Ricordi di sangue
Il racconto precedente: I superstiti di Rocca Celeste
Mentre Kalitas e il Ghet minacciavano di trasformare tutti i vampiri di Malakir in schiavi degli Eldrazi, Drana contrattaccò, riprendendo il controllo di Malakir e scacciando dalla città Kalitas e gli altri traditori. Ma la vittoria di Drana non poté essere festeggiata a lungo, poiché lei e il suo popolo furono costretti a fuggire dalla città per salvarsi dall'assalto delle orde in continua crescita degli Eldrazi.
Il loro numero era cresciuto grazie alle migliaia di mortali che non avevano avuto altra scelta se non unirsi a loro o perire nell'assalto degli Eldrazi. Essi sono l'ultimo bastione di civiltà su Guul Draz e vagano sulla superficie del continente devastato alla ricerca di speranza o soccorso, sempre più rari sul loro mondo.
Uno stormo di uccelli si stagliava contro un cielo del colore degli alberi morti. Nessuna forza li rallentò, nessuna freccia e nessuna magia perforarono le loro ali. Semplicemente caddero e morirono; i loro corpi senza vita smisero di muoversi. Drana pensò che si fossero semplicemente arresi. Forse sarebbe stata una scelta ragionevole.
Intorno a lei, enormi slitte gemevano e cedevano sotto il peso di migliaia di profughi, sia vampiri che mortali. Ogni slitta era legata a centinaia di nulli, che sbavavano e farfugliavano nel loro continuo movimento. Non si dirigevano più verso qualcosa. Solo lontano da qualcosa. Lontano dagli Eldrazi, lontano dalla morte certa. Ma ogni giorno c'erano sempre meno luoghi dove allontanarsi. La terra lontana, qui su Guul Draz, era stata sostituita dalla presenza di altri Eldrazi.
Drana si sollevò in aria, per osservare un orizzonte che sapeva non avrebbe offerto alcuna speranza, ma continuava comunque a farlo. Sei slitte giganti e alcune piccole bande sparse di esploratori e battipista vampiri e dei pochi mortali ancora pronti a combattere. Quindicimila vite al massimo, di cui meno di un quinto più utili in battaglia che come scorta di sangue delizioso. Quando avevano liberato per la prima volta Malakir dai vampiri traditori che si erano arresi al richiamo degli Eldrazi, quando pensavano ancora di poter vincere la guerra... il loro numero era tre volte più grande e la maggior parte di loro era composta da utili guerrieri vampiri.
Drana si sollevò più in alto per vedere il grande Eldrazi che li seguiva. Avrebbe voluto dire che erano migliaia, ma non voleva mentire a se stessa. Erano molto più numerosi di semplici migliaia; erano un numero talmente più grande da non riuscire a esprimerlo. Nel mezzo di quel mucchio si trovava quell'enorme Eldrazi, che torreggiava rispetto alle colline vicine, l'evidente signore di quelle terre. Quel mostro non era enorme o formidabile come Ulamog, ma era comunque sufficientemente massiccio e potente da devastare l'intero continente di Guul Draz. Le sue numerose membra descrivevano continuamente un'orbita nel cielo. I vampiri avevano subito grandi perdite a causa di quelle braccia, durante gli assalti aerei prima di comprendere la futilità di tali attacchi.
Illustrazione di Tyler Jacobson
L'Eldrazi era massiccio, inesorabile, letale . . . ma almeno era lento. In alcuni momenti, le slitte erano così tante miglia più avanti da non essere più visibili. Ma alcuni Eldrazi più piccoli erano giunti dai lati e, per fare in modo da evitarli, le forze di Drana avevano permesso al gigante di avvicinarsi. Ora gli inseguitori si trovavano solo un paio di miglia dietro di loro e i vampiri stavano per esaurire i loro sotterfugi. Presto sarebbero giunti sulla costa e la loro unica speranza sarebbe stata tornare sui propri passi e . . . rimanere in vita anche oggi, Drana ricordò a se stessa. Quello era il nuovo obiettivo. L'unico obiettivo. Rimanere in vita anche oggi.
L'obiettivo diventava ogni giorno più difficile da raggiungere.
Gli Eldrazi erano ovunque e la terra che aveva conosciuto per migliaia di anni stava evaporando. La roccia, il legno e la vita non erano in grado a resistere alla calcificazione che seguiva ogni assalto degli Eldrazi. Drana pensò al cadavere della terra, alla quale venivano risucchiati l'essenza e il sangue per soddisfare l'insaziabile fame di quegli implacabili predatori. Siamo nati nell'ombra dei nostri creatori, pensò, non per la prima volta. Non abbiamo la stessa forma, ma condividiamo la stessa indole. La dolorosa verità, l'essenziale verità, era che gli Eldrazi erano vampiri migliori degli stessi vampiri.
