Il grido silenzioso
Il racconto precedente: Gideon Jura – Il massacro del rifugio
Dopo essersi finalmente liberata di dubbi e paure, Nissa ha creato un pieno legame con il potere della terra, l'anima di Zendikar. Questo legame le permette di muoversi all'unisono con il torreggiante elementale, Ashaya, coordinare attacchi con armate di elementali più piccoli e manipolare gli elementi della foresta... alberi, rampicanti e terra... come se fossero estensioni del suo corpo nella battaglia contro gli Eldrazi. Oltre a ciò, con sé ha anche dei semi di alberi che sono stati annientati dagli Eldrazi e non si fermerà finché non potrà piantarli di nuovo su Zendikar, una volta sicuro.
Nissa combatte con un obiettivo ben preciso: scovare e distruggere il titano Eldrazi responsabile della creazione delle progenie, per salvare Zendikar... la sua dimora, il suo mondo, il suo amico.
Come è possibile che Nissa abbia vissuto su questo mondo... questo determinato, incantevole e bellissimo mondo... così a lungo, senza cogliere ogni aspetto della sua essenza?
Ogni giorno c'era qualcosa di nuovo, qualcosa che Zendikar insegnava a Nissa, sorprendendola e deliziandola. La terra possedeva centinaia di sontuosi segreti e li condivideva con lei.
Non avrebbe mai potuto immaginare che le mantidi giganti secernessero un aroma in grado di simulare l'odore dei vermi per attirare i canarini... non per nutrirsi di loro, bensì per godersi le melodie degli uccellini; quelle melodie erano uno dei pochi metodi che avevano le mantidi per addormentarsi in serenità.
Illustrazione di Lake Hurwitz
Non avrebbe neanche immaginato che i rampicanti che si stendevano tra i torreggianti alberi cuore che crescevano vicini tra loro nella foresta di Boscovasto fossero più braccia che rampicanti... braccia che permettevano agli alberi di vivere mano nella mano. Ogni rampicante fuoriusciva dal fusto di due alberi; non apparteneva né all'uno né all'altro, ma era condiviso, un legame tra i due alberi. I rampicanti univano un albero cuore con il compagno scelto e consentivano loro di condividere ricordi, sensazioni e sogni.
Questi alberi erano legati per sempre, accoppiati per tutta la vita.
Poi c'erano gli gnarlid, quegli stupidi, bestiali e subdoli gnarlid; avevano un rito che tenevano nascosto a quasi chiunque altro su Zendikar. Nelle notti più scure, quando la luna non splendeva e il cielo era libero, gli gnarlid salivano sugli alberi più alti, sporgevano la testa oltre le fronde e ridevano alle stelle. Piccole ansimanti risatine che per chiunque altro suonavano come nulla più di un fruscio delle foglie mosse dal vento nell'alto degli alberi. Questo era uno scherzo che tenevano solo per sé.
Illustrazione di Kev Walker
Altrettanto affascinante era la tribù di umani che vivevano nelle fronde più basse degli alberi di Boscovasto... non in un singolo accampamento, bensì sparsi nella distesa della foresta. Cinque o sei umani dimoravano in ognuna delle decine di case-albero del borgo. La tribù era a conoscenza dei movimenti e dei bisogni dei suoi membri grazie ai loro progenitori, che avevano studiato con attenzione la lingua dei bradipi. Le persone inviavano i messaggi tra loro comunicando con il bradipo più vicino. Dopo solo pochi minuti, il bradipo aveva condiviso il pettegolezzo con i suoi vicini, che lo avrebbero poi trasmesso a tutti gli abitanti degli alberi. Grazie a questi animali chiacchieroni, tutti gli umani sarebbero presto stati informati delle novità del borgo.
Il messaggio di oggi era un messaggio di angoscia.
Ashaya lo comunicò a Nissa non appena si destò dal sonno, alle prime luci del mattino.
Borgo di albero lontano sotto assedio. Due Eldrazi. Mandate aiuto.
Sarebbero andati in soccorso.
Sì. Sarebbero andati di sicuro.
Ogni volta che qualcosa non di questo mondo minacciava anche la più piccola delle creature di Zendikar, che fosse una bestia della foresta, un pesce del mare o un fiore delle pianure, il mondo si sollevava contro la minaccia. Nissa e Ashaya erano il mondo; fintanto che fossero rimaste insieme, nulla di Zendikar sarebbe rimasto indifeso.
Seguirono il percorso delle chiacchiere, fino alla fonte, correndo insieme nella foresta che si apriva per lasciarle passare. Dopo poco tempo poterono sentire loro stesse gli Eldrazi, percepire la distruzione e il dolore che quelle mostruosità stavano causando. Ma le informazioni erano sbagliate; c'erano tre Eldrazi, non due. Nissa e Ashaya ne potevano percepire chiaramente tre.
"Dobbiamo fare più in fretta", disse Nissa.
Ashaya rallentò solo il tempo necessario per offrire a Nissa la sua gigantesca mano, aprendola a terra davanti all'elfa. Nissa si aggrappò al pollice di Ashaya e salì sul palmo dell'elementale. Un brivido di potere, o di appartenenza, di Zendikar, la inondò nel momento in cui Ashaya la sollevò fino alla fenditura tra i rami a forma di sella.
Illustrazione di Raymond Swanland
Nissa si posizionò tra i due spessi corni in legno dell'elementale. Da quella posizione poteva vedere oltre le sommità di molti degli alberi, mentre Ashaya si affrettava ad attraversare la foresta. I lunghi passi di Ashaya li facevano muovere al doppio della velocità che Nissa avrebbe potuto raggiungere correndo. Superarono una bassa collina prima che la serie successiva di chiacchiere terminasse... e da lassù videro gli Eldrazi.
Ce n'erano tre, proprio come aveva percepito Nissa, e ognuno stava lasciando una scia di corruzione dietro di sé. Quelle scie serpeggiavano come ruscelli in tutto Boscovasto.
Due delle mostruosità si spostavano rimanendo affiancate e i loro cammini di distruzione procedevano in parallelo. Erano alti e condividevano una singola struttura del corpo, con piastre facciali, lunghi tentacoli al posto delle gambe e altri tentacoli che uscivano dalla nuca. Si stavano dirigendo verso il borgo di case-albero, difeso da una decina di umani accorsi.
L'altro Eldrazi era molto più piccolo. Si muoveva da solo, strisciando più che camminando, sui suoi tentacoli rosa che sembravano più vermi che arti. Questo Eldrazi era diretto proprio verso un boschetto di antichi alberi cuore.
