Le origini di Liliana: il quarto patto
Illustrazione di Chase Stone
Il dono dell'uomo corvo
Un uomo morì lì vicino, troppo vicino, sprecando il suo ultimo respiro in un grido inarticolato che solo il suo assassino e Liliana Vess poterono udire. Liliana si allontanò in fretta da quel suono, ponendo un numero più alto possibile di quegli alberi contorti tra sé e l'assassino.
Era cresciuta percorrendo i sentieri e le piste della foresta Caligo e li conosceva sicuramente meglio di tutti quei soldati che stavano ora combattendo e morendo sotto quelle fronde. Anche di notte quei boschi erano come una casa per lei, con i loro gufi e usignoli che la chiamavano tra i grossi rami. Ma questa notte quella foresta era diventata un campo di battaglia e gli unici richiami erano le urla dei morenti e il tetro gracchiare dei corvi che bisticciavano per le carni dei morti.
Illustrazione di Karla Ortiz
Si fermò ad ascoltare, tendendo le orecchie per cogliere gli eventuali rumori dell'inseguimento o di qualche indicazione di essere stata individuata. Nessun soldato umano si trovava dietro di lei, ne era sicura... c'era solo un corvo che saltellava e volteggiava da un ramo all'altro, sempre dietro di lei, in attesa della sua morte.
"Non avrai soddisfazione oggi, uccello", sussurrò. "Josu ha bisogno di me".
Il pensiero di suo fratello, delirante per la febbre sul letto di morte nella casa del padre, le fece affrettare il passo e presto i rumori della battaglia svanirono. Se nessuno era abbastanza coraggioso da affrontare la foresta per cercare le radici guaritrici per guarirlo, Liliana non avrebbe avuto timore.
"Sono pronta", disse all'uccello. "Riuscirò a guarirlo e insieme sconfiggeremo questi razziatori".
Il corvo gracchiò.
"Non ridere di me". Si piegò a terra e raccolse un sassolino da lanciare al corvo ma, quando sollevò di nuovo lo sguardo, non lo vide più.
Al suo posto si trovava un uomo, con i lineamenti nascosti nell'ombra del suo mantello con cappuccio. Scagliò comunque il sassolino, che colpì l'uomo sulla spalla e cadde di nuovo a terra. L'uomo portò indietro il cappuccio e Liliana portò la mano sull'arma da taglio che aveva alla cintura.
Era alto e aveva un aspetto nobile, indossava vesti color nero e oro che non mostravano segni di passaggio attraverso alberi e rovi. Il suo capo aveva come corona una chioma bianca scompigliata dal cappuccio, mentre i capelli sulle tempie erano neri e tirati dietro le orecchie. I suoi occhi, di un bizzarro color oro come i ricami delle sue vesti, colsero e ressero lo sguardo di lei.
"Non ho intenzioni pericolose, Liliana Vess", disse l'uomo.
"Tu conosci il mio nome", rispose lei afferrando lo stiletto. "Non è un fatto che ti aiuta a ottenere la mia fiducia".
Sollevò e mostrò le mani vuote. "È normale che io conosca il tuo nome. Tuo padre è il nostro signore e generale".
"Mi hai seguita?".
"Proprio come te, preferisco non farmi notare e vagare nei boschi rispetto a diventare un cadavere senza testa trascinato dai cavalli dei nemici di tuo padre, con la pelle distesa sui loro scudi e il cranio penzolante tra gli alberi".
Illustrazione di Chris Rahn
Mentre lo ascoltava, Liliana pensò di sentire rumore lontano di zoccoli. "Devo andare", disse lei.
"Dove andrai?".
"La radura...".
"Dove crescevano le radici guaritrici?".
Liliana si accigliò. "Come puoi sapere... aspetta. 'Crescevano'?".
"Non ne sei a conoscenza? Hanno bruciato tutto".
"I razziatori?".
"Sì, con le loro streghe. Ora è solo un cerchio di ceneri, in cui celebrano i loro riti e risvegliano nuovi soldati da far combattere contro tuo padre".
"No", rispose Liliana.
Dopo aver dato le spalle a quello strano uomo, corse via, incurante del rumore che produceva attraversando i cespugli e incespicando sulle radici. Poté sentire l'odore del fumo molto prima di giungere alla radura e interruppe la sua corsa quando vide la luce delle braci ancora calde.
Sentì dietro di sé il battito d'ali di un corvo e si voltò. L'uomo dagli occhi dorati era lì e osservava il terreno.
"Tutta questa morte", disse.
Liliana abbassò lo sguardo e sussultò quando i suoi occhi incontrarono quelli di un uomo che giaceva morto ai suoi piedi. I cadaveri ricoprivano completamente il terreno; i soldati avevano i colori del padre, nero e oro. Alcuni riportavano orribili ferite, altri terribili ustioni, altri erano senza testa e con la pelle rimossa dal grasso e dai muscoli luccicanti dalla magia oscura delle streghe. Tra loro non volava alcun uccello alla ricerca di un pasto.
"E senza le radici guaritrici", disse l'uomo, "tuo fratello sarà il prossimo".
"No!", urlò lei. "Non lo permetterò".
"No, ne sono certo". La ferma certezza della sua voce ebbe l'effetto di aumentare il panico che Liliana sentiva nel petto.
"Deve esserci un altro modo", continuò lei. "Altre radici guaritrici... un'altra radura".
"Lo sai che non esiste alcuna altra radura".
"Che cosa stai dicendo?", Liliana resistette alla tentazione di colpire l'uomo. "Conosci un altro modo per salvare Josu? Quale?".
L'uomo indicò in direzione della radura. Lei si voltò e guardò tra gli alberi, dove un leggero bagliore delle braci ardeva nell'oscurità.
La sua voce era subito dietro di lei e il suo respiro era proprio nelle sue orecchie: "Tu lo conosci già".
