Il racconto precedente: Un Consolato riconoscente

Nel tentativo di sedare una rivolta dei rinnegati, il Consolato di Ghirapur ha confiscato con la forza tutti i dispositivi degli inventori della città che non erano stati approvati. L’accesso alle fonti di energia è stato drasticamente ridotto ed è stato introdotto un coprifuoco obbligatorio.

Yahenni, un eteride filantropo ed esponente dell’alta società, si trova a pochi minuti dalla morte. Alla ricerca disperata di compagnia nel momento dell’addio, Yahenni barcolla tra le strade abbandonate dopo l’ora del coprifuoco alla ricerca di ciò che è considerato garantito a ogni eteride: una festa appena prima della morte.


I

Art by Jonas De Ro
Illustrazione di Jonas De Ro

Ho bisogno che qualcuno sia con me nel momento in cui morirò. Ho bisogno che una mano sorregga ciò che rimane della mia spalla. Ho bisogno di qualcuno che sia testimone della mia esistenza. Una voce rassicurante che mi sussurri "Sei al sicuro. Va tutto bene, Yahenni, lasciati andare quando ti senti pronto". Ho bisogno di qualcuno. Chiunque.

Devo trovare qualcuno prima della mia morte.

Sono l’unica persona che striscia sotto le gronde di Saldapoli, nell’oscurità. La strada principale è deserta e i banconi sono chiusi e abbandonati. Non vedo luci che mi tengono compagnia, a parte quelle emesse dal mio corpo. Nessun inventore (Decreto di emergenza 89-A), niente etere (Decreto di emergenza 89-B) e io mi ritrovo come un bandar ubriaco alla vana ricerca di qualcuno con cui festeggiare il momento della mia morte. Sono rimasto confinato nel mio attico troppo a lungo e, con il decreto di emergenza 89-C attivo, nessuno sarebbe venuto da me.

Percepisco solo un altro essere in questa strada: un gremlin affamato si nasconde sotto un veicolo da pattuglia parcheggiato alla mia sinistra, con le pupille dilatate nella notte e il ventre tormentato dalla fame. Mi ha seguito per venti minuti. Distolgo lo sguardo. Abbiamo entrambi addosso l’aroma della morte.

Ogni eteride merita la sua penultima festa, ma nessuno festeggia nulla in questo periodo.

Ho sentito il dorso della mia mano sinistra dissolversi in una nuvoletta di etere. È una liberazione che mi calma e riduce la tensione. Anche il resto del mio corpo brama di dissolversi. Sarebbe così facile.

Inciampo su un pezzo di un servomeccanismo schiacciato. Una parte del mio piede rimane indietro. Sento il gremlin che mi pedina muoversi freneticamente verso il mio piede e banchettare con quella misera parte di me che è rimasta sulla carcassa del servomeccanismo. Esiste un’espressione di avvertimento tra gli eteridi: i gremlin non fanno male, ma attendono fiduciosi.

Continuo a barcollare. Mi rimangono quindici minuti.

Mi chiedo che cosa fossi prima di vivere. Ho trascorso la mia eternità fluttuando nel Flusso? Alimentavo le città? Nutrivo i gremlin? Quale eternità mondana mi attende dopo la morte...

Realizzo all’improvviso. Come un treno che si arresta con uno schianto silenzioso.

Morirò da solo.

Il panico mi fa avanzare più velocemente. Non ho idea di dove io stia andando. Se aumento i miei sensi (che, stranamente, non sono mai stati così acuti... devo ringraziare la necrosi!), posso percepire le persone nascoste negli appartamenti. Sono tutti rattristati e a disagio. Sparsi e isolati. Quello che un tempo era il miglior distretto notturno della città è ora sprangato, chiuso, barricato in seguito al coprifuoco attivo in tutta la città. L’unico suono in queste strade è il rumore dei miei passi con i quali barcollo alla ricerca di un qualche segno di persone riunite. Nessun coprifuoco mi impedirà di ottenere ciò che merito. Mi sono guadagnato un festeggiamento finale e lo troverò a tutti i costi.

Mi volto e osservo il gremlin dietro di me. Ha un volto affamato. Il panico inizia a penetrare dentro di me.

Sta per accadere. Morirò da solo.

Morirò da solo.

Morirò da solo.

Appoggio la mia mano completa su un edificio per mantenere l’equilibrio e inizio a muovermi più rapidamente. La mia pelle mi contiene appena... sono tenuto insieme da deboli fili di fumo e cenere che si sta sgretolando. Mi fermo e acuisco i sensi. In lontananza sento l’aroma bagnato della disperazione, con il gusto metallico della determinazione, quel resiliente tamarindo...

Aspetta! Riconosco quel tamarindo!

Barcollo verso quel profumo empatico. Si trova solo a pochi isolati.


II

Con il passare del tempo, ho acquisito una consapevolezza sempre maggiore di quanto mi rimanesse da vivere. Immagino che sia la stessa sensazione che comunica agli uomini in carne e ossa quando devono mangiare o se sono malati o quando devono andare in bagno. Quando avevo solo poche settimane, ero conscio di avere circa quattro anni a disposizione. Dopo un anno, sapevo di avere circa tre anni e un mese rimasti. Poco tempo fa, sapevo di avere esattamente ventidue giorni. Ora so di avere ancora dodici minuti. Lo so con certezza ed è terrificante.

Il profumo del tamarindo diventa più forte. Di fronte a me vedo le pareti del museo delle invenzioni. Nelle ultime settimane è stato ricoperto da decine di vessilli del Consolato, ma proprio sul lato frontale dell’edificio si trova una parte in cui i vessilli sono stati strappati. In quella parte c’è... qualcosa. Mi avvicino e, attraverso l’oscurità, intravedo la vernice fresca che scintilla alla luce delle stelle.