Ashaya era confusa. Da quale parte sarebbero dovuti andare?
Nissa si irrigidì e sentì una stretta allo stomaco.
Avrebbe dovuto esserci un solo bersaglio: il borgo. Invece, ne avevano due. Due famiglie erano in pericolo, due comunità avevano il disperato bisogno del loro aiuto.
Da quale parte sarebbero dovuti andare? Ashaya non sapeva.
Non erano sicuri di arrivare in tempo al borgo e al boschetto. Quei due luoghi erano troppo distanti tra loro e gli Eldrazi erano troppo vicini ai loro bersagli.
Per un istante, né Nissa né Ashaya si mossero.
"Dobbiamo aiutarli il più possibile", disse infine Nissa. Indicò il borgo e gli Eldrazi gemelli. "Dobbiamo andare in quella direzione".
Ashaya fu d'accordo. Prima quei due. Quei due, perché due causavano più distruzione di uno solo.
"E poi ci occuperemo di quello". Nissa indicò il terzo Eldrazi.
Sarebbero arrivati al boschetto di alberi cuore in tempo. Ce l'avrebbero fatta.
Nissa cercò di togliersi il dubbio dalla mente. Avevano deciso.
Ashaya affrettò la sua discesa dalla collina verso il borgo. In pochi momenti raggiunsero una zona in cui si trovavano diverse case-albero.
Gli Eldrazi gemelli incombevano minacciosamente e gli umani cercavano di respingerli dagli alberi, con le loro armi... spade, lance archi e pugnali... armi che non avevano alcuna speranza di sconfiggere un tale nemico. Nissa era in grado di affrontare gli Eldrazi; con Zendikar al suo fianco, poteva sconfiggerli.
Illustrazione di Jack Wang
Il più vicino dei due Eldrazi affondò un colpo con il suo braccio biforcato, contro i rami su cui gli umani si erano radunati.
Provocò urla e attacchi, ma non sufficienti per respingerlo; uno degli umani fu sbalzato dal suo trespolo.
Ashaya scattò e afferrò la figura che stava precipitando, mettendola a terra illesa.
L'uomo guardò il gigantesco elementale, sbalordito.
"Torna indietro!", lo richiamò Nissa. Scese dalla sua sella sulla testa di Ashaya. "Lassù", indicò una grande roccia che avrebbe offerto un riparo temporaneo. "Vai!".
L'uomo esitò per un istante e poi corse via rannicchiandosi.
Nissa guardò verso Ashaya. "Dobbiamo mettere in salvo anche gli altri".
Ashaya affondò la sua massiccia mano tra i rami degli alberi, raccolse due donne e un uomo dall'interno delle fronde e appoggiò i confusi e terrorizzati umani a terra, vicino all'uomo dietro la roccia.
Nissa conosceva un modo più veloce. Con la mano e la mente eseguì il gesto che Ashaya le aveva insegnato, il gesto che l'avrebbe messa in contatto con il potere del mondo.
Sbatté gli occhi e il mondo si illuminò. Verdi leyline brillanti attraversavano il borgo, passando tra le case-albero, le persone e gli alberi stessi. Era una rete di potere e Nissa ne era il fulcro.
"Tenete duro!", urlò al resto degli umani tra gli alberi.
Si erano già voltati tutti a osservare l'elementale gigante che li stava estraendo dagli alberi. I loro sguardi terrorizzati rivelavano che non erano a conoscenza di quale fosse il nemico contro cui puntare le armi. A loro sembrava che il pericolo si avvicinasse da ogni direzione.
"Va tutto bene", disse loro Nissa. "Siamo qui per aiutarvi. Vi farò scendere!".
Allungò il braccio e lo allineò con la leyline che passava attraverso il fusto dell'albero più spesso. Nel momento in cui entrambe le mostruosità Eldrazi colpirono con le loro otto mani, Nissa si concentrò sull'albero per prenderne il controllo. L'albero acconsentì.
Si piegò verso il basso come se si stesse inchinando. Le persone rimasero appese alle sue foglie e ai suoi rami, ciondolando di lato dalle fronde... mentre le dita affamate degli Eldrazi non colpirono che l'aria.
"Forza! Da quella parte". Nissa fece cenno alle persone di raggiungere la roccia. "Lassù sarete al sicuro".
Con una leggera esitazione, lasciarono andare l'albero e atterrarono al suolo, per poi correre immediatamente. Gli Eldrazi stavano per attaccare di nuovo, con le loro membra che scalciavano verso l'albero ricurvo.
"State giù", ordinò Nissa al gruppo. "Ci pensiamo noi a fermarli".
"Grazie". Una delle donne prese la mano di Nissa, mentre gli altri passavano oltre. "Che tu sia benedetta dagli angeli della terra, grazie".
"Andate!". Fece cenno alla donna di correre e, quando ebbe raggiunto gli altri dietro la roccia, Nissa creò un legame con le leyline che attraversavano il terreno sottostante.
Illustrazione di Wesley Burt
Tirò la terra e la sollevò per formare una bassa parete a barriera protettiva intorno alle persone, utilizzando la roccia come punto di ancoraggio.
In questo modo sarebbero stati al sicuro. Ma gli alberi cuore... la mente di Nissa andò alla deriva.
Stavano perdendo tempo.
Ashaya la fece riprendere dai suoi pensieri.
Qui. Qui c'è dolore. Qui c'è bisogno.
"Hai ragione".
Con le persone al sicuro dietro di loro, Nissa e Ashaya si voltarono verso i gemelli. Era giunto il momento di porre fine al loro regno di distruzione nella foresta di Boscovasto.
Il gemello di fronte si mosse verso di loro, passando attraverso lo spazio lasciato dall'albero piegato.
"Non c'è nulla per te qui", disse Nissa. "Vattene". Lasciò il controllo dell'albero... anzi, scagliò il suo peso... lanciandolo all'indietro con una forza così grande che, quando colpì l'Eldrazi, frantumò direttamente la piastra ossuta del volto del mostro.
Spessi blocchi bianchi piovvero a terra.
L'Eldrazi vacillò.
"Finiscilo", disse Nissa ad Ashaya.
L'elementale si arrampicò attraverso gli alberi e colpì con le sue enormi dita l'apertura nel volto dell'Eldrazi.
L'Eldrazi si agitò e si dimenò, ma solo per un istante. Ashaya affondò il braccio attraverso il volto, nel profondo del collo, e ne strappò un enorme blocco di viscere. Le sue membra si afflosciarono e l'essere mostruoso barcollò all'indietro per poi crollare sul suolo della foresta.
