Sull'orlo dell'estinzione
Il racconto precedente: Il giuramento dei Guardiani
Due titani Eldrazi si aggirano liberi sulla superficie di Zendikar. La rete di edri di pietra che era per un breve tempo riuscita a imprigionare uno di loro è disperatamente rovinata e l'esercito che era stato riunito è ora sparpagliato. Ma quattro Planeswalker hanno prestato un giuramento: essere i guardiani di Zendikar e del multiverso, affrontare i pericoli, contrastare gli esseri come gli Eldrazi che minacciano di distruggere i popoli.
Hanno prestato un giuramento. Hanno formato una squadra. Ora hanno bisogno di un nuovo piano. E Jace Beleren, grazie alle informazioni che ha ricevuto dallo spirito drago Ugin, è l'unico che potrebbe riuscire a studiarne uno.
La sensazione di obiettivo unico per tutti era più fragile di quanto i compagni di Jace sembrassero comprendere.
Faceva fatica a riflettere, a causa delle chiacchiere e dei pensieri degli altri. Stavano camminando... avrebbero voluto correre, ma risparmiavano le forze... verso la gola in cui Chandra aveva visto alcuni sopravvissuti. Tutti aspettavano che Jace mettesse insieme un piano. Jace aveva avuto un piano, che però era fallito e ciò che gli rimaneva era l'improvvisazione.
Jace detestava improvvisare.
"Qualsiasi cosa tu abbia bisogno che facciamo, la faremo", disse Gideon, aggiungendo solo a se stesso se esiste ancora qualcosa che possiamo fare.
"Sono pronta", rispose Nissa. "Zendikar è pronto". Ma un altro pensiero vagava nella sua mente: come posso essere sicura che voi non ve ne andrete?
"Forza!", disse Chandra. "Sputa il rospo!". Sputa il rospo! echeggiarono i suoi pensieri un attimo prima... o forse un attimo dopo. La sua mente era sempre orientata nella stessa direzione, al punto da rendere praticamente inutile leggerla.
Giunsero alla gola, che era ricoperta dallo strano effetto iridescente del passaggio di Kozilek. Jace percepì la loro presenza ancora prima di vederli... mezza decina di umani e kor esausti, la mente ombrosa di un vampiro e gli accattivanti e distanti pensieri di due tritoni.
Girarono intorno a una roccia nel burrone e trovarono il Generale Tazri e alcuni dei suoi soldati, il kor esperto di imboscate Munda, un vampiro scostante che era evidentemente una rappresentante di Drana, la tuffatrice delle rovine Jori En e... oh, fantastico. Fiera e con il suo bidente in mano, sempre con il suo impertinente sorriso, il tritone Planeswalker Kiora, al meglio della sua forma tranne per alcune pinne lacerate. Stavano litigando.
"Colpiamo da questo lato", disse Tazri indicando una mappa. "I titani sono in movimento. Li raggiungiamo prima che si allontanino troppo".
"Sarebbe un suicidio", rispose l'emissaria di Drana.
Gideon si fece avanti.
"Comandante Generale!", disse Tazri mettendosi sull'attenti. Emanava disagio e sollievo e i suoi pensieri si allontanarono da un frastagliato ricordo recente che Jace non cercò di leggere.
Gideon sorrise e la strinse a sé.
"Riposo", le disse, facendosi indietro e osservando il gruppo. "Sono contento di vederti. Sono contento di vedere tutti voi".
Gideon diede una stretta al braccio di Munda, diede una pacca sulla spalla di Jori e fece un cenno con la testa a Kiora e al vampiro.
Jace osservò Jori e poi il suo sguardo si fermò su Kiora.
Collaborerà con noi questa volta?, chiese Jace nella mente di Jori.
Jori sussultò leggermente. Sì, gli rispose con il pensiero. Credo di sì.
"Kiora", disse Gideon. "Pensavo che ti avessimo persa".
"Pensavo che avessimo perso molte cose", rispose Kiora. Il suo sorriso svanì per un istante e poi tornò con una feroce intensità. "In ogni caso, ora siamo tutti qui. Qual è la nostra prossima mossa?"
