Quando Lukka uscì dalla Cieca Eternità, l’umidità e il caldo ebbero l’effetto di un pugno nello stomaco. La luce verde che indugiava nella torbida vegetazione, il sapore rancido di carne putrida nell’aria, gli stridii metallici di bestie invisibili, il rumore di poltiglia delle piante fradicie sotto i piedi: tutti questi dettagli gli dicevano che non era arrivato nel posto giusto.

Illustrazione di: Alayna Danner

“Per la vita di ogni piano, saremo guardiani.” Come poteva esserlo. . .da qui?

Non si trovava con il resto della squadra d’assalto. Questo non era il luogo di ritrovo concordato. I Phyrexiani dovevano aver impiegato una nuova difesa contro i Planeswalker in arrivo: ancora una volta, dimostravano di essere un passo avanti. C’era da immaginarselo: non ci si poteva fidare di Jace e degli altri per portare a termine un’operazione militare nel modo giusto. Quando il telepate lo aveva rintracciato, Lukka si aspettava un attacco come conseguenza delle sue azioni su Ikoria e a Strixhaven. Con sua grande sorpresa, Jace era lì per reclutarlo: l’esperienza militare di Lukka sarebbe stata essenziale per il successo della loro missione di infiltrazione. Lukka era riluttante. In principio. Ma quando Jace gli disse che Phyrexia minacciava Ikoria, seppe che non poteva restare a guardare. Aveva ancora troppo a cuore la sua casa.

“E così eccomi qua,” mormorò tra sé, guardandosi intorno. “Ovunque ‘qua’ sia.”

Irritato, Lukka diede un calcio a una zolla di terra fradicia, che si spiaccicò su un albero vicino. Il terreno era crivellato di buche gonfie d’acqua e grosse radici, rendendolo del tutto impraticabile. Vene pulsanti trasportavano olio nero attraverso il fitto sottobosco e piccole ventose sporgevano dai tronchi degli alberi, con i rami che si spingevano verso la luce del sole. Lukka allungò la testa. Le reti di rami in alto sembravano percorribili.

Alberi sovrabbondanti. . .vegetazione putrida e meccanizzata? Doveva essere quel posto di cui gli avevano parlato... il Labirinto del Cacciatore!?

Per un attimo, prese in considerazione l’idea di viaggiare indietro tra i piani. Ma se era arrivato lì inaspettatamente, non c’era alcuna garanzia che sarebbe finito dove voleva. Sarebbe potuto atterrare in una situazione ben peggiore. No, avrebbe preso la via degli alberi per provare a raggiungere gli altri.

Se riuscissi a trovare una creatura da catturare e dominare, potrei tracciare una rotta verso la roccaforte di Elesh Norn. Forse era ancora in tempo per raggiungere il luogo di ritrovo e tornare in missione.

Si avvicinò al tronco dell’albero. Aveva foglie simili a mani arricciate in pugni, che sembravano rinchiudersi dalla paura di fronte a lui.

Lukka estrasse l’arpione dal fodero sul braccio sinistro. Prese la mira e lo lanciò in aria. L’arpione si impigliò in un ramo in alto. L’albero tremò, trasudando un muco rossastro dalle ferite. Lukka tirò la corda per assicurarsi che fosse ben fissata e appoggiò i piedi nelle scanalature del tronco. Si sollevò verso l’alto e cominciò a salire.

Non era poi molto diverso dalle scalate su per le scogliere, a casa. Qualunque cosa ne dicessero gli altri, Nuova Phyrexia era solo un altro piano.


Un grido rabbioso squarciò l’aria, facendo trasalire uno stormo di creature dal loro nido nella cavità dell’albero. Le creature sbattevano le ali, in modo caotico e in preda al panico; i loro becchi dentati scintillavano d’argento e le ali del colore umido del fegato crudo. Le creature volteggiarono verso la fonte del grido.

Lukka imprecò. Il suo corpo, già esausto per la lunga scalata, tremava mentre esitava sul da farsi. Le sue mani dolevano per la formazione di vesciche. Ma non poteva lasciare nessuno a combattere da solo in un posto del genere. E poi, questa poteva essere la sua occasione per dominare la fauna locale.

Stringendo le cosce attorno all’albero, tolse l’arpione dal ramo, districò la corda e la ripose. Poi si lasciò cadere sulla piattaforma sottostante. Le creature che volavano in cerchio gli diedero un indizio sulla direzione da prendere, e lui vi si diresse di corsa saltando da un ramo all’altro. L’adrenalina espulse la stanchezza dal suo corpo, trasformando il suo tremore in forza e preparandolo per la battaglia imminente.

Su un largo ramo, una creatura elfica flessuosa, brandendo quella che sembrava una spada di legno, combatteva al fianco di una donna vestita di bianco e oro la cui lunga spada guizzava come acqua. Lukka le aveva già viste: Nissa, e la donna conosciuta come. . .la Viandante.