Si voltò verso la costa, la loro attuale destinazione. Laggiù, oltre quelle acque, si trovava Tazeem. Alcuni dei vampiri sentivano che avrebbero trovato un rifugio, ma altri, tra i quali Drana, non trovavano alcun motivo per cui là dovesse essere diverso da qua. Se i vampiri, la razza più potente di Zendikar, non erano in grado di sconfiggere gli Eldrazi, quali possibilità avrebbero potuto avere gli esseri inferiori? Ogni giorno qualche vampiro partiva, con la sciocca speranza che da qualche parte potesse esistere un luogo sicuro.
Osservò un puntino all'orizzonte, che presto divenne un insieme di cinque, dieci, molti di più. Provenivano dalla direzione di Tazeem e alcuni vampiri esploratori si sollevarono per osservare più da vicino. Un sovrintendente le si avvicinò. I puntini si erano trasformati in figure visibili. Ce n'erano circa un centinaio. "Quelli sono velalianti. Kor".
"Li accogliamo o li uccidiamo?". Kan era stato uno dei suoi sovrintendenti per millenni. Conosceva il suo modo di pensare e lei apprezzava la sua laconica efficienza. Lui le sembrava stanco. Lei era stanca. La sua esistenza era durata migliaia di anni e, nonostante non riuscisse a ricordare più di una frazione della propria vita, era convinta di non essere mai stata così stanca. Una nuova esperienza. Fece un sorriso a denti stretti. Dovrei esserne grata.
"Accogliamoli. Vengono per unirsi a noi alla fine del mondo. Saremo accoglienti".
Illustrazione di Dan Scott
Il condottiero della delegazione kor era un uomo alto e magro, ma con muscoli possenti e slanciati. Un guerriero, come gli altri. Drana poteva sentire l'odore del sangue, il profumo delizioso degli esseri in buona salute. Era da giorni che non si nutriva e i suoi ultimi pasti erano stati a base del sangue dei morenti e dei malati. Il profumo di quei kor era fantastico. Fece un ampio sorriso e rese merito al condottiero kor per non aver indietreggiato e per non aver afferrato la sua spada. Il sangue dei valorosi aveva un sapore ancora migliore.
Rimpianse di non averlo potuto assaggiare dall'inizio dell'ascesa degli Eldrazi. L'elenco dei suoi rimpianti era molto lungo. Il nome del condottiero era Enkindi; lui e il resto della sua banda erano stati inviati da Gideon da Portale Marino alla ricerca dei sopravvissuti di Guul Draz, per convincerli a unirsi all'esercito di Gideon. Drana aveva sentito parlare di Gideon da alcuni degli ultimi uomini che erano giunti al loro accampamento. Si diceva che Gideon fosse un potente mago e guerriero umano, ma, quando Drana chiedeva se fosse riuscito a sconfiggere gli Eldrazi su Tazeem, la risposta era solo "No, ma è sopravvissuto". Drana non riusciva a vedere nulla di speciale in questo Gideon. Era riuscito nella loro stessa impresa, sopravvivere, fino al giorno in cui si sarebbero fermati. Non fermarti oggi. Quel giorno sarebbe potuto essere domani.
In ogni caso, se Gideon poteva permettersi di inviare cento truppe valorose alla ricerca di alleati sugli altri continenti, significava che era in condizioni sicuramente migliori delle loro. Ma, alla fine, non contava. Il fatto che questi kor fossero in grado di volare poteva invece essere importante.
Le slitte giganti si erano fermate. I vampiri sovrintendenti si aggiravano tra i nulli incatenati alle barre da traino e distribuivano carne in decomposizione da grandi pentoloni. I nulli erano i più facili da nutrire; il resto delle loro truppe era invece più esigente. I mortali si allontanarono traballando dalle slitte e ricevettero cibo di qualità leggermente superiore a quello dei nulli. A questo punto, i mortali non combattevano e non si ribellavano più per il cibo. Erano esausti per combattere. Ma non troppo esausti da essere costretti a rimanere sulle slitte. Tutti quelli che furono in grado si allontanarono dalle slitte. Avevano imparato.
Illustrazione di Anthony Palumbo
Mentre i suoi vampiri si aggiravano tra le slitte e prendevano quel piccolo nutrimento fornito dai morti e dai morenti, lei accompagnò il kor tra le migliaia di profughi. C'erano ancora alcuni mortali che possedevano ancora risorse e compassione. Maghi, guaritori, guerrieri, che vagavano all'interno dei gruppi accalcati per offrire il loro soccorso. Ma tutti sapevano che erano i vampiri a tenerli in vita. I cacciatori e gli esploratori erano costantemente alla ricerca di cibo in un ampio territorio circostante e riportavano tutto ciò che somigliava a cibo. Le provviste rimaste in Guul Draz erano però in diminuzione. Il bottino degli esploratori era sempre più misero. La maggior parte delle volte non tornavano neanche.
"State morendo, qui". La voce di Enkindi era ruvida e sincopata.
Non c'era traccia di giudizio, solo un'osservazione dei fatti. La voce di Drana era tagliente. "Siamo ancora vivi". Osservando gli sporchi volti che li circondavano, volti senza speranza o scintilla, sapeva di aver portato al limite il significato della parola "vivi".