"La nostra prossima mossa?", disse Jace. "Sei tu quella che se n'è andata, ci ha forzato la mano, ha portato la sua flottiglia alla distruzione e ora...".
"Esatto", sibilò Kiora. I suoi occhi splendevano luminosi e il suo sorriso era svanito. "Certo. È andata così come dici. E questo è il motivo per cui sono qui, per chiederti cosa dobbiamo fare insieme". Si incupì. "Per qualche motivo, ho pensato che avresti gradito un gesto di umiltà da parte mia".
"Ma certo", rispose Gideon prima che Jace potesse parlare. "È meraviglioso".
Quella risposta riuscì almeno a riportare un sorriso sul volto di Kiora. Jace era in grado di spingere le persone a compiere le azioni che desiderava, se proprio necessario, ma comprendeva a mala pena la capacità di Gideon di convincere gli altri a voler collaborare. Non c'era alcuna magia, era solo un effetto del suo carisma e della sua integrità personale... aspetti che Jace non aveva mai avuto bisogno di sviluppare.
Significava quindi che la sua priorità sarebbe sempre stata di ottenere il favore di Gideon. Un'ottima considerazione da tenere a mente, nel caso fossero riusciti a sopravvivere.
"Qual è la nostra prossima mossa?", chiese Tazri. "I nostri soldati sono sparpagliati su tutto il bacino. Sto cercando di raggrupparli, ma c'è ancora acqua nelle aree inferiori e gli Eldrazi sono ovunque".
"Jace ha un piano", rispose Gideon. "Vero?".
Tutti si voltarono verso di lui, con sguardi carichi di aspettativa. Carichi di speranza.
Jace si passò una mano sulla fronte. Chiuse gli occhi. Poi li riaprì.
"D'accordo", disse. "Ascoltatemi bene, perché non abbiamo molto tempo. Avevo un piano di riserva, nel caso la trappola di edri avesse fallito, ma prevedeva che dovessimo affrontare un solo titano Eldrazi. Ora ne abbiamo due, i nostri alleati sono sparpagliati e... diciamo che abbiamo mezzo piano. Avrò bisogno del vostro aiuto per realizzarlo".
Evocò un'illusione: l'anello di edri che avevano utilizzato per intrappolare Ulamog. Mentre parlava, li fece crollare e sprofondare in un mare illusorio, ma lasciò al suo posto il diagramma che li aveva guidati verso la loro posizione. Il glifo che lo spirito drago Ugin gli aveva mostrato... la forma che avrebbero dovuto avere le leyline per imprigionare gli Eldrazi.
I suoni della battaglia echeggiarono intorno al burrone. Chandra armeggiò con il suo guanto e osservò Gideon. Lui annuì e Chandra si allontanò da quel solenne raduno, con la chioma in fase di accensione. Alcune persone non erano fatte per rimanere in attesa e Jace avrebbe preferito che lei andasse ad arrostire qualche Eldrazi rispetto a rimanere a discutere irrequieta i dettagli di un piano che non erano di suo interesse. Rimase intorno al gruppo, scagliando getti di fiamme verso i piccoli Eldrazi che si avvicinavano troppo.
"Non è più possibile intrappolare Kozilek e Ulamog", continuò Jace. "Non con le risorse che ci sono rimaste. Non abbiamo né il tempo né le persone per costruire una rete di edri che li contenga. Ma questa forma ha ancora potere".
Indicò il glifo, ora privo di edri, un cerchio con tre proiezioni equidistanti.
"Nissa, se i titani fossero sufficientemente vicini e fermi e tu riuscissi trovare la completa concentrazione senza doverti preoccupare di difenderti... pensi che saresti in grado di realizzare questo glifo con le leyline di Zendikar? In modo diretto, senza gli edri?".
Gli occhi di Nissa si fecero distanti e tracciarono linee che Jace non era in grado di vedere. Le sue mani si contrassero.
”Certo”, rispose lei. "Ma senza gli edri a mantenere le leyline in posizione, il legame rimarrà stabile solo per il tempo in cui riuscirò a mantenerlo io. Non so per quanto tempo ci potrò riuscire".