Illustrazione di: Alix Branwyn

Un costrutto contorto, che sembrava fondere le parti peggiori di una macchina e di un organismo, le stava attaccando. Le sue quattro gambe erano fuse insieme a strane angolature, eppure il Phyrexiano aveva una grazia letale. La Viandante, una rapida figura indistinta di abito bianco e spada lampeggiante, incalzava l’enorme carcassa di Phyrexia per concedere a Nissa un po’ di spazio per lanciare incantesimi. I tatuaggi di Nissa brillavano di un tenue verde. Avvolta nel suo mantello verde, era intenta a preparare un incantesimo. Foglie metalliche tremolarono, poi furono strappate dall’albero come da una mano invisibile. Rotearono nell’aria, prima di abbattersi sull’abominio in un tornado. I taglienti bordi di metallo fecero a pezzi la creatura, da cui schizzò sangue grigio-verde.

Tuttavia, le due donne non avevano visto la seconda bestia strisciare sopra di loro lungo un ramo, pronta a balzare.

Lukka intervenne con l’eludha, il legame che poteva creare tra sé e un’altra creatura. Poteva sentire la mente della bestia, metallica e luminosa con elementi biologici carnosi e sottoutilizzati. L’afferrò e strinse. Lukka poteva quasi sentire il sangue in bocca, il pungente sapore di ferro sulla lingua. Il Phyrexiano si immobilizzò, incapace di procedere oltre. Il Planeswalker poteva sentirlo ribellarsi alla sua presa, una lotta dirompente all’interno del suo cranio.

Nel frattempo, Nissa e la Viandante sfruttarono il loro vantaggio contro il centauro ferito, più avanti lungo il ramo. La creatura crollò, il suo corpo ricadde sul ramo e fece tremare l’intero albero. La Viandante le balzò sulla schiena, abbassando la spada per decapitare la bestia. Poi, con uno strano guizzo di luce, la Viandante svanì.

Aveva viaggiato via tra i piani? In tal caso, il tempismo aveva un che di bizzarro.

Nissa si fece avanti. Diede un calcio alla carcassa del centauro, che scivolò dal ramo e iniziò la sua fragorosa discesa verso terra, nella foresta sottostante. Nissa ripulì la lama sul mantello e la rinfoderò.

“Non rilassarti troppo.” Lukka si avvicinò a lei. “Ho sottomesso una seconda bestia pronta a tendere un’imboscata dall’alto.”

“Grazie.” Nissa si voltò. La sua espressione cambiò. “Lukka.”

Lukka indicò col capo il centauro sopra di loro, che con movimenti delicati scese dal ramo più alto fin sulla loro piattaforma, così dolcemente che il ramo sotto i loro piedi nemmeno dondolò. “Voleva strapparti la carne dalle ossa.”

“Non so nemmeno come ci siamo finiti qui,” disse Nissa.

“Ho intenzione di trovare la superficie,” rispose Lukka. “Una volta in alto, potremo orientarci e tracciare una rotta verso la roccaforte di Elesh Norn.”

“E come pensi di orientarti in questo labirinto?”

Lukka indicò con un cenno la mostruosità Phyrexiana, che si era completamente arresa alla sua volontà. Avrebbe dovuto immaginare che dominare una creatura semi-meccanica sarebbe stato facile. Non aveva lo stesso istinto di sopravvivenza o senso di sé di un animale. Era un semplice costrutto.

“Hai stretto un legame con questa bestia?” chiese Nissa.

Non sembrava felice che le avesse salvato la vita. Lo guardò con diffidenza e preoccupazione. Lukka conosceva questo sguardo. Lo odiava. Era lo stesso sguardo che gli venne rivolto la prima volta che aveva stretto un legame con un mostro. “Può guidarci e proteggerci finché non raggiungiamo la cima.”

“Non credo sia una buona idea legarti a un Phyrexiano,” disse Nissa in tono piatto. “Distruggiamolo.”

“Ho combattuto mostri tutta la mia vita.” Frustrato, Lukka le voltò le spalle. “Posso gestirlo.”

Nissa non disse una parola, di per sé una reazione piuttosto eloquente.

“Te lo prometto,” disse Lukka, “se mi viene anche solo un mal di stomaco, ucciderò la creatura.”

Nissa lo fissò, incerta, poi si guardò intorno nel Labirinto del Cacciatore. Lukka immaginò che stesse valutando la sua capacità di sopravvivere da sola, senza di lui, scoprendosi impreparata. Infine, Nissa sospirò.

“Non mi piace,” disse.

“Mantengo sempre la mia parola,” rispose Lukka, irritato.

Nissa annuì. “Troviamo la strada migliore per uscire da qui.”

Lukka immerse la sua mente nella coscienza del centauro. I suoi pensieri erano confusi, duri e luminosi di rabbia, spessi e viscidi di astuzia. Percepì la forma del territorio della bestia e i sentieri percorsi di frequente.

“Ah,” disse, con un sospiro di profonda soddisfazione. “Si va in alto, naturalmente.”