"Certo, adesso. Ma con quale obiettivo? Quando finirà il vostro peregrinare? Gideon è convinto che potremo combatterli. È convinto che, se ci riuniamo, potremo . . .".
"Morire insieme?".
"Trionfare. Potremo trionfare. Molti di voi sono ancora forti. Sappiamo ciò che siete in grado di compiere in battaglia. Unitevi a noi".
"E che cosa ne faremo di loro?". Drana fece un gesto verso i molti gruppi di mortali che si accalcavano gli uni sugli altri, con i volti rivolti al terreno finché non fossero stati rimandati alle slitte. Nessuno aveva lo sguardo rivolto verso l'alto. I mortali non avevano alcun desiderio di attirare l'attenzione dei vampiri. Drana comprese. Nutrirsi dei mortali in fin di vita era il miglior compromesso che era in grado di far rispettare e, se i mortali lo ritenevano terribile, non era una decisione che le aveva permesso di conquistare il favore di coloro a cui era a capo.
"Io . . .". La voce di Enkindi barcollò. "Non lo so. Ma moriranno comunque, a meno che non riusciamo a sconfiggere gli Eldrazi". Drana li portò verso un gruppo numeroso di piccole figure che si trovavano ai lati delle slitte. Ce n'erano un centinaio, forse di più. In questo punto, solo in questo punto, c'erano segni di attività non strettamente legata alla sopravvivenza. Molte di queste piccole persone erano immobili e accalcate, ma altre correvano, giocavano e gridavano.
Solo in questo posto Drana aveva posizionato delle guardie, le sue guardie migliori e più fidate, tutto intorno al gruppo... per proteggerli da eventuali pericoli. Gli Eldrazi non erano l'unica minaccia. Sebbene i vampiri non avessero attaccato nessun mortale in buona salute, almeno non dopo che i primi trasgressori erano stati puniti con la morte, aveva deciso di utilizzare lo stesso le sue guardie.
"Bambini. Loro sono . . .". La voce di Enkindi aveva barcollato prima, ma ora si ruppe del tutto. Perfetto.
"No, non bambini. Guerrieri. Come te". La voce di Drana era apatica, leggera e vellutata, proprio come quando è in procinto di affondare i suoi denti nella preda. Nonostante non potesse godersi il vero sangue, poteva almeno godersi la caccia. "Melindra, vieni". Non gridò, ma la sua voce fu udita.
Uno dei bambini più piccoli smise di correre con gli altri e si avvicinò a Drana e a Enkindi. La sua chioma era corta... tagliata con uno stiletto, da lei stessa o da uno degli altri bambini. Aveva gli stessi zigomi sporgenti e la stessa pelle pallida di Enkindi, era un kor, ma non c'erano altri segni di somiglianza. Il suo viso era sporco e le sue vesti consumate e cenciose. Drana estrasse un pezzo di carne e lo porse alla bambina, che lo ingoiò e sorrise. Melindra aveva uno splendido sorriso.
"Sei una bambina, Melindra?". La voce di Drana era sempre melodica.
"No. Siamo soldati. Siamo una brigata, come dici tu. Siamo la brigata degli orfani. Hai detto che avremmo dovuto sceglierci un nome e abbiamo scelto questo". Mentre parlava, Melindra tirò fuori un pugnale da un fodero realizzato a mano in corda e pelle lacerata. Il pugnale era tagliente e oliato. "Come hai detto tu. Possiamo scegliere. Noi siamo la brigata degli orfani".
"Sì, vi ho detto così, Melindra. E quello è il vostro nome. La brigata degli orfani". Diede un colpetto sul capo a Melindra, che sollevò lo sguardo e sorrise di nuovo.
Enkindi osservò la bambina e poi Drana, con lacrime di rabbia. "Sono bambini! Bambini kor . . .".
"Ci sono anche umani, tritoni ed elfi. Sono tutti mortali. Diventare genitori non offre una maggiore protezione dalla morte, evidentemente".
"Li utilizzi davvero per combattere? Quanto sei malvagia? Loro sono . . .".
Illustrazione di Karl Kopinski
"Bambini, certo". Continuava ad accarezzare la corta chioma di Melindra. "Essere un bambino non offre una maggiore protezione dalla morte rispetto a essere genitore. Siamo in guerra. Per mia esperienza, le guerre sono sempre molto efficaci nell'uccidere i bambini. Forse è proprio questo l'obiettivo della guerra, uccidere i bambini".
La mano di Enkindi iniziò a contrarsi e a tremare. I suoi occhi si socchiusero e le lacrime si fermarono. Drana doveva essere molto attenta. Non avrebbe potuto provocarlo troppo.
"Con l'unica eccezione che in questa guerra contro gli Eldrazi, Enkindi, siamo tutti bambini".
Le spalle di Enkindi si abbassarono e la sua mano smise di contrarsi. La osservò, evidentemente perduto. Come si può salvare l'insalvabile?