Urla di gioia provennero da dietro la roccia.
"Uno abbattuto. Ne rimangono due", disse Nissa.
Ashaya si voltò verso il secondo gemello proprio mentre l'Eldrazi stava per afferrare i corni dell'elementale. Avviluppò le sue spesse dita intorno ai corni di Ashaya e la tirò verso il basso, torcendo e strattonando. Poi fece scivolare due dei suoi imponenti tentacoli color rubino intorno alla sua testa, intrappolandola.
Nissa percepì il terrore dell'elementale, il suo dolore.
Ashaya era in pericolo e Nissa agì d'istinto.
Seguì le leyline che si sviluppavano attraverso le radici più spesse e più profonde nel terreno e si avvinghiò a loro.
Ogni radice divenne un'estensione delle sue dita. Sollevò le radici sopra il terreno, facendo ricadere blocchi di terreno, roccia e detriti. Allungò le dita e le radici si allungarono; richiuse le mani e le radici si mossero insieme a loro. Ora anche Nissa aveva i suoi tentacoli... e li scagliò contro gli Eldrazi. Dieci radici frustarono il gemello sopravvissuto.
"Lasciala andare". Con uno scatto dei polsi, Nissa ritirò le radici e scagliò un altro colpo. Questa volta le usò per affondare, usando le parti taglienti delle radici come unghie; le fece penetrare nei muscoli dell'Eldrazi per fare presa. Poi lo sollevò, ritirando un primo tentacolo e poi un secondo lontano da Ashaya.
Libero, l'elementale balzò lontano dalla presa dell'Eldrazi e si sollevò nel pieno della sua altezza, rombando come un terremoto. Ashaya non perse tempo e aggredì l'Eldrazi, colpendolo ripetutamente nella parte scoperta dell'addome.
Nissa sferrò un colpo con le sue dita-radice ancora una volta, aggiungendosi all'attacco di Ashaya. Le avviluppò intorno a ognuno dei tentacoli dell'Eldrazi, trattenendoli separatamente e tirandoli per far perdere la presa sul terreno alla mostruosità.
Incapace di respingere l'attacco di Ashaya e mantenere l'equilibrio allo stesso tempo, l'Eldrazi vacillò. Nissa tirò più forte, non soddisfatta di averlo solo squilibrato; avevano poco tempo, quindi serviva una rapida distruzione. Strappò i tentacoli dall'Eldrazi. Sibilò, stridette e morì ancor prima di schiantarsi al suolo... proprio verso le persone protette dalla parete di roccia e di terra.
Nissa si voltò, interruppe il collegamento con le radici e creò un legame con la terra stessa. Si collegò alle leyline nel terreno per spostare terra, rocce e vegetazione in una grande onda che trasportò le persone lontano prima che l'Eldrazi cadesse al suolo.
Urlarono al sollevamento del terreno, ma erano al sicuro; Nissa li aveva salvati.
"Due abbattuti, ne rimane uno", disse Nissa ad Ashaya.
Le persone di Boscovasto corsero da Nissa per esprimerle la loro gratitudine. La presero per le spalle, la abbracciarono e piansero nel suo mantello.
Nonostante fosse circondata dal loro calore, l'unica sensazione che Nissa riuscisse a provare era il dolore degli alberi cuore. Il terzo Eldrazi aveva raggiunto il boschetto.
"Dobbiamo andare", disse Nissa.
"No, rimanete!", rispose la donna afferrando il gomito di Nissa. "Dovete rimanere. Celebrate questa vittoria con noi".
"Questa non è una vittoria", Nissa abbassò il capo, districandosi dalla presa delle persone. "C'è ancora un altro Eldrazi".
"Dove?". Un giovane uomo si guardò intorno, con la mano stretta sulla lancia.
Nissa indicò il boschetto. "Devo andare".
"Oh, quello". Un uomo alto fece un cenno sprezzante con la mano. "L'ho visto dall'alto. Sta andando in una direzione che lo porterà lontano da qui. Siamo al sicuro".
"Rimanete", implorò di nuovo la donna. "Permetteteci di ringraziarvi. Vi prepareremo qualcosa da mangiare. Dovete essere affamata".
"Voi siete al sicuro, ma non lo sono gli alberi cuore", rispose Nissa. Guardò verso Ashaya e fece un cenno. Le due partirono in direzione degli alberi senza dire altro alle persone. Non c'era tempo da perdere e si erano fermate già troppo.
Zendikar condivideva l'ansia di Nissa. Mentre correvano attraverso la foresta, gli alberi si dividevano, le radici si spostavano e le rocce ruotavano per lasciarle passare. I rami offrivano appoggi per aiutarle. Con l'aiuto della foresta, Nissa si muoveva velocemente quasi quanto Ashaya.
Più si avvicinavano, più forte diventava la sensazione di perdita e distruzione.
Erano giunti troppo tardi.
Nissa fu confusa dalla vista.
Il boschetto non era più un boschetto; era una terra desolata e corrotta. Tutto ciò che rimaneva del boschetto degli antichi alberi cuore. Erano davanti a loro, ancora collegati tra loro, nel mezzo di una bianca radura di gesso. Tutti gli altri erano già diventati polvere.
Ora anche il terzo Eldrazi era appollaiato su uno dei due alberi cuore rimasti, con i tentacoli intorno al fusto, intento a succhiarne la vita.
Illustrazione di Izzy
"No!". Nissa si mise a piangere.
Sia Nissa che Ashaya scattarono, ma l'Eldrazi fu troppo rapido. Strinse l'albero e si nutrì.
La corruzione si diffuse rapidamente attraverso l'albero, lungo il fusto, fino ai rami e in ogni sua parte.
Con un rombo di furore, Ashaya sbatté il mostro via dal suo trespolo, facendolo rotolare a terra.
Un istante dopo la caduta, Nissa ordinò alla terra rimasta ai due lati della corruzione di ciò che una volta era il boschetto di sollevarsi e formare due onde per abbattersi sull'Eldrazi.
Il mostro venne ucciso e sepolto in un colpo solo.
Ashaya guardò verso Nissa. Tre. Li avevano eliminati tutti e tre.
"Troppo tardi". Nissa guardò verso la coppia di alberi cuore.
Il rampicante che li collegava era stato spezzato. La parte invasa dalla corruzione si era ridotta in polvere. Ciò che rimaneva del legame degli alberi ciondolava dall'unico albero rimasto, mosso dal vento... una brezza non familiare per un albero abituato a vivere in un boschetto protetto.