Spontaneous Artist
Artista Spontanea | Illustrazione di Viktor Titov

Riconosco il simbolo dei rinnegati... il simbolo del Consolato capovolto con delle aggiunte sul fondo. Lo chiamano la guglia stillante. Un simbolo di speranza che l’etere venga restituito al popolo.

Dall’altro lato della strada distinguo una figura umana che sta terminando i graffiti.

Il mio cuore si riscalda... conosco quella persona! È Nived, il mio capo sala preferito!

Ahhh, Nived! Che persona! Non lo vedo dalla mia festa prima della fiera degli inventori! Buffet stravaganti, pasti preparati in modo intimo... non esiste nulla che Nived non riesca a cucinare. Lo avevo prenotato per la mia penultima festa...

Un’ondata di tristezza mi investe. A causa della situazione attuale, avevo dovuto annullare la mia penultima festa. Avevo dovuto annullare la mia penultima festa.

"Nived!" Urlo a bassa voce. Nived sobbalza e guarda verso di me con occhi spalancati. Il suo volto è dipinto e a un polso indossa un meccanismo simile a una mannaia. Sono molto contento. Il mio amico, un teppista!

Avvicina un dito alle labbra. Shh. Agitati più tardi. Ansimo e mi avvicino barcollando. Ancora sette minuti. Le mie gambe cedono mentre sto per raggiungere Nived. La mia voce è flebile. Parlare è difficile, ma questa volta è importante. Potrebbe essere l’ultimo essere vivente che incontro, l’ultima mia possibilità.

"Yahenni? Sei tu?", mi chiede mentre mette rapidamente via le sue vernici. Si inginocchia a terra, verso di me.

"Come sono ridotto", scherzo in modo patetico. "Sono contento di vederti intento a svolgere il tuo dovere per la cittadinanza".

"Il tuo corpo, che cosa...".

"Non ho molto tempo. Nived... Volevo chiederti di perdonarmi, caro".

"Per cosa ti devo perdonare?!".

Vengo investito da un’altra ondata di tormento. Mi rimane così poco tempo. Devo scegliere le parole con cura. Appoggio la mia mano su una spalla di Nived.

"Mi dispiace... ho dovuto annullare... meno di un giorno prima della mia festa programmata...".

"... stai scherzando?".

Il mio corpo trema per la debolezza e la rabbia. "Sto morendo! Non sto scherzando!".

"Ma non ha senso...".

"Per me è importante rispettare gli accordi".

Vengo investito dal fetore dell’empatia.

"NON VI MUOVETE!", urla una voce autoritaria da dietro un angolo.

Come ho fatto a non percepirli?! Un imponente esecutore del Consolato ("Onore” del cavolo!) spunta da dietro l’angolo del museo, insieme al suo automa. I suoi occhi sono fissi su Nived. "Vi dichiaro in arresto per danneggiamenti e atti vandalici!".

Art by Joseph Meehan
Illustrazione di Joseph Meehan

Nived cerca di fuggire, ma l’esecutore lo afferra per le spalle con un dispositivo. Dall’alto, quattro sfere scendono da alcuni binari vicini ed emettono una brillante scintilla di energia blu. Nived urla, si agita e crolla a terra.

"NIVED!".

Emetto un improvviso singhiozzo. Il mio corpo... il corpo di Nived... il mio corpo?... duole in modo pungente e il mio cuore viene riempito da un’aspra paura. Un fumo si solleva dalle vesti bruciacchiate del mio amico. La mia empatia potrebbe uccidermi, penso attraverso la cortina di terrore del mio amico (o del mio?).

Ignorando le mie urla, l’esecutore del Consolato si avvicina e si posiziona sopra il corpo. Percepisco l’esecutore e il suo aroma mentale. La sua presenza mi fa sentire come se mi trovassi di fianco a un profondo crepaccio. Un’improvvisa consapevolezza di assenza. Questo esecutore che si trova sopra il corpo del mio amico (il miglior capo sala di tutta Ghirapur, bastardo) è un pozzo vuoto, colmo solo di un distante aroma di sadismo e di ottone brillante. Sono troppo debole per fuggire e la paura del mio amico sta impregnando i miei sensi.

L’aroma di ottone mi scalda di oscura curiosità. Vorrei riuscire a vomitare. Vorrei riuscire a rimuovere da dentro di me il fetore del cuore di questa persona e sputarlo a terra.

Vedo Nived muoversi leggermente e l’esecutore colpirlo di nuovo con il suo dispositivo.

Tutto ha un aroma di terrore e di morboso piacere e io sono inerme.

Nived cerca di muoversi.

Non c’è nessuno che ci possa aiutare. Siamo soli.

L’esecutore attiva di nuovo il suo dispositivo. La luce intensa del pericoloso etere si incurva verso il corpo del mio amico. Nived è completamente immobile.

"Lasciatelo stare", affermo debolmente.

L’esecutore non si muove. È troppo buio per riuscire a vedere, ma percepisco il suo languido sorriso. Colpiscono di nuovo il corpo senza sensi.

"Fermatevi! Lo ucciderete!".

Mi sollevo con tutte le mie forze e cerco di caricare l’esecutore, ma crollo di nuovo a terra. Sono troppo vicino alla morte (tre minuti). L’esecutore si volta e guarda verso di me. Sono a una spanna da lui, fumante, mi sto sgretolando e sto per svanire.

