La via della mantide
Su molti piani, la mantide è una creatura minuta. Su Tarkir, le mantidi sono più grandi dei buoi e sono originarie della regione montagnosa sotto il controllo dei Jeskai.
Dalla cima di una torre Jeskai dal soffitto rosso, un monaco di nome Kuhnde stava osservando la vallata dal dorso della sua mantide. Un vento gelido batteva sulla sua pelle; lui non tremava e non si muoveva. La sua cavalcatura ebbe un sussulto, con le braccia in continuo movimento e con la testa che si piegava verso un'invisibile preda. I cavalcamantidi sanno che i loro destrieri non nutrono alcuna lealtà. Anche una mantide che ha avuto un cavaliere per anni sbranerebbe il proprio compagno, se lui si distraesse per un semplice momento.
I Jeskai praticano vari stili. Il Passo del Fiume imita lo scorrere dell’acqua, il Pugno del Drago gli antichi nibbi infernali, mentre la Gru in Volo i selvaggi aviani delle vette dei monti. Non si ha alcun nome per la cerimonia, ma nell'esistenza dei Jeskai è uno dei momenti più importanti e definisce gli eventi di un'intera vita.
Kuhnde iniziò l'addestramento per il suo destriero in giovane età, dimostrando di essere uno studente dal notevole potenziale. A pochi anni di età, quando aveva appena imparato a leggere, incontrò i rappresentanti delle fortezze e delle discipline. Gli diedero pochi minuti per comprendere ogni stile e gli dissero di dare il meglio di sé. Il maestro della Fortezza dell'Occhio Saggio valutò la furtività, l'agilità e l'astuzia, mentre il maestro della Fortezza di Dirgur portò con sé numerose armi da taglio da fargli utilizzare. Un maestro aviano lo incontrò per valutarne le capacità di movimento in aria. Il maestro della Fortezza di Rivo delle Ruote ne analizzò le qualità nell'eseguire la loro variante della magia di Passo del Fiume, mentre il maestro della Fortezza della Montagna di Cosi analizzò le manovre di Pugno del Drago. Sebbene non avesse una fortezza, la Scuola delle Perle osservò il ragazzo mentre cercava di manipolare una dozzina di perle durante il combattimento. Vennero valutate le sue capacità magiche e identificati i tipi Jeskai preferiti (piroanima, pirobruma e pirosangue), evitando con cura piromorte e pirovita. La delusione colpì tutti i maestri. Kuhnde era dotato in tutte le discipline, ma non era esperto in alcuna; in lui tutti riconobbero le qualità necessarie per diventare un cavalcamantidi.
Quel giorno Kuhnde incontrò il suo destriero, una mantide tenuta legata a terra dagli altri cavalieri. Gli venne detto di non abbassare mai la guardia. Uno dei cavalieri mostrò a Kuhnde la propria mantide e gli spiegò che l'aveva addestrata per anni, nutrendola e mantenendola pulita ogni giorno. Il cavaliere sciolse una delle corde a cui era legata la creatura e l'insetto sferrò un colpo che ferì la mano del proprio padrone. Kuhnde fu terrorizzato dal gesto, ma il cavaliere gli spiegò il motivo per cui il suo destino era di diventare un cavalcamantidi.
"Non esiste un singolo modo per domare una mantide", spiegò il cavaliere. "Sono necessarie tutte le discipline per imparare a rimanere sempre all'erta e avere il controllo della tua mantide, a volte anche mentre combatti con un nemico. Devi tenere in considerazione tutte le variabili, anticipare gli avvenimenti e reagire in un batter d'occhio a ogni situazione. Cavalcherai in maniera instabile una creatura che si rivelerà essere la minaccia più pericolosa per te."