In così poco tempo era cambiato così tanto per questo albero. Come avrebbe potuto spiegarlo Nissa?
Il compagno dell'albero era svanito... svanito per sempre. Ma l'albero ancora in vita non poteva saperlo, avrebbe continuato a mantenere quel legame, avrebbe continuato a porgere la sua mano, il suo cuore, la sua anima... e avrebbe trovato solo vuoto, vuoto per sempre.
Come avrebbe potuto comprendere Nissa? Come avrebbe potuto dirgli che il suo compagno non era svanito per propria scelta? Un albero cuore non avrebbe mai abbandonato il suo compagno... mai.
Nissa si avvicinò all'ultimo albero, calpestando la terra sopra la tomba dell'Eldrazi. Appoggiò il palmo sul fusto. "Mi dispiace", disse lei. "Mi dispiace di essere arrivata troppo tardi". La gola si seccò e il calore bruciò gli angoli degli occhi.
Ashaya si avvicinò a Nissa e appoggiò il suo imponente palmo sul fusto dell'albero. Nissa poté sentire il messaggio che Ashaya diede all'albero da parte di Zendikar. Zendikar promise che il compagno dell'albero cuore non sarebbe mai stato dimenticato. Zendikar avrebbe combattuto. Zendikar non si sarebbe fermata finché gli Eldrazi non fossero stati sconfitti, finché questo tipo di dolore non terminasse.
Zendikar aveva ancora speranza che quel giorno sarebbe giunto.
Ashaya aveva ancora speranza.
Nissa costruiva la sua speranza sulla sua amica.
Avrebbero continuato a lottare. Avrebbero continuato a lottare per sempre... finché non avessero trovato il titano, fino alla sua distruzione, fino alla vittoria.
Nissa e Ashaya perlustrarono Boscovasto per giorni. Poiché incontravano Eldrazi con maggiore frequenza, trovavano zone della foresta con un numero maggiore di progenie, Nissa credette di procedere nella direzione giusta, quella che li avrebbe portati dal titano.
La loro ricerca li aveva condotti dall'estremità meridionale della foresta, attraverso il boschetto e ora di nuovo fino al mare.
Forse l'aroma della salata aria di mare significava che il titano che stavano cercando non si trovava su Tazeem. Così sia. Si sarebbero spostati in barca fino a Guul Draz o Akoum o Murasa... Nissa sarebbe anche tornata alla terra caduta di Bala Ged, se fosse stato necessario.
Ma ora, proprio ora, si voleva fermare, solo per un istante, e bere. Erano giunti a un sottile ruscello sinuoso, che si trasformava in una cascata; dal suono delle rapide, Nissa poteva dedurre la presenza della cascata appena oltre il boschetto.
Nissa scese dal capo di Ashaya, felice di trovarsi all'ombra per un attimo. Si inginocchiò al ruscello e uni le mani per bere.
Tra un sorso e l'altro, Nissa si guardò intorno per godersi la bellezza di questo frutteto incontaminato. Da dove era seduta non vedeva alcun segno della corruzione degli Eldrazi. Era un luogo perfetto di Zendikar.
Ashaya si unì a lei in questa sensazione di serenità.
Questo luogo isolato di Zendikar era fortunato. Non aveva ancora conosciuto alcun dolore. Nissa promise che avrebbe fatto tutto il necessario affinché rimanesse incontaminato.
Illustrazione di Andreas Rocha
Dopo essersi dissetata, Nissa guardò la sua amica sopra di lei. "È ora di ripartire verso il mare?".
Ashaya si piegò e abbassò la mano; Nissa si aggrappò all'immenso pollice...
... e rimase senza fiato... non riusciva a respirare.
Sentì un forte dolore al petto e rimase come congelata.
Un Eldrazi... doveva essere stato un Eldrazi... era stata pugnalata al petto.
Da dove era arrivato?
Guardò verso il basso, aspettandosi di vedere un tentacolo o un osso sporgere dal proprio petto... ma non vide nulla.
Si guardò intorno nel frutteto... nulla. Nessun Eldrazi. Nessuna corruzione.
Sotto i suoi piedi, la mano di Ashaya iniziò a tremare. Anche l'elementale provava dolore, un atroce dolore.
Una seconda, ancora più intensa, ondata di dolore colpì Nissa e questa volta sentì come se le sue viscere le fossero state strappate.
Ashaya si scosse e si dimenò, facendo cadere Nissa dalla mano, cercando di riprendere il respiro.
Nissa si avvicinò alla compagna, ma sembrava che il mondo si estendesse all'infinito e che lo spazio tra Nissa e Ashaya aumentasse fino a diventare un abisso sconfinato.
Non erano le viscere di Nissa che erano state strappate, bensì Zendikar... Ashaya... il loro legame era stato strappato.
Ashaya si voltò e vacillò verso Nissa, con movimenti forzati e insicuri. Nissa non riusciva più a sentire a presenza dell'elementale. Era forse possibile che Ashaya non riuscisse più a sentire la sua?
"Ashaya!", il grido di Nissa risultò spezzato.
L'elementale piegò la testa in direzione della voce di Nissa. Aveva udito qualcosa... o forse era semplicemente il primo movimento prima di cadere. Ashaya crollò verso terra, con il suo immenso corpo che stava per investire Nissa.
Nissa si preparò... non c'era più nulla che poteva fare.
Ma all'ultimo momento Ashaya appoggiò un braccio e si lanciò di lato per non schiacciare la piccola elfa.
Nissa vide i rami di Ashaya spezzarsi e frantumarsi al suolo. "No!".
Una terza ondata di dolore lacerò Nissa.
Tutto venne avvolto dall'oscurità.
Per un tempo che sembrò infinito non ci fu altro che il nulla.
Nessun suono.
Nessuna luce.
Nessuna vita.
Quando Nissa riprese a respirare, era senza fiato; non riusciva a raccogliere abbastanza aria.
Il silenzio intorno a lei era pesante e opprimente e la sua vista era appannata.
Ashaya. Non riusciva a pensare a nulla tranne Ashaya.
Nissa si mise in contatto con la terra per evocare l'elementale.
Non c'era nulla.
Ashaya.
Cercò più in profondità, immergendosi nella terra.
Era proprio da laggiù che proveniva il silenzio.
Le orecchie di Nissa fischiarono e il mondo iniziò a girare vorticosamente.
Ashaya.