"Quindi non riusciremo a intrappolarli", rispose Gideon. "Qual è il tuo obiettivo?".
Il momento era giunto. La sua ultima possibilità per tirarsi indietro da quello che sarebbe potuto essere un terribile errore.
Ugin, più antico e più scaltro di ognuno di loro, aveva dato a Jace due indicazioni molto chiare: non cercare di uccidere i titani Eldrazi e non lasciare che fuggissero e minacciassero altri mondi.
Ma una delle due non era più accettabile. Non avevano più a disposizione i mezzi per intrappolare un titano Eldrazi. Due di quegli esseri erano in libertà e avrebbero potuto abbandonare Zendikar in qualsiasi momento. Le conseguenze di una loro fuga sarebbero state sicuramente disastrose. Avrebbero trovato un altro mondo, un mondo senza il vantaggio dei preparativi di Zendikar; si sarebbero nutriti di quel mondo e migliaia di milioni di persone sarebbero morte.
Inaccettabile.
Rimaneva una sola possibilità. Ugin non aveva mai spiegato chiaramente perché non voleva che i titani venissero uccisi... non era chiaro se le sue obiezioni avessero più a che fare con i rischi o con le conseguenze... e ora Ugin non era con loro, per dare loro informazioni nel momento in cui avrebbero dovuto decidere. Aveva però parlato a lungo del rischio che i titani fuggissero dal piano, un pericolo che non sarebbe stato necessario spiegare di nuovo.
"Non possiamo intrappolarli e non possiamo lasciare che abbandonino il piano", disse Jace. "Ci rimane una sola possibilità. Dobbiamo ucciderli".
I suoi compagni, quattro altri Planeswalker e alcuni coraggiosi combattenti del piano... annuirono. Sì. Uccidere due enormi e imperscrutabili esseri antichi, utilizzando nient'altro che le loro capacità e la loro ingegnosità. Era un buon piano, vero?
Azor, aiutami, pensò. Dobbiamo essere un gruppo di eroi.
"Come possiamo riuscirci?", chiese Gideon. "L'ultima volta che ne abbiamo parlato, sembrava che tu non fossi convinto che fosse possibile".
"Non lo ero", rispose Jace. "Ma Ugin ha detto qualcosa all'Occhio che mi ha fatto pensare diversamente".
"Quel momento è stato prima che tu dicessi che avremmo dovuto intrappolare Ulamog", disse Kiora. "Non ce ne hai parlato".
"Sì, lo è stato", rispose Jace, "e no, non ve ne ho parlato. Ugin sembrava pensare che uccidere un titano Eldrazi fosse una pessima idea e gli ho promesso che avrei evitato questa soluzione, se possibile".
"Hai dato la tua parola?", chiese Gideon. Rompere una promessa non sarebbe stato un gesto saggio con lui, pensiero che Jace non avrebbe mai dovuto dimenticare.
"Ce lo hai tenuto nascosto", rispose Kiora.
"Se possibile", ripeté Jace a Gideon. "Non è più possibile". Si voltò verso Kiora. "E non ho deciso di tenerlo nascosto, semplicemente perché avevo un piano che non richiedeva la tua collaborazione. Ero sicuro che non avresti mai fatto una cosa del genere".
Kiora sorrise.
"Allora?", urlò Chandra dall'orlo della gola. "Avete finalmente un piano?".
Jace la ignorò.
"Avremo bisogno di far avvicinare i due titani... sufficientemente vicini da permettere a Nissa di intrappolarli entrambi nella stessa prigione di leyline".
"A loro non interessa nulla di noi", rispose Kiora. "Non reagiranno la nostra provocazione".
"I titani sono attirati dalle concentrazioni di vita", disse Jace. Si voltò verso Gideon e Tazri. "Questo è l'aspetto su cui abbiamo bisogno dei vostri popoli. Dovete posizionarli tutti nel bacino e affrontare direttamente Ulamog e Kozilek".
"Vuoi utilizzare le nostre genti come... esca?", chiese Gideon.
Jace sospirò.
