Il racconto precedente: L'ascesa di Kozilek

Il piano aveva funzionato. Insieme, Nissa, Jace, Gideon e l'esercito degli abitanti di Zendikar erano riusciti a costruire un'enorme prigione di edri in grado di trattenere un titano Eldrazi. Solo un istante prima, Nissa aveva messo in posizione l'ultimo edro, intrappolando Ulamog, il mostro che aveva devastato il suo mondo.


Sulla roccia fluttuante di fianco a Gideon, Nissa si trovava al livello dell'enorme e ossuta piastra del volto di Ulamog. L'impossibilità di ciò che erano appena riusciti a compiere minacciava di farle perdere l'equilibrio mentale, ma le urla di vittoria degli abitanti di Zendikar sottostanti la supportarono.

Rete di Edri Allineati | Illustrazione di Richard Wright

Per troppo tempo il suo mondo era stato alla mercé di Ulamog, su un inevitabile cammino verso la distruzione... Bala Ged, Sejiri. Ma ora, finalmente e quasi incomprensibilmente, la situazione si era ribaltata. Era infine giunto il momento per Zendikar di distruggere. E Zendikar non avrebbe avuto alcuna pietà.

"Perfetto, iniziamo a tirare indietro! Rimanete in formazione!". Gideon impartì gli ordini agli abitanti di Zendikar sottostanti mentre scendeva lungo una scala di corda verso Portale Marino. "Mantenete sicuro il perimetro!".

Era ottimo che fosse Gideon al comando; il popolo sarebbe stato al sicuro con lui alla loro testa, che significava che Nissa sarebbe stata libera di concentrarsi sul titano. Un'ondata di trepidazione la investì. Guardò verso Jace, al di là del campo di battaglia. Quando lui incontro lo sguardo di lei, le aprì la propria mente. Ora è intrappolato come volevi tu, disse lei. Questo è il momento giusto per distruggerlo.

Sì. Quanti altri edri si trovano sepolti nel promontorio? chiese Jace. Nissa poté percepire l'emozione nella sua voce, anche all'interno della sua mente. Ce ne serve un altro, anzi, due. Nissa, funzionerà! Ho un piano.

Anche io. Nissa sfoderò la spada.

Ma, prima che potesse avanzare, Jace spostò la sua attenzione sull'anello di edri. Aveva ricreato il suo diagramma illusorio a dimensioni reali, sovrapponendolo a quello vero. Con solo altri due edri per ridirigere il potere che stiamo incanalando, credo che potremo distruggere il titano senza neanche doverlo toccare. Il rischio è minimo... relativamente minimo. Se solo... Jace continuò a parlare, ma Nissa aveva smesso di ascoltare. Non era interessata a un attacco calcolato. Avrebbe solo voluto piantare la propria spada nella gola di Ulamog. Avrebbe voluto eviscerarlo. Avrebbe voluto porre fine alla sua esistenza, proprio in quel momento. Aveva promesso a Jace che non avrebbe cercato di distruggere il titano prima che venisse intrappolato; ora era intrappolato.

Si voltò verso la terra, verso il promontorio roccioso ed entrò in contatto con l'anima del mondo. Chiamò e Ashaya rispose. L'elementale si sollevò con una determinazione che Nissa non aveva mai visto. Con una speranza che non aveva mai provato. Zendikar era finalmente pronto a riprendersi la libertà.

Ashaya, il Mondo Risvegliato | Illustrazione di Raymond Swanland

Poi qualcosa si ruppe. Come un ramoscello che si spezza, Ashaya crepitò, barcollò e pezzi di lei si sgretolarono. Confusa, Nissa si concentrò maggiormente. Ma Ashaya non rispose; i suoi rami furono scossi e tremarono; insieme a lei, tutto Zendikar tremò.

La roccia fluttuante su cui si trovava Nissa barcollò, prima lentamente e poi più velocemente e in modo violento. Nissa cercò di mantenere l'equilibrio allargando le braccia. Le oscillazioni del terreno erano così intense che sembrava come se Zendikar stesse per essere fatto a pezzi. Poi, rapidamente quanto aveva iniziato, il tremore si interruppe. Il mondo si calmò e tutto divenne quieto.