Kuhnde si sentì onorato. Era giovane e davanti a sé vide la promessa di ottenere un grande prestigio. Una volta iniziato l'addestramento, si rese conto di quanto speciale sarebbe stato il suo cammino. Ogni cavalcamantidi si sarebbe addestrato in ogni disciplina specifica necessaria per cavalcare la mantide. Alcune discipline avrebbero richiesto un intenso studio della tradizione di Rivo delle Ruote per riuscire a rimanere in sella ai destrieri, mentre altre avrebbero richiesto una permanenza alla Fortezza di Dirgur per imparare come mantenere l'equilibrio durante l'utilizzo della lancia.
Ci vollero venti anni prima che Kuhnde imparasse a cavalcare la sua mantide. Mentre osservava la vallata sotto di lui, faceva attenzione all'equilibrio del peso, manteneva la lancia e teneva salde le redini. Era attento, pronto a reagire al minimo movimento del capo o delle ali della creatura. Durante il volo, le ali producevano un suono acuto e a mala pena udibile, che solo i silenziosi Jeskai riuscivano a cogliere. Kuhnde conosceva la sua mantide abbastanza da interpretare il significato di ogni cambio della frequenza e della velocità del ronzio; la mantide era inquieta e desiderava mettersi in movimento.
Kuhnde le permise di volare liberamente, forzando i suoi movimenti solo quando volava troppo vicina alle finestre della torre in cui gli altri studenti erano impegnati con le lezioni. Anche dopo gli addestramenti, il rischio che smettesse di seguire gli ordini del suo cavaliere era sempre presente. Uno dei primi cavalcamantidi si recò in un villaggio e, così di narra, la mantide si infuriò a tal punto che, nonostante gli ordini del suo maestro, uccise molte persone. I cavalcamantidi non permettono mai ai loro destrieri di avvicinarsi ad altri, proprio per evitare tali eventi.
La mantide di Kuhnde girò il capo, avvisandolo di un movimento vicino alla base della montagna. Qualsiasi creatura fosse la causa del movimento, era nascosta da una magia di occultamento e Kuhnde sapeva bene che avrebbe dovuto anticipare le mosse di un terribile nemico che decidesse di celarsi dietro a tale magia. I Jeskai utilizzano la magia di occultamento per sorprendere gli avversari, per camuffare la loro identità o per esplorare il territorio nemico. La utilizzano anche come magia di distruzione per le loro imboscate, quindi Kuhnde era ben conscio del potenziale pericolo per il monastero. Il globo continuava a salire velocemente la parete della montagna e Kuhnde comunicò alla mantide, attraverso la posizione dei piedi, di prepararsi al contatto.
Morph| Illustrazione di Raymond Swanland
Si lanciarono verso la sfera di energia ambrata. Man mano che si avvicinavano, la sfera modificava il suo cammino di risalita sulla montagna, ma non verso di loro. Kuhnde tese e mantenne salda la sua lancia. Indicò alla mantide di scendere di quota, in modo da spingere la sfera di energia lontano dal monastero. Non osò avvicinarsi troppo o attaccarla, non avendo idea di cosa nascondesse. La mantide virò verso la vallata sottostante, in direzione dei laghi. Kuhnde guardò all'indietro e cercò di misurare la distanza tra sé e il nemico nascosto, ma vide che era risalito fino alla cima. Spostò il peso per far girare la mantide e si tenne stretto per la vigorosa virata, per timore di cadere a terra.
Volarono di fianco alla veloce sfera, a poca distanza dal terreno. Kuhnde sentì che la mantide stava iniziando a rallentare e applicò quindi pressione con un piede sul retro della testa, mentre si preparava a colpire il globo con la sua lancia. Con un forte urlo, udibile anche dai monaci nel monastero, il globo svanì. Ne uscì una fenice, che si lanciò all'attacco.