Si trascinò sulla pila di rami e cumuli di polvere. Le sue dita tremanti si immersero tra i pezzi frantumati. Quale scheggia di legno era il dito di Ashaya? Quale foglia era cresciuta da sopra la sua testa? Dove si trovavano le radici che contenevano la sua anima?
Ashaya.
Quel silenzio era insopportabile.
Nissa si alzò in piedi a fatica, ma la sensazione di vertigine la fece cadere di nuovo a terra. Colpì duramente il terreno. Una roccia appuntita le tagliò una guancia e un mucchio di polvere le coprì il fianco. La terra non l'aveva accolta, non l'aveva protetta... l'aveva invece ferita.
No.
Non aveva alcun senso.
Ashaya.
Nissa si rialzò, reggendosi agli spinosi rami e ai sottili rampicanti.
Rimasta sola, si diresse verso il bordo della linea di alberi, dove il ruscello si trasformava in cascata.
Osservò il territorio, alla ricerca della sua amica.
Ciò che vide di fronte a sé non fu ciò che si aspettava. Avevano raggiunto il bordo di Tazeem... poteva vedere il mare in lontananza. Ma sotto di lei si trovava un altro mare, un mare di Eldrazi così denso che Nissa non fu in grado di vedere il suolo.
Era forse colpa di quegli Eldrazi? Avevano forse fatto qualcosa a Zendikar? Avevano ucciso Ashaya?
Ashaya.
Nissa si voltò di nuovo verso i rami spezzati.
Non c'era nulla. Ashaya non era dietro di lei.
Avanzò barcollando nella discesa dalla rupe verso il mare di Eldrazi sottostanti. Alla distanza poteva vedere il faro di Portale Marino, ma non c'era traccia di Ashaya.
Se questi Eldrazi avevano conquistato Zendikar, avevano abbattuto Ashaya, allora Nissa gliel'avrebbe fatta pagare.
Cadde più volte. La terra non rispondeva alla sua presenza. I rovi non si spostavano per non graffiarla. I rampicanti la facevano inciampare invece di aiutarla.
Sembrava come se avesse perso le membra. Sembrava come se avesse perso una parte dell'anima.
Nissa si lanciò barcollante nella massa di Eldrazi. Rumoreggiavano e graffiavano tutto intorno a lei.
"Ashaya!", gridò aggirandosi tra le mostruosità. "Ashaya!".
Cercò un contatto con la terra, ma non c'era terreno intatto intorno a lei; c'era così tanta corruzione, così tante scie che si incrociavano... era rimasto qualcosa di Zendikar?
Illustrazione di Jung Park
"Attenta!".
Il grido venne da dietro di lei, ma, prima che Nissa potesse voltarsi, qualcosa di enorme, tagliente e duro la colpì alla schiena, sbattendola contro il terreno corrotto.
Una nuvola di polvere di gesso bianco la sommerse e, quando cercò di rialzarsi, due braccia le bloccarono le spalle. "Stai giù".
Nissa si contorse quanto bastava per vedere chi la stava trattenendo. Si trattava di un tritone, abbigliato in una spessa armatura di conchiglie.
"Che cosa stavi facendo?". Il tono di voce del tritone era accusatorio. "Sei quasi andata a finire dentro a quella cosa". Fece un cenno a destra, dove un enorme Eldrazi stava grattando il terreno. "Sei ferita?".
Sì, Nissa era ferita. Il dolore era ancora presente, nel suo stomaco, nel suo petto... ovunque; in ogni luogo in cui Zendikar non esisteva più... e non sentiva più Zendikar in alcun luogo.
"Non vedo nessuna ferita". Il tritone stava analizzando Nissa. "Nessuna corruzione". Lasciò libere le spalle di Nissa; l'Eldrazi li aveva superati.
"Ascolta, so che ci troviamo in un luogo difficile ora, ma è necessario che tu rimanga qui con me", disse il tritone. "È l'unico modo in cui riusciremo a uscire vivi da qui. Mi stai ascoltando?".
"Non c'è più". Nissa guardava distrattamente il tritone. "Anche tu lo senti?".
"Non so di cosa tu stia parlando", rispose il tritone rialzandosi. Nissa notò per la prima volta che il tritone aveva una profonda ferita. Una delle sue gambe era avvolta con uno stretto panno zuppo di sangue. "Ma so che è ora di muoversi". Strattonò il braccio di Nissa. "Forza!".
Lo strattone. Il sangue. La tensione nella voce del tritone. Gli Eldrazi che si avvicinavano. La concretezza del mondo intorno a lei iniziò a farsi strada nella mente di Nissa.
Sussultò. Era come se avesse girovagato ciecamente in un incubo.
Ashaya non era con lei, questo era evidente. E ora Nissa era in enorme pericolo. Come anche il tritone. C'erano troppi Eldrazi.
"Forza". Il tritone la strattonò di nuovo. "Sta arrivando!".
Uno degli Eldrazi... uno grosso con troppe membra... stava andando proprio nella loro direzione.
Nissa doveva fare qualcosa. Si alzò in piedi. "Da quella parte". Indicò la direzione da cui era venuta, verso la rupe.
Il tritone annuì e si avviò zoppicando e trascinandosi. Non ce l'avrebbe mai fatta, non si muoveva abbastanza velocemente. Nissa doveva fare qualcosa.
"Ti aiuto io". Nissa sollevò e aiutò il tritone da una spalla. Appena in tempo. L'Eldrazi più vicino scagliò uno dei suoi tentacoli verso di loro.
Nissa si mise a correre.
Come era possibile che non li avesse visti al suo arrivo? I corpi, la distruzione. La corruzione.
Era a Portale Marino... si ricordò di aver visto il faro... Portale Marino era la civiltà fondamentale di Zendikar. Era un centro dei commerci, un bastione di conoscenza, una sede di potere e di magia. Migliaia di persone vivevano e lavoravano qui e altre migliaia erano fuggite dietro la sicurezza delle sue mura. Come poteva essere che quel Portale Marino fosse diventato... questo? Come poteva essere che quel Portale Marino fosse caduto?
Era questo il motivo della scomparsa di Ashaya?
Un tentacolo risvegliò Nissa dalla sua disperazione.
Un grande Eldrazi viola si mise sulla sua strada.
Illustrazione di Chase Stone
Era in difficoltà, con il peso del tritone sulla sua spalla, girava in cerchio, cercava una via di fuga, ma tutto ciò che poteva vedere erano tentacoli e appendici ovunque.
Il tritone si irrigidì e si agitò. "Ce ne sono troppi!".