"Io non li lascerò in balia degli Eldrazi. Non ne abbandonerò neanche uno. Mi chiedi di oltrepassare l'oceano e di combattere al fianco di Gideon, di uccidere gli Eldrazi laggiù invece di qui. Mi chiedi di salvare i bambini di laggiù invece dei bambini di qui. Ho una proposta diversa da farti. Verrò con te a combattere con Gideon a Portale Marino, se prima tu e i tuoi guerrieri combatterete con me. Aiutatemi a uccidere gli Eldrazi che ci inseguono, quelli che proprio in questo momento strisciano vicino a noi, spinti dalla loro fame. Aiutatemi a vincere la mia battaglia e io vi aiuterò a vincere la vostra".
Porse la mano nel modo in cui viene fatto dai mortali e riuscì a resistere alla tentazione di avvicinarsi al suo collo e affondare i denti, nel momento in cui lui le strinse la mano. Melindra mise il suo pugnale nel fodero e porse la mano nello stesso modo, ma Drana l'adorò ancor di più per questo gesto.
Drana inviò i suoi luogotenenti a dare inizio alle preparazioni e si accordò con Enkindi per un incontro in aria. Dovevano pianificare la battaglia.
Il sole si mostrò nel primo pomeriggio, con la sua luce smorta e pallida. Sembrava proprio che gli Eldrazi avessero risucchiato l'energia da tutto, anche dalla luce. I piani della battaglia vennero decisi rapidamente. Uno dei pochi vantaggi di combattere contro un'orda senza fine di un nemico inesorabile e irrazionale era la semplicità delle strategie di battaglia. Ogni giorno, ogni ora, il suo esercito si indeboliva. La scelta migliore era di colpire immediatamente. Un mormorio si diffuse nella massa. Dopo tutti quei giorni di fuga e morte, avrebbero avuto un'occasione di un'azione risoluta. Qualsiasi fosse stato il risultato, la realtà del domani sarebbe stata diversa dalla paura dell'oggi.
Non era incline all'introspezione, ma non era difficile comprendere che questo sarebbe potuto essere l'ultimo giorno della sua esistenza. Aveva vissuto molte migliaia di anni. Ma aveva anche vissuto molte centinaia di anni di quella vita senza che le si presentasse un'occasione. Avrebbe potuto dedicare se stessa al ricordo del suo passato; ogni nuovo giorno intenta a mantenere ricordi di centinaia di anni, oppure avrebbe potuto . . . lasciarli andare. Aveva scelto di lasciarli andare.
I ricordi per chi vive così a lungo sono un delicato edificio di sassolini. Sassolini che si reggono su altri sassolini che si reggono su altri sassolini. Poteva individuare approssimativamente i sassolini più grandi, ma dopo tutti questi anni tutto nelle fondamenta, tutto dei suoi primi anni, era ormai sepolto. Avrebbe voluto il ricordo di quegli albori, che sapeva sarebbero stati essenziali alla sopravvivenza dei vampiri in questa guerra. Oggi avrebbe ritrovato quei ricordi o sarebbe morta. Accolse la prospettiva della chiarezza, indipendentemente dalla forma con la quale sarebbe giunta.
Le occasioni di chiarezza si stavano avvicinando da tre lati. Il gruppo principale degli Eldrazi, con il mostro gigantesco al centro, proveniva da est. I due gruppi minori stavano convergendo da nord e sud. La maggior parte del suo esercito era stato assegnato al gruppo più grande. La gran parte di quel contingente era formata da vampiri, supportati da mortali di cui aveva fiducia per la battaglia. Quei mortali troppo ribelli da seguire in modo affidabile i suoi ordini furono assegnati a gestire i deboli e i feriti. Non sprecò tempo a spiegare ciò che avrebbero dovuto fare nel caso l'esercito fosse stato sconfitto. Lo avrebbero scoperto sufficientemente in fretta, nel poco tempo a loro disposizione.
I migliori sovrintendenti di Drana si occuparono delle poche centinaia di truppe volanti rimaste. Queste truppe volanti, insieme a Enkindi e ai suoi alleati, avrebbero avuto un ruolo chiave. Drana si concentrò sull'Eldrazi principale. Era al tempo stesso la più grande minaccia e la più grande occasione in questa battaglia. Avrebbero potuto uccidere tutti gli altri Eldrazi, ma, se non avessero trovato un modo per abbattere il loro signore, le sorti della battaglia non sarebbero cambiate. E non avrebbero avuto alcuna possibilità di abbatterlo senza truppe volanti.
Gli Eldrazi erano ormai vicini. Ce n'erano a migliaia, decine di migliaia, ancor di più; avevano forme e dimensioni diverse, correvano, si trascinavano, strisciavano, trangugiavano il loro cammino sul terreno roccioso, in questa periferia di Guul Draz. Alcuni erano anche in grado di volare, con corpi dalla forma deforme e grottesca, un affronto al dominio di Drana. Tra le masse e i corpi degli Eldrazi, si intravedevano occasionali Increspature che esplodevano, ingoiandoli nel terreno. Era Zendikar stesso che si ribellava agli invasori alieni, utilizzando il Torbido per combattere la sua guerra.