L’esecutore si inginocchia e ci ritroviamo allo stesso livello. Il bagliore del mio etere in fuga illumina i lineamenti crudeli del suo volto, distorcendo il vuoto sorriso. "Tu sei quel Yahenni... vero? Ho visto la tua faccia in un comunicato stampa". Tremo. "Sto cercando sei individui che supportano la causa dei rinnegati. Una è la figlia della criminale Pia Nalaar".

La mia testa inizia a girare. Ho incontrato questa figlia... Si chiamava Chandra? L’ho vista solo poche settimane fa. Mi chiedo che cosa abbiano fatto lei e Nissa per meritare tutta questa attenzione da parte del Consolato in così poco tempo.

L’esecutore si solleva in tutta la sua altezza e sogghigna, "Se non mi dirai ciò che sai, ucciderò questa feccia". Dà un calcio al corpo immobile di Nived.

Mi stizzisco.

L’esecutore lo colpisce con un altro calcio, "Che valore ha per te un rinnegato privo di sensi, essere debole?".

Con le ultime forze che mi rimangono, mi alzo in piedi. Le mie gambe tremano sull’unico piede che mi rimane e la mia mano destra prude dalla rabbia. Guardo negli occhi l’esecutore del Consolato e sussurro con il mio ultimo respiro...

"Lui è il mio capo sala".

Art by Jason A. Engle
Illustrazione di Jason A. Engle

Senza pianificazione, senza ripensamento, senza considerazione della coscienza nel profondo della mia mente, afferro con la mia mano destra e tiro dal collo dell’esecutore. La luce brillante dell’essenza fluisce dalla sua pelle e penetra nella presa della mia mano.

L’esecutore del Consolato urla e l’euforia che provo viene accompagnata da un’ondata di dolore.

Non riesco a trattenere un urlo, che esplode dentro di me e si unisce al suo. Provo tutte le sensazioni che prova l’esecutore. Sta morendo e sento come se io stessi morendo; è doloroso e triste e mi sento al tempo stesso vittima e carnefice.

Attraverso le urla dell’esecutore ricordo la vendicativa crudeltà che era presente solo pochi istanti prima.

Se voglio sopravvivere, devo farlo.

Dopo sette interminabili secondi, apro la mano e l’esecutore del Consolato crolla a terra. Il corpo senza vita giace di fianco a quello privo di sensi di Nived.

Sento tutto formicolare. Un gorgoglio di terrorizzata ansia dopo il dolore cresce dentro di me. Perché è stato doloroso?! Perché ho sentito tutto ciò che ha sentito questo esecutore mentre moriva?! La prima volta che ho risucchiato l’essenza, ho provato solo il piacere della vita; perché questa volta è stato diverso?

La risposta crea un peso oscuro nella mia mente. La prima volta che ho risucchiato l’essenza di qualcosa non si trattava di una persona. Oggi ho ucciso una persona.

... sono un assassino.

Il pensiero sembra distante. Viene sopraffatto da ciò che è successo al mio corpo. Il mio corpo sembra stranamente... sovraccarico. Gradevolmente pieno. Ho due mani. Ho due piedi. Posso sollevarmi nel pieno della mia altezza. Le parti mancanti sono state riempite e la mia pelle sembra leggermente più completa. La sensazione di urgenza sembra ridotta. Sono... pieno? Credo. Valuto di nuovo il tempo che mi rimane.

Dodici giorni.

Oh.

Pochi minuti sono diventati dodici giorni al costo di una vita. Ho compiuto ciò che è stato necessario per sopravvivere. Ho ucciso per salvare me stesso. È andata così?

Un rumore mi riporta alla realtà. Percepisco persone che si muovono rapidamente verso di noi... la scorta dell’esecutore deve aver udito le urla. Raccolgo il corpo di Nived e lo nascondo al sicuro, dietro un vicino bancone. Coperta dalla barricata, la mia mente passa da un pensiero all’altro.

E se morire non fosse necessario? E se fosse la soluzione di cui avevo disperatamente bisogno? Devo controllarmi. Devo ritrovare la calma, non mi devo preoccupare e devo accettare che, se devo uccidere per sopravvivere, posso scegliere di uccidere i malvagi.

... ma se questa è la mia scelta di vita, allora non merito di vivere.

Mi sfugge un singhiozzo.

Non posso permettermi di essere debole. Non adesso che ho trovato un modo per ingannare l’inevitabilità della morte. Sono stufo di attendere l’arrivo di quel terribile treno che mi porterà via.

Ho ancora dodici giorni! Posso fare molto in dodici giorni!

Ma, se voglio realizzare qualcosa in questi dodici giorni, ho bisogno di trovare le persone al fianco delle quali potrò combattere con orgoglio. Se mi unisco a loro e uccido i malvagi, allora i miei crimini verranno perdonati, vero?

La menzogna mi offre conforto. La mia mente è serena. Devo trovare i rinnegati. Devo trovare la figlia della criminale. Devo trovare l’elfa dagli occhi sconfinati.

Esiste una sola persona in questa città che conosce i nascondigli meglio di me.

Gonti.


III

Dopo aver riportato il corpo privo di sensi di Nived nel mio attico, impiego un’intera ora per evitare gli esecutori, sgattaiolare nei vicoli e scendere le scale per giungere nella residenza privata del famigerato signore del crimine Gonti. Noi eteridi siamo vanitosi per necessità, ma la vanità di Gonti è a un livello superiore.

Grazie alla mia modesta celebrità (se vuoi essere popolare, arricchisciti, dona la maggior parte del tuo denaro a persone dalle storie tristi e poi raccontalo), vengo introdotto senza difficoltà nel suo nascondiglio. La sua residenza è essenzialmente un palazzo camuffato esternamente da magazzino. Gli agenti di sicurezza alla porta annuiscono in risposta alla mia richiesta di parlare con Gonti e mi portano da lui.