Nissa sembrava infastidita. “Questo potevo dirtelo anch’io.”


“In alto” era più facile a dirsi che a farsi nel Labirinto del Cacciatore. Per arrivare a un “albero” che fosse possibile scalare, Lukka e Nissa dovettero attraversare un varco cavernoso tra i rami monolitici. Per fortuna, e come Lukka si aspettava, il Phyrexiano si rivelò utile.

Per prima cosa, il Planeswalker lo costrinse ad allungare il suo corpo massiccio sugli spazi vuoti tra i rami, in modo da utilizzarlo come un ponte. Riusciva a sentire la sua carne muoversi sotto i piedi mentre respirava. I piedi di Nissa erano uno scalpiccio tagliente lungo la spina dorsale. Affondava di proposito i suoi stivali in modo da farli sentire a Lukka?

Quando raggiunsero la via più libera, un albero senza rami con pochi nascondigli per i predatori in agguato, Lukka salì sulla schiena del centauro. Tese la mano a Nissa. Lei lo ignorò e si inerpicò al suo posto, stringendo le gambe intorno al corpo del centauro come se fosse un cavallo. Il suo modo di fare irritava Lukka. Anche il suo odore, aspro come il limone, lo infastidiva. Si era forse lavata i suoi lunghi capelli scuri in acqua citrica per prepararsi alla battaglia?

Purtroppo, non si potevano scegliere i propri alleati. Poteva seguire gli ordini e concentrarsi sulla missione, come ogni bravo soldato, e rispettare il legame che si creava quando si combatteva fianco a fianco con un alleato.

Con uno schiocco della mente, ordinò al centauro di salire sull’albero. Non aveva nemmeno bisogno di guidarlo. La creatura si arrampicò verso l’alto a balzi; le articolazioni aggiunte nei suoi arti le conferivano un movimento dondolante. Lukka non poteva tenersi stretto. Né poteva muoversi con il centauro.

Nissa sembrava a disagio.

Lukka allungò la testa e intravide un varco tra i rami con la sua doppia vista, per metà sua e per metà del Phyrexiano. “Reggiti forte.”

“Fatto.”

Il centauro Phyrexiano saltò. La momentanea libertà scaturita dalla caduta libera si insinuò in Lukka, e insieme oscillarono in avanti mentre il centauro atterrava. L’impatto sballottò la schiena di Lukka.

Il centauro ciondolò in avanti verso una piattaforma che sporgeva da un albero altrimenti privo di rami. La piattaforma aveva l’aspetto di un fungo metallico, ricoperto da chiazze luminose di lembi verdi simili a un lichene.

Il centauro affondò nell’albero i suoi arti anteriori affilati come rasoi e iniziò la sua ascesa. Lukka si sporse in avanti, premendo il suo baricentro sulla schiena del centauro. Poteva sentire ogni fibra della bestia tendersi mentre si arrampicava, il suo cuore organico martellare di fervore, le sue giunture metalliche scricchiolare sotto il peso combinato di Lukka e Nissa. Nissa si aggrappò a Lukka, il braccio sottile cinto intorno alla sua vita, la guancia premuta contro la sua schiena.

Erano solo i suoi piedi, decise Lukka, a dargli fastidio: i suoi talloni appuntiti affondavano nel corpo del centauro, e lui poteva sentirne l’eco sulle proprie costole.

Non era sempre stato alto e forte come adesso. Una volta, prima che il suo fisico da adolescente iniziasse il suo sviluppo, un gruppo di ragazzi più grandi lo aveva messo alle strette. Sapeva già di essere diverso, anche se non aveva ancora capito come. In qualche modo, gli altri ragazzi lo avevano percepito: una barriera invisibile che gli impediva di essere uno di loro. Lo avevano accerchiato. Cinque contro uno. Aveva deciso di battere in ritirata, ma gli altri lo buttarono a terra. Mentre era raggomitolato per difendersi dai colpi che gli piovevano addosso, dovette scegliere: testa o costole? Si avvolse le braccia sul cranio e cercò di resistere.

Naturalmente, gliela fece pagare più avanti, e i ragazzi se ne pentirono.

Voleva che Nissa la smettesse. Che la smettesse di affondare i suoi talloni. Basta.

Sapeva che Nissa doveva reggersi, ed è quel che fece. Dopotutto non erano le sue costole. Non disse nulla.

Il Labirinto del Cacciatore sembrava mormorare intorno a lui come se un vento invisibile ne agitasse i rami. Eppure, non c’era nemmeno un alito d’aria ad agitargli i capelli sulla nuca. Alcune spore scivolarono giù, brillando di verde in granelli turbinanti.

Piccoli bulbi oculari, sporgenti come nodi nel legno, si aprirono per osservare il passaggio di Lukka e Nissa. Il fogliame, simile a una felce, spiegò le sue lame come se desiderasse ardentemente il suo sangue. Piccole creature metalliche simili a granchi correvano tra pozze oleose. Lukka poteva sentire l’interconnessione del Labirinto del Cacciatore, i Phyrexiani che vi camminavano attraverso, connessi attraverso rampicanti metallici. Questo sì che sarebbe stato interessante: dominare un intero ecosistema. . .