Ma lei non sapeva. Per anni aveva compiuto i suoi studi al fianco di Lady Ana, memorizzando le proprietà curatrici delle radici e delle erbe, imparando a riconoscere i segni e i sintomi di centinaia di malattie e i migliori trattamenti per decine di tipi di ferite. Le radici guaritrici erano l'unica cura possibile. "Hai detto che la radura era stata bruciata e che le radici erano state distrutte".
"Lo sai anche tu che c'è di più".
Tutti i suoi studi, le sue lezioni, le pratiche giornaliere di preparazione delle erbe e delle pozioni; nient'altro suggeriva l'idea di una possibile cura.
"A meno che...", mormorò lei.
"Tu sai".
Ma certo! Fece quasi un sobbalzo al pensiero inaspettato. In tutti quegli anni aveva espanso i suoi campi di studio oltre a ciò che Lady Ana potesse insegnarle, dilettandosi in tipi di magia che richiedevano un... approccio più diretto ai concetti di vita e di morte. Tutto con l'obiettivo di svolgere i suoi compiti di guaritrice, ovviamente. Conosceva la magia in grado di trasformare anche una radice guaritrice bruciata e avvizzita in una cura per Josu. Almeno in teoria.
Illustrazione di Bastien L. Deharme
Ma come poteva esserne a conoscenza lui?
"Non sono pronta", rispose lei. "Ho ancora molto da imparare".
"Sono convinto che Josu potrà aspettare finché tu non avrai completato i tuoi studi".
Liliana imprecò in silenzio e si allontanò dall'uomo, avvicinandosi alla radura bruciata.
Lui la seguì, parlandole proprio all'orecchio. "Non puoi permetterti di perdere tempo, Liliana Vess. La tua conoscenza è già sufficiente. Sebbene tu non lo voglia ammettere, la tua magia è già possente. Una volta che accetterai il tuo potere, diventerai ancora più grande".
Il suo panico stava mutando, trasformandosi in un'ondata di emozioni. Lei era potente, ma aveva sempre tenuto nascosta la sua conoscenza proibita, temendo la censura. Accettarla e non preoccuparsi delle conseguenze; doveva ammettere che, come ogni altra attività proibita, gioire del suo potere sembrava proprio divertente.
Si voltò verso di lui, appoggiando con forza un palmo sul suo petto e spingendolo indietro. "Come puoi sapere così tanto della mia magia?". Poteva percepire la magia crescere dentro di lei, il gelido pungere dell'approccio della morte.
"Credo che nessuno di noi mostri ciò che è in realtà", rispose lui.
Liliana lo aveva sempre saputo: lei era di più, molto più di quanto chiunque avesse mai visto. E ora lo avrebbe dimostrato. Sentì qualcosa dentro di lei liberarsi, come un fiore oscuro che sboccia in una profonda palude. Nella sua mente si formarono magie, unendosi a formare un piano disperato e terrificante.
"Esatto", disse l'uomo. "Ora lo vedi anche tu. Le radici guaritrici sono una cura potente, ma sono la via più sicura. Tu ne conosci una più potente".
Comprese con sorpresa di conoscerla. Espandendo i suoi sensi, sentì il potere che si sviluppava nella decomposizione e nella corruzione della vicina palude. Attinse il mana con un tetro sorriso, accorgendosi vagamente che lo strano uomo era svanito di nuovo.
A ogni passo, il potere che si era liberato in lei sembrava fiorire sempre di più, rinforzando la sua decisione. La spinse, sollecitandola ad accettare la sua forza. Dopo una decina di passi giunse al limite degli alberi e si trovò nella radura.
Era ridotta a un cerchio di cenere, con braci ardenti che formavano un anello intorno ai bordi. Terrore e furia lottarono nel suo cuore alla visione di quella scena e al ricordo della radura pacifica che era un tempo. Tre megere avvizzite erano disposte a cerchio nel centro, con gli occhi chiusi, intente a diffondere le loro magie attraverso i boschi, fino ai campi di battaglia nelle terre di suo padre. Intorno volteggiavano tre sentinelle spettrali... disgustosi teschi con brandelli di carne ciondolante e una nauseante luce purpurea che splendeva nelle loro vuote orbite.
Sei nemici, mentre Liliana era da sola. Ma la vita di Josu dipendeva da lei e il potere che si stava schiudendo in lei era più che sufficiente per loro.
"Salve ragazzine", disse Liliana con ironia.
Uno dei teschi galleggianti si diresse verso di lei e un urlo spettrale venne lanciato dalla sua bocca spalancata ma senza carni. Lei rispose con uno dei suoi canti, una frase di cupe sillabe che echeggiarono nell'aria. Un pugnale di assoluta oscurità fuoriuscì dalle sue dita e attraversò il teschio, lacerando l'energia necromantica che gli forniva una parvenza di vita e facendolo crollare al suolo.
Le streghe aprirono i loro occhi bianchi e si voltarono contemporaneamente verso di lei.
Liliana puntò le sue dita altre due volte e i due teschi rimanenti si trasformarono in polvere e poi in nuvolette al contatto con il terreno.
"Penso che abbiate bisogno di guardie del corpo un po' più potenti", disse. La fiducia in se stessa stava crescendo, sostituendo la paura con una fredda decisione. Comprese di essere portata per quel tipo di magia. Una volta accettata, era diventata così semplice. Molto più semplice degli studi uggiosi con Lady Ana. E lei si sentiva così potente!
Le streghe iniziarono a recitare un canto, con le voci sincronizzate, e il dolore colpì Liliana come se degli artigli stessero incidendo le sue carni.
Urlò.
Poi trasformò il suo urlo in un'altra magia, utilizzando il dolore per ritrovare la concentrazione. La magia uscì dalle sue labbra come il rintocco di una campana e un brivido letale alleviò il dolore alla pelle bruciata, mentre la sua magia prendeva forma. Tre mani spettrali si sollevarono dal suolo, ai piedi delle megere, con sottili fili d'ombra al posto delle braccia.