"Che differenza c'è tra esca e imboscata?", chiese.
Gideon non rispose, accigliato, ma Tazri prese la parola.
"Un'esca non ha scelta", disse.
"Hai ragione", rispose Jace. "Gideon, hai detto che queste persone sono pronte a mettere in gioco le loro vite per salvare Zendikar. Questo è il momento di farlo".
Gideon si accigliò ancora di più.
"Io posso radunare tutti i soldati che abbiamo e comunicare loro il nostro piano", disse Tazri. "Ma tu sei l'unico che è in grado di convincerli. Spiega loro ciò che è in gioco. Offri loro una scelta, Gideon. Detto da te, non sarà una decisione troppo difficile".
Gideon fece un respiro profondo.
"Radunate le truppe", ordinò. "Scoprirò i dettagli e poi mi unirò a voi".
Gideon diede una pacca sulla spalla dell'armatura di Tazri e lei corse a radunare le truppe.
"Il piano", chiese.
"D'accordo", rispose Jace. "Ugin ha descritto ogni titano Eldrazi come una mano di un uomo in una pozza d'acqua, mentre la trappola originale di edri era una spina infilzata nella mano. I titani che possiamo vedere... sono solo le loro mani. Il resto di loro è al di fuori del piano, nella Cieca Eternità. 'Uccidere' la parte che vediamo non ha un grande effetto. L'uomo della nostra metafora si allontana, senza una mano... ma in libertà".
"Sono già in libertà", rispose Gideon.
”Certo”, rispose Jace. "La spina non è stata piantata. Questo è il motivo per cui dobbiamo agire. Ma se lo attacchiamo... se lo feriamo davvero... allora ritirerà le mani da quella pozza d'acqua e andrà a infastidire qualche pesce meno pericoloso. Dobbiamo quindi essere scaltri. Se abbiamo i mezzi per piantare una spina nella mano di un uomo, che altro potremmo fare?".
Comprese con fastidio di aver ripetuto la stessa nebulosa metafora che lo aveva irritato quando Ugin l'aveva utilizzata con lui, proprio con le stesse domande e lo stesso tono di misticismo.
"Puoi trascinarlo nella pozza", rispose Nissa.
"E farlo annegare", continuò Kiora, con un po' troppo entusiasmo.
"Esattamente!", disse Jace. "Quindi, partendo dal presupposto che la metafora di Ugin sia sufficientemente precisa... e francamente, a questo punto, non abbiamo altra scelta... portiamo completamente i due titani nel mondo fisico e li uccidiamo".
"Come?", chiese Gideon.
"Questa parte", rispose Jace, "è quella per cui vi ho detto che avevo mezzo piano. Non lo so".
"Questa è la tua idea?", chiese Kiora. "Attirare lo squalo sulla barca e poi... uhm...?".
"No", rispose Jace. "Il mio piano era di presentare questo problema a questo gruppo di intelligenti ed esperti alleati dai tanti talenti e vedere se sono in grado di offrire idee utili".
"Io posso farlo", rispose Nissa, con lo sguardo rivolto a un orizzonte lontano.
"Come?".
Si voltò, come se non avesse notato Jace di fronte a lei.
"È complicato", rispose. "Te lo posso mostrare".
Jace esitò, ricordando il caos e il potere della mente dell'elfa. Non era stato in grado di mantenere il controllo e ciò lo aveva spaventato. Ma quale altra scelta aveva? Chiuse gli occhi e li riaprì nella mente di Nissa.
Ancora una volta, il mondo era illuminato da un fuoco verde, una luce pulsante proveniente da linee fiammeggianti che saettavano nel cielo. I loro amici erano dei ghiacciai in lento movimento, mentre Nissa e Jace si muovevano alla velocità del pensiero. E i titani... i titani...
Visti da Nissa, Ulamog era un pozzo di oscurità e Kozilek un enigma contorto. Le leyline si incurvavano verso di loro... contorte, ammucchiate, urlavano in protesta.
Non riesco... disse lui nella mente di lei. Non capisco.