Immagina il potere. . .

Ci fu un lampo di luce bianca.

“Attenzione!” gridò la Viandante. Apparve su un albero di fronte a loro e ora era aggrappata al tronco come se stesse abbracciando un orso per non cadere.

Lukka si guardò intorno alla ricerca del pericolo.

Ali coriacee si aprirono di scatto vicino alla sua testa. Una mostruosità di Phyrexia piombò verso il basso, cercando di raggiungere il volto di Nissa con i suoi artigli gocciolanti d’olio. Nissa lo afferrò con forza con un braccio portò la mano libera alla spada. Lukka cercò di girarsi per respingere la creatura, ma era proprio dietro di lui. Non poteva mantenere il controllo della carcassa e combattere allo stesso tempo.

La mostruosità si voltò su se stessa, attaccando il braccio con cui Nissa l’aveva afferrata, e cercando di strapparle l’arma di mano.

Illustrazione di: Lorenzo Mastroianni

Lukka raggiunse con la mente il centauro Phyrexiano con un ordine: portami al sicuro. Così fece, anche se non nel modo atteso. Fili metallici coperti di venature gli spuntarono dal busto, penetrando nella pelle di Lukka e dimenandosi attraverso l’intestino per avvolgersi attorno alla sua spina dorsale. Avrebbe dovuto sentire dolore. Non fu così. Non è questo che intendevo. Ogni fibra lasciava dietro di sé un intorpidimento rinfrescante. Lukka si sentì tutt’uno con la creatura: la sua spina dorsale cullata, le sue ossa strette con delicatezza.

Si voltò. Con le braccia ora libere, estrasse il suo arpione e lo lanciò contro il loro aggressore. Sorpresa, la mostruosità di Phyrexia venne inchiodata a un albero, schizzando sangue oleoso sul viso di Lukka. Il Planeswalker tirò via l’arpione, riavvolgendolo. Il corpo del Phyrexiano cadde a terra.

I rosicchiatori rosso bruno si tuffarono dietro al cadavere in caduta con strepiti di felicità. Solo coloro che si adattano meritano di sopravvivere.

La Viandante osservò Lukka dal suo albero. “Qui sono inutile,” mormorò; poi, con un altro guizzo, viaggiò via tra i piani.

Nissa fissò Lukka con gli occhi verdi spalancati per l’orrore. Aveva del sangue sul viso. Aveva ricevuto una ferita alla testa? A volte anche un taglio superficiale del cuoio capelluto poteva sanguinare copiosamente e apparire peggio di quel che era. Ma se avesse avuto un grave trauma cranico, non sarebbe stata in grado di combattere. Lukka doveva sapere se poteva contare su di lei. Si abbassò per spingerle indietro i capelli. Lei indietreggiò istintivamente e cominciò a cadere. Lui l’afferrò. Il peso aggiunto di Nissa fece sì che il centauro stringesse ancora di più il legame interno con Lukka. Era ben radicato dentro di lui.

Nissa smise di dimenarsi. Osservò l’ambiente circostante come se stesse cercando un luogo dove poter scendere. Ma non c’era niente: solo quel torace di metallo liscio e una lunga discesa. Poteva reggersi forte o arrendersi e viaggiare via tra i piani. Decise di reggersi. Le sue labbra si irrigidirono in un’espressione accigliata.

Il centauro, grazie al legame che aveva stabilito con Lukka, aveva salvato entrambi.


Lui e Nissa raggiunsero un punto in alto nella vegetazione del Labirinto del Cacciatore. Qui la luce era più luminosa, di un giallo più caldo e intenso, come burro sulla lingua. L’“albero” che il Phyrexiano stava scalando si era ristretto, e ora era abbastanza sottile da tremare sotto il loro peso.

Meriti il potere. Sei forte. Qui, la forza viene premiata. E i deboli eliminati.

Lukka non sapeva se per Nissa fosse così ovvio come lo era per lui, ma ora che avevano raggiunto quell’altezza dovevano muoversi di nuovo paralleli al terreno, forse anche fino al limite della foresta. I rami intrecciati, nodosi come il legno ma fatti di metallo e carne, formavano una rete di strade su cui viaggiava la vita. Le foglie luccicavano, i loro stomi delle dimensioni di un pugno si aprivano e si chiudevano seguendo il respiro degli alberi. Bacche grosse come teste mozzate penzolavano a grappoli. I fiori, di un colore rosa intestino e maleodoranti come una macelleria, gocciolavano olio nero.

Fino a quel momento, Lukka non si era accorto di quanto fosse tutto così bello.