Ma Nissa sapeva che era una calma apparente. C'era qualcosa che non andava, poteva percepirlo, qualcosa...

Un rumore di lacerazione squarciò il silenzio. Alla destra di Nissa, la diga e tutto ciò che vi era sopra si sollevarono come per un'onda di marea. Nissa osservò con orrore gli abitanti di Zendikar e gli Eldrazi che venivano scagliati in aria e atterravano sulla dura parete di pietra, per poi essere scagliati di nuovo verso l'alto da una seconda oscillazione.

Con occhi selvaggi spalancati, Nissa si voltò verso Ashaya. Zendikar emanò un'onda di dolore e di terrore e l'elementale si sgretolò in un ammasso di detriti.

"Ashaya!". Nissa corse verso la sua amica, ma venne gettata in ginocchio da un'altra oscillazione dell'intero mondo.

Sopra il mare, alla sua sinistra, l'anello di edri oscillava violentemente quanto la terra stessa. Le leyline erano ora tese per mantenere la formazione intatta nonostante le ondate in tutta la baia. La prigione si stava smantellando. Ma non era il movimento del mondo che la stava forzando. Era il contrario. Era la prigione inquieta che applicava una forza al mondo. In alto, sopra la prigione, Nissa vide un edro solitario dal quale si scatenava un potere oscuro intento a distruggere la solidità dell'allineamento delle leyline. C'era qualcosa di sbagliato. Non sarebbe dovuto essere lassù. Da dove proveniva? Presa dall'angoscia, andò alla ricerca di Jace.

Nissa, esci da lì! L'urlo di Jace riempì la sua mente non appena lei gli offrì la sua attenzione.

Con un sonoro ed echeggiante crepitio, una delle leyline della prigione si ruppe. Il cerchio era stato aperto. Il cuore di Nissa si arrestò.

Corri, Nissa! Corri!

Ma Nissa non corse via. Si lanciò in avanti, verso la leyline divelta. Non poteva accadere. Non ora. Questa era l'occasione di Zendikar.

Appena atterrò su una roccia fluttuante vicina all'apertura, vide uno degli edri slegati perdere l'allineamento, tendendo il collegamento con gli altri fino a romperlo. Per un istante, la mastodontica roccia barcollò, sospesa sull'ultimo orlo del legame magico che la teneva in posizione e poi precipitò verso il mare.

Nissa venne inzuppata dall'enorme ondata dovuta all'impatto dell'edro, ma non si fermò se non per togliersi l'acqua dal viso. Non poteva accadere. Cercò un collegamento mentale con la leyline ciondolante, quella che era collegata all'edro caduto, e si sforzò di utilizzare il potente mana di cui la leyline era composta, fino a entrare in contatto. Nel momento in cui ci riuscì, un'incredibile ondata di potere la investì. Si sentì più forte che mai. Ma ciò non era importante. Ciò che era importante era il luogo in cui avrebbe incanalato quel potere. Lo avrebbe inviato attraverso se stessa fino all'altra leyline ciondolante; avrebbe completato il cerchio infranto con il suo stesso corpo. Lo avrebbe riparato.

Cercò l'altra leyline, attingendo alla propria riserva di forza per estendersi verso la sua magia, utilizzando tutte le proprie forze nel tentativo di richiudere l'anello. Bastava solo un po'...

A quel punto venne sbalzata.

Nissa poté solo vedere lo spesso tentacolo rosa che l'aveva colpita. Ulamog.

A causa della compromissione della solidità della prigione, era stato in grado di superarne i confini.

Ulamog, il Cerchio Infinito | Illustrazione di Aleksi Briclot

Gli edri dell'anello iniziarono a ondeggiare, senza equilibrio. Le leyline furono scagliate lontano dalla sua portata. Ulamog non sarebbe più stato imprigionato.

No! Nissa balzò, cercando di afferrare il rampicante più vicino, questa volta con la spada tra le mani. Puntò sul titano. Non poteva accadere. Intrappolato oppure no, lo avrebbe distrutto. Questa era l'occasione di Zendikar.