L'ultima volta che era entrato nella mente di Nissa, lei lo aveva aiutato a ignorare le leyline, per potersi concentrare sulla struttura del suo modello illusorio invece che sulla vivace e potente realtà. Aveva cercato di nuovo di tenersi a distanza, ma i pensieri di Nissa sembravano tenerlo ben saldo. Lui non poteva... lei non sarebbe dovuta riuscire a...
Guarda, disse Nissa. Osserva.
Io non...
Osserva, insistette lei.
Lui guardò e riuscì a osservare.
Le immagini scorrevano di fronte a lui, ricordi della rete di edri di una volta, nel modo in cui la vedeva Nissa. Le leyline si incrociavano in archi leggeri, incanalate dalla rete di edri. Alla fine, dopo migliaia di miglia, tornavano su loro stesse, si incrociavano e racchiudevano i titani in una prigione di puro mana.
Gli edri pulsavano, inviando lungo le leyline ondate di selvaggio mana. Quelle ondate si increspavano sulla terra, generando i venti turbinanti e le rocce rotolanti del Torbido. Nissa non aveva compreso, ma ora sì: i titani stavano cercando di fuggire. Gli edri risucchiavano la loro energia, disperdendola nella rete di leyline. Lei aveva creduto che il suo mondo fosse arrabbiato. Non aveva compreso che stava lottando per sopravvivere.
Venne invaso dai ricordi di Nissa, tra cui ne riconobbe alcuni molto familiari. L'Occhio di Ugin. Il saggio vampiro Anowon, sicuro che gli Eldrazi avrebbero abbandonato Zendikar se fossero stati liberati. Un alto uomo dai capelli bianchi che impugnava una spada, con una forte ed elegante voce che pronunciava un nome...
Tu hai incontrato Sorin Markov?
... ma il flusso di immagini continuò. Un drago di pietra, con brillanti occhi blu. Un edro che crepitava di fuoco bianco, il fulcro dell'intera rete, che reggeva la prigione parzialmente aperta, che mormorava dallo sforzo. Il bastone di Nissa che colpiva l'edro. Un crepitio in aumento e un lampo di pura luce bianca...
L'immagine svanì, sostituita da visioni più astratte.
All'interno di un glifo realizzato senza gli edri, i titani sarebbero rimasti intrappolati solo per un breve periodo, ma sarebbero stati in diretto contatto con le leyline... le stesse leyline in grado di disperdere l'energia dei titani nell'intero piano.
Gli edri ne smorzavano l'effetto. Con gli edri in posizione, il glifo non sarebbe stato utilizzabile per uccidere i titani. Ma senza gli edri...
Possiamo smembrare i titani, disse Jace.
Risucchiare tutta la loro energia e inviarla alle leyline, rispose Nissa. Verso Zendikar. In modo che questo mondo possa fare a loro ciò che loro hanno cercato di fare al mondo. Divorarli.
Potrebbe essere difficile per Zendikar, disse Jace. Se un parziale risucchio dell'energia dei titani ha causato il Torbido, tutta la loro energia...
Lo so, rispose Nissa. Zendikar può sopportarlo.
Nello spazio tra le due menti ci fu un attimo di silenzio.
Hai rimosso l'ultimo sistema di sicurezza, disse Jace. Li hai lasciati liberi.
Li ho lasciati liberi, rispose Nissa. Perché non mi fidavo di Sorin e volevo aiutare il mio mondo. Credevo che se ne sarebbero andati. Mi sbagliavo.
Può succedere, disse Jace. Avevi le informazioni sbagliate.
Sì, lo sapevo e ho agito comunque, rispose Nissa. I suoi pensieri erano inflessibili.
Perché mi hai permesso di vederlo?
Perché non volevo dovermi chiedere se tu lo avessi visto nella mia mente, rispose Nissa. E perché voglio che tu sappia perché sto facendo tutto questo. Devo riparare a un errore.
Capisco, rispose Jace. Io...
Esitò, non sapendo come l'elfa avrebbe reagito.
Io sono parte della causa per cui è stato necessario un sistema di sicurezza.