Lungo la via non riesco a non rimanere a bocca aperta per l’enorme ricchezza di questo luogo. Normalmente lo definirei appariscente, ma in realtà questo livello di esibizione di denaro merita un certo rispetto. La residenza di Gonti è una meraviglia di opulenza trafugata; filigrana abbagliante e ornamenti indebitamente appropriati. Entro in una vasta sala, alla fine della quale si trova un tavolo per riunioni; tra me e quella sala vi sono un soffice tappeto e dei lussuosi divani. Su quei divani sono accomodati vari giovani rinnegati e alcuni personaggi famosi del crimine. Sorseggiano te e si scambiano segreti, mentre i loro occhi mi seguono nel mio cammino lungo la sala. Un automa offre loro cibo e comodità. Se dovessi pensare a un luogo dove soggiornare dopo il coprifuoco, sarebbe proprio questo.

Vengo accompagnato lungo questa sala, supero gli sparsi farabutti e scansafatiche e attraverso un insieme di porte scintillanti. La sala è dipinta e ha l’aspetto di un paradiso rurale... alberi rigogliosi e rivoli serpeggianti, con il Grande Flusso che scende dal soffitto lungo le pareti. Alloggiamenti per animali si trovano lungo le pareti e contengono un piccolo zoo di animali meccanici. Una volpe meccanica e un cerbiatto di filigrana saltellano in modo giocoso su uno spesso manto. Ugh. Osservo con fastidio quella struttura intenzionalmente eccentrica. Per quanto si tenti, non si può semplicemente ricoprire il cattivo gusto. Attraverso un’altra serie di porte e mi trovo prima davanti uno stupefacente acrobata che si esercita appeso al soffitto e poi una sconfinata serie delle più preziose essenze di etere. Nelle sale collegate si trovano molti armadi con dispositivi scintillanti senza un evidente marchio di produzione di massa. Tutto segreto, tutto trafugato, tutto al sicuro dalle grinfie del Consolato.

Alla fine di questo sontuoso labirinto mi trovo di fronte una porta di vetro satinato. Gli agenti si portano ai lati e mi fanno cenno di entrare. Mentre attraverso la porta, un’esalazione di vapore mi investe e comprendo di essere di fronte a una larga e profonda pozza di acqua calda, un bagno di quella che sembra essenza di etere e gelsomino. Le pareti sono ricoperte di rame e la mia figura viene riflessa infinitamente e in modo indistinto nel bagliore del mio corpo e di quello dell’eteride che si trova seduto nell'acqua davanti a me.

Gonti siede immerso e con il volto coperto da una maschera dorata. Al centro del petto vi è un curioso nodo di metallo.

Art by Vincent Proce
Illustrazione di Vincent Proce

Che strano. Non penso che fosse previsto che io lo vedessi.

La mia mente turbina, mentre Gonti emette un’ondata di empatica sorpresa e si solleva rapidamente. I bagni non sono una novità per il nostro genere... ma sono sicuramente bizzarri in una vasca colma di un bagliore di etere trafugato. Mi chiedo che cosa si provi nel rilassarsi dopo una lunga giornata di lavoro in una vasca piena della sostanza di cui si è composti. Deve avere la temporanea ma favolosa sensazione di una dose di essenza di etere... ma per l’intero corpo. Non sorprende che Gonti sia così ricco. Devono essere necessari molti finanziamenti del sindacato del crimine per potersi permettere questo lusso.

Mentre rifletto, Gonti si copre con vesti nere dall’aspetto splendidamente leggero.

Mi immagino che le conversazioni tra eteridi in salute appaiano veloci in base alle abitudini degli esseri organici. Un’innata capacità di comprensione empatica porta a conversazioni più incentrate sui motivi delle sensazioni rispetto alle sensazioni stesse. Viene perso poco tempo e il linguaggio utilizzato non è affatto poetico. La poesia è per le persone che hanno bisogno di spiegare ciò che non riescono a dire.

Gonti raddrizza le proprie vesti e inclina il capo.

"Hai l’aroma della colpevolezza. Si sente".

Accidenti. Pensavo di essere in grado di nasconderlo. Penso sia meglio mettere in mostra le carte. "Il Consolato mi ha spinto al limite, caro, e questo è il risultato".

Gonti mi guida in quella che sembra una più privata versione della sala con tappeti e divani in cui ero passato precedentemente. Lo analizzo mentre osserva il mio stato emotivo. Sta guardando con attenzione il mio aspetto di curiosità e valutando se chiedere di più. Dopo un istante, sento che Gonti diventa più altezzoso. "Se sei alla ricerca di protezione, non posso offrirtela. Ho già troppe futilità e sciocchezze che mi fanno sprecare tempo".

"Sono alla ricerca di qualcosa che aiuterebbe entrambi", dico con una manifestazione di onestà.

Gonti risulta intrigato. Attraversa la sala e giunge di fianco a un divano che si trova davanti a una splendida statua. L’opera d’arte sul piedistallo sembra essere composta dal cielo stesso. Non voglio saperne il valore. Si siede in modo leggiadro su un divano davanti a quell’imponente oggetto.

In superficie, il profumo di Gonti rivela impazienza e un leggero fastidio, che però nasconde un aroma di disperazione. Un’aspra ansia. L’aroma termina con un accenno di terrore.

Anche il suo giorno deve essere prossimo. Mi chiedo come funzioni quello splendente nuovo cuore.

Cerco di trasmettere gentilezza. Un sapore forte di malizioso coriandolo.