Nissa aumentò la stretta sul braccio intorno all'armatura del tritone, tenendola ferma. "Lo so".
Respirò profondamente ed estrasse la spada.
Quell'azione sembrò strana.
Era un gesto che non aveva più compiuto per molto tempo. La lama le sembrò sbilanciata, l'elsa rigida e innaturale. Non era come le leyline viventi che si era abituata a brandire, era molto diversa dall'esercito di elementali o dalla terra stessa, ma quella era la sua arma; non aveva altra scelta.
Concentrò tutta la sua forza sulla lama e squarciò la parte carnosa del gigantesco Eldrazi viola. L'impatto provocò un contraccolpo sui suoi palmi e generò onde di dolore lungo le braccia, fino al petto. Non ricordava quanto fosse duro combattere fisicamente. Nonostante ciò, non si fermò. Recuperò la lama dal taglio che aveva creato nel fianco dell'Eldrazi e si preparò per un altro colpo.
Questa volta l'Eldrazi contrattaccò, scagliando su di lei una delle sue gambe frontali e facendole perdere l'equilibrio. A causa del peso non familiare della spada e del tritone sulla sua schiena, non riuscì a mantenersi in piedi.
Crollarono al suolo e la spada le sfuggì di mano, andando a finire sulla corruzione.
Il braccio dell'Eldrazi cercò di nuovo di colpirli, ma... appena prima che li toccasse, il tritone si strappò il guscio appuntito che copriva la sua spalla e lo impugnò come se fosse uno scudo. La mano dell'Eldrazi lo colpì con forza, ma non riuscì ad abbatterlo.
Indietreggiò e si preparò alla carica successiva.
"Pensi di riuscire a resistere finché non recupero la mia spada?", chiese Nissa al tritone.
Il tritone annuì.
"Farò in un attimo". Nissa scattò verso la sia lama, correndo accovacciata, nella speranza di rimanere fuori dalla portata sensoriale degli Eldrazi.
Cercò tre volte di creare un legame con la terra per sollevarla e far scivolare la spada verso di lei, chiedendo l'aiuto di Zendikar. Non ci fu alcuna risposta.
Quell'infinito silenzio continuava.
Nissa si sentiva così sola. Nel messo di questa orda di Eldrazi, sentiva come se non ci fosse più nulla.
Uno degli spessi tentacoli posteriori di un Eldrazi la colpì mentre afferrava la sua arma. La sua mano si era chiusa sull'elsa, ma il tentacolo la colpì proprio sul braccio. Era come se il mostro avesse previsto quella mossa, come se avesse mirato al suo braccio per fermarla. Ma non poteva averlo previsto. Non avevano questa capacità di analisi... almeno non questa.
Fece forza sul braccio con tutta se stessa, ma era troppo pesante. Era rimasta intrappolata.
Il panico si diffuse in lei. Che cosa sarebbe successo ora? Si sarebbe nutrito di lei? Il suo braccio avrebbe potuto abbandonarsi alla corruzione Eldrazi proprio in quel momento... come avrebbe fatto a scoprire se quella sarebbe stata la sua fine?
Da una qualche direzione sopra di lei discesero tre corde, ognuna con un lungo e tagliente gancio all'estremità. In veloce successione, i ganci penetrarono nel tentacolo dell'Eldrazi che bloccava Nissa.
Un istante successivo, il tentacolo venne sollevato... E poi strappato dal corpo dell'Eldrazi.
Mentre l'Eldrazi gridava, Nissa ne approfittò per allontanarsi. Il suo primo pensiero andò al suo braccio. Trattenendo il respiro dalla paura, abbassò lo sguardo. Non c'era alcun segno di corruzione. Sarebbe sopravvissuta. Ma la sua spalla era ferita al punto che dovette raccogliere la spada con la mano sinistra.
"Quassù!". Un'altra corda con un gancio venne abbassata e Nissa la seguì con lo sguardo fino a giungere a un mare di volti che si affacciavano da una roccia fluttuante nel cielo. Davanti a tutti si trovava un pallido volto bianco appartenente a un kor. Nissa non era mai stata così grata di vedere un kor nella sua vita.
"Afferra la corda. Usala per legare il tritone", istruì il kor.
Nissa vacillò, essendosi dimenticata del tritone nella confusione. Fece un sospiro di sollievo quando vide il tritone ancora in vita sul terreno, che si trascinava verso di lei.
"Funzionerà", disse il tritone senza fiato. "Legami".
Nissa si inginocchiò e si adoperò per bloccare il tritone nella parte ricurva del gancio. Poi fece passare la corda nella sua cintura, in modo da poter sollevare il tritone durante la sua arrampicata.
Diede uno strattone per comunicare che erano pronti e si voltò verso il tritone. "Il mio braccio è fuori uso. Afferra la spada".
"Con piacere". Il tritone sembrava entusiasta di brandire l'arma. Afferrò la spada di Nissa con una mano e il gancio con l'altra.
Nissa iniziò ad arrampicarsi, trascinando il tritone con sé, con la sua mano sinistra. Contemporaneamente, il kor e i suoi compagni tirarono la corda verso l'alto, centimetro dopo centimetro. In questo modo raddoppiarono, se non ancor di più, la velocità di salita di Nissa. Si augurò che fosse abbastanza.
Tentacoli e altre appendici frustavano l'aria intorno a lei e poteva udire il tritone colpire l'Eldrazi sottostante, ma Nissa ignorò ciò che stava avvenendo sotto di lei. La sua attenzione era tutta rivolta alla corda e alla sua arrampicata.
A un certo punto, quando le braccia erano ormai stanche e i palmi sudati, il vento scompigliò la chioma di Nissa, con una fredda e fresca folata. Erano saliti al di sopra dell'orda. La giornata non era così buia come le era sembrato laggiù. Il sospiro successivo che fece Nissa fu il primo da molto tempo a non essere intriso di imputridimento e sangue degli Eldrazi. Inspirò profondamente e si concesse una pausa.
"Ci siete quasi", disse loro il kor mentre sollevava un'altra sezione di corda. "Ci pensiamo noi".
Nissa gli sorrise. Poi abbassò lo sguardo verso il tritone. "Siamo quasi arrivati".
Il tritone ricambiò il sorriso, allentò la presa sulla spada di Nissa e si rilassò; non c'erano Eldrazi da combattere quassù. "Siamo quasi arrivati".