Il centauro balzò da un albero all’altro, atterrando duramente su un’altra piattaforma a forma di fungo. Lukka gli ordinò di ritirare i suoi viticci. La creatura obbedì senza protestare. Il Planeswalker scese. Nissa osservò il suo stomaco, ma non c’era alcun segno che il Phyrexiano fosse mai stato dentro di lui, tranne per alcuni squarci nella sua casacca, che potevano essere stati causati da qualsiasi altra cosa. Il tessuto non era macchiato nemmeno da una goccia di sangue.

Nissa camminò fino all’orlo della piattaforma. Si guardò intorno come alla ricerca di una via. Non trovando nulla, scosse la testa. Lukka aveva la sensazione che se si fossero trovai davanti a un bivio, lei avrebbe suggerito di separarsi. Ma nessun bivio si aprì davanti a loro. La vegetazione era così fitta che si intravedeva solo una via in cui avanzare. Quindi, l’elfo doveva scegliere tra proseguire con lui o viaggiare indietro tra i piani fino a casa. La mente del Phyrexiano riferì a Lukka che quella era la strada giusta.

Nissa si mise al passo accanto a lui. Si limitò a intrecciare le dita e ad stiracchiarle, con lo sguardo ora verso l’alto. “Non riesco ancora a scorgere l’uscita.”

“È lì.” Lukka riusciva a sentire il calore corroborante del sole lungo la schiena. In effetti, a pensarci bene, questi alberi erano organismi perfetti: erano così grandi e forti e avevano bisogno di così poco per sostentarsi... Anche tu sei così. Ti sei sempre preso ciò che ti veniva dato. Hai sfruttato al meglio quello che avevi.

Il sentiero conduceva in un’apertura ristretta. Giaceva aperta, ansante nell’oscurità.

“Forza.” Lukka vi si diresse dentro.

“Aspetta...” Nissa lo inseguì e poi si fermò.

L’apertura si richiuse dietro di loro. Nissa si girò verso Lukka. Gli rivolse un’occhiata sospettosa, ma non disse nulla.

Lukka riprese a camminare. Il centauro Phyrexiano avanzò al trotto, obbediente.

L’odore all’interno del passaggio gli ricordava quello di un campo di battaglia: puzza di sangue e viscere sventrate. Le pareti fioche intorno a lui brillavano della luce verde malaticcia dei lembi erbosi, e la superficie frondosa del passaggio li faceva ondeggiare in avanti, come le ciglia all’interno di un intestino.

Nissa lo seguì, riluttante. Era così pronta a criticare le sue scelte, ma di certo non aveva un piano migliore. Era stato lui a portarli entrambi fin lì, trascinando lei quasi come un peso morto. Lukka non sapeva nemmeno perché Nissa avesse scelto di partecipare a questa missione.

Chi non è meritevole dovrebbe perire per lasciare il posto a chi è più intelligente e spietato.

Aveva sempre creduto nella meritocrazia. Eccellenza, abilità, addestramento, talento: ecco come si era fatto strada fino a diventare capitano degli Speciali.

Un movimento tra la casacca e la pelle attirò la sua attenzione. Infilò le dita nei buchi dei suoi abiti, aspettandosi di trovare una zanzara intrappolata.

Qualcosa gli afferrò il dito, morbido e simile a una ventosa.

Lanciò un’occhiata alle sue spalle, ma Nissa era intenta a perlustrare il passaggio in cerca di eventuali pericoli. Non stava guardando nella sua direzione.

Lukka sbirciò attraverso un buco nella sua casacca. Alcune radichette Phyrexiane erano rimaste dentro di lui. Adesso gli baciavano le dita, come anemoni di mare.

E se non provassi mai più dolore o paura? Se provassi solo certezza e appartenenza, e la consapevolezza che ciò che fai è giusto perché sei tu a farlo?

“Cosa c’è?” chiese Nissa.

Lukka estrasse le dita con aria colpevole. Le aveva promesso che si sarebbe tirato indietro se avesse sperimentato qualsiasi cambiamento fisico come risultato del suo legame con l’abominio Phyrexiano. Ma quei delicati viticci, che pulsavano umidi sulla punta delle sue dita, non gli causavano alcun dolore. Si sentiva più sano, più forte, più sicuro di sé... Più simile a se stesso di quanto non si fosse sentito da molto tempo.

Rivolse un sorriso a Nissa.

“Devi avermi fatto venire dei lividi alle costole durante la salita,” disse. “Ti tenevi a me così stretta. Eri spaventata, vero?”

Nissa aggrottò la fronte. “Sei sicuro che stiamo andando nella direzione giusta?”

“Certo.”

Intorno a lui, le pareti sospiravano di soddisfazione. Si diresse più in profondità, verso il suono. Anche Nissa lo sentiva? Lukka credette di aver sentito delle voci. Non sussurri, ma mormorii. Forse erano diretti verso un gruppo di compagni Planeswalker, anche loro separati durante la fase iniziale dell’attacco. Ma più probabilmente, pensò, si stavano dirigendo verso il nemico.