Illustrazione di Raymond Swanland
Ma le armi degli Eldrazi erano più spaventose. Ovunque sfiorassero la vita, la vita si spegneva. Ovunque sfiorassero la materia, la materia si disintegrava. Ovunque sfiorassero il mondo, il mondo cedeva. Essi sono la fine di ogni esistenza. Gli Eldrazi piombarono su di loro.
Sia i mortali che i vampiri affrontarono la prima linea con brutale ferocia. Fecero esplodere, tagliarono e strapparono tutto intorno a loro i nodi di fame inconsapevole che avevano forme gelatinose e tentacolari. Tutta la paura e la disperazione delle ultime settimane si trasformarono in furia e potere. Se questi dovessero essere gli ultimi momenti di vita, sarebbero stati epici; momenti che sarebbero valsi migliaia di anni di storia e canzoni per trasmettere la loro gloria.
Gli Eldrazi non erano interessati. Gli Eldrazi continuavano ad attaccare.
Un parassita Eldrazi scagliò un tentacolo affilato verso la sua testa. Lei lo addentò e afferrò l'appendice libera, facendola volteggiare per decapitare un altro Eldrazi dietro di lei. L'Eldrazi senza testa non era conscio di essere morto e dilaniò un mortale rimasto a bocca aperta, risucchiando la sua essenza ed eviscerandolo in un singolo gesto. Altri due mortali fuggirono dal terrore prima di venire uccisi da altri Eldrazi incalzanti. Drana tagliò a metà un Eldrazi con la sua spada e poi roteò per infilzarne un altro in pieno petto. Il gesto fu accompagnato da un ringhio e da un bestiale e maniacale ghigno sul volto. Ma nessun Eldrazi fuggì dalla paura. Il loro slancio in battaglia si basava molto sull'incutere paura e intimidire gli avversari; una volta sconfitta la volontà, il corpo sarebbe seguito a breve. Quell'approccio era però del tutto inutile contro gli Eldrazi. L'unica tattica disponibile era ucciderli.
Gli Eldrazi sfondarono la prima linea e penetrarono nel cuore delle forze. Altri Eldrazi li seguirono e altre ondate si prepararono dietro di loro, avanzando continuamente. Ce n'erano troppi. Uccidere non sarebbe stato abbastanza. Drana doveva utilizzare il suo altro percorso verso la vittoria.
Illustrazione di Todd Lockwood
Si sollevò alta nel cielo, dove si trovavano Enkindi e le sue truppe, intente a fare a pezzi gli Eldrazi volanti con i loro uncini e spade taglienti. Drana ammirò l'efficienza e l'efficacia dei velalianti kor. Avevano evidentemente molta pratica nell'uccidere gli Eldrazi. Drana sperò che fossero sufficientemente preparati.
"Kan!", urlò Drana al suo sovrintendente, che aveva mantenuto vicino alle forze di Enkindi. "Mobilitate la brigata degli orfani. Inviateli contro il signore!". Kan si lanciò in picchiata senza dire nulla. Anche Enkindi era sufficientemente vicino da udire quelle parole. Manovrò il suo velaliante per compiere un grande arco e ritrovarsi di fronte a Drana. "Mostro!". Il suo volto era contorno dalla rabbia e dall'incredulità. Dilaniò un Eldrazi con la sua spada, spargendo in aria gocce di gelatina e facendole cadere sul terreno sottostante, mantenendo sempre lo sguardo su Drana.
"Stai inviando quei bambini verso la morte!". Con le sue urla avrebbe voluto ucciderla, ma nessuna mano della giustizia arrivò dal cielo per realizzare il suo desiderio. Drana avrebbe acconto quella sorte, a patto che avesse ucciso anche l'Eldrazi.
"Moriremo tutti. Meglio morire lottando per la vittoria. Dobbiamo uccidere il loro signore o non avremo scampo. I bambini serviranno come esca necessaria per attirarlo dove sarà più vulnerabile". Era calma e serena. Ogni parola corrispondeva a verità. Le menzogne più facili erano quelle che corrispondevano alla verità.
Qualche decina di metri più in basso, il gruppo dei bambini si avvicinò alle prime linee, sempre circondati dalle guardie vampiro. Nonostante ognuno di loro avesse vissuto una battaglia, dato che erano tutti sopravvissuti di battaglie passate, non avevano mai conosciuto volontariamente il combattimento. Per gli Eldrazi non c'era alcuna differenza.
Enkindi oscillava in aria, spostandosi a destra e a sinistra. La maggior parte del suo popolo si era radunato vicino al suo condottiero e ne condivideva disprezzo, paura e odio. Osservò il signore Eldrazi, alto trenta metri, con membra che fuoriuscivano da altre membra che fuoriuscivano da altre membra ancora... una fortezza impenetrabile sotto forma di un singolo gigantesco Eldrazi. Drana immaginò i calcoli nella mente di Enkindi. Lui conosceva sicuramente le possibilità che avrebbero avuto contro un tale essere. Tutti loro le conoscevano.