Sotto di loro potevano vedere la giungla di Eldrazi da cui stavano fuggendo, con i loro carapaci ossuti, tentacoli e braccia biforcate. Nissa non riusciva a vedere il terreno da nessuna parte, neanche nel punto in cui si trovavano prima. Dovevano la vita agli abitanti di Zendikar sulla roccia che stavano per raggiungere.
"No!", urlò il tritone.
La corda sobbalzò e Nissa seguì lo sguardo terrorizzato del tritone. Un Eldrazi gigantesco come un leviatano di grandi dimensioni si era appena lanciato dal bordo di una seconda roccia fluttuante. Atterrò sulla roccia su cui si trovavano il kor e i suoi compagni. Tre di loro furono schiacciati da quella gigantesca e contorta mostruosità... e uno venne sbalzato oltre il bordo della roccia, cadendo a picco di fianco a Nissa e al tritone. Non potevano far nulla per arrestare la sua caduta.
Illustrazione di Clint Cearley
I sopravvissuti sguainarono le armi e si scagliarono contro le appendici blu del mostro. Nissa si tenne stretta alla corda, che oscillava con violenza sotto la roccia tremante.
"È troppo grande!", urlò il tritone dal basso.
Aveva ragione. "Dammi la spada". Nissa abbassò un braccio.
"Che cosa vuoi fare?".
"La spada!".
Il tritone consegnò la spada a Nissa. Nissa la mise nella guaina, si slegò dal gancio e si arrampicò, ignorando il dolore alla spalla.
"Attenta!", gridò il tritone.
Non era più il momento di fare attenzione, quel momento era passato da tempo.
Nissa tenne lo sguardo verso l'alto durante l'ascesa. L'unico indizio di ciò che stava avvenendo sulla roccia erano i suoni; stridii, graffi, squarci. Erano il kor e il suo battaglione a fare a pezzi l'Eldrazi o erano loro a subire un massacro?
Quando giunse in cima, vide un ammasso di tentacoli e appendici. Si sollevò sopra al frastagliato e tagliente orlo della roccia fluttuante, sguainò la spada e iniziò a colpire le spesse carni blu davanti a sé, senza fermarsi.
Brandelli di Eldrazi le schizzarono sul volto, coprendole la vista. Dopo un po' i suoi colpi non trovarono altro che aria. Nissa regolò la sua posizione e continuò a colpire... dove pensava avrebbe trovato altri tentacoli, attraverso la spessa melma che copriva i suoi occhi. Anche il colpo successivo andò a vuoto. Si pulì il viso con la manica appena in tempo per vedere quattro bianche fruste brillanti saettare in aria e abbattersi sul lato dell'Eldrazi. Le fruste si avvolsero intorno a quattro delle spesse appendici dell'Eldrazi. Con un urlo innaturale, la mostruosità si contorse... e poi venne scagliata all'indietro e cadde dalla roccia.
Due dei tre abitanti di Zendikar che erano stati intrappolati sotto il mostro si rialzarono in piedi a fatica e poterono riprendere a respirare. Il terzo, un elfo, rimase immobile, con la pelle piena di righe di un rovente colore bianco gesso.
"Aiutami a sollevarli!".
Nissa si voltò verso il suono della voce, tenendo sempre ben salda la spada.
Un uomo era sul bordo della roccia, un uomo imponente, un umano con la pelle del colore della corteccia degli alberi di jurworrel e un'armatura su cui erano presenti linee e forme che Nissa non aveva mia visto. Seppe istantaneamente che non era originario di Zendikar. Un Planeswalker.
Con una corda per mano, il Planeswalker stava sollevando sia il tritone che gli altri quattro abitanti di Zendikar sulla roccia. Nonostante avesse chiesto aiuto, sembrava che non ne avesse bisogno né da Nissa né dagli altri che erano a bocca aperta vicino a lei. Nissa andò comunque verso di lui. Afferrò la corda a cui erano appesi i compagni del kor e tirò.
Perché si trovava qui? Credeva che tutti gli altri Planeswalker se ne fossero andati molto tempo prima, soprattutto quelli non originari di Zendikar.
"Jori En!". Il Planeswalker urlò alla vista del tritone che si sollevò sul bordo. "Jori En, sei tu! Sei viva!".
"Gideon". Il tritone sembrava sorpresa quanto il Planeswalker. "Pensavo che fossi morto. Quando sei precipitato oltre la cornice insieme all'Eldrazi...".
"Non era una situazione disperata come poteva sembrare". Il Planeswalker, Gideon, sorrise. Nissa notò che il suo sorriso era sbilenco. "Io pensavo che tu fossi morta".
"Sono riuscita ad arrangiarmi", rispose Jori.
"Ne sono felice", disse Gideon. "L'ho portato qui. L'uomo che può aiutarti, il suo nome è Jace. Ha un talento per i rompicapo... e ha già qualche informazione sugli edri, apparentemente".
"Dove si trova?". Jori si guardò intorno.
"All'accampamento". Il Planeswalker fece un cenno dietro di sé. Poi guardò il resto degli abitanti di Zendikar che erano sulla roccia; il suo sguardo passò velocemente su Nissa e gli altri. "Non preoccupatevi, sono qui per portarvi fuori dai guai. Siete tutti qui?".
Il kor annuì gravemente. "Eravamo l'ultimo gruppo. Pensavamo che gli altri ci avessero abbandonato".
"Mai". Gideon sorrise di nuovo. "A sud si trova un accampamento... o, per lo meno, ci sarà presto un accampamento. Per ora è sicuro e non è lontano. Venite e seguitemi".
Era sorprendente quanto rapidamente era passato dai convenevoli agli ordini. Nessuno sembrava mettere in discussione la sua autorità... o il suo accento o la sua armatura diversi da tutti gli altri. Se questo uomo conosceva una via verso la salvezza, gli abitanti di Zendikar lo avrebbero seguito.
Sollevò Jori sulle sue spalle larghe, mentre gli altri del gruppo erano in grado di camminare da soli. Con uno scatto della sua arma a quattro lame tirò uno spesso rampicante dalla roccia fluttuante vicina, quella da cui l'Eldrazi si era lanciato. La tese e la legò a una sporgenza rocciosa vicino ai suoi piedi. "Attraversiamo due per volta. Stiamo insieme. Quando giungete alla roccia successiva, aspettatemi".
Gli abitanti di Zendikar si prepararono, annuirono e la prima coppia fu pronta ad attraversare.
Gideon era un valido condottiero. Era posato, sicuro e forte. Li condusse con sicurezza da una roccia all'altra.
