Giunsero su imbarcazioni che gli abitanti del villaggio di Sevalgr non avevano mai visto prima. Lunghe e slanciate come i draghetti e i serpenti intagliati nelle loro prue, ricoperte da incisioni di racconti di battaglie gloriose e vittorie d’astuzia, scivolando sulla cresta delle onde. L’aspetto era molto diverso dalle snelle imbarcazioni da pesca, che rappresentavano l’unica fonte di approvvigionamenti del villaggio, ora che la foresta non era più un’opzione percorribile.

Mistgate Pathway
Cammino dei Cancelli di Foschia | Illustrazione di: Yeong-Hao Han

Altrettanto diversi erano gli uomini e le donne a bordo: non erano raggrinziti, piegati dalla fame e dalla paura, come le persone di Sevalgr; anche la figura anziana, quella con un corvo sulla spalla, non sembrava appoggiarsi gravemente al bastone da passeggio. Indossavano cappucci e sciarpe, farsetti di pesce, armatura... ma nulla che li avrebbe trascinati sul fondo nel caso fossero caduti in acqua. Sui loro corpi erano visibili tatuaggi che sembravano mappe di navigazione. Tutti questi elementi erano inconfondibili. Cercapresagi.

L’hersir li invitò nella grande sala comune, dove aveva imbandito un banchetto da offrire ai viaggiatori. Era una tradizione di Kaldheim; qualsiasi viaggiatore giungesse sull’uscio di casa poteva essere una divinità mascherata. Il condottiero del clan, la donna cieca che in qualche modo non aveva bisogno di aiuto per percorrere le strette stradine fangose, rifiutò la gentile offerta. Non erano giunti per pesce sotto sale e tozzi di pane.

"Quando sono iniziate le sparizioni?", chiese. Nessuno degli abitanti del villaggio aveva mai incontrato Inga Occhi Runici, condottiero del clan dei Cercapresagi, ma il suo strano sguardo vacuo non lasciava alcun dubbio riguardo alla persona a cui si stesse rivolgendo.

"Non si tratta di sparizioni; sono stati omicidi", rispose una donna appena dietro la prima fila del gruppo di persone che si era riunito. Nell’ultimo mese aveva perso due figlie.

"Non puoi saperlo!", urlò un altro uomo dalla postura sommessa e con gli occhi rossi dalle lacrime. Aveva perso il marito.

"Non è stato ritrovato alcun corpo", rispose Inga con tono gentile. "Me lo confermate?"

Entrambi annuirono severamente.

"No, nessun corpo. Ma uno dei cacciatori lo ha visto", rispose l’hersir.

"Che cosa ha visto?", chiese Inga.

"Forza, Hras", disse il consigliere. "Diglielo."

Un giovane uomo, non più di sedici anni, fece un passo in avanti. In uno dei bracieri, un frammento di carbone scoppiettò e lanciò delle scintille, facendolo sussultare.

"Ragazzo, che cosa hai visto?", gli chiese Inga. Lentamente, in modo da non allarmarlo. "Che cosa sta succedendo alla tua cittadina?"

Si passò una mano su un braccio, come per il freddo. Distolse lo sguardo e poi rispose. "Un mostro. Era un mostro."

Inga non ebbe alcuna reazione di sorpresa. "Asi", disse facendo un gesto all’anziano con il corvo, "voglio un battaglione pronto a partire entro un’ora. Ciurma minima sulle navi fino al nostro ritorno. Tutti quelli che non sono indispensabili andranno nella foresta di Aldergard."

Il vecchio, che aveva annuito numerose volte fino a quel momento, si paralizzò. "E la vostra. . .ospite? Verrà anche lei?"

Gli abitanti del villaggio l’avevano ovviamente vista. Una donna dalle vesti bizzarre che si stava attardando vicino alle imbarcazioni mentre i Cercapresagi fissavano i loro vascelli agli antichi moli di Sevalgr. Una donna che li osservava come se fossero personaggi curiosi provenienti dalle profondità.

"Kaya?", commentò Occhi Runici. "Tutto questo è stato una sua idea."