Riluttante, abbassò le difese mentali, ricercò un insieme particolare di ricordi e glieli mostrò rapidamente. Anowon che lo guidava verso l'Occhio. Il combattimento con Chandra e con il dracofono. L'apertura dell'Occhio...
Li hai lasciati liberi! disse Nissa.
Li ho lasciati liberi, rispose Jace. Io e Chandra. Siamo stati ingannati, ma non è questo l'importante, vero?
Tre Planeswalker avevano aperto la prigione dei titani e avevano permesso alle loro progenie di invadere Zendikar. Uno aveva rimosso l'ultimo sistema di sicurezza di Ugin e aveva aperto la prigione. Tre di quei quattro erano pronti a porre rimedio al loro errore.
No, disse Nissa. Ciò che conta è riparare all'errore.
Lui uscì dalla mente di lei e riaprì gli occhi, sbattendo le palpebre alla fioca luce costante del cielo.
"Allora?", chiese Chandra. Erano passati pochi secondi.
Jace deglutì. Dopo quella lunga conversazione mentale, le parole suonavano goffe e indesiderate.
"Abbiamo un piano", rispose. "Li attiriamo, utilizziamo le leyline per risucchiare la loro essenza in Zendikar e lasciamo che il piano li divori".
"Non sembra così complicato", disse Kiora.
"Ti assicuro che è dannatamente complicato", rispose Jace. "Ma io e Nissa pensiamo che possa funzionare".
"Dove hai bisogno che stiamo noi?", chiese Gideon.
"Sceglieremo un luogo", rispose Jace. "Tu e le tue truppe attirerete i titani...", sorrise. "... in un'imboscata. Io e Nissa vi aspetteremo qui, con un piccolo distaccamento di truppe per proteggerci. Al momento giusto, Nissa tessera le leyline e imprigionerà i titani. Il tuo compito è di tenere occupati i titani per il tempo che le servirà".
Si voltò verso il tritone Planeswalker, che stava facendo roteare il suo bidente... dall'impazienza? O dal nervosismo?
"Kiora, conosci le tue capacità meglio di quanto le conosca io", disse. "Dimmi il ruolo che potrai avere".
"Questo è... decisamente intelligente da parte tua", rispose lei.
Jace rise.
"Pensavo avresti detto 'cortese'".
"Svuoterò il bacino dall'acqua", disse Kiora. "Tieni le orde di Eldrazi lontane e fai in modo che le truppe abbiano un terreno asciutto su cui muoversi".
"E io?", chiese Chandra.
"Vai con Gideon oppure rimani con noi", rispose Jace. "Incenerisci tutto. Ma non attaccare i titani. Rischieresti di allontanarli e di rovinare il nostro unico tentativo".
Chandra gli lanciò uno sguardo infastidito, ma annuì.
"E tu?", chiese Kiora.
"Io coordino", rispose Jace. "Le posizioni di ognuno di noi, l'inizio della magia di Nissa e le azioni in caso di fallimento".
"Ah", rispose Kiora con disgusto. "Il comandante".
"No", rispose Jace. "Quello è il ruolo di Gideon. La mia è gestione".
"Ancora peggio", disse Kiora.
"Ancora una cosa", disse Jace. "Una volta che il nostro piano avrà avuto inizio, i titani Eldrazi potrebbero... cambiare".
"Che cosa significa?", chiese Nissa.
"Il loro corpo è più di quanto vediamo ora e dovremo attirare il resto di loro nel nostro spazio fisico".
Gli intensi occhi verdi di Nissa si spalancarono. Aveva compreso.
"Che cosa intendi dire?", chiese Gideon.
"Voglio dire che potrebbero diventare, insomma, più grandi", rispose Jace.
"Più grandi?", disse Chandra, quasi impazientemente.
"Potrebbero?", sputò Kiora. "Ma che tipo di piano è questo?".
"Un piano confusionario, disperato e improvvisato, con un sacco di incognite e variabili", rispose Jace. "Ma è anche l'unico piano che abbiamo. A meno che tu non voglia cercare di fermarci e in tal caso sprecheremmo le nostre energie combattendo tra noi, lasciando che gli Eldrazi divorino tutto il multiverso".