Odio e disperazione si scontrarono sul volto di Enkindi, sul punto di prendere una decisione. Lei elogiò il suo odio. Lui meritava di meglio. Il suo ringhio echeggiò nel vento. "Che la tua morte sia lunga e dolorosa. E che non ti porti né pace né redenzione". Si voltò verso il suo gruppo. "Con me! Dobbiamo abbattere il signore!". Si aprirono a ventaglio, manovrando i loro alianti in preparazione alla picchiata sul signore Eldrazi.
Drana li seguì, non troppo da vicino, preparandosi allo scontro. La sua speranza aveva avuto inizio quando aveva visto i velalianti all'orizzonte quel giorno. Erano una possibilità, una speranza, un qualcosa che lei aveva perduto dopo la prima grande battaglia con gli Eldrazi settimane prima, nelle vicinanze di Malakir. I suoi vampiri erano impavidi, forti, implacabili e feroci in combattimento... ma migliaia di vampiri non avrebbero mai considerato ciò che i kor stavano per fare...sacrificare se stessi per il bene degli altri.
Enkindi guidò la carica direttamente verso la testa del signore Eldrazi. Drana comprese il loro piano. La testa e il collo della creatura, o almeno le appendici che più sembravano esserlo, dovevano essere le più vulnerabili alle lame e agli attacchi. Enkindi e il suo gruppo si mossero velocemente, ma l'Eldrazi fu più veloce. Un enorme tentacolo della testa dell'Eldrazi afferrò Enkindi e lo immobilizzò, mentre un altro tentacolo più piccolo gli stritolò la testa. Il cadavere senza testa di Enkindi, ancora agganciato al velaliante in frantumi, cadde a picco. I kor vennero massacrati dalle numerose appendici del signore Eldrazi, che colpivano e li facevano precipitare.
Illustrazione di Karl Kopinski
Drana afferrò uno dei kor mentre precipitava, prima che raggiungesse il suolo. Era ancora vivo, ma era incosciente e non sarebbe sopravvissuto a lungo. Affondò i denti nel suo collo; i suoi occhi si spalancarono e poi si chiusero per sempre. Era uno dei sapori più squisiti che avesse mai provato, l'ideale come ultimo pasto. Lo risucchiò completamente e lasciò che la sua pelle essiccata planasse delicatamente a terra. Aveva bisogno del massimo della sua energia per lo scontro. Attinse tutto ciò che le rimaneva nella sua riserva e lanciò una magia mentre si lanciava velocemente contro il signore Eldrazi. Solo pochi kor erano ancora in aria, mentre gli altri erano morti o tra le grinfie del signore. Il gigantesco Eldrazi, sebbene distratto da tutti i kor, era ancora in grado di muoversi a una grande velocità. Ma questa volta Drana fu più veloce.
Volò diretta verso l'addome centrale del mostro, perforando la gelatina, la carne e i muscoli e si ritrovò nel centro della creatura. Il mondo esplose intorno a lei.
La magia che aveva lanciato le permise di vedere di più, di vedere l'energia e i flussi normalmente invisibili anche a un essere come lei. L'energia era strana, aliena, con una nauseante traccia di corruzione violacea, ma era ovunque. Io sono il cacciatore. Io sono il predatore. Tutto il resto è una preda per me. Tutto il resto è mio. Era così assetata. Affondò le fauci nel cuore violaceo pulsante di questo mostruoso Eldrazi e bevve. Bevve avidamente. La chiarezza sbocciò.
All'inizio, proprio all'inizio, c'era la fame. Non c'era altro, fame, desiderio, bisogno. Il nostro obiettivo era consumare. Avevamo bisogno di gambe e occhi per rintracciare le nostre prede. Braccia e denti per afferrarle. Mente e forza per catturarle. Abbiamo consumato e utilizzato l'energia trovata per consumare ancora di più.
L'obiettivo era chiaro. Non a parole. Le parole vennero dopo, una scadente traduzione della verità dal cervello alle parole, quelle imperfette messaggere. Era invece chiaro nelle sue ossa. Consumerai. Farai piazza pulita. I sopravvissuti della rottura saranno consumati e purificati.
Lei non comprendeva il significato di rottura, né ciò che gli Eldrazi intendessero come intatto, in modo da poterlo confrontare e capire cosa fosse la rottura. Forse, per quelle mostruosità, tutto ciò che era reale, tutto ciò che era il mondo, era il risultato della rottura.
Bevve ancora più nel profondo. L'energia del gigantesco Eldrazi fluì dentro di lei, pervadendo ogni poro affamato della sua pelle tirata. Il signore Eldrazi aveva un enorme foro nel petto, dove lei era si era fatta largo, ma era ancora in piedi, uccideva ancora, calpestava ancora il suo popolo. Aveva bisogno di fare di più.
