L’ultima possibilità di Zendikar
Il racconto precedente: Sull'orlo dell'estinzione
Il piano è in corso e tutto Zendikar è in attesa di conoscere il suo destino. Chandra è pronta a svolgere il suo ruolo, come anche Kiora... ma, se vogliono salvare Zendikar, i Planeswalker dovranno eseguire il loro piano alla perfezione.
L'aria aveva un aroma antico, disintegrato, come se anche i granelli di polvere della scia di Ulamog fossero stati ridotti a polvere ancora più fine, facendo diventare Zendikar uno strato di rovina steso su ogni parte del mondo.
Chandra sferzò l'aria con braccia spalancate, attirando l'attenzione di uno dei titani consumatori di vita, alto decine di metri. L'obiettivo del suo gesto era proprio quello. In qualche modo, pochissimi giorni prima, era stata fregiata del prestigioso titolo di Abate del Torrione Keral. Si chiese quale fosse il suo titolo in quel momento. Qualcosa come Esca di massimo livello.
Chandra era accompagnata da uno dei due gruppi di abitanti di Zendikar, quello assegnato a Ulamog. Marciò verso il luogo di incontro, l'insieme di kor, vampiri, goblin, elfi e altri alleati, tenendo gli occhi fissi sul titano. Non poteva biasimarli. Il piano richiedeva che loro fossero visibili e succulentemente vivi di fronte a un essere nato per ingerire la vita.
In lontananza, Chandra poteva vedere Gideon alla guida dell'altra metà dell'esercito esca, in arrivo dalla direzione di Kozilek. Le sue lame splendevano sotto i raggi del sole, un punto di riferimento per gli abitanti di Zendikar che lo seguivano. Chandra si chiese se Kozilek riuscisse a vedere l'arma di Gideon o se percepisse solo l'alone di energia che la circondava.
Direttamente sul percorso dei due titani si trovavano Jace e Nissa, come formiche sul cammino di due giganti travolgenti. Anche questo era stato studiato apposta. Chandra poteva intravedere Nissa, una figura sulla cresta di una collina rocciosa, intenta insieme a Jace nel preparare la magia che avrebbe salvato il mondo.
L'avvertimento di Jace giunse prima che Chandra potesse udire il cinguettio. "Chandra, ci occuperemo noi di loro. Fai in modo che Ulamog continui a muoversi".
Un'orda di parassiti Eldrazi avanzò grattando sul percorso dell'esercito esca. Il suo gruppo non poteva permettersi di rallentare e di affrontarli e Chandra non poté rimuoverli dalla sua posizione. Poteva solo sperare che Jace avesse ragione. Guardò in alto e fece rimbalzare due getti di fuoco a spirale sull'impenetrabile piastra frontale di Ulamog.
"Kiora, c'è un contingente in arrivo da sud. Puoi occuparti di loro?".
Kiora si sollevò, tenendo saldo il suo bidente. Ondate di acqua di mare apparvero e balzarono intorno a lei come delfini, sollevandola e trasportandola oltre il mare di Halimar, fino alla terra. Superò la base della collina su cui si trovavano il mago mentale e l'elfa e fece un cenno a Jace. Indicò il bidente e spazzò la pianura erbosa su cui si trovavano i parassiti con i loro frammenti sulle teste e i metabolizzatori con le loro numerose gambe.
Lo sciame Eldrazi si sarebbe incontrato con le truppe della piromante. A un movimento dell'arma divina, una parete d'acqua oscillò intorno a lei come il pugno di una dea del mare, respingendo le creature oltre la cresta e facendole finire in un burrone. Kiora roteò sul suo getto d'acqua marina per individuare eventuali altri aggressori. Per il momento, il percorso dei soldati risultava libero.
"Sistemati", rispose con il pensiero a Jace.
Kiora osservò una delle masse di terra che fluttuavano sopra il continente, un'isola volante da cui scendeva una continua cascata di nebbiolina. Un'ombra passò sopra a una di queste masse e Kiora guardò sopra la propria spalla... era l'ombra di Kozilek, quell'imponente figura che assorbiva la luce del sole al suo avvicinamento. In quel momento comprese la natura di quello che chiamavano titano. Non era la personificazione di una divinità, bensì un fenomeno di distorsione fuoriuscito dalla Cieca Eternità. Non era nient'altro che un maligno imbroglio penetrato nel tessuto del mondo. Non un ingannatore, bensì un inganno lui stesso.
