbero potuto rispondere alla sua chiamata e attraversare il pavimento. Il più piccolo germoglio, con il tempo, sarebbe riuscito a frantumare il cemento... e, sotto la sua guida, il tempo richiesto affinché una pianta scardinasse la porta sarebbe stato minimo.

"Che cos’è questo odore?", chiese la Signora Pashiri.

Chandra le appoggiò una mano sulla spalla. "Nissa, guarda".

Nissa si voltò e il suo sguardo seguì il dito di Chandra fino in cima alla parete. Una minuscola grata, una delle tante posizionate equidistanti nella stanza, stava emettendo piccole cascate di vapore verdastro che svaniva alla vista appena si disperdeva. Ne poteva sentire anche lei l’odore... aspro e nauseante, un odore chimico completamente innaturale. "Veleno", disse. "Sta cercando di soffocarci più velocemente".

Chandra si accasciò di nuovo a terra, portandosi le ginocchia al petto.

"Va tutto bene", le disse Nissa, tornando alla propria posizione accovacciata vicino alla porta. "Porterò fuori tutti noi...".

Ma non stava funzionando. Il pavimento era permeato della stessa magia smorzante che si trovava nella porta e nelle pareti. Non riusciva a estendere i suoi sensi e a chiamare la terra. Nulla di vivente si trovava alla sua portata.

Sentì di nuovo quella morsa al petto. Essere finita nella trappola di un cacciatore, come un animale, era una situazione sufficientemente negativa. Ma solo un’altra volta si era sentita così completamente sola, così tagliata fuori dalla vita e dall’anima del mondo intorno a lei: quando il demone Ob Nixilis aveva interrotto le leyline su Zendikar e le aveva strappato Ashaya.

Si sedette, appoggiò la schiena sulla porta e inspirò, cercando di rallentare il suo battito impazzito.

"Respirare sta diventando più difficile", disse sommessamente Chandra.

Nissa incrociò il suo sguardo. "Non so che cosa fare", disse.

"Jace avrebbe un piano". Chandra cercò di abbozzare un sorriso, che morì sulle sue labbra.

"Quel... Baral? Ha preparato delle trappole notevoli per noi. Che annullano le nostre magie e ce le ritorcono contro...".

"Ha costruito la sua carriera grazie a persecuzioni contro persone come Chandra", disse la Signora Pashiri. "È quindi ragionevole che abbia messo trappole nella sua tana per proteggersi dalle vendette".

"Probabilmente Gideon abbatterebbe la porta", disse Chandra. "Io mi arrenderei ancor prima che lui ci riuscisse".

Nissa scosse la testa. "Sono completamente sconnessa, Chandra. Non riesco neanche a raggiungere le piante più vicine. Non posso evocare alcun elementale. Non so che cosa fare".

"Forse Liliana verrà a salvarci. Come ha fatto su Innistrad".

La disperazione di Chandra era così visibile sul suo volto che Nissa avrebbe voluto abbracciarla e stringerla a sé. Anche se ciò avrebbe portato a essere investita dalle fiamme del tormento di Chandra, anche se avrebbe portato a finire in fiamme...

Certo.

"Aiutami a provare una cosa", disse, alzandosi in piedi e tendendo una mano a Chandra.

Chandra afferrò la mano e il sangue di Nissa si riscaldò. Invece di chiudere gli argini, accettò che il fuoco scorresse dentro di lei. Lo percepì, intenso... tutta la rabbia, la disperazione, il subbuglio della ricerca della madre e il terrore di perderla di nuovo... e un minuscolo frammento di speranza. Scavò profondamente dentro se stessa e trovò qualcosa da offrire in cambio: un profondo respiro di serenità, apertura, assaggio dell’anima di questo piano. Chandra spalancò gli occhi.

"Lascia che io alimenti il tuo fuoco", disse Nissa. "Forse insieme riusciremo a superare la contromagia di Baral".

Il volto di Chandra si ravvivò. "Sì, proviamo!", rispose. "Quella connessione...".

"Una fiamma concentrata", disse Nissa. "Non un’altra ondata di fiamme... è troppo pericolosa. Piccola, ma più calda possibile, proprio sul lato della porta. Forse riusciremo a sciogliere i cardini".

"Facciamolo! Alimentami!".

L’eccitazione di Chandra era palpabile, come le altre sue emozioni. Nissa fece un respiro profondo, attingendo il mana dal terreno vivente intorno a sé. Funzionò, alla fine... non riuscì a estendere la sua magia all’esterno, ma almeno riuscì nella sua magia all’interno.

I suoi polmoni iniziarono a pizzicare. Il veleno. Tossì, allentando la presa sul mana che stava manipolando. "Vai", ansimò.

Chandra cercò di inspirare in modo simile, mettendosi in un tentativo impacciato di mettersi in una posizione che aveva probabilmente appreso dai monaci di Regatha. Cara Chandra, pensò Nissa. La concentrazione non è affatto una tua qualità.

Poi, una fiamma simile a un pugnale apparve nella mano di Chandra, piccola e controllata. Nissa iniziò a incanalare il mana verso Chandra e la lama splendette più intensa e calda, fino a diventare di un bianco accecante. Con un ghigno, Chandra mosse la lama verso la loro prigione, cercando di conficcarla nella struttura intorno alla porta.