Illustrazione di David Palumbo
Toccò poi alle streghe urlare dal dolore, quando quelle mani penetrarono nei loro busti ed emersero dalle schiene, stringendo brillanti granelli di luce dorata. Le loro urla diventarono patetici gemiti e crollarono al suolo, portandosi le mani al petto con la minima forza che la magia di Liliana aveva lasciato nei loro corpi. Una delle streghe puntò una mano verso di lei e mormorò qualcosa che avrebbe potuto essere una magia, ma Liliana non sentì nulla.
Le tre mani spettrali si radunarono in un punto vicino ai piedi di Liliana e rientrarono nel terreno con il loro bottino. Sorridendo, Liliana fece per abbassarsi, ma il severo gracchiare di un corvo dietro di lei la fece sobbalzare e voltare. Uno dei cadaveri che aveva visto all'esterno della radura era in piedi e si dirigeva verso di lei.
"Quindi hai lanciato una magia", disse alla strega dietro di lei. "Un tentativo onorevole, ma anche il tuo ultimo".
Facendo un profondo respiro, si concentrò e con facilità fece svanire quella parvenza di vita che animava le carni dello zombie. Dietro di lei, la strega emise un urlo strangolato.
Liliana osservò il corpo del soldato, con l'armatura spaccata e l'uniforme imbrattata di sangue. "Tutta questa morte", disse. Alzò gli occhi e incrociò lo sguardo con il corvo appollaiato sopra di lei. "E questo è solo l'inizio".
Ai suoi piedi, un bagliore dorato emerse dalle ceneri, nel punto in cui le mani spettrali erano entrate nel terreno. Si inginocchiò e affondò le mani nel terreno per raccogliere il suo bottino. Quando sollevò le mani, stava afferrando un blocco avvizzito e annerito di radice guaritrice, che brillava di una fioca luce dorata. Avrebbe realizzato una pozione molto più potente di quella che aveva pianificato originariamente, intrisa della vita che aveva strappato a quelle streghe. L'uomo aveva ragione... lei sapeva già cosa fare. Era sicuro che lo sapesse già.
Custodendo le radici in grembo, ritornò alla foresta, incamminandosi verso la casa del padre.
Sorrise all'uccello, che la stava osservando. "Grazie, uomo corvo".
La Promessa del Vuoto
La radice guaritrice annerita permise di realizzare una pozione di un colore dorato brillante, come l'alba che riscalda la nebbia del mattino, rassicurando Liliana per il potere di donare la vita che conteneva. La tenne tra le mani mentre si aggirava nel baccano della casa, osservando la luce proveniente dalla sua magia oscura. I servitori si inchinarono e si ritirarono al suo avvicinamento, per poi tornare alle grida e al baccano dopo il suo passaggio.
"Acqua fresca!".
"Nuova biancheria!".
"Dov'è il brodo?".
"Acqua!".
Ignorò tutte quelle urla, convinta che l'elisir che trasportava sarebbe stato presto sufficiente per porre fine a tutte le preoccupazioni.
"Lady Liliana è tornata!", disse uno dei servitori davanti a lei, facendole alzare lo sguardo.
Era nella sala adiacente alla stanza di Josu. In seguito al grido del servitore, Lady Ana uscì dalla stanza e mise le mani ai fianchi, accigliandosi alla vista della fiala tra le mani di Liliana.
"Quelle non sono radici guaritrici", disse la guaritrice.
Liliana si fermò e la sua fiducia barcollò di fronte alla sua fiera maestra. Ma poi udì le urla di Josu dalla stanza: "Teschi! Teschi che galleggiano tra gli alberi!"... e le tornò in mente ciò che aveva dovuto sopportare per realizzare la pozione e la posta in gioco. Raddrizzò le spalle e affrontò lo sguardo fiero di Lady Ana.
"Questa è ancora migliore", dichiarò.
Ana si mise a ridere. "Sarò io a deciderlo. Come l'hai realizzata? Quali sono le componenti?".
"Non c'è tempo per le analisi. Josu sta morendo!".
"La somministrazione di cure non deve essere affrettata", rispose Ana incrociando le braccia sul petto. "Alcune pozioni possono creare più danni che vantaggi". I suoi occhi si volsero alla fiala nelle mani di Liliana e le sue labbra si incurvarono.
"Le streghe!", urlò Josu dal letto. "No, no, le fiamme!".
"L'ho realizzata partendo dalle radici guaritrici", disse Liliana, "ma l'ho migliorata".
"Migliorata? Come?".
"Le fiamme!". Josu stava urlando e Liliana poteva udire il frastuono dei servitori che cercavano di tranquillizzarlo, ridurre le sue febbri e portare un po' di sollievo ai suoi tormenti.
"Lasciami passare, Lady Ana", disse Liliana. "Josu deve bere questa pozione. Ora!".
Ana si avvicinò e il suo volto si fece più rosso. "Un apprendista non si rivolge in questo modo al suo maestro".
Liliana fece un respiro profondo e si preparò allo scontro. Non si trattava semplicemente del potere che cresceva dentro di lei; stava cambiando, la sua mente si stava espandendo e la sua vera identità si stava rivelando. Era il suo momento. La vita di suo fratello era appesa a un filo. Lei sapeva cosa sarebbe stato necessario fare.
"Allora è giunta l'ora di porre fine al mio apprendistato", rispose. "Il tuo potere non è paragonabile al mio".
"Potere? L'arte della guarigione non si basa sul potere".
"Lo pensi davvero?", disse ridendo Liliana. "Fatti indietro e osserva".
Si fece strada oltre la guaritrice ed entrò nella camera del fratello, inginocchiandosi di fianco al suo letto.
"Stai lontana dal mio paziente!", scattò Ana.