Nissa poteva vedere, non troppo lontano, il luogo che la piaga degli Eldrazi non aveva ancora raggiunto. Sembrava che avrebbero potuto raggiungerlo senza dover scendere di nuovo nella mischia e questo Planeswalker conosceva la via. Nissa gli fu grata per questo. Tenne lo sguardo fisso sulla terra libera di fronte a sé e lo seguì finché non giunsero nelle vicinanze. Una volta giunti, lui diresse le operazioni di discesa al suolo e il loro cammino si trasformò da una navigazione tra rampicanti e rocce fluttuanti a una camminata lunga e faticosa attraverso i caduti... un insieme di viscere di mostri e umani mescolati nella distruzione.
Nel loro cammino attraverso le trincee, dovettero affrontare solo tre Eldrazi. Nissa osservò il Planeswalker Gideon in battaglia; la sua arma simile a una frusta brillava mentre squarciava le mostruosità e la sua pelle emetteva luce quando un tentacolo o un'appendice si avvicinava troppo. Quest'uomo era potente.
Illustrazione di Dan Scott
Nissa attese finché non giunsero nella radura, finché non vide la tensione scivolare via dalle sue spalle. Poi avanzò fino alla cima al gruppo e si portò al fianco di Gideon. Aveva delle domande per lui. Se mai ci fosse stato qualcuno in grado di percepire ciò che era accaduto a Zendikar, quel qualcuno sarebbe stato un altro Planeswalker in grado di sentire il potere del piano. Lei doveva scoprire.
Gideon teneva la sua arma brillante in una mano e Jori nell'altra... il tritone aveva perso conoscenza poco prima, ma il kor del loro gruppo era un guaritore e aveva usato la sua arte su di lei, garantendo agli altri che si sarebbe ripresa a condizione che l'avessero riportata in fretta all'accampamento.
Sentendo la sua presenza al suo fianco, Gideon spostò lo sguardo verso Nissa.
"Ciao", disse Nissa.
"Salve".
"Il mio nome è Nissa".
"Gideon. Piacere di conoscerti". Sorrise di nuovo in quel suo modo sbilenco.
Nissa fu sorpresa dalla sua capacità di sorridere così spesso davanti a quel tipo di devastazione.
"Hai dato una grande prova di abilità in battaglia laggiù", le disse lui. "Ne hai abbattuto uno grande". Si riferiva all'Eldrazi che Nissa aveva aiutato ad abbattere lungo il cammino.
"Non è quello il modo in cui sono abituata a combattere", rispose Nissa. "O almeno non il modo a cui mi ero ultimamente abituata. Penso che, prima che tutto accadesse, questo fosse il modo in cui combattevo, con spada e frecce, ma poi mi ero abituata a... molto di più. Affrontarne tre contemporaneamente non sarebbe stato un problema per me. Non sarebbe stato affatto un problema. Anche da sola. I miei poteri sono più grandi di ciò che hai visto".
Gideon rise. "Sono contento del tuo entusiasmo. Non ti preoccupare, ci saranno molte occasioni per mostrare le tue doti in battaglia".
"Non è che... no, non sono preoccupata per questo, di mostrare il mio valore". Nissa si sentì sminuita. "Io... io sono un Planeswalker. Come te".
"Davvero?". Gideon inclinò il capo e la osservò con solennità.
"È per questo che sono venuta a parlare con te. Dato che sei un mago potente, vorrei sapere se hai percepito qualcosa di inusuale. Oggi. Quando il sole era ancora alto. È avvenuto all'improvviso. È... andato via".
Gideon aggrottò le sopracciglia. "Che cosa è andato via? Che cosa è successo?".
"Quando attingi ai tuoi poteri... ti ho visto farlo con le spirali brillanti... sono ancora presenti? Non percepisci nulla di diverso? Non è cambiato nulla?".
"Sì. No". Gideon scosse la testa. "Sono ancora presenti. Nulla è cambiato. Perché? Qualcosa è cambiato nei tuoi?".
Nissa incrociò il suo sguardo. "I miei sono spariti. Mi sono stati strappati. Non ho mai sentito un dolore così grande. Non mi sono mai sentita così sola. Zendikar è semplicemente... svanito". Mentre lo diceva, Nissa sentì di nuovo quella perdita. Ashaya. Il suo petto si strinse intorno al vuoto dentro di lei.
"Mi dispiace", disse Gideon. "Ma io...".
Fu interrotto da un grido davanti a loro, in alto. "Sono tornati!". Una scaletta scese da un imponente edro fluttuante, non lontano davanti a loro. "Li ha riportati!".
Tre figure scesero velocemente la scaletta e corsero verso di loro, con una donna kor davanti agli altri.
Nissa indietreggiò.
"Dest, sei proprio tu?". La donna kor si lanciò tra le braccia del guaritore kor. "Temevo...". La sua voce si spezzò quando l'abbraccio di lui la accolse.
"È stato merito suo", disse il kor, Dest, indicando Gideon. "Ci ha salvati".
"Grazie! Grazie mille!". La donna kor prese la mano di Gideon.
Gli occhi di Gideon si riempirono di gioia e afferrò la piccola mano della donna con la sua. "Aiutarvi è un piacere".
Urla di festeggiamento provennero dall'accampamento sopra di loro e altri abitanti di Zendikar scesero la scaletta e si diressero verso di loro, con urla di benvenuto.
Nissa si distaccò dal gruppo e osservò da lontano gli altri che si accalcavano, ridevano e piangevano e poi risalivano la scaletta verso quello che prometteva essere un accampamento.
Non voleva essere coinvolta nei loro festeggiamenti in questo momento. Non sentiva di appartenere a quel luogo. Lei apparteneva a Zendikar. Ed era tutto ciò che desiderava... riunirsi al suo mondo, alla sua amica.
Si inginocchiò nella grande ombra dell'edro e appoggiò il palmo sul terreno.
"Sono io", sussurrò. Raccolse tutta se stessa, ogni parte del suo essere e della sua anima. Nonostante fosse forse più spaventata di quanto fosse mai stata... spaventata per ciò che avrebbe trovato o non avrebbe trovato... inviò tutta se stessa nella terra, più profondamente possibile, scrutando cercando... sperando. "Dove sei?".
Silenzio.
Zendikar.
Continuò a cercare.
Trovò solo silenzio.
Ashaya.
La sua amica non c'era.
Zendikar era desolato.
Anche Nissa era desolata.
Era rimasta sola.
Mentre il sole tramontava su quel mondo vuoto, Nissa si alzò e si incamminò verso la scaletta, con la mano salda sull'elsa della sua spada.