Inga Rune-Eyes
Inga Occhi Runici | Illustrazione di: Bram Sels

Sì, vero, era una sua idea. Avventurarsi nelle lande selvagge, uccidere la bestia terribile che si stava nutrendo degli abitanti del villaggio. Sembra che sia il compito degli eroi e lei riteneva di dover essere un’eroina adesso. Venire pagata per questa impresa non avrebbe fatto alcun male, nonostante preferisse sempre sapere chi la stava pagando. Ma anche una ricompensa anonima, coniata su una mezza decina di piani diversi, non sarebbe stata da buttare via, anzi. Completamente diverso da quel casino su Ravnica.

Tutto stava procedendo secondo programma, ma non aveva previsto che le lande selvagge sarebbero state così. . .selvagge. Kaya era abituata a un solido cammino di ciottoli sotto i piedi e alla moltitudine della folla intorno a sé. Era abituata al frastuono. Qua nell’Aldergard, lo scricchiolio di ogni passo nella neve sembrava riecheggiare per chilometri tra i pini imponenti. Fin dal momento in cui aveva messo i piedi per terra, aveva avuto una pelle d'oca che non era mai svanita... e non era dovuta solo al freddo.

"Questo luogo è sempre così tranquillo? Sono stata in tombe in cui c’era più vita", disse quando si fermarono un istante per riposare sotto i rami degli enormi alberi.

Il vecchio uomo, che aveva detto chiamarsi Asi, sollevò un sopracciglio. "Forse una tomba ricca di vita non è così rara per una cacciatrice di spiriti."

"Non hai tutti i torti." Inga, condottiero dei Cercapresagi, era stata la prima persona che Kaya aveva incontrato su questo piano e sembrava rappresentarlo in modo accurato. Difficile da comprendere, appariva sempre distratta, come se parlare con lei distogliesse la sua attenzione da qualcosa di più importante. Il vecchio uomo si era invece rivelato una migliore compagnia.

"L’Aldergard è un luogo strano e antico. I Cercapresagi sono esploratori leggendari, ma anche loro cercano di evitare di penetrare a fondo nella foresta. Troppo lontano dal mare, troppo lontano dalle loro imbarcazioni. Inga Occhi Runici riesce a vedere molto oltre la maggior parte dei mortali e conosce ogni luogo che i membri del suo clan hanno visitato. Nonostante ciò, neanche lei conosce il profondo della foresta."

"Strana e antica, ho capito. Però mi sarei aspettata di vedere qualche animale. Uno scoiattolo, come minimo. Esistono gli scoiattoli qui, vero?"

"Certo. Toski, il messaggero delle divinità, è un cugino lontano del comune scoiattolo. Si narrano molti racconti dei giorni in cui zampettava sui rami dell’Albero del Mondo e trasportava le notizie da un reame all'altro di Kaldheim."

Quell’uomo possedeva una voce che ricordava a Kaya i vecchietti vacillanti, ma doveva sempre ricordare a se stessa che, probabilmente, quei "racconti" non erano così lontani dalla verità. Aveva visto con i propri occhi i rami dell’Albero del Mondo nei cieli di Bretagard, imponenti, dietro le nuvole di passaggio. Uno scoiattolo gigante. Beh, perché no? Aveva visto cose ben più bizzarre.

"Sarebbe però davvero bizzarro continuare a penetrare in quella foresta senza scorgere alcun segno di vita. Come se uccelli e belve avessero deciso di evitare questo posto", commentò Asi.

"Magari hanno una saggezza superiore alla nostra."

"Ti sorprenderebbe scoprire quanti la posseggono."

"Persone scomparse nella notte"... iniziò a borbottare un Cercapresagi vicino a loro. Si percepiva una grande paura nella sua voce... "ai confini della foresta, come greggi. Hai sentito la testimonianza del cacciatore... ha visto un mostro. E se non fosse semplicemente una belva più grande delle altre?"

"Cosa stai pensando che incontreremo, giovane uomo?", chiese Asi.

"Sarulf", rispose con una voce che era diventata un sussurro, come se pronunciare quel nome potesse farlo apparire all'improvviso. "Il lupo più terribile. Il divorareami."