Oscillando da un rampicante, Nissa affondò la spada in uno dei tentacoli di Ulamog. La spada riuscì solo a lasciare un graffio, ma lei non se ne interessò. Colpì di nuovo. E di nuovo. A quel punto, il resto dell'anello crollò. Uno dopo l'altro, gli edri precipitarono nel mare. Onde di acqua salmastra arrivarono fino a Nissa, in una cacofonia di urla di terrore dal suo interno. Ulamog, libero dai legami, si stava dirigendo di nuovo verso Portale Marino.

Nissa urlò dal tormento. Per quanto il loro successo iniziale di intrappolare Ulamog fosse sembrato impossibile, questa fine sembrava ancora più imprevedibile.

Questa fine?

Era davvero la fine?

Con quel pensiero, un'ondata di debolezza investì Nissa, prosciugandola. Tutto ciò che riusciva a fare era tenersi appesa ai rampicanti.

Nissa, che cosa stai facendo? Devi fuggire! Era di nuovo la voce di Jace nella sua mente. La voce di lui non era mai stata così disperata, ma lei non riuscì a muoversi. Ora! urlò Jace.

Il tormento di lui non ebbe effetto su di lei. Abbassò lo sguardo sull'acqua sottostante. Se fosse caduta, si sarebbe ritrovata al freddo.

La prigione non c'è più, Nissa, la voce di Jace era più tranquilla. Il demone l'ha aperta. Non possiamo più fare nulla. Possiamo solo fuggire. Ti prego.

Il demone... Nissa si riprese. Il demone? Lo percepì immediatamente, sentendo il male di quel mostro. Era là. Alzò lo sguardo. Eccolo. Il demone che aveva affrontato su Bala Ged, colui che aveva sradicato il Cuore Khalni, proprio quella creatura che aveva cercato di distruggere Zendikar. Era tornato.

Ob Nixilis della Fiamma Rinnovata | Illustrazione di Chris Rahn

Tutto divenne immediatamente sensato. Era lui l'oscurità che aveva percepito; era lui ciò che era sbagliato. Era stato il suo edro a destabilizzare la prigione e a far sobbalzare la terra. Era lui la causa di tutto ciò. E ora stava lanciando una magia, una magia così antica e potente di cui Nissa non riconobbe altro che la vaga forma e la completa e consumante oscurità. Al lancio di quella magia, tutta la terra di Zendikar urlò dal dolore.

"Sollevati!", urlò il demone.

E qualcosa si sollevò.

Nissa si voltò e vide una fila di frammenti neri luccicanti incredibilmente larghi che stava squarciando il terreno. Ancor prima che il resto del mostro emerse in superficie, Nissa sapeva di avere di fronte un secondo titano. Kozilek. Il demone aveva evocato un altro orrore per devastare il suo mondo.

Illustrazione di Lius Lasahido

Si voltò di nuovo verso il demone, il quale le sorrise. Un sorriso.

Nissa sussultò, nauseata, e in quel momento una parte di lei venne sradicata. Una parte di lei che riconobbe da molto tempo prima, un pezzo di lei che aveva cercato di assopire, che aveva cercato di dimenticare. In quella parte di lei si trovava potere e ora era quel potere a scorrere nelle sue vene. Non era diverso dalla sensazione di potere delle leyline che fluiva dentro di lei, ma questa volta poteva averlo tutto per sé. Le dava una grande sensazione. Le forze le tornarono, ancora più intense, e si arrampicò sul rampicante con le sole mani, arrampicandosi fino alla roccia fluttuante sopra di sé.

Si alzò e osservò il demone. Sapeva che avrebbe dovuto evitarlo. Sapeva che sarebbe dovuta fuggire o combattere i titani o aiutare le persone o fare qualsiasi cosa tranne ciò che stava facendo ora. Ma cosa sarebbe cambiato? Le sue azioni avrebbero fatto una qualche differenza? C'era forse speranza, un ultimo brandello di speranza rimasta di salvare Zendikar?

Se si fosse allontanata dal demone, Nissa avrebbe dovuto cercare una risposta a quella domanda. Decise quindi di mantenere lo sguardo sul demone. Lo guardò fissa, negli occhi malvagi che avevano portato via l'ultima possibilità di sopravvivenza al suo mondo. Per quel motivo e per tutto il resto, lo avrebbe ucciso.

Saltò sulla diga oscillante e corse verso il demone, con la spada pronta a colpire. Aveva commesso l'errore di non verificare di averlo ucciso l'ultima volta che si erano incontrati, ma non avrebbe commesso di nuovo lo stesso errore.