Durante tutti gli anni di apprendistato, quella voce aveva generato immediata obbedienza e Liliana fu sul punto di indietreggiare per puro riflesso. Ma Josu le prese la mano e la guardò... no, guardò da qualche parte dietro di lei... e tutto il resto svanì.
"Josu?", sussurrò lei. "Mi puoi sentire?".
"Le streghe", disse lui. Non stava più urlando e sembrava un ragazzino terrorizzato. "Hanno strappato la pelle...".
Liliana sollevò la fiala brillante e la luce dorata scintillò negli occhi di Josu, intento a osservarla. "Bevi questa, fratello". Appoggiò la fiala sulle labbra di lui. "Ti darà sollievo".
"Non farlo!", protestò per l'ultima volta Lady Ana, ma fu troppo tardi.
Illustrazione di Izzy
La pozione riempì la bocca di Josu e una splendente goccia dorata scese lungo il suo mento. Per un istante, il suo volto venne storpiato dalla paura e Liliana temette che potesse sputare il liquido prezioso, ma poi deglutì, più volte. I suoi occhi si chiusero e si rilassò sul suo cuscino.
L'unico movimento era il lento sollevarsi del petto dovuto alla respirazione. Liliana gli spostò i capelli dalla fronte imperlata di sudore e agli angoli della bocca apparve un accenno di sorriso.
"Liliana", sospirò.
Dietro di loro, uno dei servitori rimase senza fiato. "La riconosce!", disse la donna.
Lady Ana emise un suono di disapprovazione. "D'accordo. Hai calmato il suo riposo. Ora puoi dirmi...".
"Lili!", urlò Josu. Le palpebre spalancate rivelarono due orbite nere. Per un attimo Liliana riuscì a vedere il proprio riflesso in quegli occhi, ma era un'immagine di morte; i suoi occhi erano putrefatti e la sua pelle era cadente sulle sue ossa.
Lui si irrigidì e i suoi occhi vuoti erano diretti verso il soffitto. Liliana notò una macchia nera sulle sue labbra; la sua pozione era sgocciolata dalla bocca. Sembrava che si stesse rimpicciolendo. I suoi occhi sprofondarono nel cranio e la sua pallida pelle divenne cerea e tesa. Gli zigomi sporgevano dal suo volto e le labbra erano ritirate dai suoi denti.
"Che cosa hai fatto, ragazza?", sussurrò Lady Ana. Spostò Liliana e si piegò sulla figura immobile di Josu.
Liliana, con la mente ancora confusa, si spostò verso i piedi del letto e osservò il fratello. Che cosa aveva fatto? La pozione... la sua pozione, creata dalle sue abilità e dalla sua magia... non l'aveva affatto curato.
Lo aveva ucciso. Tutti quegli sforzi... per un risultato peggiore di come stava prima.
Molto peggiore.
Lady Ana si alzò dal lato del letto e, con sguardo serio, iniziò a scacciare i servitori dalla stanza. Liliana si mise a sedere sul bordo del letto di fianco al fratello e premette la sua mano fredda e rigida tra le sue, come se potesse riportare il calore al suo interno.
Lui si liberò della presa e la afferrò per la gola. Le unghie affilate penetrarono nella sua carne.
"C'è così tanto dolore...", disse Josu.
Si sollevò e avvicino il viso a quello di lei. "Dove mi hai mandato?", chiese.
Il respiro nauseante le punse le narici nonostante lei cercasse di non inspirare, mentre combatteva per liberare il collo dalla presa di lui.
"Così... tanto... dolore!", urlò lanciando Liliana contro il muro. Si accasciò a terra e Lady Ana urlò.
"Josu", sussurrò Liliana, "mi dispiace".
"Ti dispiace?!". Si alzò vacillando e scattò verso di lei. "Tu mi hai dannato, sorella!". Scrutandola, portò le sue dita artigliate alla propria gola. "Mi hai condannato a un tormento senza fine!". Affondò le unghie nel collo e nel petto, strappando pelle e vesti... ma dalle ferite non uscì una sola goccia di sangue. "Tormento!".
Illustrazione di Izzy
Appoggiandosi al muro, Liliana faticò per rialzarsi in piedi, allontanandosi da lui. Nonostante la rigidità dei polmoni, lui era veloce e riuscì ad afferrarla di nuovo alla gola, premendo la sua schiena contro il muro.
"Lascia che ti aiuti, Josu", lo supplicò. "Torna indietro... torna indietro e sistemeremo tutto".
"Aiutarmi?". La sua voce era un sussurro ruggente. "Sono perduto nel Vuoto, Lili. Perduto! Perché quindi mi soffermo qui?".
"Non lo so, fratello. Non lo so. Ma lo sistemeremo. Fida...".
Serrò la sua presa e soffocò le sue parole. "Fidarmi di te? Fidarmi? No!".
"Lasciami andare", gracchiò lei.
"Il Vuoto ti reclamerà, Lili. La sua fame non morirà mai. Otterrà sia me che te".
"Lasciami andare", ripeté. Il terrore e l'afflizione lasciarono il posto a una fredda rabbia. Mentre il mana scorreva dentro di lei, raffreddandole il sangue e pungendole la pelle, nella sua mente apparvero i ricordi degli alberi ricoperti di muschio, dell'aria umidiccia e delle acque fetide al cuore del Caligo.
"Non ti lascerò andare più, sorellina. Mai più. Saremo insieme, io e te. Uniti in questa eterna agonia!".
"Lasciami andare!". La furia di Liliana si scatenò con un'esplosione di furibonda oscurità tra di loro, che fece ribaltare Josu sul letto e crepitare e sgretolare la parete dietro di lei. Le ombre danzarono attraverso il corpo di lui e poi scomparvero, penetrando nella sua pallida pelle. Si alzò nuovamente, non in maniera così severa, e la guardò con rabbia.