"Un lupo? Questo è ciò che vi spaventa davvero?", chiese Kaya.

"Sarulf non è un animale come gli altri", rispose Asi. "È uno dei mostri del Cosmo. È stato creato alla nascita del mondo, nel vuoto tra i reami. Sarebbe un nemico molto arduo da affrontare, ma non mi preoccuperei di lui", rispose Asi. "Non è da questo tipo di mostri nascondersi negli angoli oscuri dell’Aldergard. Se dovessero giungere su Bretagard, l’evento sarebbe molto evidente."

Sopra di loro si udì un rigido gracchio. Kaya portò d’istinto la mano al pugnale che teneva alla cintura. Un corvo percorse un arco sopra le loro teste, scendendo sempre più basso, con ali nere ben visibili sullo sfondo bianco neve del cielo.

"Ah", disse Asi. "Hakka è tornato."

Atterrò sul suo braccio, per poi passare con un balzo sulla spalla, dove sembrò piegarsi verso il suo orecchio. Kaya non udì nulla; vide solo il becco dell’uccello aprirsi e chiudersi e l’uomo annuire in modo pensieroso.

"Buone notizie", disse, "il mio amico potrebbe aver trovato una pista."


Kaya the Inexorable
Kaya l’Inesorabile | Illustrazione di: Tyler Jacobson

A Kaya sembrava proprio il tipo di luogo dove si incontrano i mostri. Davanti a loro, l’ingresso della caverna si apriva ampio e oscuro come fauci spalancate. La debole luce che riusciva a farsi strada attraverso la copertura di nuvole e lo strato di foresta non andava oltre i primi metri. L’inizio di quella caverna era segnato da una lunga scia di sangue e terriccio; qualcosa era stato trascinato dentro.

Silenziosamente, con le mani pronte sulle armi, i Cercapresagi sussurrarono preghiere alle loro divinità. Kaya non poteva biasimarli; avrebbe voluto avere anche lei qualche divinità a cui affidarsi. La ricerca di un mostro. Di chi era stata quella brillante idea?

Oh, vero, pensò. Mia.

"Sei pronta, Kaya?", le chiese Inga. Non aveva nessuna arma; possedeva solo una lanterna che emetteva una tremolante luce azzurra. Era divertente che fosse lei a portare la loro unica fonte di luce. "Hai viaggiato in lungo e in largo, per giungere infine qui."

"Sì, ecco. Penso che la scelta giusta sia andare avanti", rispose. Con tutta la sicurezza di sé che riuscì a provare, Kaya entrò.

La caverna era più calda dell'esterno. Per lo meno, c’era un lato positivo; Kaya poté finalmente sciogliere un po’ le pesanti pelli in cui si era avvolta in tutto quel tempo. Insieme, lei e i Cercapresagi si inoltrarono più in profondità, con il rumore delle calzature sulla pietra e dell'acciaio sul cuoio che risuonavano intorno a loro. Dopo pochi passi, la debole luce esterna svanì e il fascio azzurro della lanterna di Inga rimase l’unica protezione dall’oscurità. Qualcosa scintillò su una parete al passaggio della debole luce della lanterna.

"Aspetta", disse Kaya. "Illumina di nuovo laggiù."

Grazie al flusso della lanterna, Kaya fu sicura di ciò che aveva visto: le venature di un qualche metallo che scorrevano lungo le pareti e il soffitto della caverna. Era diverso da tutti gli altri minerali che conosceva. In alcuni punti sembrava biforcarsi in intrecciati frattali simili a radici, formando un’ampia struttura reticolare sulla pietra.

"C’è mai stata una miniera qui?", chiese.

"No", sussurrò Inga. "Questo posto dovrebbe contenere solo roccia infruttifera."

"Direi che è tutto il contrario. Almeno oggi."

Di fianco a lei, uno dei Cercapresagi avvicinò una mano alla parete. Kaya lo afferrò per il polso. "Non toccarla."

Lui ritirò immediatamente la mano. "Perché?"

"Diciamo che ho un presentimento."