Si trattava di un uccello dalle grandi dimensioni, paragonabili a quelle della mantide di Kuhnde. Ardeva di luce mentre squarciava l'aria con i suoi artigli. Dalle sue ali fuoriusciva fuoco liquido che lasciava segni bruciati sul terreno, ma la fenice aveva lasciato scoperto il suo ventre. Kuhnde lasciò bloccare l’attacco alla mantide e la lanciò all'assalto. Ella aggredì la fenice con i lunghi artigli, facendo uscire sangue e fiamme dalla ferita. La fenice emise di nuovo un suono acuto e volò verso l'alto. Kuhnde comprese che il suo nemico stava cercando la fuga, ma stava anche volando verso il monastero, probabilmente per atterrare e recuperare le forze. Un uccello in avvicinamento al monastero non avrebbe generato allarmi, ma quell'uccello era una forza della natura e lasciava fiamme lungo la sua strada.
Kuhnde osservò la fenice dirigersi verso la torre più alta, nella quale si trovava la biblioteca della fortezza, un edificio dove un invasore di fuoco non sarebbe dovuto arrivare. Le pergamene nella biblioteca non erano importanti, ma le informazioni contenute avrebbero dovuto essere salvate. Kuhnde non aveva avuto un grande bisogno di addestramento con le pergamene e sapeva che alcuni dei geni che le custodivano non ne avevano mai letto il contenuto, quindi non le considerava molto importanti. Sapeva però che per molti Jeskai le parole scritte sulle pergamene erano più preziose di quanto fosse l'oro per i Sultai. Kuhnde avrebbe rischiato la vita per proteggerle.
Incitò la sua mantide a volare più velocemente, ignorando i venti gelidi. La fenice si muoveva più lentamente a causa delle ferite. Kuhnde la colpì di nuovo con la lancia, trafiggendola vicino all'articolazione tra corpo e ala. La fenice reagì con un urlo di dolore e infiammando il proprio corpo. Kuhnde sapeva di essere stato colpito dalle fiamme, ma il suo corpo era così intriso di gelo che non sentì alcun dolore. La sua mantide iniziò a cadere e ne sapeva il motivo ancor prima di vederlo con i suoi occhi, le sue ali erano in fiamme. Si tenne stretto al corpo della mantide mentre cadevano di fianco alla fenice, gravemente ferita. La fenice e la mantide colpirono le pendici della montagna e scivolarono rapidamente verso la base.
Kuhnde si resse con energia mentre scivolavano e rilassò i muscoli quando si arrestarono, riducendo le ferite. La sua mantide era ustionata e aveva perso le ali e una grande parte del carapace. Le sue interiora erano sparse lungo la montagna. La fenice era vicina a un macigno, col ventre rivolto verso l'alto, e una delle sue ali era chiaramente spezzata. Il possente uccello non era in grado di rimettersi in posizione. Kuhnde si volse verso la mantide. Si avvicinò al morente compagno degli ultimi venti anni. La mantide, incapace di comprendere la situazione, colpì Kuhnde con gli stessi movimenti del capo utilizzati tante volte in battaglia, cercando di ucciderlo.
Kuhnde non prese sul personale questo attacco. Era stato addestrato per non farlo. Nonostante l'acuto dolore alla spalla, sollevò la sua lancia. Con un rapido e preciso movimento, Kuhnde trafisse la testa della mantide per porre fine alle sue sofferenze; le mandibole della creatura continuarono a cercare di afferrare la preda umana per alcuni secondi. Kuhnde si voltò verso la fenice. Sebbene fosse ferita, era ancora una minaccia per il monastero, e ucciderla l'avrebbe solo fatta rinascere più forte.
Kuhnde fece appello alla conoscenza, agli addestramenti e ad anni di disciplina e iniziò un nuovo cammino. Si avvicinò all'uccello e lo aiutò a raddrizzarsi con la lancia. L'uccello cercò di aggredirlo, ma lui gli colpì il becco con l'asta della sua lancia. L'uccello venne stordito e poi si infiammò per la rabbia. Kuhnde lo colpì di nuovo sul becco. Gracchiò, più per il dolore che per la rabbia. Kuhnde aveva imparato molto dalla sua vita da cavalcamantidi, ma era stato addestrato per cavalcare una mantide specifica. Non aveva imparato come domare una fenice ma sapeva che, con il tempo, avrebbe scoperto il modo. Anche se ci fossero voluti altri vent'anni.