Il piano di attirarli stava funzionando, ma quella sarebbe stata la parte più facile. Il mago mentale e l'elfa avevano il compito più importante... incanalare le leyline di Zendikar senza l'aiuto degli edri e intrappolare i titani in modo che le leyline stesse risucchiassero la loro essenza. Sarebbe stata una magia improvvisata, mai realizzata e pericolosamente intangibile.
Ancor più preoccupante era il desiderio di attirare un titano Eldrazi completamente nel piano. Gli altri Planeswalker non avevano idea della grandezza di queste forze cosmiche del multiverso o del danno che avrebbero potuto causare. Anche l'elfa, che riteneva di avere un legame personale con Zendikar, non avrebbe potuto comprendere l'impatto che la loro azione avrebbe avuto sul mondo. Sarebbe stata una congettura a determinare vittoria o rovina.
Ma Kiora sarebbe stata lieta di sbarazzarsi per sempre degli Eldrazi. Avrebbe atteso e avrebbe visto l'esito con i suoi occhi.
Kiora si sollevò su un pilastro d'acqua per osservare meglio il campo di battaglia. In lontananza, oltre le rovine di Portale Marino, poteva intravedere i raffazzonati eserciti degli abitanti di Zendikar che si avvicinavano e, più avanti, i due titani. Sotto di lei, su una piccola collina che sovrastava la salmastra valle del bacino di Halimar, si trovavano il mago mentale e l'elfa. L'elfa che credeva di essere la chiave di tutto.
Nissa era la chiave di tutto e Chandra lo sapeva. I due eserciti esca si unirono, proprio di fronte a Nissa e Jace.
"Chandra, Gideon, siete abbastanza lontani. Sparpagliate l'esercito. I titani sono in posizione!".
Chandra sollevò un pugno e inviò un lampo di fuoco verso il cielo, dove crepitò ed esplose. Quando gli abitanti di Zendikar videro il segnale, iniziarono a sparpagliarsi. Chandra corse insieme agli altri, scagliando un buon numero di altri segnali luminosi in cielo. Gideon la raggiunse e risalirono insieme il bacino, mentre il terreno iniziò a brillare di una rassicurante luce verde.
Chandra guardò dietro le proprie spalle, verso la sporgenza rocciosa, e vide che scintillava di magia.
I segnali luminosi venivano riflessi dalle creste delle onde di Kiora, facendolo sembrare un mare di fiamme. Roteò per osservare i titani che stavano entrando nella valle, nel luogo d'incontro, nella trappola. Quando l'elfa illuminò la scena, Kiora inspirò profondamente quell'aria ricca di polvere.
Rampicanti di intensa magia verde divennero visibili, incrociando i loro percorsi da un orizzonte all'altro. Si incurvarono e si tesero, avvolgendosi intorno all'elfa. Il terreno sotto i piedi di Nissa era increspato di luce e Kiora vide la medesima luce brillare negli occhi dell'elfa.
Un intenso vento si scatenò e il cielo divenne annebbiato. Kiora poteva vedere il mago mentale che osservava lo schema delle leyline che si stendevano nella valle, sotto i piedi di Nissa. Poteva udire i sussurri della comunicazione telepatica tra i due, come se stesse ascoltando due fantasmi che chiacchieravano. Kiora colse vagamente parole relative alla forma del glifo, allo schema delle leyline, a un cerchio infrangibile, a uno schema di intenso mana...
All'improvviso, lo schema fu completato. Un glifo composto da tre parti, largo decine di metri, apparve sul fondo della valle, un impetuoso fuoco verde. Anelli lunghi chilometri si svilupparono dal glifo, avvolsero i titani e iniziarono a tirare.
Kozilek e Ulamog cercarono di allontanarsi e di liberarsi dalla presa della terra... e Kiora notò che cercavano di allontanarsi verso l'alto. I titani avvinghiati si eressero in tutta la loro altezza e, per un lungo istante, mentre i venti sferzavano la terra, sembrava come se si fossero semplicemente liberati dalle leyline. Il gioco degli anelli di mana si ridusse al loro sollevamento.
Poi le leyline si tesero. Si posizionarono rapidamente in linee che ancorarono i titani a Zendikar.