Senza proferire parola, si rimisero in marcia. Quanto tempo trascorsero avanzando è difficile da dire, con l’oscurità da ogni lato che sembrava ansimare sulle loro nuche. La sensazione fu di un tempo molto lungo, più ore che minuti, fino al sollievo per essere sbucati in un’ampia sala, il cui soffitto era talmente più in alto da venire inghiottito dalle tenebre. Un sollievo da ogni punto di vista, tranne per ciò che videro al centro di quella sala della caverna.

All’inizio Kaya pensò che la gigantesca figura piegata sulla carcassa di un malcapitato orso stesse semplicemente nutrendosi. Gli umidi rumori delle fauci, il suono delle carni che venivano strappate dalle ossa, tutto faceva pensare a un banchetto. Ma quando la lanterna di Inga illuminò la creatura ed essa si voltò verso di loro, Kaya poté vedere che qualcosa non era naturale: le braccia del mostro penetravano nel fianco dell’orso, come se fossero in qualche modo incastonate nelle sue carni. Con uno spaventoso schiocco, il mostro si liberò da quel vincolo.

"Quello", sibilò Kaya, "non è un lupo."

Alto più di tre metri, con un corpo di colore rosso pallido. Sulle spalle erano visibili ciocche di pelliccia in una decina di diverse tonalità che si mescolavano tra loro. Le braccia che prima erano affondate nell’orso avevano un aspetto lungo e possente e terminavano in terribili artigli ricurvi. Due ulteriori braccia, lunghe e sottili, sporgevano dal busto con piccoli artigli finali che scattavano come ragni. Ogni parte del suo corpo era strana, ma mai come la testa: un volto simile a uno scheletro, contornato da affilate zanne ed enormi corna con spuntoni, tutto di un colore scheletrico che splendeva come fosse un metallo alla luce della lanterna di Inga.

Quell’essere spalancò le fauci e i nervi rossastri si tesero sotto quella maschera rigida, emettendo un rumore che spaventò Kaya in un modo che nessuno spirito era riuscito a fare; era come il ruggito di un orso, ma con qualcosa di misteriosamente contorto. Come un’imitazione venuta male. Poi si lanciò alla carica verso di loro.

Kaya balzò e si tolse dal suo tragitto, rotolando sul pavimento della caverna e rialzandosi con il pugnale tra le mani. Due dei Cercapresagi non furono altrettanto rapidi; uno si ritrovò bloccato sotto la creatura, urlando mentre le bizzarre braccia affondavano nel suo volto come se fosse acqua. L'altro cercò di divincolarsi dalla presa di una mano mostruosa.

Era una visione terrificante, che avrebbe fatto fuggire a gambe levate la maggior parte dei guerrieri... e quei Cercapresagi non erano nulla a confronto con i guerrieri. Viaggiando insieme a loro fin dalle colonne di Kirda, Kaya aveva scoperto ciò che li spingeva ad agire: il brivido dell’esplorazione e della scoperta. Per soddisfare i loro desideri, erano disposti a combattere, ma non cercavano mai lo scontro per primi. In loro onore, nessuno di essi si voltò per fuggire. Non riuscirebbero comunque a fare molta strada, pensò.

Formarono un semicerchio intorno al mostro, alcuni sferrandogli colpi con lance e altri attaccando con spade e asce le sue membra, riuscendo a infliggere sanguinose ferite a ogni affondo.

"Non toccatelo!", urlò Kaya più forte delle grida dell’uomo intrappolato, finché qualcosa non lo zittì con un umido gorgoglio.

Vide le sue ferite richiudersi e i muscoli ricomporsi. Da un taglio profondo uscirono tentacoli come serpenti, che afferrarono la spadaccina per un braccio e iniziarono a trascinarla all’interno delle carni del mostro. Bloccata fino a una spalla, afferrò con l’altra mano un pugnale alla cintura e iniziò a colpire la creatura, finché non la lasciò libera. Cadde a terra e si afferrò il braccio, urlando dal dolore.

Tagliarne le carni non è sufficiente, pensò Kaya, infondendo le lame di energia mentale. Avrebbe dovuto penetrare più nel profondo.