"Sei alla ricerca di una ribellione?", chiede Gonti.

"Sono alla ricerca delle umane Chandra e Pia Nalaar".

Alcuni eteridi hanno il dono della menzogna. Sento che Gonti infonde la propria aura di uno strato di erbosa ambivalenza, per impedire una lettura emotiva. Non si fida di me. Rispondo con una brezza di spirito di squadra e viole, "Se le aiutiamo, otteniamo anche noi dei vantaggi. Inoltre...".

Mi avvicino e parlo a bassa voce, in modo che le persone all’esterno non ci possano udire.

"Se mi dici dove si nascondono, manterrò il segreto del tuo cuore artificiale. Non vorrei che il Consolato lo confiscasse".

L’erbosa ambivalenza evapora in uno spaventato e acido profumo di pepe e una distante delusione per le sciocche guardie.

Trasmetto una forte fiducia, con un tocco di gelosia. Gonti risponde annuendo e con un profumo di dhal di orgoglio.

Quella gelosia che trasmetto può coprire il mio segreto. Sento che Gonti sta ora valutando quanta pelle ho in più rispetto a quella che avevo l’ultima volta che mi aveva visto nei comunicati stampa. Ha un improvviso momento di sorpresa alla realizzazione di ciò che sono in grado di fare.

"I risucchiatori di essenza sono rari", risponde Gonti, "Ne ho avuti solo due al mio servizio. Come lo hai scoperto?".

"Da solo. Non tutti noi siamo così fortunati da aver potuto costruire il proprio cuore".

Non mi interessa se si accorge della mia menzogna. Avevo solo quattro settimane di vita. Un amico nano aveva portato una iena a una festa... Ho carezzato la creatura ed è accaduto (è stato un incidente. Davvero. Depala ha compreso e mi ha perdonato).

"Non pensare a quello, Yahenni. Che sensazione dà mentre lo fai?".

La domanda mi blocca. Dopo la situazione con l’esecutore, riconosco che quella con il cucciolo di Depala è stata un’anomalia. È stato molto diverso rispetto a uccidere una persona. Per prima cosa, posso percepire la loro morte. Ma provo anche la sensazione di quando presento uno nuovo alla persona che cambierà la sua vita. È come quando i miei amici danzano sotto le stelle per ore. È come quando un mio socio conclude un affare, come l’euforia del profumo di rosa e il confortante bagliore di cannella di un giovane ricercatore che riceve un finanziamento da me. È come il colpo di fulmine tra due futuri amanti che si guardano l’un l’altro in una stanza affollata.

È un insieme di queste situazioni... ed è anche un’ineguagliabile sofferenza. È come il trauma della nascita. È come l’urlo di Depala mentre uccido per errore il suo amato cucciolo. È come la mia organizzazione che perde in una notte più denaro di quanto la maggior parte delle persone riesca a vedere in una vita intera. È come vivere con empatia la depressione di un vicino attraverso le mura delle nostre dimore. È come l’afflizione di essere giovane e non comprendere perché Farhal, Vedi, Dhriti, Najm, tutta la mia famiglia di eteridi continuava a morire...

I miei due secondi di riflessione vengono interrotti da una risata. "Non mi stupisce che tu abbia il fetore della colpevolezza", strilla Gonti.

"La mia vita interiore non è affar tuo".

Ricevo un’ondata di divertimento. Miele e anacardo... quanto mi ritiene pittoresco.

"Se pensi di riuscire a uccidere di nuovo, potresti essere utile alla nostra città. Con il coprifuoco in atto e le limitazioni imposte sull’etere, i miei dipendenti sono in difficoltà nel continuare a svolgere le loro attività. Noi ci innoviamo, ovviamente, ma è sempre vero che il coprifuoco obbligatorio del Consolato e la confisca delle nostre proprietà siano una maledizione per la nostra città. Ghirapur ha bisogno che i rinnegati compiano una mossa tutti insieme. Ti rivelerò dove si trova Nalaar e tu avviserai lei e i suoi rinnegati del fatto che sto inviando il Consolato verso il loro nascondiglio".

Mi raddrizzo. "Perché?!...".

Percepisco un profumo di agar dominante e offeso, "Hanno bisogno di essere spinti ad agire. Avvisali che saranno obbligati a compiere una mossa contro il Consolato. Se attaccheranno per primi, il numero dei miei combattenti che morirà sarà inferiore".

Arretro con silenziosa accettazione. Non si diventa signori del crimine se non si è maestri delle negoziazioni.

"Troverai la giovane Nalaar e i suoi compagni in un rifugio all’interno del giardino delle statue. Riferisci loro che quel luogo non è sicuro. Spaventali in modo che agiscano. Ora sei un mostro, quindi spaventare le persone non dovrebbe risultare difficile. Fai in modo da non risucchiare anche loro, Yahenni".

Tutta la nostra conversazione è durata due minuti.


Art by Kirsten Zirngibl
Illustrazione di Kirsten Zirngibl

IV

Il giorno seguente mi incammino deciso verso il giardino delle statue, alla ricerca del nascondiglio di Nalaar. Spostarsi di giorno è più semplice rispetto a sgattaiolare nella notte, ma la presenza del Consolato mi limita ancora. Nessuno si sofferma per le strade e i ritmi di vita sono ancora più frenetici. Il cammino dal mio attico al giardino delle statue è affrettato e discreto. Se Chandra e Nissa (e i loro compagni) hanno fatto così tanto per far infuriare il Consolato, allora vale la pena aiutarle. Potrei anche trascorrere il resto della mia giornata essendo utile ad altri.