L'urlo dei titani Eldrazi fu tettonico. La terra si mosse, si lacerò e ondeggiò. Nel terreno emersero spaccature e frammenti vennero scagliati sulla superficie a causa del sollevamento e degli strattoni della terra. La magia dell'elfa era davvero riuscita a stabilire un legame con i titani e questa era la loro reazione... un tipo di reazione che portava alla distruzione dei mondi.
Tutto intorno a loro apparvero creature Eldrazi con le loro scattanti mascelle. Kiora si sollevò fino a un nuovo affioramento di terra e con un'ondata di acqua marina scagliò lontano un'orda di predatori Eldrazi. Il vento batteva sulle sue pinne e Kiora cercò di utilizzare il mana per evocare un leviatano, ma sentì la resistenza della terra. Quasi ogni goccia di mana veniva portata via prima che Kiora riuscisse a utilizzarla.
La magia dell'elfa stava trattenendo i titani, ma al costo di assorbire tutto il mana di Zendikar. Avrebbe portato la rovina su quella terra per intrappolarli?
"Nissa!", urlò più forte del vento il mago mentale. "Tirali giù! Devi tirarli verso il glifo e farli risucchiare!".
Kiora vide l'elfa sforzarsi, incanalando le leyline attraverso la magia e attraverso lei stessa, con le braccia spalancate. Sollevò le braccia dal terreno al cielo e un nuovo insieme di leyline si scagliò verso i titani. La terra oscillò per lo sforzo.
Qualcosa nel profondo della terra si ruppe, ma in qualche modo Kiora udì il suono provenire dall'alto.
Un movimento nel cielo attirò l'attenzione di Kiora. Intorno ai mastodontici titani, il cielo si espanse e si ripiegò come una tempesta. Ma non si trattava di una tempesta... era qualcosa di diverso. Il colore dei cieli mutò da un blu offuscato a un ribollente magenta a un verde. La luce del sole vacillò, oscurata da una trama che si stava diffondendo, si increspava e aveva l'aspetto di un polipo. Con stupore, Kiora vide ciò che stava avvenendo ai titani...
Si stavano piegando, distorcendo, tendendo.
Le loro teste si stavano allargando e i loro colli si allungavano come arcobaleni nel cielo.
I loro volti si stavano allargando, diventando concavi e si estendevano fino all'orizzonte per poi tornare indietro.
E poi iniziò una pioggia di Eldrazi.
Questo è nuovo, pensò Chandra.
I titani erano diventati il cielo di Zendikar. Le loro forme avevano inglobato tutto, una cupola di carne del colore di un livido, lamine di ossa e frammenti di vuoto. Invece di essere Zendikar a risucchiare i titani, sembrava come se Zendikar fosse ora all'interno dei titani... o che, in qualche modo, le dimensioni si fossero invertite e ora l'esterno dei loro corpi giganteschi fosse in ogni direzione intorno a Chandra.
La parte superiore del corpo di Ulamog si trovava ancora sopra il campo di battaglia, mentre le sue membra e suoi tentacoli si stendevano incongruamente da vari punti in ogni parte del cielo. Una parte della corona di Kozilek si stendeva e ruotava su tutto il firmamento come una strana luna. I confini erano confusi e le entità si univano tra loro. Tentacoli innaturali scendevano dai cieli magenta, contorcendosi e stendendosi, e si dirigevano verso il terreno come nubi a proboscide. Eldrazi emersero e si diffusero da ogni direzione, piombando sulla terra in morbidi atterraggi o disordinati tonfi.
Chandra si scagliò su quella nuova orda di Eldrazi, sferzando con gli avambracci e aprendosi un varco tra di loro. Sembrava angosciosamente che quell'ammasso di Eldrazi fosse spaventosamente connesso ai due titani. Sembrava infatti come se lei si stesse facendo strada tra due enormi, coese e immense entità, molto più grandi di quanto fossero stati i titani fino a quel momento.
Poteva vedere le lame di Gideon scintillare e udiva i suoi ordini agli abitanti di Zendikar. Si sollevarono urla di battaglia, con i soldati che si scagliarono a respingere questa nuova forza degli Eldrazi, affiancate dalle grida di quando venivano fatti a pezzi.
Alle sue spalle, udì l'urlo di Nissa.
"Nissa!", gridò Chandra istintivamente. Il suo richiamo venne sommerso dai venti innaturali e dai suoni della battaglia.