Quando Kozilek si sollevò, la diga iniziò a oscillare furiosamente, il mare la inondò, la terra si agitò e gli abitanti di Zendikar urlarono. Tutto questo accadde intorno a Nissa, fuori dalla sua attenzione, tutto velato dalla furia che la spingeva in avanti. L'unica cosa che riusciva a vedere era quell'orrido demone e l'unica cosa che aveva in mente era la sua morte.

Illustrazione di Lius Lasahido

Mentre si faceva strada verso il mostro alato tra le progenie impetuose e le rocce in caduta, Nissa era vagamente consapevole dell'influenza che Kozilek stava avendo sul mondo intorno a lei. Aveva sentito l'influenza di quel titano in passato, quando molte più progenie abitavano quel mondo. A quel tempo non si era curata molto del caos deformante e non era ora lieta degli effetti disordinati e contorti che aveva sulle leyline. Gli schemi continui che avrebbero dovuto permeare il mondo erano deformati e rotti. Era tutto sbagliato. Ogni passo le richiedeva un notevole sforzo per far entrare il suo piede a contatto con la terra, per superare la dissezione della realtà, per compensare la distorsione gravitazionale. Nonostante tutto, continuò ad avanzare. Nulla l'avrebbe fermata.

Poi la terra di fronte a lei eruppe. Il braccio in agitazione di Kozilek aveva colpito la diga e il suo enorme pugno aveva perforato la roccia, rovesciando il faro. L'impatto scagliò in aria Nissa insieme ai frammenti della diga e altre centinaia di abitanti di Zendikar. Il mondo era ribaltato, come momentaneamente in sospensione. Il tempo era rallentato e una nera e iridescente corruzione si cristallizzò sui frammenti di pura roccia bianco e sui volti delle persone intorno a lei. Era come se fosse stata intrappolata in una pozzanghera ghiacciata, soffocata dalla pressione del ghiaccio intorno a sé.

Poi, improvvisamente, il tempo iniziò a scorrere di nuovo e la gravità raddoppiò o forse triplicò, tirando Nissa verso la parete che si stava sgretolando con una forza irreale. Cercò di mantenersi in piedi, ma sembrava che stesse affondando nelle sabbie mobili. Tutto intorno a lei si stava trasformando in bordi frastagliati e figure geometriche che rappresentavano oggetti innaturali. Sbatté gli occhi, ma la sua vista non migliorò. Tutto appariva identico; non era più in grado di distinguere la parete, il mare e il demone.

Era finita nel campo di distorsione di Kozilek. Vacillò, insicura di dove il passo successivo l'avrebbe portata, insicura di dove fosse e di dove stesse andando. Insicura del fatto di essere ancora viva. La fine era già giunta?

No. No! Non era la fine. Non poteva essere. Non prima che lo distruggesse. Il demone era un difetto sul suo mondo perfetto. Il bisogno di eliminarlo da Zendikar le permise di continuare. Si sforzò di proseguire, mettendo un piede di fronte all'altro, continuando a respirare, finché infine non si liberò della presa della distorsione.

Libera, Nissa corse fino all'estremità della bianca roccia della diga, saltando sulla scogliera, dritta verso il demone. Atterrò su di lui, bloccandolo al suolo e puntandogli la spada al collo.

"Bella mossa". La guardò sopra di lui, ancora con quel disgustoso sorriso. "Hai finalmente la forza interiore per vincere. Hai finalmente la forza interiore per compiere il gesto necessario".

"Tu!". La bile risalì fino alla gola di Nissa, che affondò la spada.

Con un veloce movimento, il demone schivò la spada e si liberò dalla presa, volando lontano e inviando contemporaneamente un'ondata della sua magia di risucchio di vita contro Nissa. La colpì prima che potesse rialzarsi, risucchiandole la vita dalle vene e dissetandosi con l'odio che le dava la forza.

Urlò, cercò un contatto con la terra e inviò una cascata di terra contro il demone. L'attacco non lo raggiunse mai; la terra cambiò direzione in aria e ritornò verso di lei, seguendo un contorto fascio di leyline annodato in modo innaturale.