Granelli blu rimbalzarono verso Chandra, come le scintille di un saldatore, e sembrò che Chandra stesse tendendo ogni muscolo per mantenere la lama accesa e per spingerla dentro la struttura.

Per un breve momento, sembrò che stesse funzionando... il braccio di Chandra riuscì ad avanzare... ma poi una luce blu e bianca avvampò con uno schiocco simile a quello di una frusta e Chandra barcollò all’indietro, finendo tra le braccia di Nissa, e spense le ultime fiamme nella sua mano.

"Accidenti!", urlò. “Che tu sia dannato, Baral! Che tu sia dannato, Consolato! Che tu sia dannato, Kaladesh! Perché mai sono tornata qui? Accidenti-accidenti-accidenti-accidenti!". Sottolineò ogni imprecazione battendo il pugno contro la porta e creando un piccolo spruzzo di scintille blu ogni volta.

Si voltò e si accasciò di nuovo a terra, guardando verso Nissa, e la sua rabbia si trasformò in tristezza.

"Come è potuto andare tutto così storto?", disse.

"Perché sei venuta qui?", chiese Nissa. "Che cosa credevi di trovare?".

"Dolore. Non lo so. Liliana ha detto... non lo so". Si morse il labbro per un momento. "Perché ti sei unita ai Guardiani, Nissa?".

"Che cosa?".

"Tu sei così connessa a Zendikar, vero? Perché lo hai lasciato? Perché sei venuta con noi umani e hai iniziato a occuparti di tutti i nostri problemi?".

"Insieme siamo più forti", rispose Nissa. "Possiamo usare la nostra forza per aiutare altri mondi, nello stesso modo in cui abbiamo aiutato Zendikar. Non voglio vedere un altro piano soffrire come è capitato a Zendikar".

"Più forti insieme. Questo è ciò che ha detto Liliana, vero? Non penso che sia questo".

"Che cosa vuoi dire?".

Lo sguardo di Chandra rimase sulla Signora Pashiri, che era seduta contro la parete opposta e conservava le forze. "Siamo Planeswalker, vero? E ciò significa che è così facile sentirsi soli... estranei, come hai detto tu un giorno. Porta sempre ad abbandonare le nostre famiglie. Abbandonare le persone a cui vogliamo bene. Ho trovato mia madre e la Signora Pashiri, ma non penso che potrei rimanere su Kaladesh per sempre. Siamo Planeswalker... ed essere i Guardiani vuol dire che non siamo più soli".

Nissa sbatté le palpebre. "Far parte di qualcosa più grande di noi...".

"No. Semplicemente far parte di qualcosa. Insieme. Avere una famiglia, indipendentemente dal piano su cui ci troviamo". Sorrise debolmente. "Avere amici".

Nissa cercò di ricordare l’ultima persona che aveva chiamato amico. Non Ashaya, l’anima di Zendikar, bensì una persona.

Mazik? Prima di lasciare Zendikar, prima di...

Chandra era di nuovo in piedi, davanti a lei. "Non è solo una questione di salvare il multiverso. Si tratta di salvarci a vicenda. Di aiutarci a vicenda. Come hai fatto tu, che sei venuta qui... per me. Per aiutarmi a trovare mia madre".

"Non avevo davvero...".

Chandra le mise una mano sulla spalla. "Questo è molto importante per me, Nissa. Grazie".

Mentre Nissa cercava di trovare una qualche risposta, Chandra la superò e si inginocchiò di fianco alla Signora Pashiri.

"Come state, Signora Pashiri?".

"Sto bene, figliola".

"Non avete un bell’aspetto". Spostò lo sguardo verso Nissa, con la fronte che traspariva preoccupazione. "Dovresti andare".

"Che cosa?".

"Siamo Planeswalker. Dovresti andartene".

"E tu?".

Chandra sorrise e le lacrime si formarono nei suoi occhi, poi scosse la testa. "Io rimarrò qui con la Signora Pashiri. Penso che mia madre avrebbe voluto così".

"Sciocchezze, figliola", rispose la Signora Pashiri. "Se esiste un modo per uscire, anche se non vi permette di portarmi con te, dovete andare".

"No. Non posso lasciarti morire qui, da sola".

La Signora Pashiri prese entrambe le mani di Chandra tra le sue. "Vai, Chandra. Vai! Io ho vissuto una vita lunga, piena e fantastica. Il mio compagno ha lasciato questo mondo anni fa. Sono pronta".

Chandra continuò a scuotere la testa. Tenendo le mani della Signora Pashiri, si sedette di fianco a lei.

"Chandra, devi trovare tua... tua madre", disse Nissa. "Salvarla. Rimarrò io con la Signora Pashiri".

Chandra sorrise e scosse la testa. "Sei una buona amica, Nissa".

Non ha alcun senso, pensò Nissa. Siamo Planeswalker. Facciamo parte dei Guardiani. Abbiamo promesso di proteggere il multiverso... possiamo fare del bene per molte persone.

Ma io voglio solo rimanere qui.

Si sedette di fianco a Chandra e alla Signora Pashiri.

Con la mia... la mia amica.


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