Gli occhi di Nissa erano diventati ciechi di un verde scintillante e il mana fuoriusciva in linee che andavano da lei al cielo in ogni direzione. Le leyline si tendevano verso l'alto sopra il glifo e, nello stesso processo, erano tese anche verso Nissa. Chandra la vide sollevarsi in aria per un istante, attirata verso il cielo riempito dai titani. Ricadde a terra sulle ginocchia, con le braccia che tremavano e i denti che battevano.
"Jace", gridò Chandra, "non può resistere!".
"Sta funzionando!", urlò Jace. "Resisti!".
"Sta funzionando?", sputò Chandra. "Come puoi dirlo?". Chandra scagliò lontani alcuni Eldrazi che si stavano avvicinando a Nissa.
La terra si ripiegò violentemente. Decine di abitanti di Zendikar caddero a terra. In tutta la valle Chandra vide aprirsi spaccature, che si allargarono e ingoiarono la terra, facendo tremare l'affioramento su cui si trovavano Jace e Nissa. Sopra di loro, qualcosa di nuovo stava accadendo ai titani.
Kiora osservò ciò che erano diventati i titani, una membrana di tentacoli, di cui poteva vedere le crepe che si spandevano attraverso le loro forme. Il glifo magico aveva formato un legame tra i titani e Zendikar e le leyline li stavano lentamente e gradualmente erodendo. Erano esseri della Cieca Eternità ed essere trascinati completamente in questa realtà stava minacciando la loro esistenza. I titani iniziarono infine a cedere.
Ma contemporaneamente anche la terra di Zendikar andava incontro alla distruzione, molto più rapidamente. L'aria era una tempesta di raffiche imponenti. Il mare era un insieme di vortici e trombe d'acqua. Kiora sapeva che la terra sotto i loro piedi sarebbe stata la prossima a dissolversi.
Kiora strinse il bidente e sentì il suo potere crescere tra le mani. Percepì il mare rispondere alla sua chiamata e sollevarsi. Ma sentì anche che veniva nello stesso momento consumato. Zendikar era stato posto contro i titani in un contesto di distruzione... e i titani erano nati per distruggere.
Il mago mentale guardò verso di lei e lei udì le sue parole echeggiare nella sua mente. "Ora, Kiora. Usa le tue onde e spazza via le orde. Dai più tempo a Nissa".
Kiora spazzò con il suo bidente e l'acqua marina si infranse contro gli assalitori Eldrazi. Ma mantenne una magia finale per un'occasione finale. Mentre respingeva gli sciami, osservò le masse di terra fluttuanti sopra di sé, la stessa isola che aveva individuato prima dell'inizio della magia. Finché quelle masse di terra, elementi caratteristici del suo mondo, fossero rimaste intatte, avrebbe potuto dare più tempo all'elfa.
Chandra sentì un prurito sulle dita. La terra si spezzò sotto i loro piedi e i titani gemettero e ruggirono sopra di loro. Spaccature si aprirono nelle loro forme come brandelli frastagliati in ogni parte del cielo. Non apparvero solo terribili ed enormi come il cielo. Per la prima volta apparvero anche vulnerabili.
Correndo oltre, intravide Gideon intento a dilaniare due parassiti Eldrazi. Alzò lo sguardo al cielo. "Se mai potremo ferirli, questo è il momento", disse lui, balzando oltre lei, verso l'affioramento su cui si trovava Nissa.
Le mani di Chandra si chiusero in pugni. Aveva svolto il suo ruolo di Esca di massimo livello. Ora voleva contribuire a qualcosa di più estremo.
"Jace!", urlò. "Lascia che gli dia il colpo di grazia! Lascia che li riduca in cenere!".
"No!", le rispose Jace, contemporaneamente a voce alta e nella sua mente. "Ricordi? Qualsiasi danno venisse inflitto ai titani o a Nissa romperebbe le leyline e dissolverebbe la magia del glifo. Ci sfuggirebbero!".
Chandra tese un braccio e il suo pugno divenne un fuoco incandescente. "Non se li uccidiamo in un sol colpo".
"Ti ho detto di no", le disse Jace mentalmente. "Preoccupati di tenere lontani quegli Eldrazi!".
Quando Kiora vide la massa fluttuante iniziare a inclinarsi e a perdere quota, il suo cuore ebbe un cedimento. Rotolò verso il basso, la sua cascata prese la forma di una spirale e si tuffò nel mare, frantumandosi in un'esplosione di acqua cristallina. Kiora osservò il cielo e vide che anche le altre masse fluttuanti stavano crollando tutto intorno a lei. Stavano perdendo quota al rallentatore, compivano giravolte asimmetriche, colpivano con forza il terreno e si frantumavano in cataclismici pennacchi di polvere.