Nissa rotolò sul terreno appena in tempo per evitare la massa di detriti... detriti neri e contorti, innaturali e tormentati. Presa dal panico, osservò immobile quattro progenie della stirpe di Kozilek brulicare tra lei e il demone. Le aveva evocate lui?

"Sono spiacente", disse il demone, "ma i miei piani hanno maggiore priorità. Zendikar è sconfitto". Fece un breve cenno e le progenie si avvicinarono a Nissa, scagliando blocchi di roccia intorno a lei. "E Zendikar morirà".

Illustrazione di Ryan Barger

Un dolore lancinante investì Nissa, che ruggì dalla sofferenza. Sebbene non fosse stata la sua intenzione, il suo urlo destò Ashaya. Poté percepire la preoccupazione di Zendikar per lei, mentre la terra intorno a lei iniziava a sollevarsi; il mondo stava giungendo in suo aiuto. Era comunque distorto, rotto e corrotto. Qualcosa lo stava rovinando.

No. Nissa non poteva permetterlo. Allontanò l'anima di Zendikar. Lontano da questa distorsione, lontano da questo avvizzimento, lontano da lei. Stai indietro!

Ashaya non voleva andarsene. Il mondo si rifiutò di abbandonarla, ma Nissa la costrinse ad andarsene. Non c'era più nulla che potessero fare.

Arrendendosi, sentì gli ultimi brandelli di speranza contorcersi e diventare paura a causa dell'effetto delle progenie di Kozilek. Le sue budella si torsero. La terra, le leyline e la vita del mondo divennero così contorte e perverse da non esistere più.

Circondata dalla risata del demone, l'ultima certezza di Nissa si sciolse.


Risi all'espressione confusa dell'elfa, le cui certezze stavano svanendo. Non riuscivo a non farlo. Era divertente. Quel qualcosa nei suoi occhi.

"Oh, piccola elfa. Vuoi che ti dica una cosa divertente? Se solo tu mi avessi lasciato terminare il mio lavoro, avrei riottenuto la mia scintilla e avrei lasciato il tuo mondo. Non ti ho scelta come mia nemica, ma ora mi sento costretto a essere il nemico che ti meriti. La distorsione di Kozilek ti permetterà di vivere le ultime ore di Zendikar prolungate in quello che sembrerà un migliaio di anni. Proverai anche tu la sofferenza che ho provato io. Normalmente non sarei interessato a questi atteggiamenti drammatici, ma tu meriti un'eccezione".

Le progenie di Kozilek circondarono la Joraga, tagliando lo spazio in modo che nessuna leyline potesse raggiungerla, come ragni che tessono una ragnatela di una realtà contorta. Si ritrovò isolata da Zendikar. Impotente.

La mia mente si tese per guidare le progenie. Era possibile, ma io sapevo di trovarmi sull'orlo di un precipizio. Soprattutto con quel titano così vicino, stavo rischiando di perdermi nella follia o forse peggio. Ma, a patto che io non ordinassi di compiere movimenti che il titano avrebbe disapprovato, non penso che se la sarebbe presa per il fatto di avermi offerto in prestito alcune delle sue progenie per occuparsi di un insetto che stava ostacolando il suo lavoro. Mi sollevai in aria per osservare il resto del terreno. Davanti a me vidi un'armata in rotta. Glorioso.

Era giunto il momento di abbandonare questo luogo e di non tornarvi mai più.

Dopo essermi assicurato che nessun sopravvissuto fuggisse da Portale Marino, ovviamente, avrei abbandonato questo luogo e mi sarei diretto verso altri piani.

In realtà, ciò non era importante in questo momento. Avrei semplicemente dovuto abbandonare questo luogo e non tornarvi mai più.

Interessante. Qualcuno si trovava nella mia mente. Inaccettabile. I telepati sono il peggio del peggio. Avevo avuto troppe esperienze con persone che hanno cercato di inserire qualcosa di estraneo della mia mente.

Ebbi una vaga sensazione che mi indicava la posizione dell'intrusore, nascosto tra i soldati in fuga sotto di me. Scesi in picchiata verso il suolo come una cometa e spazzai via gli abitanti di Zendikar all'impatto con il terreno fangoso e inzuppato dall'acqua salmastra. Un ragazzino vestito di blu era rimasto in piedi, indenne ma sorpreso; d'istinto si divise in decine di immagini speculari. Un discreto stratagemma.