Il giardino delle statue è un’imponente serra vicino alla stazione di Aradara. Due decine di statue con un leggiadro profilo metallico affiancano il cammino e ognuna di esse rappresenta uno tra i più famosi inventori di Ghirapur. La tradizione di offrire immortalità agli inventori ha avuto inizio con gli Aradara stessi... la madre e il figlio che hanno perfezionato il treno a propulsione di etere. Avere una statua in questo luogo vuol dire raggiungere il livello più elevato a cui un inventore è in grado di aspirare. Gli Aradara hanno creato il loro treno poco dopo il boom dell’etere e le statue di coloro che hanno scoperto il processo di raffinazione dell’etere sono i primi dietro di loro nel giardino. Mi sento stranamente emozionato mentre osservo il sole splendere debolmente attraverso le sottili nuvole e illuminare i volti delle persone che hanno involontariamente portato alla creazione della mia razza.

È strano; da quando mi sono ritrovato prossimo alla data della mia fine, i miei sensi si sono notevolmente affinati. Il flusso di emozioni è come una camminata all’interno di un museo. Le opere d’arte sono esposte in maniera chiara e sono facilmente visibili da lontano. Utilizzo i miei sensi per individuare i possibili nascondigli dei miei amici. Dall’alto di un’immensa statua di un inventore vedalken, provo un accenno di ansia e di incertezza. Devono essere loro.

Mi sposto distrattamente verso la statua e inizio a salire una scala sul retro. È davvero enorme. Mi ritrovo a chiedermi perché io non abbia mai costruito nulla di così imponente.

Un rumore secco. Mi blocco. Un automa di sicurezza riprogrammato sta pattugliando il giardino, andando verso la stazione. Quello stupido affare senza emozioni mi ha spaventato. Sono convinto che quell’aggeggio non mi noti e continuo a salire.

Durante l’ascesa, analizzo il mio corpo. Undici giorni. Quanto tempo guadagno con ogni vita che sottraggo? È sicuro se lo faccio solo con i membri del Consolato? Avrò tempo a sufficienza per far del bene quando tutto questo sarà terminato?

Vengo colto da un atroce dolore. L’intensità quasi costringe le mie mani a mollare la presa, ma sono così vicino alla botola vicina alla cima. Sento delle parole provenire da sopra di me:

"C’è qualcosa senza un cervello che sta salendo la scala".

Scortese.

La voce è quella di una persona che ha un aroma di una pioggia di pietre e molte domande senza risposta. "Non ho mai letto nulla di simile… penso che conoscano voi due?". Questa voce sembra mascolina e si trova in una posizione più in alto, rivolta a qualcuno che non vedo. Il dolore di qualsiasi cosa mi stia accadendo blocca la mia ascesa.

"Dannazione, apri la botola!". Una voce femminile. Sono... calendule...?

La curiosa persona dall’aroma di petricor continua, "Chiunque sia, è stato inviato qui da un signore del crimine".

"Ritengo sia meglio ascoltare ciò che ha da dirci". Riconosco questo aroma! Neroli! È Nissa!

"Nissa! Sono Yahenni!". Urlo attraverso il dolore dovuto a ciò che la persona dall’aroma di petricor mi sta facendo.

Percepisco confusione. Il dolore svanisce e sento di nuovo la voce dal profumo di pioggia. "Chandra, fallo entrare".

"Yahenni!", urla Chandra mentre apre la botola e mi trascina dentro. Il luogo in cima alla statua è stranamente ampio. Vedo cinque giacigli in un angolo e una pila di cuscini a terra, a formare un nido improvvisato. Una sacca di ingranaggi è in un altro angolo e su di essi vi è un bastone in legno.

Uno straniero in un mantello ancora più strano mi osserva mentre entro, con la mente che ronza dalla curiosità. Decido che il suo atteggiamento è elegante ma anche curioso.

Faccio un leggero saluto. "Ciao Nissa, ciao Chandra".

L’elfa sorride. È sempre spaventosamente affascinante come ricordavo. Chandra è vicino a lei e risponde al mio saluto. "Ciao Yahenni. Grazie per la festa".

"Sono contento di vederti. Ho sentito che hai trovato tua madre".

"Sì, l’abbiamo liberata. Ora sta incontrando altri rinnegati".

Scuoto la testa, "Peccato che abbia dovuto aver a che fare con quel Tezzeret. È orribile".

"È uno strumento", sputa Chandra.

"Puoi dire parolacce con me, tesoro, non lo dirò a tua madre". Chandra risponde con un sorriso.

Dietro di lei vedo altri due umani... una in una veste scura (è pelliccia quella che vedo sull’orlo del collo? Che barbarie. Che persona può fare ciò?) e seduta in posizione rilassata ma irritata su una sedia e uno muscoloso e dalle spesse basette che guarda l’esterno attraverso una fessura nella parete.

"Lui è Yahenni. Ci possiamo fidare", dice Chandra presentandolo al gruppo. Sollevo il capo con orgoglio. "Yahenni, lui è Jace; lei è Nissa; lei è Liliana; l’uomo nell’angolo è Gideon".

"Che strani amici che hai", scherzo.

"Se pensi che noi siamo strani, aspetta di vedere il gatto gigante", risponde Chandra.

"... gatto?".

"Ora è andato con la Signora Pashiri a prendere le razioni", dice Nissa apertamente.

"Capisco".

Non capisco.

"Non c’è tempo", cambio discorso, "dovete andare via. Il Consolato sta venendo qui, dovete andarvene".

L’energia nella stanza si riempie di allerta. I quattro umani e la singolare elfa si scambiano sguardi. Sebbene siano all’erta, non percepisco alcuna sensazione di paura nei loro aromi. Solo prontezza.