Abbiamo fallito, pensò Kiora.
Ora lo comprendeva. I titani erano connessi al destino di Zendikar. A causa di questa magia dell'elfa, i titani sarebbero morti solo insieme a Zendikar.
"Revane!", urlò all'elfa. "È la fine. Lasciali liberi!".
Nissa mosse ciecamente la testa. L'elfa stava ancora mantenendo la magia, ma Kiora fu sicura che Nissa aveva sentito le sue parole.
"Che cosa?", disse Jace. "No! Kiora, devi tenere lontani gli sciami! Dobbiamo avere il tempo che la magia li consumi!".
"Non funzionerà", urlò Kiora, afferrando il bidente e puntandolo da un lato. "Abbiamo fatto del nostro meglio. Zendikar morirà insieme a loro". Con le punte del bidente indicò il cielo coperto dai titani. "Vogliono andarsene. Lasciali andare. Potremo combattere contro di loro un'altra volta!".
Nissa scosse la testa e il suo corpo si tese insieme alle leyline, mentre linee di preoccupazione si mescolavano al sudore sulla sua fronte.
Il mantello di Jace venne sferzato dal vento. Aveva un'espressione severa. "Devono essere distrutti... subito", urlò. "Oppure condanneremo ogni altro mondo, rischiando milioni di vite".
Quel povero mago mentale non riusciva a comprendere. Era pronto a portare avanti il suo errore, anche se avrebbe causato la morte di tutti loro. "Stiamo condannando questo mondo", disse Kiora. "Il mondo si sta spezzando. Presto saremo distrutti anche noi".
"Lascia che il piano venga completato", rispose con decisione Jace.
Afferrò il bidente ed evocò le acque. "Se tu non vuoi porre fine a questo, Beleren", disse lei, "lo farò io".
Il pugno di Chandra era incandescente e il suo sguardo era fisso sul cielo. "Jace, fammeli arrostire!", strillò.
"No!", urlò Jace, scattando verso di lei.
Chandra vide il tritone Kiora passarle davanti, cavalcando un'onda e stringendo il suo bidente come un'arma. "Abbiamo impartito loro una lezione", urlò Kiora. "Non torneranno. Ora lasciamoli liberi".
Gideon si stava arrampicando sull'affioramento per proteggere Nissa. "Sono d'accordo con Chandra", disse con una voce rombante e più forte dei venti. "Non possiamo lasciarli liberi, ma non possiamo trattenerli in questo modo. Perderemmo vite in ogni momento".
Una forma di terra spezzata scese a spirale verso l'affioramento e si schiantò nel bacino vicino al glifo. Il terreno si infranse.
"Decidi... in fretta...", riuscì a dire Nissa a denti stretti.
Il tritone Kiora respirava pesantemente. "Interrompi la magia, elfa", le disse. Sollevò il bidente e Chandra vide una torre di onde sollevarsi dall'Halimar. "Liberali. Se non lo farai spontaneamente...".
Un muro d'acqua largo cinque chilometri si sollevò in aria. Vorticò e si avvolse in un singolo ammasso, una forma fluttuante e scintillante contenente anche piante marine, coralli e pesci. Era un globo di acqua marina sopra di loro. Kiora aveva svuotato l'intero mare di Halimar e lo teneva sollevato con la sua sola forza interiore. Il suo sguardo era fisso sull'affioramento sopra Chandra, sulla fonte della magia... su Nissa.
"Chandra, puoi farcela?", presero forma le parole affrettate di Jace nella sua mente.
Il pugno di Chandra brillò come un microscopico sole e il suo sguardo si spostò da Nissa al firmamento di Eldrazi. Avrebbe desiderato inondare di fuoco l'intero cielo e scatenare la sua furia sugli abomini che minacciavano i suoi amici. Ma non era sicura di riuscire a generare una singola fiammata. Come poteva esserne certa? "Penso di sì!", rispose mentalmente Chandra.
"Devi esserne sicura. Dimmelo subito".
Chandra vide il volto di Nissa voltarsi verso di lei. In qualche modo, i verdi occhi ciechi dell'elfa trovarono Chandra e, anche con tutto quel subbuglio intorno a loro, Nissa annuì. In qualche modo sapeva che sarebbe stata in grado di farcela e, in quel momento, in quel legame di fiducia, anche Chandra se ne rese conto.