La coscienza, una sensazione di me separata dalla fame, impiegò anni. Forse centinaia di anni, ma come potrei saperlo con precisione? La comprensione della coscienza venne a ondate, lampi di intuizione in grado di separarmi dalla mia fame e dal mio dominatore. Non ero più un'estensione di quella forza consumante chiamata Ulamog. Io ero me. Drana.
Ma prima della separazione ci fu un . . . disagio. Un disagio che era parte di lei perché non c'era nessuna lei, solo la totalità di Ulamog in molte forme diverse. Un disagio che solo dopo, in quei momenti della nascita tra essere un Eldrazi ed essere Drana, prima di dimenticarlo completamente, comprese essere uno scorcio di un sogno.
Non sarebbero dovuti essere qui. Sarebbero dovuti essere altrove. In qualche modo, esisteva un altrove rispetto a Zendikar. Esistevano molti altrove rispetto a Zendikar e gli Eldrazi sapevano, poiché erano in grado di sapere tutto, che sarebbero dovuti essere là, non qua.
Ma loro erano invece qua e il loro obiettivo era di consumare ed è ciò che avrebbero fatto.
Per un breve secondo ricordò quei momenti della nascita, la confusione del risveglio, l'intensità dell'obiettivo, migliaia di anni fa. Quell'obiettivo la inondò, un'imponente ondata che si abbatte e la ingloba.
Consumerai. Farai piazza pulita.
Non era più un ricordo. Era una trasformazione. L'energia aliena violacea che bevve dal signore Eldrazi pulsava nelle sue vene, non più soggetta alla sua volontà. Non la stava divorando. Era lei a essere divorata.
Illustrazione di Clint Cearley
Consumerai. Farai piazza pulita.
Dalle spalle e dalla schiena spuntarono dei tentacoli, materia vivente creata istantaneamente a forma dei suoi maestri, dei suoi creatori. Siamo nati nell'ombra dei nostri creatori.
Consumerai. Farai piazza pulita.
La strana creatura che risiedeva nel cuore del signore Eldrazi, una forma deforme sull'orlo della totale trasformazione, urlò. Non era un urlo di pace o di redenzione. Era un urlo che annunciava la fine di un mondo.
Da qualche parte, l'ombra di un pensiero più breve di un battito un tempo chiamato Drana era appesa a un sassolino di memoria. Il sassolino disse Io non sono servitrice di nessuno.
Il sassolino brillò di un color nero, un fiero bagliore, un bagliore di gravità, e attirò altri sassolini.
Consumerai. Farai piazza pulita.
I sassolini vennero investiti da un'esplosione di energia, che li rovesciò e li sparpagliò.
Io non sono servitrice di nessuno. I sassolini si ritrovarono e presero forma. Quella forma emerse dalla guerra tra il colore violaceo e la luce nera. La voce riecheggiava.
Io non sono servitrice di nessuno.
Consum...
Io non sono servitrice di nessuno! Io sarò libera! Drana riprese la sua forma nelle viscere dell'Eldrazi.
Bevve ogni cosa, ogni particella di energia dell'Eldrazi. Lo annientò, lo consumò e si immerse in esso. Le vuote carni intorno a lei esplosero, non lasciando altro che Drana fluttuante, intenta a osservare il massacro sotto di lei. Il suo esercito era in ritirata e, nonostante la perdita del loro signore, la vittoria Eldrazi era quasi completa.
Questo è ciò che si prova a sentirsi una divinità. L'energia pervase ogni fibra del suo essere. Era in grado di annientare gli eserciti e di distruggere il sole. Con questo potere potrei fare qualsiasi cosa. La sua vista era dieci volte più intensa del normale. Poteva riconoscere ogni volto e vedere ogni dettaglio sotto di lei. Vide la brigata degli orfani, l'anello esterno dei bambini sotto l'attacco degli Eldrazi, alcuni intenti a combattere, altri a fuggire e altri ancora morti.
Dovrebbe abbandonarli. Non le sono di alcun aiuto. Potrebbe affrontare direttamente Ulamog e distruggerlo. O potrebbe cercare questo altrove rispetto a Zendikar. Perché limitarsi al dominio di un mondo, quando esistevano infiniti mondi da conquistare? L'energia dentro di lei scalciò e si contorse. Le vene si aprirono, troppo ricche di potere per mantenerlo all'interno di una forma fisica.
Il suo popolo era sull'orlo della distruzione. Avrebbe dovuto salvarli? Che importanza avevano questi mortali o i suoi vampiri, quando mondi e dei la stavano aspettando?
Io non appartengo a nessuno.
Vide Melindra correre verso una progenie Eldrazi e colpirla sul capo, urlando. La progenie Eldrazi crepitò e tremò, ma mosse comunque un tentacolo e Drana poté vedere la frustata in arrivo sulla testa dell'assalitore.