Si sarebbe aspettato di sentirsi dolorante dopo la scalata, e dopo diversi combattimenti, ma così non era. Sentiva che le sue ginocchia erano diverse, così come le articolazioni dei fianchi, come se si fossero riplasmate in una forma più forte ed efficiente.

C’è forza nel cambiamento e potere nella flessibilità. Conta solo vincere.

Uno sciame di creature simili a sanguisughe emerse dalle ciglia intorno a loro. Con i loro corpi affilati come rasoi e luccicanti di denti, ribollivano verso Lukka a una velocità sorprendente. Il centauro Phyrexiano entrò in azione, schiacciando le polpose creature.

La Viandante apparì dal nulla accanto a loro. Per una frazione di secondo sembrò confusa, ma poi si lanciò in azione, estraendo la lama e tranciando le creature in lunghi e devastanti archi.

“Da un pericolo a un altro,” mormorò.

Nissa faceva a pezzi le creature con la sua spada e le respingeva a calci prima che potessero arrampicarsi sulle sue gambe. Lukka non aveva nemmeno estratto il suo arpione. Non sarebbe stato efficace contro creature così inconsistenti: erano talmente piccole che poteva afferrarle e squarciarle in due. Le sue mani, le sue dita... erano taglienti, metalliche. Non riusciva a ricordare quando fosse avvenuto quel cambiamento, ma doveva essere stato recente. Poteva affettare le creature sciamanti con le sole unghie, spargendo perle di budella viola sul terreno. Ma continuavano ad arrivarne.

Il terreno sotto di loro si risvegliò e lui si rese conto che erano entrati nella creatura-madre, sistemata sul pavimento del passaggio, i suoi piccoli sepolti nella sua carne come pustole. Il pavimento si contorse di nuovo, denti spuntarono, molteplici bocche si aprirono sotto ai suoi piedi.

La Viandante emise un lamento e scattò fuori dalla bocca della bestia.

Nissa afferrò la mano di Lukka e lo tirò via. I due balzarono fuori dalle fauci della bestia sul pavimento più piatto, asciutto e metallico davanti a loro.

Alle loro spalle, la bestia-madre si raggomitolò verso l’alto e intorno al centauro Phyrexiano per inghiottirlo. Il suo dolore angosciato e furioso ruggì attraverso Lukka. Come aveva potuto pensare che quella creatura fosse meccanica, priva di emozioni? No, era stata sottomessa, giaceva in agguato, lo valutava. . .Lukka corse in avanti.

“Non farlo!” gridò Nissa. “Lascialo stare!”

Ma Lukka sentì una forza come non aveva mai conosciuto prima attraversarlo, e si lanciò in avanti, con un balzo che sfidava la gravità, spingendosi nelle fauci centrali della creatura. Questi cambiamenti non sembrano così male, Nissa. Sono utili, più che altro.

Le sue unghie, luccicanti come il metallo, erano così affilate, le sue mani così taglienti che squarciò la mostruosità-madre. Aprì un lembo di carne e liberò il suo Phyrexiano. La mostruosa creatura, tagliata in due, rabbrividì con spasmi mortali e appiccicosi. I suoi spruzzi arteriosi andavano scemando mentre moriva. I suoi piccoli si sparpagliarono e fuggirono.

Il centauro Phyrexiano avanzò barcollando e si sdraiò, prostrato con gratitudine, ai piedi di Lukka.

La Viandante aveva strappato una striscia di stoffa bianca dai suoi abiti per fasciare una ferita nell’avambraccio di Nissa. Una delle creature simili a sanguisughe doveva aver rimosso un pezzo di carne.

“Ce la fai a continuare?” Lukka cercò di essere amichevole. Solo i sopravvissuti meritano di vivere. I forti hanno il diritto di abbattere i deboli. Il dovere.

“Dovremmo viaggiare tra i piani fuori di qui,” disse Nissa.

“Abbiamo quasi raggiunto il centro del labirinto,” aggiunse Lukka.

Nissa gli rivolse uno sguardo torvo. “Stavamo cercando di uscire. Di raggiungere la superficie.

Lukka aggrottò la fronte. Non riusciva a ricordare in che momento i suoi obiettivi erano cambiati. Erano davvero cambiati? Sentiva di essere diretto da questa parte fin dall’inizio. Rifletté su questo, fissandosi le braccia e le mani. Il problema, naturalmente, di quando infilava le mani nelle creature per combatterle era che aveva segni di morsi dappertutto. Al momento non se n’era accorto, e adesso non gli facevano male. Avevano già iniziato a cicatrizzarsi, e spesse croste nerastre si stavano formando su ogni ferita.

“Tu cosa ne pensi?” chiese finalmente Lukka alla Viandante. “Sei riuscita a metterti in contatto con gli altri Planeswalker? Dobbiamo ritirarci?”

La Viandante esitò, poi scosse la testa. “Ho visto molto di questo piano mentre cercavo di rimanere stabile. Tra le altre cose, ho visto anche Vorinclex.”