"Se stanno arrivando, dovremo essere pronti a combattere", dice Nissa in modo deciso.

"Per prima cosa, dobbiamo decidere se vogliamo combattere", aggiunge Jace.

"Tezzeret potrebbe essere con loro", dice cupamente la donna nelle vesti scure.

"Non è il tipo di combattimento che potete vincere", rispondo con fermezza.

L’aroma del gruppo muta immediatamente. Cumino di determinazione. Un gemito interno di scocciatura. Un cadavere in putrefazione ansioso ma sicuro di sé (che cosa?).

"Perché un signore del crimine ti ha mandato da noi?", mi chiede l’uomo di nome Jace.

Come fa a saperlo? "Gonti è l’unica persona in questa città che conosce più nascondigli di me, quindi sono andato da lui per scoprire la vostra posizione. Voglio unirmi alla causa dei rinnegati e sapevo che trovare voi sarebbe stato il modo per riuscirci".

La tensione del gruppo non svanisce. Dovrò agire diversamente.

"Il mio attico è sicuro. Ci sono sufficienti misure di sicurezza per fare in modo che nessuno si accorga di voi. Vi porterò là questa notte e voi potrete parlare del vostro coinvolgimento. Né Gonti né il Consolato sapranno che sarete con me".

"Possiamo fidarci di Yahenni", dice Nissa, dura e decisa.

Il resto del gruppo si scambia alcuni sguardi. Gideon annuisce e gli altri iniziano i preparativi. La donna dalle vesti scure si solleva dal letto e mi osserva.

"Il tuo attico ha più di cinque camere da letto?", chiede. La donna ha un aroma di terriccio umido e un ammirevole e un ego in piena salute.

"Cara, io non dormirei in una casa con meno di sette", rispondo. Annuisce soddisfatta e mi porge una mano.

"Lieta di conoscerti, Yahenni", dice.

Le stringo la mano, "Piacere mio, cara".

Espando i miei sensi empatici verso la zona oltre la statua.

"Scendo per primo", dico. "Seguitemi".

Apro la botola e inizio a scendere. Sento che gli altri mi seguono.

Il vento sferza il mio mantello. Nella mia inquietudine di ieri (prima di risucchiare), lo avevo scelto come mia veste mortuale. Sento la vita appena rubata fluire nel mio essere e il mio umore muta. Mi riscaldo in quel piacere agrodolce. Dopo tutto, potrò indossare di nuovo questo mantello.

La discesa è lunga. Il giardino delle statue è tranquillo. Gli uccelli normalmente appollaiati qui non ci sono; la folla che di solito riempie le vie è assente.

All’ombra di questi inventori, è inquietante. Scendendo la scala, vedo in lontananza il profilo della statua del famoso inventore eteride Rajul. È stato il pioniere della prima tecnologia medica per gli esseri non organici. Rajul rimane una fonte di ispirazione. Mi ha sempre rassicurato vederlo di fianco ai più grandi nomi del nostro tempo. Sono grato per il fatto che la mia specie non sia mai stata trattata in modo estraneo rispetto al resto della città in cui siamo nati. La grande statua incombente di Rajul è una chiara dichiarazione della nostra appartenenza a questo popolo. Lui ha semplicemente agito come ogni altro inventore... lui lo ha fatto quando aveva solo due anni.

Mi trovo a pochi metri di distanza dal terreno e sento gli altri sopra di me parlare e iniziare a scendere, ma gli altri miei sensi vengono attirati da un improvviso rumore in lontananza. Afferro saldamente la scala e osservo la direzione da cui proviene il rumore.

La mia nostalgia si trasforma in paura.

Si tratta del ruggito di un motore in rapido avvicinamento. Vedo un veicolo da pattuglia del Consolato spuntare dietro un angolo e accelerare verso la nostra statua. Mi inquieto. Il veicolo lascia la strada principale e sfreccia sul prato. Che cosa stanno facendo?! Non è ancora l’ora del coprifuoco, siamo al sicuro!

A meno che Gonti non abbia già avvisato gli esecutori. Se lo ha fatto, siamo davvero nei guai. La velocità e la direzione del veicolo da pattuglia sono un segno evidente che Gonti non perde tempo. Il Consolato si sta dirigendo proprio verso la scala.

A terra, non posso sfuggire a quel mezzo del Consolato.

Se risaliamo, saremo intrappolati nella statua.

Non ho tempo per valutare le opzioni dal punto di vista morale.

Il veicolo punta verso la scala della statua (questo esecutore vuole abbatterla?!).

Mi volto completamente, punto i piedi e afferro un piolo con la mano sinistra (che cosa sto facendo).

Questa è una pessima idea (questa è l’idea peggiore di tutte... non ho compiuto alcun gesto così atletico in tutta la mia vita).

Preparo la mia mano destra e provo una sensazione ora familiare nel palmo (lo sentirò morire, lo sentirò morire ma non ho altra scelta.)

Salto.

Atterro sul tettuccio del veicolo.

Art by Lius Lasahido
Illustrazione di Lius Lasahido

Molti istanti di tormento.

Molti istanti di estasi.

Il loro dolore è anche mio, la mia euforia è solo mia e mi sembra di affogare.

Mi devo impegnare, ma questa volta riesco a non urlare.

Il veicolo devia e non colpisce la statua, mentre l’esecutore del Consolato si accascia morto sul volante.

Io mi piego e balzo via.

Sento uno schianto e vedo che è finito contro uno degli altri monumenti.

Mi fermo. Sono vivo? Sono vivo. Sono vivo e ho ucciso due persone nello stesso giorno; che cosa penseranno le persone di me...