"E così la mia dolce sorellina si diletta con la necromanzia", disse lui. "E mi ha trasformato in questo!" Affondò una mano verso di lei e una fontana d'ombre emerse dalle sue dita.
Sollevò le mani per proteggersi e le ombre la trafissero, perforando la sua anima e andando a scontrarsi con la parete dietro di lei. Sebbene le avesse lasciato un'amara sensazione di freddo, la magia di Josu aveva creato più danno nella parete che in lei. Il supporto dietro di lei venne ridotto a polvere e lei barcollò e cadde tra i detriti.
Liliana era a mala pena cosciente del caos che stava crescendo intorno a loro, con la servitù della casa che urlava, correva, singhiozzava dal dolore e piangeva dall'afflizione. Come era potuta andare a finire così male? si chiese. Aveva esultato del potere crescente dentro di sé, ma ora le sembrò collassare su se stesso e lasciare un vuoto desolante.
No, pensò. Devo sistemare le cose.
Continuando a lottare per resistere ai suoi assalti, cercò di farsi venire in mente una magia che potesse annullare gli effetti di ciò che aveva creato, prendendo in qualche modo la sua parvenza di vita e trasformandola di nuovo in vita vera. Nel frattempo, doveva anche tenerlo lontano. Lanciò magia dopo magia su di lui, esplosioni di oscurità e artigli di ombra. Ogni volta urlò dal dolore, lanciando un fiume senza fine di invettive contro di lei. Invece di arrestare la sua avanzata, sembrava tuttavia che le sue magie lo rendessero più forte.
Si rese conto che era sensato. La grandezza delle menzogne che aveva detto a se stessa divennero evidenti. In tutto questo tempo, lei aveva creduto di aver studiato le necromanzia dei suoi libri segreti e di aver effettuato ricerche oscure allo scopo di migliorare le sue arti curative. Aveva creduto di poter piegare il potere della morte al servizio della luce e della salute. Aveva creduto che una guaritrice avrebbe dovuto utilizzare tutti gli strumenti a sua disposizione. Ma il risultato fu Josu, una fusione orribile di vita e morte; tutte le sue magie per manipolare la forza vitale dei viventi non avevano alcun effetto sui morti.
Josu rispondeva a ogni magia con una delle sue, distruggendo pareti e sradicando finestre. Esplosioni, deviate rispetto ai loro bersagli originali, colpirono servitori e fecero avvizzire le loro carni, fondere le loro ossa o consumare le loro anime.
Tutta questa morte, pensò lei. E, a meno che io non trovi una soluzione in fretta, sarò la prossima.
L'implacabile assalto di Josu stava iniziando a sfinirla. Il mana che la pervadeva e alimentava la sua magia sembrava smorzare l'effetto delle magie di lui, ma non era uno scudo perfetto. Le sue mani erano fredde, le sue membra indolenzite e i suoi pensieri meno nitidi a causa degli effetti debilitanti della morte sulla sua forza, il suo corpo e la sua anima.
Josu, quella cosa che era Josu, allungò la mano e l'ombra la circondò. Artigli di oscurità l'afferrarono, la sollevarono dal suolo e le cercarono di strappare gli ultimi granelli di vita e di forza che rimanevano nel suo corpo. Soffocò quando le ombre raggiunsero la sua bocca, strappandole il respiro dai polmoni. Poteva sentire il freddo della morte, soffocante come se fosse stata sepolta viva, intrappolata nella stretta come di una morsa della magia del fratello.
Ora era in piedi di fronte a lei e la guardava dritto negli occhi, con quelle mani a forma di artiglio sollevate in aria come se non fosse la magia ma fossero loro a tenerla sospesa in aria e a estrarre da lei la vita.
"Unisciti a me, Lili", disse. "Tutto il tormento del Vuoto sarà nostro per sempre".
Nei suoi occhi si poteva vedere questa supplica, ma le sue orbite oscure non contenevano alcun segno di compassione. Lei chiuse infine gli occhi, incapace di resistere alla vista dell'orrore che aveva creato. La morte si chiuse su di lei e la sua testa cadde.
Poi, in un istante di completa desolazione, qualcosa dentro Liliana si infiammò, una scintilla di oscurità infinita, contemporaneamente più fredda della presa della morte e più calda del sole, oscura e infinita come il Vuoto ma eternamente viva, un'infinità di possibilità, il potere della creazione... e dell'annientamento. Si avvinghiò a questo nuovo potere, afferrando l'ultimo brandello di speranza.
La sua anima bruciò di splendida agonia e la magia di Josu svanì, incapace di contenerla. Aprì gli occhi e vide Josu indietreggiare, con il volto colmo di sorpresa.
Allungò le mani ai suoi fianchi e i cadaveri sparsi tra i detriti si alzarono, di nuovo servitori al suo servizio. La folla di zombie andò verso Josu, lo sommerse e lo sottomise.
Illustrazione di Izzy
Mentre Josu lottava contro quelle carni non morte, qualcosa attirò l'attenzione di Liliana. Si voltò e vide le rovine della casa del padre mutare di aspetto. Le pareti si contorsero e di divisero, formando oscuri fusti d'albero coperti da un velo di foglie nere. Nuvole di polvere divennero nebbia mossa dal vento e il pavimento ricoperto di detriti si trasformò in un terreno paludoso colmo di foglie morte e radici nodose. I suoi piedi non si mossero, ma sentì come se venisse attirata attraverso indescrivibili eternità, strappata dal mondo che conosceva e catapultata in un mondo nuovo.
La sua dimora non c'era più, Josu non era più davanti a lei, gli zombie e tutto ciò che conosceva svanirono... e lei cadde in ginocchio su quel terreno paludoso.
Un tempo eravamo dei
Più di un secolo dopo, una vecchia signora viaggiò da un mondo a un altro. Gli anni erano un peso sulle sue spalle, un peso come la sua afflizione.