Io non appartengo a nessuno. Melindra non poté vedere la reazione della progenie e il tentacolo in procinto di porre fine alla sua vita.
Io non appartengo a nessuno . . . ma loro appartengono a me.
Drana urlò e liberò l'energia in attesa nel suo corpo, trasformandosi in un brillante sole violaceo nel centro del cielo. Raggi di luce viola colpirono il suo popolo, vampiri e mortali, curarono le loro ferite e li resero più forti, più veloci e invulnerabili.
Illustrazione di Mike Bierek
Il tentacolo dell'Eldrazi colpì Melindra sulla spalla e fu il tentacolo a frantumarsi. Melindra rise e strappò la testa dal corpo dell'Eldrazi. Poi si diresse verso un secondo Eldrazi da uccidere. In pochi secondi, la battaglia cambiò e ciò che rimaneva dell'esercito di Drana iniziò ad annientare le armate Eldrazi.
L'energia continuava a fluire da Drana. Aveva già perso più di metà dell'ondata di energia dell'Eldrazi e sentiva comunque di non avere uguali in questo mondo. Ma il suo popolo aveva bisogno di più e lei continuò a dare loro energia. Le ferite si rimarginarono, tutti i dolori svanirono e le forze vennero ripristinate.
L'energia stava svanendo, l'ondata stava diventando un filo e ogni impulso che emanava da lei diventava sempre più lento e più debole. A ogni impulso si avvicinava al terreno, obbligata a obbedire le leggi dello sfinimento più che la sua capacità di volare. Non c'era più alcun Eldrazi in vista, erano stati tutti distrutti dal suo esercito potenziato. Le linee essiccate sul terreno diventarono più vicine. Sono splendide. Sono orribili. Toccò il terreno e trovò l'oblio.
Illustrazione di Jonas De Ro
"Possiamo riprenderci Guul Draz". Nei millenni in cui l'aveva conosciuto, Kan non era mai apparso entusiasta come ora. L'entusiasmo era la sensazione più diffusa tra i duemila sopravvissuti. Erano in salute e ricaricati, una combinazione tra la magia di Drana e il gusto della prima vittoria che ognuno di loro non provava da settimane. Drana non voleva rovinare il loro momento di euforia, ma sapeva che ciò che li aveva portati a questa vittoria era unico. Non avrebbe rischiato un simile combattimento con un altro Eldrazi. Questa volta era riuscita a preservare la sua identità. La prossima volta il risultato sarebbe potuto essere molto diverso.
"C'è ancora qualche delegato in vita?". Kan scosse la testa. Enkindi e gli altri delegati avevano svolto il loro compito. Non aveva bisogno di onorare il loro sacrificio e non si sentiva in colpa per averli manipolati. Questi erano i rapporti con le loro prede. Ma anche in questo caso . . .
"Date inizio ai preparativi per attraversare Tazeem. Ci dirigiamo verso Portale Marino". Kan sollevò un sopracciglio per un istante, prima di girarsi e impartire ordini. Molti altri sovrintendenti ebbero la medesima reazione. Non ci furono disaccordi. Ogni desiderio di riconquistare Guul Draz venne annullato dalla loro fervente obbedienza a Drana. Li aveva salvati nel loro più disperato momento di bisogno.
Drana si aggirò tra il suo popolo e tutti, vampiri e mortali, si inchinarono al suo passaggio. Sollevarono i volti, alla ricerca di un contatto visivo per esprimere la loro gratitudine e il loro piacere. Incrociò i loro sguardi e continuò a camminare finché non trovò ciò che stava cercando.
Melindra era insieme agli altri bambini sopravvissuti e stava affilando il suo pugnale con una cote. La ragazzina, sebbene fosse ancora vestita di stracci, non sembrava più la trovatella famelica di prima. Appariva più forte, sana, una vera guerriera.
Melindra sollevò lo sguardo, mostrando il suo volto ingenuo e sincero. Qualsiasi cosa vide nel viso di Drana la fece sorridere e poi tornò al suo lavoro con cote e pugnale.
Drana aveva preso la sua decisione prima di perdere coscienza nel periodo successivo alla battaglia. Era andata alla ricerca del signore Eldrazi, aveva cercato la sua energia per ritrovare i suoi ricordi. E aveva scoperto ciò che stava cercando. Gli Eldrazi non provenivano da qui. Forse non volevano neanche essere qui, qualsiasi fosse il significato della parola volere per loro. Ma, più importante di ogni altra cosa, esisteva un là al quale gli Eldrazi sarebbero tornati.
Meditò su ciò che avrebbe potuto trovare a Portale Marino. Era curiosa di incontrare questo guerriero magico chiamato Gideon, un uomo bizzarro in vesti bizzarre del quale nessuno su Zendikar aveva mai sentito parlare. Forse anche lui proveniva da questo là.
Esiste un posto dove possono andare. Possiamo quindi spedirli là. Oppure possiamo andare anche noi là.
Drana fece una carezza sul capo della bambina e sorrise.
Illustrazione di James Paick