Illustrazione di Victor Adame Minguez

Sussurrai una parola: il nome più vero del dolore che io avessi mai imparato. In una sfera crepitante intorno a me, la sofferenza divenne l'unica essenza. La sentii quanto lui, ma io conoscevo il dolore ben più di questo ragazzino. Tutte le immagini si piegarono su di loro, ma solo una soffrì realmente. Fu semplice individuare l'unica che non era un'immagine. Sorrisi e scattai verso di lui, ma sussultai quando lui rispose al mio sguardo.

Quegli occhi mi trafissero come una lancia. Evitando ogni sotterfugio, assalì i miei sensi il più possibile, ma ciò portò semplicemente il mio pugno a rompergli lo zigomo invece di staccargli la testa come avrei voluto. Cadde a terra, accasciandosi in un ammasso di vesti infangate. Mi accinsi a spezzargli il collo e a farla finita.

Qualcosa mi afferrò da dietro e mi scagliò lontano da lui, strappandomi un'ala. Atterrai dolorosamente e sollevai lo sguardo per individuare il mio avversario. Sebbene avesse potuto attaccarmi una seconda volta prima che io lo vedessi, aveva deciso di attendere. Alto, robusto, dalla mascella possente e determinato. Una bella presenza sotto molti aspetti. Risi sommessamente. Era disposto a colpirmi alle spalle per salvare il suo amico, ma non era disposto a farlo per vincere un combattimento. Mi è piaciuto immediatamente. Un eroe.

Feci un leggero inchino con la testa. "Ob Nixilis. Piacere. Ora, ti chiedo gentilmente di farti da parte e di andartene. Hai l'aspetto di un generale, quindi devi sapere che questa guerra è persa. Il tuo compito era organizzare la difesa? Commovente. Sarò lieto di darti una seconda occasione, prima o poi. Potrai scegliere il mondo e le condizioni. Ma per quanto riguarda questa volta...".

Mi interruppe con una frustata di quella sua... arma... quadrupla. Indossava davvero un surral? Non ne vedevo uno da secoli e questo era il primo che vidi su Zendikar. Gli specialisti di surral erano normalmente estremamente preparati, oppure le loro vite avevano breve durata. Schivai l'attacco, scocciato.

Riprovazione di Gideon | Illustrazione di Dan Scott

"Queste persone sono sotto la mia protezione, demone. Fatti da parte oppure sarò io a farti a pezzi". La sua voce sembrava proprio determinata.

"Che delusione. Ai miei tempi, perdonami il modo di esprimermi, vi era una certa civiltà nella gestione di queste faccende. Ma credo che i Planeswalker non siano più quelli di una volta. Per esempio, muoiono molto più facilmente". Sollevai il palmo e liberai un fascio di puro indebolimento.

Questo avversario era davanti a me, con un sorriso scocciante sul volto e un bagliore dorato che circondava il suo corpo. Invulnerabilità! Questa situazione si stava rivelando più interessante del previsto.

"Non sarà così semplice", scherzò e poi si lanciò alla carica, facendo saettare le sue lame in aria verso di me in ampi archi. La sua carica fu possente, ma non chiuse le distanze... aveva il vantaggio della portata e non mi diede la possibilità di avvicinarmi per una lotta da vicino. Lo tenni a bada con esplosioni di energia; ne schivò la maggior parte, ma alcune lo colpirono. Ogni volta riuscì a proteggersi con quel suo bagliore dorato. Considerazione tattica: la sua protezione gli richiedeva concentrazione. Sembrava però molto esperto. Brandì impeccabilmente lo scudo nella sua serie di attacchi e non mi diede alcuna possibilità di avvicinarmi. Mi colpì più volte sugli avambracci, ma le ferite erano superficiali e guarirono rapidamente. Mi tenne in posizione difensiva e non cadde in alcuna delle mie finte. Ritornammo in posizione neutrale; era riuscito di nuovo a mettersi tra me e il telepate.

"Combatti con maestria, ma non riesci a ferirmi e io non ti permetterò di ferire nessuna di queste persone. Io combatto per Zendikar, demone". La sua voce era ricca di determinazione, ma potei vedere il dubbio farsi strada sul suo volto. Inizia sempre così.