"Sei in ritardo".
La voce rombante la accolse ancor prima che lei avesse lasciato il mondo precedente, facendo vibrare con la forza della sua voce il pavimento di marmo della sala principale.
"Non ancora", rispose Liliana con un sorriso. "Non lo sarai mai, se mi potrai aiutare come mi hai promesso". Riflettendo sull'idea della morte... una morte mondana, attraverso l'avvizzimento per lo scorrere del tempo... era andata alla ricerca dell'unico essere tra tutti i piani sufficientemente potente da tenerla lontana.
Il pavimento tremò di nuovo per la risata del drago e Liliana si voltò verso di lui, sollevò il capo e indietreggiò per vedere meglio, dato che la sua enormità le copriva tutto il campo visivo. Imponente quanto la sala principale, aveva grandi corna ricurve sopra il capo che sfioravano il soffitto, mentre le ali erano in grado di andare da una parete all'altra. Nascose uno sguardo di stizza; Nicol Bolas stava cercando di intimidirla, per ricordarle chi tra i due avesse il potere nel loro negoziato. Il fatto peggiore è che ci stava riuscendo.
"Io posso aiutarti, Liliana Vess", disse Bolas. "Ma l'immoralità è al di fuori della portata di chiunque, in questo momento".
Illustrazione di D. Alexander Gregory
"Disse il drago che aveva vissuto trentamila anni". Liliana gli volse le spalle e osservò le proprie mani. Sgualcite e segnate dal tempo, la sua pelle era cadente intorno alle ossa. Si erse al suo meglio, poiché non voleva mostrare al mastodontico drago la fragilità del suo corpo. Ma non si trattava solo del suo corpo... anche la sua anima era un fiore avvizzito privo di speranza.
"Come siamo decaduti", disse lui. "Un tempo eravamo dei e creavamo scompiglio tra i piani, conosciuti e non".
Le sue parole la colpirono. Loro erano Planeswalkers, non dei, ma in quei primi anni non c'era molta differenza. La scintilla che si era accesa nel suo cuore le aveva dato accesso a un potere più grande di quanto lei potesse immaginare, rendendola immortale e virtualmente onnipotente e mettendo al suo servizio un'interminabile truppa di morti. Aveva visitato innumerevoli piani del multiverso per decenni, sottomettendo alla sua volontà e ai suoi capricci quei mondi incapaci di resisterle. Solo un'opera, in quei giorni, le era sembrata al di fuori della portata della sua magia: annullare gli effetti di ciò che aveva fatto a Josu.
Il multiverso andò poi incontro a una trasformazione, derubando lei e gli altri Planeswalkers del potere divino che una volta era stato tra le loro mani. Alcuni lo chiamavano il Ripristino, come se qualcosa di rotto fosse stato riparato, ma per Liliana sembrava il contrario. Le portò la rovina, più grande di qualsiasi speranza. Aveva trascorso decenni alla ricerca di riguadagnare anche solo una frazione della grandezza magica che aveva perso e non fu comunque abbastanza... non abbastanza per tenere a freno la morte. Josu le aveva promesso che sarebbero stati insieme nella morte e avrebbero condiviso il dolore eterno; Liliana non avrebbe mai permesso che i gelati artigli della morte portassero a compimento quella promessa.
"Finora non sei caduto", disse Liliana senza riuscire a far trasparire l'amarezza della sua voce.
"Non mi hai conosciuto al culmine della mia forza. Ho perso più potere di quanto tu potresti imparare in una decina di vite".
"Allora dammene cento!". Liliana si voltò di scatto verso di lui. "Guardami, Bolas! Posso sentire la morte che mi sospira sul collo".
"Forse perché è stata una fedele compagna per tutti questi anni".
"Non una compagna, bensì uno strumento. Uno strumento da infliggere ad altri, non da accogliere a sé".
"Sono convinto che uno dei tuoi vecchi maestri non sarebbe d'accordo con te". Il pavimento tremò di nuovo per il divertimento del drago. "Sicuramente hai appreso dai vampiri quando ti sei recata su Innistrad, hai studiato con i lich, i maestri della necromanzia. Loro ti avrebbero fatto accogliere la morte e andare oltre, senza temerla".
Mentre parlava, Nicol Bolas abbassò il capo per avvicinarlo al viso di Liliana e si voltò in modo che lei potesse vedere il proprio volto riflesso in uno dei suoi giganteschi occhi neri... rugoso e tirato, la sua bellezza era sfiorita e lo spettro della morte tormentava i suoi occhi, non di tanto diversi da quelli che aveva visto in Josu molti anni prima.
Liliana si voltò da un'altra parte. Io sono più di quanto sembri, ricordò a se stessa.
"Una regina non regna sul suo popolo facendo parte di esso", disse lei. "Se io avessi voluto seguire quella strada, adesso mi troverei su Innistrad, non qui. Sei in grado di aiutarmi oppure no?".
"Come ti ho detto, posso metterti in contatto con gli esseri che possono aiutarti".
"Quattro demoni, hai detto. E il costo è la mia anima, giusto? Un costo da pagare al momento della mia morte?".
"Non è proprio così semplice".
"Ovviamente no". Liliana sospirò. "Nulla è mai semplice con te Bolas, vero?".
"Al contrario, molte idee che la tua mente non riuscirebbe neanche a iniziare a immaginare sono semplici per me".
Liliana sbuffò. "La tua modestia lascia proprio senza fiato".
"Una semplice verità, Liliana Vess. Dopo tutto, tu sei solo una semplice umana".
"'Un tempo eravamo dei'. Ho bisogno di riavere quel potere, Bolas. Potere, gioventù e forza. Anche al costo della mia anima".