La creatura si scagliò di nuovo contro di loro, con le ferite già richiuse. Per quanto fosse muscolosa e massiccia, si muoveva a una velocità impressionante. Prima che potesse però infliggere un altro colpo, i suoi artigli rallentarono e si arrestarono a mezz’aria, a pochi centimetri da una tremante vittima. Intorno al suo braccio era un'aura di colore azzurro, che sembrava diventare più nitida e più rigida, come una specie di cristallo. Kaya seguì quella luce e ne individuò la fonte: la lanterna di Inga. La creatura cercava di divincolarsi da quella magia intrappolante e il volto di Inga era contorto dallo sforzo.

Non male, pensò Kaya. Questa era la sua occasione. Kaya balzò in avanti, con il pugnale che vibrava per la magia, e affondò il colpo attraverso il braccio intrappolato del mostro, tranciandolo all’altezza della spalla. Carni, osso, spirito... se avesse potuto tagliare anche quello, lo avrebbe fatto.

Il braccio cadde sul pavimento di pietra della caverna con un tonfo umido e iniziò ad annerirsi, per poi trasformarsi in polvere nel punto in cui Kaya lo aveva colpito. La creatura ruggì di nuovo, con quel verso da orso mescolato a qualcosa che esisteva al di sotto, un rumore come uno stridio di metallo. Nel frattempo, il Cercapresagi deceduto e ancora trattenuto dagli artigli anteriori si stava contorcendo dal dolore, scattando e dimenandosi floscio come un pesce.

Con un movimento nauseante come un abbraccio, il mostro attirò quell’uomo verso in proprio corpo. Lo assorbì lentamente, facendolo svanire all’interno delle sue carni rosastre. Dove prima era il braccio, iniziò a crescerne uno nuovo. Si sviluppò con una notevole velocità; i muscoli si formarono e si unirono, gli artigli si indurirono da un fresco color luminescente a una lama nera e rigida, tutto in pochi secondi, in uno spettacolo che lasciò tutti paralizzati. Terminata quella crescita, la mano completa si strinse emettendo uno schiocco come di qualcosa che trovava la posizione corretta e la belva si voltò per scrutare i suoi avversari con le sue vuote orbite.

Oh, divinità e mostri, pensò Kaya. Poi si lanciò all’attacco.

Si accovacciò per evitare il primo colpo e trasformò il busto in etere spettrale prima dell’arrivo del secondo. Posso ferirlo in modo semi-permanente, rifletté. Può essere un buon inizio. Ora doveva solo individuare il momento giusto per colpire, per incanalare il suo potere in una delle lame invece di utilizzarlo per svanire al solo scopo di evitare quei colpi incessanti. Diede vita a una danza di colpi e schivate, proprio come il suo avversario.

All’improvviso, sentì il tallone colpire una roccia. La parete della caverna. Imprecò. Il mostro non la stava attaccando senza razionalità; la stava guidando verso un angolo in cui la sua agilità sarebbe stata inutile.

Mentre il mostro stava caricando un altro terribile attacco, un altro prisma di luce azzurra lo avvolse, imprigionandolo a mezz'aria. Inga, circondata dai Cercapresagi, aveva generato un’altra magia per bloccare il suo movimento. Ben fatto, Occhi Runici. Un secondo prisma si occupò dell'altro artiglio. Seppur per un breve momento, quella magia lo stava intrappolando.

A quel punto, il mostro fece qualcosa che non si sarebbe aspettata: si strappò il braccio, lasciando che la mano intrappolata fluttuasse in aria e scagliandosi su Kaya con quel moncherino dai muscoli che si contorcevano e cercavano di afferrarla.

Non toccarlo, si disse. Un’altra possibilità, allora.

Kaya andò all’indietro fino a penetrare nella parete della caverna, con la gelida sensazione di ogni volta in cui svanisce che inondò tutto il suo corpo. Fu solo per un momento, ma sembrò eterno. Il suo cuore si arrestò. Tutto ciò che la rendeva viva, tutto ciò che la rendeva Kaya, grigio e sbiadito.