"Sì, ne sono certa", rispose a Jace.
Kiora tenne alto il bidente della dea del mare, come una spada pronta a colpire.
"Il tempo è scaduto, Revane".
Si spostò all'indietro e anche la massa d'acqua si spostò insieme a lei.
Con un movimento del corpo, scagliò l'intero mare contro Nissa.
Gli occhi di Nissa si spalancarono.
... ma quel mare si divise in due e ogni metà si divise in due e ogni risultante metà si divise di nuovo... e la massa d'acqua si dissolse e divenne nebbiolina. L'acqua inondò e spazzò via le creature Eldrazi. Gli esseri viventi del mare caddero a terra e si agitarono.
Il mago mentale si trovava tra Kiora e Nissa e i suoi occhi brillavano di potere sotto il suo cappuccio, mentre la sua mano era contornata da crepitante magia blu.
Kiora rimase stupita e non si mosse per un lungo secondo. Poi ruggì, non parole bensì sconnessi suoni di furore.
Ora o mai più. Nissa era al sicuro dalla magia di Kiora, ma sarebbe potuta crollare in qualsiasi momento. Se Chandra non fosse riuscita a distruggere ogni parte dei titani con una sola magia, avrebbero perso tutto Zendikar e gli Eldrazi sarebbero ritornati nella Cieca Eternità.
Chandra fece crescere la sua furia. Le fiamme avanzarono lentamente dal suo pugno, risalendo lungo il braccio e propagandosi verso l'altro. La sua chioma si infiammò.
Le tornò in mente il modo in cui aveva osservato Ulamog la prima volta, mentre stava tornando sul piano di Regatha... le tornò in mente come la sua immagine le era rimasta impressa a lungo, dopo aver lasciato il piano. Non era riuscita a rimuovere dalla mente quell'immagine e non era riuscita a riposare al pensiero che lui fosse ancora in circolazione. Questa era l'essenza degli Eldrazi... irrazionali e colossali orrori che rendevano l'esistenza impossibile. Se avessero abbandonato Zendikar, avrebbero potuto seguire i Planeswalker ovunque, rincorrendo la vita in ogni luogo e consumandola. Chandra sapeva che questa era la minaccia a cui lei e i suoi amici avrebbero voluto porre fine. Questa era la loro missione. Questo era il loro giuramento.
Le sue mani ardevano incandescenti. Osservò le brillanti linee verdi, le leyline di mana ancora tese che trattenevano i titani e che li mantenevano collegati a questo mondo. Sapeva che le leyline si sarebbero rotte una volta che lei avesse scagliato la sua ondata di piromanzia. Divenne ancora più incandescente e le masse di terra scesero a spirale verso il terreno, che si frantumò e fece ribollire il mare.
Chandra scatenò la sua magia. Le fiamme invasero il cielo...
... e comprese istantaneamente che qualcosa non andava.
Il fiume di fuoco entrò a contatto con il contorto ammasso degli Eldrazi, ma non fu sufficiente. Il suo fuoco era appena riuscito a graffiare i titani quando erano esseri di dimensioni normali. Ora non sarebbe riuscita ad ardere la loro epica essenza, così come non sarebbe riuscita a infuocare un intero piano.
Con la coda dell'occhio vide una delle isole fluttuanti cadere dal cielo e comprese in una piccola parte della sua mente che sarebbe crollata su di lei. Contemporaneamente, mentre il suo fuoco si diffondeva sui corpi dei titani, vide il glifo brillare intensamente nel bacino sotto di lei. Tutto si stava disfacendo. Il glifo sarebbe presto svanito. La sua furia sarebbe presto svanita.
A breve sarebbero morti tutti.
Si rese appena conto di Gideon che saltava dall'affioramento e bloccava la massa di terra con il suo corpo e della pioggia di sassolini che venne generata dall'impatto. Si concentrò semplicemente sulla generazione di più fiamme possibili, anche se non sarebbero state sufficienti...
Chandra sentì una mano delicata sulla sua spalla.
Poi percepì il mana di un intero mondo che fluiva attraverso di lei.
Le leyline. Tutta la furia di Zendikar si era concentrata in Nissa e ora, grazie al suo tocco, quella furia si stava incanalando dentro Chandra.