"Nixilis." Lo corressi. "Che cosa vuoi dire con... queste persone?". Lanciai distrattamente un flusso di energia verso una calca di sopravvissuti e di feriti. Sei morti. Sussultò come se volesse attaccare di nuovo, ma non abbandonò la posizione a difesa del telepate. "O forse intendi lui? Oh, amico mio. Il telepate è importante, vero? Questo è il motivo per cui si uccide sempre per primo il telepate. Quanto sei sicuro di proteggerlo per una tua scelta volontaria? Quanto sei sicuro che non abbia manipolato la tua mente?".

I suoi occhi si spostarono di lato... verso il telepate... per un istante. Quel breve istante fu sufficiente per aprire una maggiore apertura al dubbio. E in quel breve istante mi scagliai all'attacco; per una breve frazione di secondo, il suo peso era sul piede posteriore.

Nel combattimento, esistono momenti come questo, in cui il tempo si ferma. Momenti in cui la gioia del combattimento riesce a sopraffare le sensazioni e il passare del tempo. Sferrò un colpo e si mise in posizione di lotta, ma il suo colpo fu alto e ampio. Quando i nostri sguardi si incrociarono, vidi la sensazione di gioia anche sul suo volto. Adorava combattere tanto quanto me. Bene. Non avrei perso quell'occasione.

Si abbassò per resistere alla mia carica, ma io ero pronto; cercò di spazzare la mia gamba, ma, con un solo battito della mia ala intatta, mi sollevai su di lui e lo colpii con una mano artigliata. Il suo scudo deviò il colpo, ma l'impatto lo spinse più lontano da me rispetto a quanto lui volesse e si riavvicinò con una carica esplosiva. Ebbi il tempo di prepararmi all'impatto e mi misi in posizione. Potevo contare su un peso e una forza maggiori, ma lui era più veloce e aveva un baricentro più basso. Non conoscevo esattamente il suo stile di combattimento, ma avevo una sufficiente familiarità con i principali stili per riuscire ad anticipare le mosse successive.

Gli diedi un bersaglio e lui ne approfittò. Afferrò un mio ginocchio con le gambe e iniziò a premere... un metodo per portarmi a terra eseguito perfettamente. Ero più pesante di lui, ma lui sarebbe stato comunque in grado di spezzarmi il ginocchio in pochi secondi.

Utilizzai quei secondi per bloccargli il braccio destro, posizionandolo dietro il mio collo mentre venivamo a contatto. Finimmo nel fango, nel sangue, nell'acqua salmastra, nell'icore, cercando di prendere il sopravvento... e lui era il miglior lottatore. Il ginocchio si ruppe e un dolore nauseante si diffuse attraverso il mio corpo. Il suo problema fu però credere di aver posto fine al combattimento; avere un ginocchio rotto fu invece la mia terza peggiore sensazione dell'ultima ora.

Utilizzai la mia gamba intatta e il mio maggiore peso per bloccarlo. Strinse i denti, mentre il suo volto era schiacciato contro la stessa melma di cui ero ricoperto, di cui eravamo entrambi ricoperti, di cui questo mondo triste e condannato era ricoperto. Incanalò le sue energie per evitare che gli rompessi una spalla. Ma lo avevo bloccato. Lo avevo bloccato e lui lo sapeva.

Illustrazione di Cliff Childs

"Combatti per Zendikar? Per questo ammasso di letame infranto? Ora puoi vedere la ricompensa che hai ottenuto!". Gli premetti il volto con forza nell'acqua melmosa. Si dimenò e gesticolò, sputacchiò e tossì, faticando a respirare. Potei percepire la disperazione e la paura, mentre le sue mani annaspavano nel fango.

Mentre combatteva inutilmente contro di me.

Mentre iniziava ad affogare.

L'invulnerabilità si dimostrò inutile contro dieci centimetri di acqua sporca.

"Questo è Zendikar! La sofferenza, lo spreco e il sudiciume! Questo è Zendikar!" Si scosse ancora una volta e il suo corpo si afflosciò.

Lo tenni ancora un istante, poi liberai la presa e lo scagliai sulla schiena.

"Questo è Zendikar", sussurrai. "E la tua battaglia è terminata".


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Piano: Zendikar