Poi cadde e rotolò sul pavimento della caverna, a pochi passi dai piedi del mostro. Lo vide voltarsi, con quelle pesanti gambe scimmiesche che lo fecero balzare verso di lei; Kaya faticò a riprendere il respiro. Alzati. Alzati!

"Basta così!", tuonò una voce, che riecheggiò dalle pareti della caverna. Per la sorpresa e il sollievo di Kaya, la creatura rallentò il movimento, attirata per un istante da quella voce. Un istante che fu sufficiente per infondere la lama di tutto l’arcano potere che riuscì a raccogliere; scattò e la affondò in una delle gambe del mostro.

Quella voce, rifletté mentre rotolava oltre la creatura che nel frattempo urlava dal dolore e rialzandosi in posizione da combattimento. Aveva un qualcosa di familiare e nonostante ciò. . .

Solo in quel momento si accorse di un bagliore iridescente che aveva invaso la caverna. Si voltò verso i Cercapresagi e vide Asi.

Alrund, God of the Cosmos
Alrund, Dio del Cosmo | Illustrazione di: Kieran Yanner

No, non era Asi. Non esattamente. Il suo cappuccio era sulle spalle e dai suoi occhi fuoriusciva quella strana luce che illuminava le pareti della caverna in una tonalità che variava dal verde al blu al viola. Non era quindi un uomo anziano. O, per lo meno, non solo quello.

"Non ho mai incontrato un tale sudiciume intento a dissacrare questi reami! Neanche i demoni di Immersturm sono così ripugnanti."

Kaya si chiese quanto di quelle parole giungesse fino alla mostruosità che si trovavano davanti. Priva di gambe, ridotte in polvere, si stava reggendo sulle rimanenti tre membra mentre le mani più piccole rimanevano ripiegate al petto. Incurvata su se stessa, aveva un aspetto ancora più animalesco. Kaya non era una provetta cacciatrice, ma sapeva bene che un animale diventava ancora più pericoloso quando era ferito.

Il mostro si lanciò di nuovo su di lei, ma Kaya fu pronta ad affrontarlo degnamente. Ora era molto più lento. Avrebbe potuto abbatterlo al colpo successivo. Sarebbe bastato un affondo ben assestato al collo.

Il mostro andò improvvisamente a sbattere contro... il nulla. Rotolò all’indietro e poi si lanciò di nuovo in avanti. Si udì un profondo ronzio e l'aria si increspò nel punto in cui era avvenuto quel contatto. Una barriera magica, pensò Kaya, una barriera molto resistente. Anche lei avrebbe avuto difficoltà ad attraversarla.

Si voltò. Dietro di lei, Asi stava tenendo le braccia spalancate e uno scintillante flusso di energia veniva emanato dai palmi. Il mostro scrutò tra lei e Asi con un’espressione che le sembrò di incertezza. Poi, con un ultimo ruggito stridente, scattò per fuggire.

"Aspetta!", urlò Kaya. "Fermati!"

Fu però troppo tardi. Balzando in avanti con quella strana andatura su tre gambe, il mostro si gettò verso un'area della caverna da cui sembrava provenire quel metallo fungino. Senza rallentare, si scagliò con il corpo su quella superficie argentea. Invece di scontrarsi... o far crollare la caverna sulle loro teste... sembrò amalgamarsi con quel metallo, come se si trattasse di un liquido denso e viscoso. Un istante dopo, rimaneva solo un bulboso ammasso di carne e minerale; un altro istante dopo, non vi era più nulla.

La caverna venne avvolta dal silenzio. I Cercapresagi si allontanarono dall’ancora irraggiante Asi, coprendosi gli occhi. Anche Inga sembrava scossa, con i bianchi occhi vacui fissi su quello che era il suo consigliere.

"Alrund", sussurrò Inga. "Avevo... avevo udito i racconti, ovviamente, ma non avrei mai pensato che. . ."

"Hai ragione, Inga Occhi Runici. Le divinità viaggiano a volte sotto spoglie mortali, in modo da osservare Kaldheim senza essere a loro volta osservati", disse Asi con voce profonda e ammantata da un’eco innaturale. "Ciò che ho visto mi preoccupa molto. In ogni reame c’è..."