"Bene." Il respiro del drago era vicino e le riscaldava la nuca. "Ma l'anima non è un gingillo che puoi consegnare a un demone o un oggetto che lui può raccogliere al momento della tua morte. Rinuncerai alla tua anima, sappilo... perché nessuno con un frammento di anima potrebbe riuscire nell'impresa che dovrai compiere per pagare il tuo debito".
Liliana cercò di nascondere un sussulto.
"Ma perché dovrei tediarti", continuò il drago, "dopo tutte le imprese che hai già compiuto? Hai studiato con i più grandi necromanti di tutti i piani. Hai massacrato gli angeli. Hai anche superato colui che ti ha avviata lungo questo cammino. Come lo chiamavi? L'uomo corvo?".
Liliana annuì distrattamente, ripensando al suo primo incontro con l'uomo corvo, molti anni prima, e ai terribili eventi che sono seguiti. Lo aveva superato, come aveva detto il drago, ma non l'aveva ucciso... non ancora.
"Forse hai già perso la tua anima", disse Bolas.
Liliana comprese con sorpresa che il pensiero la scocciava. Bolas aveva ragione. Dal primo incontro con l'uomo corvo nella foresta Caligo, il giorno in cui Liliana accettò il suo potere e gli permise di guidarla, la sua vita era stata una serie di compromessi morali in una inesorabile discesa verso l'oscurità. Che cosa era rimasto a distinguerla dal più perfido dei malvagi del multiverso?
Solo un istante, pensò, un istante di esitazione.
Liliana si voltò e guardò fissa nell'occhio del drago che non si chiudeva mai. "Poniamo fine a questa storia".
Un marchio sulla pelle
Per la quarta volta, Nicol Bolas guidò Liliana dalla sua imponente sala di marmo fino a un piano che lei non riusciva a riconoscere. Dopo aver stretto tre patti con tre demoni diversi, il potere fluiva nel suo corpo... ma era ancora una bambola di pezza negli artigli di un drago.
E aveva ancora l'aspetto di una vecchia.
Il drago la portò in un'altra sala imponente. Davanti a lei, fiamme guizzarono in una forma ad arco e si spensero all'allontanarsi di Bolas e all'avvicinamento del quarto demone... strisciante. Al posto delle gambe aveva una coda bulbosa. La sua testa bestiale sporgeva dalle sue spalle robuste, era ornata da un malizioso sorriso che mostrava i denti aguzzi. Ai lati di una fulva chioma si trovavano due corna, sulle quali era appoggiato un elaborato copricapo. Lacere ali in pelle uscivano dalle sue spalle. Le sue lunghe braccia terminavano in affilati artigli che toccavano quasi terra.
Illustrazione di Tianhua X
"Liliana Vess", disse chinandosi in modo che il suo alito investisse il volto di lei. La sua voce era un severo sussurro e, mentre pronunciava il suo nome, una lingua da serpente scattava tra i denti. "Io mi chiamo Kothophed".
"E tu conosci il mio, quindi direi che possiamo mettere un punto ai convenevoli".
Il demone fece una breve e animalesca risata. "Vero. So anche di essere il quarto dei tuoi avventori. Gli altri accordi sono stati soddisfacenti per te?".
"Sono soddisfatta". Bolas l'aveva messa in guardia sul rivelare alcuna informazione riguardo agli altri demoni e lei cercò anche di impedire che il pensiero diventasse chiaro nella sua mente.
"Sicura? Dobbiamo quindi annullare il nostro accordo? Hai già tutto ciò che desideri?".
Liliana sorrise compiaciuta. "Sono soddisfatta dei vantaggi che ho ottenuto dagli accordi precedenti e sono sicura che sarò soddisfatta anche di questo, una volta che sarà completo".
"Io sarò il tuo maestro più esigente, Liliana. Ho in mente grandi progetti per te. Se hai anche la pur minima esitazione, ti invito a rivalutare il nostro accordo. Hai già ottenuto un grande potere".
"Non è abbastanza per me", rispose lei. Bolas l'aveva avvertita; se avesse cercato di rinnegare un accordo, i demoni sarebbero stati autorizzati a ucciderla e lei temeva che, nonostante il potere che aveva acquisito, non avrebbe avuto possibilità contro Kothophed. Il mana oscuro radiava da lui come calore da un falò.
"Sei così assetata di immortalità", disse il demone strisciando intorno a lei. "Ma hai anche ottenuto abbastanza potere da mantenerti in vita per almeno decenni, magari anche un secolo. E in questo tempo potresti raggiungere i tuoi obiettivi per il multiverso. Non è abbastanza?".
"Tenere lontana la morte per gli anni che mi rimangono? No, non è abbastanza. Voglio essere libera dalla sua ombra".
Come lo ero prima di Josu, pensò. Giovane e viva e beatamente incosciente del numero di giorni a disposizione.
"Ma tu hai già accolto la morte in te", rispose il demone, ora dietro di lei. "L'hai portata nella tua anima, l'hai unita alla tua scintilla da Planeswalker e l'hai resa una cosa sola con ogni brandello di potere dentro di te. La sua ombra su di te è molto lunga, mia cara".
"L'ombra della morte di chiunque tranne la mia", disse lei, più a se stessa che al demone.
Mentre parlava, la sala svanì e Liliana si ritrovò su una pianura brulla. Cadaveri ricoprivano il terreno ovunque e corvi saltavano da un corpo all'altro, gustandosi i bocconi migliori.
"Io sono la tua morte", le sussurrò nell'orecchio Kothophed. "Uccidimi e non morirai mai".
Lei si voltò di scatto e iniziò a formulare una magia, ma il demone era svanito. Poté udire dietro di sé la sua animalesca risata, ora lontana una decina di metri.
Liliana distese le mani e neri uccelli si sollevarono a formare uno stormo di ali, mentre i cadaveri sul campo di battaglia si sollevavano e si ammassavano intorno al demone. Kothophed osservò il campo, come se stesse contando gli zombie, sempre con un sorriso sicuro da sciacallo.