Kiora lo guardò con sospetto. Che rimanesse fuori dalla sua mente... se avesse mai percepito la sua presenza, si sarebbe scatenata contro di loro.
”D’accordo”, rispose lei. "Faremo a modo tuo. E poi, mago mentale?".
"Sì?".
"Se non dovesse funzionare, dovrai fare i conti con me".
"Non ho dubbi", rispose Jace. "Ma se non dovesse funzionare, dubito che tu dovrai preoccuparti di me".
"Vincere o morire", disse Gideon. "Mi piace". Parlò con voce forte. "Abbiamo un piano e abbiamo forza e determinazione per portarlo a termine. Diamoci da fare".
Kiora e Jori uscirono dal burrone. Jori diede un'altra occhiata a Jace... aveva dubbi?... e poi partì.
Gideon si voltò per partire, ma poi si voltò di nuovo.
"Che cosa diceva il demone riguardo a uccidere prima l'elefante...".
"Che cosa diceva?".
"Mi fido di te", disse Gideon.
Jace mise due dita sulle tempie di Gideon e, con la sua voce più sinistra da mago mentale, disse "Lo so".
Gideon alzò gli occhi, diede una pacca sulla spalla a Jace... che avrebbe ormai dovuto sapere che non era un gesto a cui Jace era interessato... e se ne andò. Chandra era già partita e Gideon si incamminò per raggiungerla.
Jace e Nissa uscirono dalla gola e osservarono i titani Eldrazi... ciò che potevano vedere dei titani... che torreggiavano sul fondo del bacino appena prosciugato.
"Signore!", tuonò una voce dietro di loro.
Jace si voltò e vide due squadre di soldati, guidate da una severa donna umana. Erano irregolari e si muovevano in formazione libera invece di marciare in ranghi. Si arrestarono in una linea arruffata davanti ai due Planeswalker e si misero sull'attenti.
"Guardia posteriore a rapporto!", disse il loro capitano.
Jace impiegò alcuni istanti per comprendere che la donna si stava rivolgendo a lui. Neanche sotto le spoglie di Patto delle gilde vivente di Ravnica si era abituato a un tale livello di rispetto.
”Oh”, disse lui. "Uh, eccovi qua".
Rimasero sull'attenti, in attesa.
"Digli qualcosa", sussurrò Nissa.
Digli qualcosa tu, Jace le comunicò con il pensiero.
Non sono io quella che dovrà dare loro ordini una volta che la battaglia avrà avuto inizio.
Jace osservò le truppe, le sue truppe, e il peso di ciò che avrebbero cercato di fare divenne realtà. Avrebbe potuto spiegare loro. Avrebbe potuto tracciare un diagramma, illustrare loro la metafisica, spiegare le metafore e i calcoli.
Ma nulla di ciò avrebbe dato loro l'ispirazione per combattere e morire. Sicuramente non il modo...
Insomma, quello sarebbe stato un modo per affrontare il problema.
Deglutì.
"Potrebbe sembrare diverso", disse, "ma in pochi minuti sarete le persone più importanti su questo campo di battaglia. Su questo mondo, in realtà".
Fece un gesto con la mano.
"Lei è Nissa", disse camminando davanti a loro. "Lei imprigionerà i titani e sarà colei che li ucciderà. Se lei cade, tutto il resto non conterà più nulla. Agite di conseguenza".
Gli occhi si spalancarono e le mascelle si serrarono. Compresero il loro compito, ne fu sicuro. Ma sarebbero davvero stati pronti a portarlo a termine?
Che cosa direbbe Gideon?
Jace sorrise. Era ovvio.
"Per Zendikar", disse sollevando un pugno verso il cielo. La sua voce suonava debole, senza il pugno forte di Gideon, senza il suo urlo di guerra da baritono, senza la sua fermezza.
Ma non importava. I soldati urlarono con una voce unica, sollevando alte le armi.
"Per Zendikar!".
Jace si voltò verso i titani. Nella valle al di sotto delle loro ombre, tra una moltitudine di nemici, i suoi amici e alleati si stavano mettendo in posizione per realizzare il suo piano.