"Lo hai lasciato fuggire!", rispose bruscamente Kaya, riponendo i pugnali nelle loro guaine.

Asi? Alrund? Chiunque tu sia... poi fece una pausa. Nessuno gli aveva evidentemente parlato in quel modo da molti, molti anni.

"Lo avevamo indebolito", aggiunse Kaya. "L’ho visto rallentare. La prossima volta saprà che lo stiamo cercando. Sarà pronto ad affrontarci. Quell'essere non è stupido come sembra."

"Quindi è tua intenzione continuare a cercarlo nonostante tu abbia visto di cosa è capace?", chiese Alrund.

"Il mio lavoro non è stato completato. E ne ho già ricevuto il pagamento." Non era semplice scelta professionale, sebbene non fosse pronta ad ammetterlo a tutti. Quell’essere era pericoloso e, come stava iniziando a sospettare, non proveniente da quel mondo. Ma tutto quello non aveva senso. Poteva quella bestia ripugnante essere un planeswalker?

"La bestia ha già lasciato Bretagard. Non puoi inseguirla con i metodi tradizionali", rispose Alrund. "Si sposta da un piano all’altro, come i mostri del Cosmo. Non sono però sicuro che possa essere considerato uno di essi."

"D’accordo. Come posso seguirlo?", chiese Kaya. "Me lo devi. Per averlo lasciato fuggire."

Quella frase sembrò far riflettere la divinità. "Devo consultarmi con i miei simili. Ci sono troppi enigmi a cui dare una risposta. Se però sei decisa a inseguire quella creatura, i seguaci di Cosima potranno venirti in aiuto. Farò in modo che tu possa contare su di loro."

Kaya udì numerosi sussulti tra i Cercapresagi. Cosima... faceva parte di quasi ogni loro preghiera durante gli spostamenti in mare.

"Troverai aiuto al tuo ritorno a Sevalgr. Conto che i Cercapresagi ti guidino, ma poi dovrai proseguire da sola. Troverai un’imbarcazione che sarà. . .selettiva per quanto riguarda i suoi passeggeri, ma sarai al sicuro nel viaggio tra reami."

"E come potrò sapere dove dovrò andare? Non sono un marinaio esperto", disse Kaya.

"Segui la luce di Starnheim, al di sopra dei rami più grandi dell’Albero del Mondo. Ti guiderà lungo la via verso il tuo destino."

Kaya soffocò un sospiro. Gli dei e i loro enigmi. Avesse ricevuto anche solo una volta una risposta diretta.

"È tempo che io vada." Alrund fece un movimento verso la parete della caverna. La pietra sembrò incresparsi e sciogliersi in una luce ondulata; un tessuto interconnesso, con righe splendide e stroboscopiche degli stessi colori che fuoriuscivano da Alrund, diede origine ai bordi di una porta. Poi la pietra svanì, lasciando spazio al nulla. Divennero visibili luci lontane, come il lento movimento delle stelle, separate da nient’altro che una vasta e vuota oscurità. All'improvviso, Kaya si sentì sollevata dall’idea di avere un’imbarcazione magica a disposizione per attraversare quel golfo.

Alrund fece un passo verso il portale che aveva creato e poi si fermò. "Inga Occhi Runici, Kaya viaggiatrice da luoghi lontani, temo che l'arrivo di questa creatura sia un presagio di qualcosa di terribile. Tutte le mie visioni rivelano morte e distruzione in ogni angolo di Kaldheim. Temo che sia imminente una collisione dei reami, un evento mai visto."

I Cercapresagi rimasero in perfetto silenzio. Non per la prima volta, Kaya fece un passo indietro. "Una collisione dei reami. Non è incoraggiante", commentò.

"Una collisione dei reami", ripeté Inga. "E con essa, inevitabili, guerra e caos. Tempi di enormi sofferenze."

Perfetto, disse Kaya con tono amaro. Caccia un mostro. Salva un gruppo di abitanti. Semplice, non come il casino di Ravnica.