Oh.

Ora ho ventidue giorni di vita.

Fenomenale. Ripugnante. Non sono più sicuro di sapere ciò che sono.

"Yahenni! Che cosa è successo, stai bene?!", una voce femminile che sa di calendula mi sta chiamando. Devono essere riusciti a scendere tutti. Vi volto e vedo tre umani e un’elfa osservarmi traumatizzati e preoccupati, mentre la donna dalle vesti viola in qualche modo riesce a scendere le scale con i tacchi.

Il veicolo è accasciato sul fianco della statua vicina. L’esecutore che ho ucciso sporge da un lato, immobile e patetico. Le mie mani iniziano a tremare e, in un angolo della mia mente, comprendo che le persone che sono con me non sono neanche remotamente turbate da ciò che è successo. Questo non è nulla. Hanno visto di peggio.

Voglio urlare.

Voglio piangere.

Voglio tornare a casa.

"Va tutto bene, sto bene". La mia voce suona spezzata.

Gli altri si tranquillizzano, raccolgono i loro oggetti e riprendono rapidamente la concentrazione.

Chandra annuisce, si volta e si incammina a grandi passi.

Nissa sposta lo sguardo da lei a me e poi corre per aiutarmi a rialzarmi.

Osserva nella direzione in cui Chandra si sta dirigendo. "Non penso che Chandra sappia davvero dove sta andando; ha solo deciso di camminare".

Mi sollevo e mi raddrizzo. Do una pulita al mio mantello.

"Gideon, puoi per favore chiamare Chandra per me", dice Nissa a Gideon con il suo tipico tono morbido.

Lui avvicina le mani alle labbra e urla, "CHANDRA, DALL’ALTRA PARTE!".

La chioma rossa in lontananza si ferma e si volta per tornare verso di noi. Vedo Nissa chiudere gli occhi per un istante e indicare nella direzione opposta rispetto a dove Chandra stava andando.

"Avvisa Chandra che la dimora di Yahenni è da quella parte e chiedi a Jace di comunicare la nostra nuova posizione ad Ajani, Pia e la Signora Pashiri", ordina con naturalezza. Gideon annuisce e si allontana da noi per informare gli altri.

Rimango con Nissa.

Mi solleva con facilità e mi osserva con preoccupazione. "Sei ferito?".

"Fisicamente, no".

Emotivamente? Mi sento ferito e senza possibilità di guarigione. Nissa mi osserva con dolce compassione... ma sotto la sua preoccupazione percepisco un aroma di ambra di sorpresa. Sento che la rimuove inconsciamente. Sotto il livello della sua stessa percezione, non prevedeva che io fossi sconvolto dopo aver ucciso qualcuno...?

Aggrotta il sopracciglio dalla preoccupazione profumata di rame.

"Dimmi ciò che posso fare per aiutarti".

Vorrei alzare le spalle, ma rimango in un silenzio di angoscia. L’aroma di ambra che ho percepito è svanito, spento da un’ondata dell’empatia di Nissa. L’elfa viene verso di me, con le spalle abbassate per la compassione. "Yahenni, hai sofferto abbastanza".

Chiude gli occhi.

Sento un suono lontano e monotono. Una corrente di energia viene delicatamente sollevata sotto di me... è Nissa a farlo?... e incanalata in un punto vicino alla mia spalla. Percepisco un’ondata rassicurante che proviene dalla lucentezza della mia città, confortante e piacevole. Non mi guarisce, ma mi aiuta. Un promemoria del fatto di essere una parte di un qualcosa.

"Nissa, oggi ho ucciso due persone. Non ho avuto scelta; mi avrebbero ucciso entrambe. Io...". La mia voce si spezza, "Non voglio risucchiare l’essenza da altre persone. Quando lo faccio, provo... tutto".

Il caldo flusso di energia che va dall’elfa alla mia spalla è adorabile. Reprimo un singhiozzo.

"Ora avrai un’opinione pessima di me", dico più a me stesso che a lei. "Come puoi sopportare di andare a nasconderti nella dimora di un assassino?"

"Tu sei un mio amico", mi dice delicatamente. È serena, ma il suo umore becca quella frase come un uccello becca il mangime. Sta provando. Sfiora, decide, trova la convinzione.

Un aroma compassionevole di neroli riempie l’aria tra noi. Mi fermo per decifrarlo e comprendo ciò che Nissa sta cercando di comunicarmi.

... anche lei ha commesso errori.

Osservo i quattro che camminano verso di noi. Sono brave persone. Forse anche loro hanno dei rimorsi.

L’energia delicata continua a riscaldare la mia spalla. La sua gentilezza permette a un pensiero di sbocciare nella mia mente e io lo comprendo con chiarezza. Queste persone sono come me.

Sarò sicuramente costretto a uccidere di nuovo e anche loro saranno costretti dalle loro responsabilità a ferire qualcuno. Ma queste persone, questi rinnegati... alla fine, fanno più del bene che del male. Le nostre sofferenze sono inevitabili, ma, come questi sconosciuti, anche io possiedo il potere di creare più bene che male nel mondo. Agendo in questo modo, non sarà splendido?

Penso alla mia futura morte.

Ho ancora ventidue giorni di vita.

Posso fare così tanto in ventidue giorni. Che vita meravigliosamente lunga da vivere.

La presenza di Nissa è come fronde di boccioli di arancio.

"Grazie, Nissa".

"Prego, Yahenni".

Mi volto verso gli altri e faccio loro un cenno, mentre il dolce flusso di energia svanisce nel terreno sotto di me. "La mia casa è da questa parte".


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