Lukka si grattò una crosta. Quando questa si staccò, vide al di sotto un movimento dimenante, simile a un verme. Più sotto ancora, la sua ulna scintillava... di un luccichio metallico. Una ferita profonda fino all’osso, si meravigliò, e non avvertiva il minimo dolore.

“Vorinclex,” ripeté Nissa.

“Sì,” disse la Viandante. “Siamo vicini. Voi siete vicini. Inoltre, credo che Vorinclex si sia ripreso dal suo viaggio a Kaldheim. Dobbiamo eliminarlo prima che faccia del male a qualcun altro.”

“Non è per questo che siamo qui,” disse Nissa. “Dovremmo tornare dagli altri.”

Per una volta, Lukka era d’accordo con lei. “Non rientra nella missione.”

“È un’opportunità,” disse la Viandante. Poi, in un lampo di luce bianca, viaggiò involontariamente via tra i piani.

Nissa sembrava pensierosa. “Anche se ci provassimo, non credo che riusciremmo a trovare gli altri. Ma se uccidessimo uno degli alleati di Norn, potremmo dar loro una possibilità in più.”

Lukka rifletté. Arrivare così vicini e non attaccare. . .beh, sarebbe da codardi. “Hai ragione. Anche la Viandante ha ragione. Eliminiamo Vorinclex.”

Nissa lo scrutò come per valutare il suo valore come alleato. “Da che parte?”


Il cammino diventava più facile man mano che si avvicinavano al centro del labirinto: o era incustodito o qualcosa di più grande e predatorio aveva divorato le mostruosità più piccole. Il fitto mormorio delle voci, tutte incomprensibili, era così forte da rendere impossibile il pensiero.

Lukka si chiedeva perché Nissa non mostrasse alcun segno di disturbo. Forse era più dura di quanto immaginasse.

Le ciglia lungo le pareti del labirinto ondeggiavano tutte come se una corrente invisibile le attirasse verso il medaglione centrale. Nella sala di Vorinclex, le ciglia diventavano più spesse, più lunghe e più pallide, di un bianco giallastro e scintillante, e il pavimento si abbassava in un buco cavernoso che somigliava alla bocca di una stella marina. Sentì un clangore metallico, l’inconfondibile suono di una lama contro l’altra, seguito dall’aspro scivolamento di una parata. Poi li vide.

Vorinclex combatteva contro un elfo Phyrexiano sotto i mostruosi teschi che pendevano dal soffitto. L’elfo sembrava fuso con piastre metalliche di rame e non aveva bisogno di spada. Il suo braccio era una lama. Glissa. Era questo il suo nome. Lukka l’aveva incontrata, anche se per poco. Vorinclex torreggiava su di lei con i suoi oltre tre metri di metallo, ossa e carne piangente. Abbassò le sue braccia muscolose su Glissa come se cercasse di inchiodarla al pavimento con i suoi enormi artigli. Glissa rotolò di lato con una risata echeggiante, le ciocche ramate dei suoi capelli che fluivano dietro di lei.

Lukka non riusciva a capire se stavano combattendo o giocando.

Glissa fiancheggiò Vorinclex, abbassando il braccio munito di lama sulle sue spalle ricoperte di pelo, e Vorinclex le andò incontro, parando di nuovo il suo colpo. Lukka non aveva mai visto una tale gioiosa espressione di combattimento. I due danzavano, sembravano quasi fluttuare, sulle pallide ciglia ondeggianti sul pavimento.

Illustrazione di: Krharts

Nissa gli afferrò il polso. Sussurrò: “In due avremmo potuto affrontare Vorinclex. Forse. Ma non Vorinclex e Glissa.”

“Siamo due contro due,” rispose Lukka.

Nissa gli rivolse uno sguardo penetrante. “Kaya ha detto di essere a malapena riuscita a gestire Vorinclex da sola.”

“Possiamo farcela.”

“Mi stai ascoltando?” sibilò Nissa.

“Abbiamo anche il mio alleato. L’abominio Phyrexiano.”

Senza aggiungere altro, Lukka caricò all’attacco. Nissa, dietro di lui, proruppe in una serie di imprecazioni che avrebbero fatto arrossire persino Chandra. Ma si lanciò comunque dietro di lui, come Lukka sapeva che avrebbe fatto. Nissa non avrebbe mai permesso che un alleato affrontasse il combattimento da solo.

Lukka si lanciò contro Glissa mentre Nissa combatteva contro Vorinclex.

Glissa si girò con un sibilo e alzò le mani artigliate in difesa. Lukka non aveva bisogno di un’arma per attaccarla: anche lui aveva i suoi artigli. I due si scambiarono dei colpi, e Glissa sorrise. Si eguagliavano alla perfezione. Lukka non si sentiva così da anni, non dal suo ultimo grande combattimento con le Giubbe Ramate. Glissa sembrava provare la stessa emozione, e Lukka riusciva a sentirsi mentre rideva... una risata di pura felicità.

Poi inciampò.