"Non male", disse lui. Poi falciò i corpi... ora di nuovo senza vita... in ogni direzione con la sua coda.
"Mi sto solo scaldando", rispose Liliana, cercando di nascondere la sua paura. Bolas le aveva detto che il demone aveva acconsentito a non ucciderla, a patto che lei continuasse a onorare il loro accordo. Ma Kothophed sembrava fare il possibile per rompere l'accordo e questa battaglia non sembrava una semplice prova.
Mezza decina di ombre, fili di oscurità che emettevano un gelo che penetrava fino alle ossa, si lanciarono verso il demone e lo trapassarono, ma emersero vuote dall'altra parte. Una di quelle ombre avrebbe potuto uccidere un uomo, afferrare la sua anima e lasciare il cadavere senza calore al suolo, mentre sei di quegli attacchi non avevano avuto alcuno effetto sul demone.
Iniziando a pronunciare la magia successiva, Liliana si sollevò dal terreno, circondata da un'aura d'ombra. Attinse l'energia vitale del demone, cercando di ottenere potere da lui per alimentare le proprie magie. In risposta al richiamo di lei, Kothophed strisciò verso di lei e un'ondata di potere la fece balzare all'indietro.
Ondate di ombre strappa-anima, zombie e spettri dalle grandi ali risposero alle sue frenetiche evocazioni e si lanciarono sul demone seguendo i suoi ordini, andando tutti a finire contro la coda, gli artigli affilati come spade o le mascelle stritolanti di Kothophed. Ma questi attacchi le fecero guadagnare tempo... tempo per dare forma a un orrore dalle ossa e dalle carni dei caduti, un mostro intriso di veleno con artigli di uno spettro in grado di succhiare l'anima e la forza bruta di un titano.
Per un istante, pensò che Kothophed stesse davvero faticando contro quella creatura. Il demone lottò e si avvicinò a Liliana in un groviglio di membra, artigli e zanne. Man mano che si avvicinava, apparve sempre più chiaro chi fosse realmente a guidare lo scontro. Kothophed afferrò l'orrore e ne strappò le membra, lasciandole ai piedi di lei.
Poi afferrò anche lei.
Il freddo respiro del demone rese insensibile la pelle di lei. I suoi artigli si conficcarono nelle carni di lei. La tenne in una delle sue grandi mani. Con l'altra, passò un artiglio dalla corona sopra la testa di lei fino a un dito di un piede, incidendo fino all'osso. Lei emise un urlo.
Completata l'incisione, il demone staccò la sua pelle consumata dal tempo, come se stesse scuioando un coniglio. Ciò che Liliana vide fu un corpo più giovane, viscido per il sangue ma elastico e armonioso. Kothophed l'appoggiò di nuovo a terra e lei sentì il solido marmo sotto i suoi piedi. L'ossario svanì e si ritrovarono di nuovo nella sala del demone.
Guardò verso il basso. La sua vestaglia nera era ancora al suo posto. Ma la sua pelle, la sua forma e la sua postura erano quelle di se stessa da giovane, di nuovo colma della sua bellezza.
"Che cosa", disse sorpresa, "è successo?".
Il demone rise a lungo e fragorosamente.
"Se quella era una prova", continuò, "allora ho chiaramente fallito. Perché sono ancora qui? Perché ho questo aspetto?".
Il demone soffocò la sua risata e si piegò finché i suoi occhi giallastri non furono a livello di quelli di lei. "Non si è trattata di una prova. Era una lezione... che sono convinto tu non dimenticherai mai".
Mise di nuovo un artiglio davanti al volto di lei, facendola sussultare e mettendosi di nuovo a ridere. "Stai ferma", disse lui. "La mia parte dell'accordo non è ancora terminata".
Il suo tocco fu più gentile, ma sempre causa di agonia, mentre l'artiglio tracciava una spirale sul volto di lei. "Tu sei un Planeswalker", continuò lui mentre lavorava. "Significa che sei speciale. Sei anche uno dei maghi più potenti di tutti i piani, quindi sei straordinaria".
Illustrazione di Aleksi Briclot
Esatto, pensò lei. Questa è stata anche l'idea dell'uomo corvo.
Una volta terminato con il viso, Kothophed passò al collo e alle spalle. "Ma tu non sei nulla in confronto a me. Le tue magie più potenti possono a mala pena scalfirmi. La tua semplice mente umana non riuscirà mai ad arrivare al livello della mia".
Puoi rimanere convinto della tua idea, pensò lei sopportando il dolore. Il demone voleva sottometterla, ma il potere dentro di lei stava di nuovo sbocciando, più forte che mai. Valeva la pena di superare l'agonia.
"Se ti passerà per la mente di mettere alla prova la tua forza contro di me", disse il demone, "ti taglierò di nuovo in due. Ma questa volta non ci sarà una giovane e bella Liliana sotto lo strato superficiale".
Le linee tracciate dall'artiglio di Kothophed non fecero sgorgare alcuna goccia di sangue, ma brillavano di una pallida luce viola ed emanavano potere. Nonostante l'agonia e le minacce del demone, Liliana sentì l'ombra della morte allontanarsi da lei. Era giovane e potente e sarebbe rimasta in quelle condizioni per tantissimo tempo.
Oppure finché i demoni non fossero giunti per riscuotere il debito.
Una parte di Liliana sapeva che sarebbe stato Kothophed quello da temere. Lei era più potente di quanto sembrasse e il demone non aveva colto il suo pieno potere, come molti altri prima di lui. Il destino di lei era di rovesciare il debito che aveva con i demoni. Era conscia di questo destino, come se quella conoscenza fosse nel profondo delle sue carni. Come se Kothophed avesse inconsapevolmente scritto quel destino per lei.
Era un marchio sulla sua pelle.
Illustrazione di Karla Ortiz