Chandra era ora diventata il fulcro del legame tra Zendikar e i titani. Sapeva che non sarebbe riuscita a reggerne le redini come aveva fatto Nissa. Cercò quindi un'altra via.
Urlò.
Con il suo urlò, incanalò la furia di Zendikar attraverso se stessa, nella sua magia, nelle sue fiamme.
Le leyline stesse si infiammarono, accendendosi come una scintilla che viene a contatto con una scia di carburante. Le fiamme saettarono da Chandra verso il flusso di mana e si divisero nel cielo seguendo i percorsi delle leyline e avvolgendo i titani.
O Chandra stava ancora urlando o era tutto il resto a urlare.
Il mondo venne invaso da un ruggito di un arancione apocalittico e poi si fece di un bianco accecante. Le gambe le cedettero e Chandra crollò al suolo.
Ci furono un tuono, un'infernale esplosione di calore e il terribile rumore del cielo che si frantumava. Mentre perdeva conoscenza, Chandra fu convinta che fosse il suono di un mondo in fin di vita.
Kiora non riusciva a vedere nulla attraverso il fumo. Chiuse le branchie, ma riusciva comunque a sentire il sapore della cenere. Le fiamme ardevano nella nebbia e nelle pozze vaporizzate. Brandelli di cenere scendevano dall'alto del cielo grigio in traiettorie circolari. Le tornò alla mente la polvere pallida che Ulamog lasciava dietro di sé quando consumava la terra... si trattava di quella? Vagò attraverso quell'aria densa e opaca in uno strano silenzio, inciampando sui cadaveri delle creature Eldrazi e degli abitanti di Zendikar.
Non provò alcuna speranza. Non provò alcun dolore. Cercò in quella landa grigia, corpo dopo corpo. Aiutò alcuni sopravvissuti a rialzarsi.
Poi si arrestò di fronte a un corpo. Lo aveva riconosciuto. Si trattava della piromante, distesa nel fango, con la sua chioma rossa distesa sul manto erboso. Kiora si inginocchiò e la girò sulla schiena.
La piromante rimase a terra per un attimo e poi si piegò improvvisamente su un lato, tossendo fango. Quando infine sollevò il capo, i loro sguardi si incrociarono, ma Kiora non disse nulla. Kiora le tese una mano per aiutarla ad alzarsi, ma, quando la piromante la afferrò, fece una smorfia e la ritirò. Kiora la lasciò a terra.
Contemporaneamente, alzarono lo sguardo verso la cenere che cadeva.
Videro due forme contro il cielo, ma erano immagini residue nel fumo, come i fantasmi dei fuochi d'artificio. Tra le colonne di fumo che si diradavano, si iniziò a intravedere il cielo azzurro.
Gradualmente, attraverso la cortina di fumo apparvero gli altri. Si riunirono, zoppicanti, camminando faticosamente gli uni verso gli altri. Gideon e Jace. Tazri. Noyan, Drana e Jori.
E infine l'elfa. Nissa vacillò su un cumulo di terra e cadde improvvisamente. I suoi occhi guardavano nel vuoto, ma Kiora vide le dita dell'elfa che si immergevano in una zolla di terra in cui il glifo era stato inciso permanentemente.
La superficie della terra era ora quieta. Molte masse erano crollate a terra, ma alcune fluttuavano silenziosamente in lontananza, ignorando la gravità come avevano sempre fatto.
Kiora osservò gli altri sopravvissuti che prendevano coscienza della fine delle loro sofferenze. Non vi furono urla di gioia. Non vi furono discorsi celebrativi. Nella folla riunita non vi era alcuna sensazione di sollievo o di felicità.
Le mani di alcuni si strinsero sulle spalle di altri.
Si scambiarono alcuni sguardi interrogatori.
Annuirono o scossero la testa.
Vennero create delle fasciature. Le mani di chi aveva abilità curative iniziarono a occuparsi dei feriti. Vennero organizzati gruppi di ricerca. I soccorritori si radunarono intorno alle fosse o alle trincee colme d'acqua marina. I pochi Eldrazi rimanenti vennero scoperti ed eliminati.
Kiora mise il suo bidente sulla schiena. Osservò i volti rigati e sporchi degli alleati e si volto verso l'orizzonte. Si lasciò dietro le spalle le rovine di Portale Marino e iniziò il suo cammino... ... e continuò a camminare per molto tempo.