Glissa si lanciò in avanti, pronta a trafiggerlo con il suo braccio affilato. Lukka non glielo avrebbe di certo permesso! Avrebbe voluto che questo combattimento non finisse mai.

Usò l’eludha. Il suo alleato Phyrexiano si precipitò nel combattimento. Unisciti a me, gli disse, bramando il suo potere, la sua forza. Il Phyrexiano fluì dentro di lui. I suoi viticci si contorcevano nel suo corpo. Le radichette dentro di lui balzarono all’infuori per andargli incontro. Riusciva a sentire il Phyrexiano muoversi dentro di lui e poi diventare lui. La sua pelle si spaccò come se fosse diventata troppo secca, e pronta a questo cambiamento. Il suo corpo si piegò verso l’esterno come un fiore che sboccia, la sua cassa toracica si aprì mentre il Phyrexiano si insediava dentro di lui e le sue braccia diventavano le braccia del Planeswalker.

La creatura era pronta a servirlo fino alla fine. A sacrificare la vita per salvare la sua. Tanta era la sua fedeltà. Era ai suoi ordini, obbediente e sottomessa in ogni modo.

Le spine dorsali di entrambi si fusero, e Lukka si alzò sulle gambe della creatura, torreggiando su Glissa. Aveva ancora le sue braccia, immobili, più affilate e abili, ma quelle del Phyrexiano ora formavano una seconda serie di braccia con un raggio d’azione più ampio. Aveva sempre avuto la sensazione che la sua arma fosse parte di lui... ora era davvero così. Colpì Glissa e lei danzò di nuovo indietro sulle ciglia con una risata vivace e incoraggiante.

Illustrazione di: Chase Stone

Il combattimento con Glissa avvicinò Lukka a Nissa e Vorinclex. Nissa non se la stava cavando male. Il pretore sanguinava icore da una decina di tagli lungo tutto il corpo.

“Prendi... l’elfo,” gracchiò Vorinclex.

Nissa gettò uno sguardo verso di lui. Poi lo guardò di nuovo con un’espressione di disgusto e orrore. Indietreggiò. Era in inferiorità numerica e lo sapeva.

Lukka avanzò verso Nissa. Era diventato tutt’uno con il centauro e, insieme, erano entrambi più potenti. Nissa batté cautamente in ritirata, mentre la collera e la paura sovrastavano l’orrore sui suoi lineamenti. Finalmente, lo temeva. Lo rispettava.

È così che dev’essere. Il forte trionfa sul debole. Ecco cos’è la vita. Ecco cosa significa vivere. Lukka aveva imparato bene quella lezione quando il suo legame venne rivelato e la sua gente si rivoltò contro di lui. Aveva sempre saputo di voler essere chi colpisce, non chi viene colpito, perché esistono solo due tipi di persone in questo mondo. C’è chi subisce e chi infligge. Nissa mantenne la sua ritirata costante mentre cercava di raggiungere il passaggio che avevano usato per entrare nella sala di Vorinclex. Teneva la spada in alto, per difendersi da un suo colpo. Sembrava che stesse riflettendo, cercando di decidere se restare nel Labirinto del Cacciatore o viaggiare via tra i piani. Lukka doveva prenderla adesso, prima che fuggisse. Avanzò verso Nissa con le mani alzate, godendo della loro affilatezza: non aveva bisogno di un’arma, lui era l’arma.

La Viandante riapparve in un lampo tra lui e Nissa, e sollevò istintivamente la spada per parare. Quando le mani di Lukka si abbatterono verso di lei, fermò il colpo, digrignando i denti contro il suo peso e costringendolo ad allontanarsi.

“Lukka?” Poi anche la sua rabbia per la battaglia si trasformò in confusione. “Nissa, scappa!”

Nissa rivolse a Lukka uno sguardo sofferente e furioso.

E poi corse via.

“Per i Nove Inferi, non questo...” disse la Viandante prima di sparire.

Glissa gli sorrise, il meccanismo visibile lungo la mascella e la guancia rivelava la sua bellezza selvaggia. Lukka se l’era guadagnato. Aveva sempre saputo di essere diverso, considerata la sua capacità di legare con gli animali. Aveva sempre saputo di essere migliore. Sarebbe potuto tornare a casa e non avrebbe trovato un mostro in tutto il piano in grado di tenergli testa, ora.

Finalmente era diventato se stesso, chi era destinato a essere.

“Fermati,” disse Glissa, e Lukka si fermò, in attesa di ulteriori istruzioni. “Trova la creatura elfica, Lukka. Ma non ucciderla. Nuova Phyrexia ha in mente dei piani per lei nella guerra che verrà.”

Accanto a sé, Lukka sentì la risata bassa e ringhiante di Vorinclex, percepì il piacere indiretto che Glissa provava osservando la fiducia che aveva in se stesso, e si accorse di sorridere. Il Labirinto del Cacciatore era vasto, magnifico e terribile... ed era ora di andare a caccia.